Marxismo e testimonianza cristiana


di Madeleine Delbrêl


Marxismo e “Mission de France”

Che si faccia indossare ai preti la talare oppure la tuta, che si lascino in fabbrica o che li si richiami, che vengano saldati strettamente a una parrocchia o legati a un quartiere, che ci si spinga magari fino a sacrificare alle misure disciplinari un completo e dettagliato progetto di evangelizzazione, il pericolo incomberà sempre tutto intero finché ci saranno dei cristiani che guarderanno al marxismo come a una condizione di buona salute sociale e che si rivolgeranno ai marxisti non tanto per ciò che i marxisti non hanno, ma proprio per ciò che hanno.
E, viceversa, si potrà anche “salvare” la Mission de France” nella sua struttura esteriore, si potrà lasciarla ripartire senza cambiare nulla; ma, se non verrà individuato quel punto preciso dello “scambio deviatore”, la Mission” resterà internamente minata, non porterà Gesù ai marxisti; e non farà che ripetere con loro, fornendo per giunta i relativi riferimenti evangelici, ciò che essi già stavano dicendo senza di lei.
Il marxismo non è affatto un passaggio del proletariato dalla malattia alla buona salute, ma è il peccato sociale di cui la miseria proletaria ha favorito l’insorgere. Quanto poi alla coscienza o all’incoscienza di quelli che aderiscono al marxismo, ci troviamo davanti a una gamma variabile all’infinito.
Col marxismo noi diventiamo solidali nel momento in cui smettiamo di definirlo un male. In quel preciso momento, noi veniamo traditi da false forme di pazienza, con la prospettiva di “battezzare” un processo di civilizzazione. Dimentichiamo gli uomini d’oggi in nome di una civiltà del domani. Confondiamo la civiltà proletaria - che, questa sì, può anche essere battezzata - con un ateismo di forma quasi religiosa. Un ateismo che, una civiltà, può magari anche trascinarsela dietro, ma che, rispetto a questa civiltà, rimarrà sempre tutt’altra cosa.
È assolutamente necessario mettersi saldamente nella giusta prospettiva, ben più necessario del lavoro in comune coi marxisti o dei dosati equilibri negli impegni sindacali. Se infatti è vero che da questa netta presa di posizione dipende la fedeltà della “Mission de France” alla sua vocazione specifica, ne dipende anche la nostra fede.
Quando, faccia a faccia coi nostri “compagni” dal cuore magnifico, noi ripetiamo loro che l’anima della Chiesa supera i confini della sua corporeità visibile, non dovremmo dimenticare che c’è un corollario: la corporeità del marxismo supera i confini dello spirito che lo anima. Per corporeità del marxismo io intendo l’azione marxista, quella che sboccia dalle sue due opzioni di fondo. Due opzioni congiunte da una logica talmente “evangelica”, che c’è voluto S.Giovanni a farci capire quanto siano strettamente legate fra di loro: la lotta contro Dio e la lotta fra gli uomini.
Sostanzialmente, l’azione programmatica dei marxisti non è che questo. Ma ciò che noi come cristiani dobbiamo guardare in faccia è che praticare l’azione marxista significa introdurre di fatto dentro di noi qualcosa che è anti-Dio, qualcosa che scalza nel nostro intimo la vita di Dio e che ci espone allo sgretolamento di interi settori della nostra vita soprannaturale. Se ci restasse in proposito qualche dubbio, alcuni passi assolutamente espliciti di Lenin ce lo possono confermare: vi potremmo anche leggere, scritta in anticipo, la “cartella clinica” delle catastrofi, di cui noi abbiamo potuto vedere la preparazione e la realizzazione.
Davanti a catastrofi di questa portata ci si dovrebbe pur persuadere che, invece di fermarsi a questioni di circostanze e di temperamenti, sarebbe forse più utile verificare se per caso non vi sia stata in noi un’infiltrazione di quell’elemento “pratico” del marxismo, ossia la “pratica” abituale dell’azione marxista. Senza riferirmi a questo o a quel movimento in particolare, qui intendo proprio la lotta fra uomo e uomo così come il marxismo la definisce.

La “tendenza di alleanza” nei confronti del marxismo mi sembra dunque l’unico vero pericolo per la “Mission de France”. E penso che se fosse lei stessa a riconoscerlo, avrebbe trovato la sua tavola di salvezza. Ed ecco che invece (cosa per me quanto mai dolorosa) il biasimo per gli scivoloni reali o possibili è venuto da fuori; e da parte di chi, collocato in una prospettiva totalmente diversa, ha finito per incappare in un pericolo analogo, e per giunta senza uscirne indenne.
Ma qui mi devo spiegare.

Il proletariato si trova come in croce in mezzo a due peccati del mondo:

-del primo il proletariato stesso è il frutto;
-l’altro, è un frutto suo.
-Il primo è il capitalismo materialista,
-l’altro è il marxismo materialista.
-Il primo è condannato nelle sue opere e non nella sua dottrina, dato che di dottrina non ne ha
-l’altro è condannato nella sua dottrina, perché in questo caso si tratta veramente di una dottrina e di una dottrina d’azione.


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