Leggere

da Alzatevi, andiamo! di Giovanni Paolo II

 


Gli impegni che ricadono sulle spalle di un vescovo sono tanti. Ne ho fatto l'esperienza in prima persona e mi sono reso conto di come il tempo possa veramente mancare. La stessa esperienza, però, mi ha anche insegnato quanto siano necessari al vescovo il raccoglimento e lo studio. Deve avere una profonda formazione teologica, costantemente aggiornata, e un più ampio interesse per il pensiero e la parola. Sono tesori, questi, che hanno in comune tutti coloro che pensano. E' per tale motivo che vorrei dire qualcosa sul ruolo della lettura nella mia vita di vescovo. Ho sempre avuto questo dilemma: che cosa leggere? Cercavo di scegliere ciò che era più essenziale. La produzione editoriale è così vasta! Non tutti i libri sono di valore o utili. Bisogna saper scegliere e chiedere consiglio riguardo a ciò che merita di essere letto.
Già da bambino mi piacevano i libri, alla cui lettura mi aveva abituato mio padre. Era solito sedersi accanto a me e leggermi, ad esempio, Sienkiewicz o altri scrittori polacchi. Dopo la morte di mia madre, eravamo rimasti noi due: lui e io. Lui continuava a esortarmi alla conoscenza della letteratura di valore e non ha mai ostacolato il mio interesse per il teatro. Se non fosse scoppiata la guerra e la situazione non fosse radicalmente cambiata, forse le prospettive che gli studi accademici di Lettere mi aprivano dinanzi mi avrebbero assorbito completamente. Quando informai Mieczyslaw Kotlarczyk della mia decisione di diventare sacerdote, mi disse: "Che cosa stai facendo? Vuoi sprecare il tuo talento?". Solo l'arcivescovo Sapieha non ebbe dubbi.
Quando ero studente universitario, lessi vari autori. Prima mi rivolsi alla letteratura, specialmente a quella drammatica. Leggevo Shakespeare, Molière, i poeti polacchi Norwid e Wyspianski. E, ovviamente, Aleksander Fredro. La mia passione, però, era fare l'attore, calcare il palcoscenico, e spesso pensavo a quali ruoli mi sarebbe piaciuto impersonare...
La liturgia è anche una sorta di mysterium rappresentato, messo in scena. Ricordo la grande emozione che provai quando, appena quindicenne, fui invitato da don Figlewicz al Triduum Sacrum che si teneva al Wawel, e presi parte all'Ufficio delle Letture, anticipato al mercoledì pomeriggio. Fu una vera scossa spirituale, e ancor oggi il Triduo pasquale è per me un'esperienza sconvolgente.
Poi venne il momento della letteratura filosofica e teologica. Come seminarista clandestino, ricevetti il manuale di metafisica del professor Kazimierz Wais di Leopoli. Don Kazimierz Klosak mi disse: "Studialo. Quando l'avrai imparato, darai l'esame". Per alcuni mesi mi addentrai in quel testo. Mi presentai all'esame e lo superai. Questa esperienza segnò una svolta nella mia vita: davanti a me si aprì un mondo nuovo. Cominciai allora a cimentarmi con i libri di teologia. Più tardi, durante gli studi a Roma, approfondii la conoscenza della Summa Theologiae di san Tommaso d'Aquino...
Nelle mie letture e nei miei studi ho sempre cercato di unire in modo armonioso le questioni di fede, quelle di pensiero e quelle di cuore. Non sono infatti campi separati, ognuno penetra e anima gli altri. In questa compenetrazione di fede, pensiero e cuore esercita un particolare influsso lo stupore che nasce dal miracolo della persona, dalla somiglianza dell'uomo con Dio Uno e Trino, dal profondissimo rapporto tra l'amore e la verità, dal mistero del dono reciproco e della vita che nasce da esso, dalla contemplazione del trascorrere delle generazioni umane.


 

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