La generazione eterna del Figlio nella Trinità
Da Il cristianesimo così com'è di C. S. Lewis
Ho
detto… che Dio è un Essere che contiene tre Persone pur rimanendo un unico Essere,
così come un cubo contiene sei quadrati pur rimanendo un unico solido. Ma appena
cerco di spiegare come queste Persone sono connesse, mi trovo costretto a usare
parole che danno l’impressione che una di esse esistesse prima delle altre.
La Prima Persona si chiama Padre, e la seconda Figlio. Noi diciamo che il primo
genera o produce il secondo; e diciamo genera, non crea, perché ciò che Egli
produce è della Sua stessa specie. In questo senso la parola Padre è l’unica
da usare. Sfortunatamente, essa suggerisce che Egli sia esistito per primo,
così come un padre umano esiste prima di suo figlio. Ma non è così; qui non
c’è né un prima né un dopo. Ed è per questo che mi pare importante aver chiaro
che una cosa può essere fonte, causa o origine di un’altra senza esistere prima
di questa. Il Figlio esiste perché esiste il Padre: ma non c’è mai stato un
tempo anteriore alla generazione del Figlio ad opera del Padre.
Forse
il modo migliore di accostarci a questa idea è il seguente. Vi ho chiesto un
momento fa di immaginare… due libri, e molti di voi lo avranno fatto. Avete
cioè compiuto un atto di immaginazione, e ne è risultata un’immagine mentale.
E’ evidente che l’atto immaginativo è stato la causa, e l’immagine mentale il
risultato. Ma ciò non significa che prima avete immaginato, e poi avete ottenuto
l’immagine. Le due cose sono avvenute simultaneamente. La vostra volontà vi
ha messo davanti l’immagine; eppure l’atto di volontà e l’immagine sono cominciati
esattamente nello stesso istante, e nello stesso istante sono terminati. Se
c’è un Essere che è sempre esistito e ha sempre immaginato una cosa, il suo
atto produrrebbe sempre un’immagine mentale; ma l’immagine sarebbe eterna come
l’atto.
Allo
stesso modo dobbiamo pensare che il Figlio, per così dire, sgorga sempre dal
Padre, come la luce da una lampada, il calore dal fuoco, i pensieri dalla mente.
Il Figlio è l’autoespressione del Padre – ciò che il Padre ha da dire. E non
c’è ma stato un tempo in cui Egli non lo dicesse. Ma avete notato cosa succede?
Tutte queste immagini di luce o di calore fanno sembrare che il Padre e il Figlio
siano due cose invece che due Persone. Sicché, in conclusione, l’immagine evangelica
di un Padre e di un Figlio risulta molto più precisa di qualunque cosa noi cerchiamo
di sostituirvi. E’ sempre così quando ci discostiamo dalle parole della Bibbia.
Allontanarsene per un istante può essere utile, per chiarire un punto particolare;
ma dobbiamo sempre farvi ritorno. Dio, naturalmente, sa descrivere Se stesso
molto meglio di quanto sappiamo descriverLo noi. Sa che l’espressione “Padre
e Figlio” somiglia al rapporto tra la Prima e la Seconda Persona più di qualsiasi
altra che noi possiamo escogitare. Ciò che occorre soprattutto sapere è che
si tratta di un rapporto di amore. Il Padre si compiace del Figlio; il Figlio
guarda con reverenza al Padre.
Prima
di procedere, notate l’importanza pratica di quanto segue. Molti ripetono volentieri
l’affermazione cristiana che “Dio è amore”. Ma non sembrano avvertire che le
parole “Dio è amore” sono prive di significato reale se Dio non contiene almeno
due Persone. L’amore è qualcosa che una persona ha per un’altra. Se Dio fosse
una singola persona, ne verrebbe che prima della creazione del mondo Egli non
era amore. Naturalmente, ciò che costoro intendono dicendo che Dio è amore è
spesso una cosa affatto diversa, ovvero che “l’amore è Dio”. In realtà vogliono
dire che i nostri sentimenti d’amore, comunque e dovunque sorgano, e qualunque
risultato producano, vanno considerati con grande rispetto. Forse sì: ma questo
è molto diverso da ciò che intendono i cristiani dicendo che “Dio è amore”.
Per i cristiani, l’amore è l’attività vivente, dinamica che da sempre si svolge
in Dio e che ha creato tutto il resto.
E
questa, per inciso, è forse la differenza principale tra la religione cristiana
e tutte le altre: nel cristianesimo Dio non è una cosa e nemmeno una persona
statica, ma un’attività dinamica, pulsante, una vita, quasi una sorta di dramma.
Quasi, se non mi giudicate irriverente, una sorta di danza. L’unione tra il
Padre e il Figlio è una cosa tanto viva e concreta da essere anch’essa una Persona.
So che questo è quasi inconcepibile, ma mettiamola così. Quando gli esseri umani
sono riuniti in una famiglia, in un circolo, in un sindacato, si parla dello
“spirito” di quella famiglia, di quel circolo o di quel sindacato. E ci si esprime
così perché i singoli membri, quando sono insieme, sviluppano realmente determinati
modi di parlare e di comportarsi che non avrebbero se fossero separati. E’ come
se nascesse una sorta di personalità comune: che non è, ovviamente, una persona
reale, bensì soltanto qualcosa di simile a una persona. Ma qui sta appunto una
delle differenze tra Dio e noi: ciò che nasce dalla vita congiunta del Padre
e del Figlio è una Persona reale; è infatti la terza delle tre Persone di Dio.
Questa
terza Persona si chiama, in linguaggio tecnico, Spirito Santo, o Spirito di
Dio. Non siate turbati o sorpresi se Essa figura nella vostra mente in modo
alquanto più vago o indistinto delle altre due. Esiste una ragione, credo, per
cui non può essere altrimenti. Nella vita cristiana noi di solito non ci rivolgiamo
a Lei. Essa agisce sempre attraverso di noi. Se pensiamo al Padre come a qualcosa
che sta “là fuori”, che abbiamo di fronte, e al Figlio come a qualcosa che ci
sta accanto, che ci aiuta a pregare e cerca di mutarci in altri figli, allora
dobbiamo pensare alla terza Persona come a qualcosa che sta dentro di noi, o
alle nostre spalle. Forse ad alcuni riuscirebbe più facile cominciare dalla
terza Persona e fare il percorso a ritroso. Dio è amore, ed è un amore che agisce
tramite gli uomini – specialmente tramite l’intera comunità dei cristiani. Ma
questo spirito d’amore è, da tutta l’eternità, un amore che fluisce tra il Padre
e il Figlio.
Ebbene:
che importanza ha tutto questo? Un’importanza maggiore di qualsiasi altra cosa
al mondo. Tutta la danza, il dramma, il disegno di questa vita tripersonale
deve svolgersi dentro ciascuno di noi; o (per dirla all’inverso) ciascuno di
noi deve entrare in quel disegno, prendere il suo posto in quella danza. Non
c’è altro modo di giungere alla felicità per la quale siamo stati creati. Le
cose, buone e cattive, si ricevono per una sorta di contagio. Se vuoi scaldarti
devi metterti vicino al fuoco; se vuoi bagnarti devi entrare in acqua. Se vuoi
gioia, forza, pace, vita eterna, devi avvicinarti, finanche penetrare in ciò
che le possiede. Questi non sono premi che Dio potrebbe, volendo, assegnare
a chiunque. Sono una grande sorgente di energia e di bellezza che sgorga al
centro stesso della realtà. Se le sei vicino, il suo zampillo ti bagnerà; altrimenti
resterai arido. Un uomo unito a Dio, come potrebbe non vivere in eterno? Un
uomo separato da Dio, cosa può fare se non avvizzire e morire?
Ma
come si può essere uniti a Dio? Come ci è possibile essere assunti in quella
vita tripersonale?... Noi non abbiamo Zoé, la vita spirituale: abbiamo soltanto
Bìos, la vita biologica destinata in breve tempo a deperire e a spegnersi. Ebbene,
ecco cosa ci offre il cristianesimo: di giungere, se lasciamo che Dio abbia
la meglio, a partecipare della vita di Cristo. Saremo partecipi allora di una
vita che è stata generata, non creata, che è sempre esistita ed esisterà sempre.
Cristo è il Figlio di Dio. Se parteciperemo di questo tipo di vita saremo anche
noi figli di Dio. Ameremo il Padre come Egli Lo ama, e lo Spirito Santo sorgerà
in noi. Dio è venuto in questo mondo e si è fatto uomo per dare ad altri uomini
– mediante ciò che chiamo il “buon contagio” – il tipo di vita che è Suo. Ogni
cristiano deve diventare un piccolo Cristo. Diventare cristiani non ha altro
scopo che questo.