Giacobbe lotta con l’angelo presso lo Jabbok
di Luis Alonso Schoekel
(da Dov’è tuo fratello?)
In tempi e in culture antiche, la lotta poteva assumere forme mitiche o leggendarie: il dio prende forma umana, l’eroe ha proporzioni e forze enormi; il dio è limitato nel tempo dalle tenebre; l’uomo lo vince con uno stratagemma e gli strappa una concessione. Oppure l’uomo paga la sua audacia, pur conseguendo la sua pretesa. In una religione più esigente, è probabilmente Dio che piega l’uomo, anche se si lascia trattenere da lui. Dio stesso provoca l’uomo alla lotta, alla ricerca insoddisfatta, allo sforzo tenace, per benedirlo alla fine. In altri tempi, la lotta è per il nome: quello autentico e puro, non quello che è stato guastato e svuotato dall’uso e abuso umano. E occorre rimanere soli e lottare di nuovo con l’essere misterioso, per ascoltare il suo nome, fresco, appena pronunciato, dalla sua stessa bocca. Dio benedice e tace il proprio nome. Aver udito la sua parola, aver sentito il suo contatto, è già scoperta della sua presenza. Dalla lotta l’uomo esce zoppicando, povero pellegrino verso la terra promessa.