Generare un figlio (è pronunziarsi a priori sul senso della vita)
da
Il figlio
di
Giuseppe Angelini
Ogni donna che attende un figlio deve in certo senso adottarli tutti, per poter
realizzare poi, nei confronti di quell’unico che nascerà, il giusto atteggiamento
di accoglienza. Nascerà un figlio ‘perfetto’, magari anche bello e intelligente
oltre che sano: il sentimento giusto di riconoscenza sarà possibile, o in ogni
caso sarà più sincero e sicuro, soltanto a condizione che sia stata precedentemente
espressa questa accoglienza incondizionata nei confronti di tutti i figli possibili.
Altrimenti, è facile che la gioia o addirittura l’orgoglio per il figlio sano
acquisti un sapore cattivo. Cattivo, come cattivo appare quel modo di dire che
pure spesso si sente ripetere: “Quando ci si guarda intorno e si vedono i mali
degli altri, c’è da ringraziare il Signore!”. Il Signore non va certamente ringraziato
perché ci ha risparmiato i mali che vediamo invece affliggere altri; va ringraziato
senza bisogno di confronti. E la possibilità di questa gratitudine pulita sarà
tanto più facile quanto più incondizionata sarà stata la nostra fede in lui
e l’obbedienza a fronte della sua volontà sconosciuta.
Che
il figlio non sia solo una scelta, lo si riconosce subito e facilmente. Anche la
scelta di generare più “responsabile”, quella più seriamente pensata e più
generosamente decisa dai due, deve poi confrontarsi con un figlio che certamente
non è quello che si è scelto. Si sceglie genericamente di avere un figlio, e
nasce quel figlio preciso che esige di essere riconosciuto nella sua identità,
e quindi da capo scelto, quasi adottato. Il figlio infatti non si accontenta in
alcun modo della indeterminata decisione di generare; aspetta di essere voluto
nella sua singolare identità. E i genitori certo non fanno difficoltà –
‘normalmente’ – ad adottarlo, cioè a riconoscere che proprio lui è il
figlio che essi vogliono; un’arcana spontaneità psicologica li aiuta a
realizzare questa scelta. Bisogna però subito aggiungere: quello che pure è
‘normale’, non accade sempre, o accade in misura solo parziale.