Quella vissuta da Madeleine Delbrêl, più che una conversione, è un colpo di fulmine. C’è una bella espressione che usa Madeleine, forse inconsciamente rievocando la sua esperienza: “C’è gente che Dio prende e mette da parte, ma ce n’è altra che Dio lascia nella moltitudine…”. Dunque ci sono certi ai quali Dio “capita” nel bel mezzo di esperienze caotiche e incoordinabili con il resto della vita tanto che poi non sanno neppure come raccontare la loro venuta alla fede o la loro maturazione. Tutto accade insieme: dallo zero della fede, per così dire, alla consegna totale della sequela.
Non tutti, non è necessario che avvenga così per tutti. Però c’è una bellezza indubitabile per tutti in questo enigma. E’ questo modo di esserci arrivata che dà rilievo alla profonda persuasione di Madeleine circa la necessità di custodire il dono della fede come dono. Questo dono non diventa un’altra cosa una volta che è arrivato. Arriva come un dono e rimane un dono: non si trasforma in dotazione, corredo, abitudine, qualità biografica. Conserva l’enigma della sua inspiegabilità, la fragilità del suo possesso, la corposità della sua presenza. Genera emozione e tensione, continuamente, nella stessa misura. E’ realtà rocciosa dell’irruzione della vita di Dio in noi, e insieme diversità irriducibile ad ogni forma di vita che pure ne scaturisce.
Il cristianesimo è religione nella quale Dio vuol essere amato e non subito: anche se è il Signore creatore dell’universo. Il dono dunque può sempre essere trovato come dono, e deve sempre essere accolto come un dono. La qualità di dono fa la differenza: nell’apertura del dare di Dio e nell’apertura del ricevere dell’uomo. Madeleine, infatti, riceve la fede come dono e la custodisce come dono, intendendo precisamente una grazia che fa il lavoro del dono: si comporta e si manifesta come un dono che suscita gratitudine, non come una donazione arbitraria che vincola ad una restituzione coatta.
La fede, poi, quando è all'opera in quanto fede nella vita del cristiano, sposta le cose. Crea varchi, per la forza di quello che Madeleine chiama il soprannaturale, il mondo di Dio, l'azione di Dio, le cose che Dio fa per trasformare il mondo. Quindi non converte semplicemente le menti, non comunica solo nuove idee dalle quali nasce poi una pratica che trasforma il mondo.
La fede sta sul campo. A quel punto capisci anche il mistero dell'incarnazione. Se non blateri quando parli di Calcedonia, sai che Dio muove il mondo in Gesù. E non hai più l’ossessione di non rendere abbastanza per il solo fatto che sei un credente. Se sei un credente il mondo si smuove. Perché il credente crede nelle qualità massicce della fede. L'idea del soprannaturale, che nel suo dualismo va giustamente superata, riusciva a comunicarci questa rocciosità.
Quando Dio ti tocca c'è un contatto, una contiguità. La fede è questo: percepire la contiguità fra Dio e gli umani, che macera e macina il grano del Figlio anche quando tu non dici niente.