Divertimento

Dai Pensieri di B. Pascal

 



Se la nostra condizione fosse veramente felice, non occorrerebbe distrarne il pensiero per renderci felici” (B165 C212). Ciò che interessa l’uomo nel divertimento, è meno l’oggetto che la sua rincorsa, il movimento, la trepidazione, che lo distrae dal pensare a sé. “Si gusta più la caccia che la preda” (B139 C205).

 

Nulla è tanto insopportabile all’uomo che lo stare in riposo completo, senza passioni, senza preoccupazioni, senza svaghi, senza applicazione. Allora sente il suo nulla, il suo abbandono, la sua insufficienza, la sua dipendenza, la sua impotenza, il suo vuoto. Immediatamente dal fondo della sua anima verranno fuori la noia, la tetraggine, la tristezza, l’affanno, il dispetto, la disperazione.

 

Il sentimento della falsità dei piaceri attuali e l’ignoranza della vanità dei piaceri assenti sono causa d’incostanza (B110 C170).

 

354. E’ questa la ragione per cui il giuoco, la conversazione delle donne, la guerra, gli alti uffici sono tanto ricercati. Non che in essi si trovi realmente la felicità né che si creda che la vera beatitudine stia nel denaro che si può vincere al giuoco o nella lepre di cui si va a caccia: non li vorremmo, se ci fossero offerti in dono. Noi non cerchiamo un tal possesso, molle e placido, e che ci lascia pensare all’infelicità della nostra condizione, e neppure i pericoli della guerra o i fastidi degli impieghi; ma il trambusto che ci distoglie da quel pensiero e ci distrae.

Ragion per cui si preferisce la caccia alla preda. [1]

 

Perciò la maniera usuale di biasimarli è sbagliata. La loro colpa non è di cercare il tumulto, se lo cercassero solo come uno svago; bensì di cercarlo come se il possesso delle cose da loro cercate li dovesse rendere veramente felici.



[1] “L’agitazione e la caccia sono propriamente la nostra selvaggina” (MONTAIGNE, Essais, III, VIII)


 

 

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