Cristianesimo (scandalo del)


Romano Guardini
(da L’essenza del cristianesimo)


Cristianesimo (scandalo del)
Romano Guardini
(da L’essenza del cristianesimo)

La parola scandalo viene riferita a Gesù, e proprio da Lui stesso e nel momento della più solenne dichiarazione. I messi del Battista sono venuti ed hanno chiesto se “sia lui quello che ha da venire”. Egli risponde: “Andate e riferite a Giovanni ciò che avete udito e visto: i ciechi vedono, gli storpi camminano, i lebbrosi sono mondati e i sordi odono, i morti risorgono ed ai poveri vien predicata la buona novella. E beato colui che non si scandalizza per me” (Mt 11, 4-6). Qui si tocca qualcosa di supremo, di ultimo. Gesù sa d’esser tale che gli uomini possono prendere scandalo da Lui. Non lo scandalo del quale è detto: “Guai all’uomo per causa del quale esso viene” e che sta sulla stessa linea di quel che rimprovera a Pietro con le parole: “Va’ indietro, Satana! Tu sei per me uno scandalo”. E neppure quello scandalo per il quale l’ “occhio” o la “mano” possono diventare motivo di peccato. Piuttosto una specie tutta particolare, ed evidentemente non facile da evitare, se l’uomo che non vi soccombe è detto “beato”. E questa beatitudine è pronunciata proprio nel momento in cui Gesù alla domanda dell’ultimo profeta, se Egli sia colui che deve venire, risponde coll’allusione alla profezia messianica. Qui lo scandalo è una determinata presa di posizione nei riguardi del valore salvifico che si presenta quando questo si fa innanzi non in astratto, ma in forma concreta. Esso non si manifesta in giudizi come: “questo è vero” o “questo è falso”, ma in odio e persecuzione... Cristo in persona è il momento decisivo della salvezza. Non la sua dottrina, non il suo esempio, neppure la potenza di Dio che opera attraverso di Lui, ma Egli stesso semplicemente, la sua persona. Questo fatto suscita vivo consenso, fede, prontezza a seguire – ma anche la ribellione altrettanto appassionata per l’inaudita pretesa, la protesta contro la “bestemmia”. La radice della protesta è proprio la circostanza che una persona pretende d’avere un’importanza decisiva per la salvezza. Il fenomeno appare particolarmente chiaro nella relazione sul discorso di Gesù a Nazaret. Vi si dice: “Come Egli venne nella sua città natale, Egli ammaestrava gli abitanti nella sinagoga, in maniera che essi erano stupiti e dicevano: Donde gli vengono questa sapienza e questi miracoli? Non è questi il figlio del falegname? Non si chiama forse Maria sua Madre, e i suoi fratelli Giacomo e Giuseppe e Simone e Giuda? E le sue sorelle non sono tutte presso di noi? Donde dunque ha avuto tutto questo? Ed essi prendevano scandalo di Lui” (Mt 13,54-56). Luca descrive il parossismo suscitato da questo scandalo: “Allora tutti nella sinagoga, quand’ebbero udito questo, furono ripieni di sdegno. Balzarono in piedi, lo trascinarono fuori della città e lo condussero al ciglio del monte su cui era costruita la loro città per buttarlo giù. Ma Egli passò in mezzo a loro e se ne andò” (Lc 4,28-30). Il fenomeno dello scandalo è addirittura la controprova critica di ciò che qui ci interessa. Una “dottrina” di assoluta verità, una “indicazione” di decisiva importanza, una “forza” che eleva ad una santa vita – tutto ciò per il sentimento naturale è del tutto discutibile e provoca una presa di posizione di consenso o di ripulsa. Ma è ben diversamente attraente o “urtante” quando una figura storica avanza di per sé la pretesa di possedere un’importanza assoluta per la salvezza. Per il sentimento immediato questi due “momenti” sono fuori di ogni proporzione. Per riconoscere tale pretesa, l’ascoltatore deve rinunciare a se stesso in un modo radicale, deve sacrificare l’autonomia della propria volontà in un modo così sensibile come può avvenire solo nella fede e nell’amore. Se questa rinuncia è rifiutata, allora si desta un’avversione radicale; e questa è in grado di giustificare la sua opposizione alla persona concreta e alla sua pretesa con l’intenzione, in apparenza molto elevata, che l’Eterno e l’Assoluto debba essere preservato da ogni contaminazione con la realtà empirica della storia.


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