Da La vita comune
di D.Bonhoeffer
Non
è una cosa così ovvia come spesso si crede che il cristiano possa vivere in
mezzo ad altri cristiani. Gesù stesso visse in mezzo ai suoi nemici. Alla fine
lo abbandonarono anche tutti i discepoli. Sulla croce rimase completamente solo,
circondato da malfattori e da gente che si beffava di lui. Per questo egli era
venuto, per portare la pace ai nemici di Dio. Perciò anche il cristiano non
deve chiudersi nella solitudine di una vita monastica, ma vivere in mezzo ai
suoi nemici. Lì è la sua missione, lì il suo lavoro. “Il Regno deve essere in
mezzo ai suoi nemici. E chi non vuole sopportare questa situazione, non vuol
far parte del Regno di Cristo, ma vuole trovarsi in mezzo ad amici, sedere circondato
da rose e gigli, vivere non presso uomini malvagi, ma presso gente pia. O bestemmiatori
di Dio e traditori di Cristo! Se Cristo avesse agito come agite voi, chi mai
avrebbe potuto essere beato?” (Lutero).
“Io li disseminerò fra i popoli ed essi si ricorderanno di me nei paesi lontani”
(Zacc. 10,9). I cristiani sono, per
volontà di Dio, un popolo disperso, disseminato “in mezzo a tutti i regni della
terra” (Deut. 28,25). Ecco la loro condanna e la loro promessa. Il popolo
di Dio deve vivere in paesi stranieri, in mezzo a gente miscredente, ma sarà
il seme del Regno di Dio in tutto il mondo.
“Io li raccoglierò, perché io li voglio riscattare” e “torneranno” (Zacc.
10,8 e 9). Quando avverrà? E’ già avvenuto in Gesù Cristo, che morì “per raccogliere
in uno i figlioli di Dio dispersi” (Gv.11,52),
e sarà visibile alla fine dei tempi, quando gli angeli di Dio raduneranno i
suoi eletti, “dai quattro venti dall’un capo all’altro dei cieli” (Mt.
24,31). Fino a quel momento il popolo di Dio resta nella dispersione, unito
solo in Gesù Cristo divenuto uno dal fatto che, seminato in mezzo ai miscredenti,
pensa a lui nel paese straniero.
Perciò nel periodo che intercorre tra la morte di Cristo e il giudizio universale,
è solo un’anticipazione concessa dalla grazia di Dio, se dei cristiani già da
qui possono vivere insieme con altri cristiani in una comunità visibile. E’
per la grazia di Dio che una comunità può riunirsi visibilmente, in questo mondo,
attorno alla Parola ed al sacramento. Non tutti i cristiani possono essere partecipi
di questa grazia. I prigionieri, gli ammalati, i solitari nella dispersione,
i predicatori dell’Evangelo nei paesi pagani sono soli.
Essi sanno che la comunione visibile è una grazia. Pregano assieme al salmista
che vorrebbe “procedere con la folla e guidarla alla casa di Dio tra i canti
di giubilo e di lode d’una moltitudine in festa” (Sal.
42,5). Ma restano soli, un seme sparso in paesi lontani secondo la volontà del
Signore. Ma essi afferrano nella fede con tanto più ardente desiderio ciò che
è loro negato come esperienza visibile.
Certo è facile che quanto chi è solo ritiene una indicibile grazia di Dio, da
chi gode continuamente di questo dono sia tenuto in poco conto e venga calpestato.
Si dimentica facilmente che la comunione con fratelli cristiani è un dono della
grazia del Regno di Dio, che può esserci tolto ogni momento, che passerà forse
solo un breve tempo prima che siamo gettati nella più profonda solitudine. Perciò,
chi fino da ora può godere di una vita cristiana insieme con altri cristiani
glorifichi la grazia di Dio dal più profondo del suo cuore e ringrazi Dio e
riconosca che è grazia, null’altro che grazia se oggi ancora possiamo vivere
in comunione con fratelli cristiani.