Assenza di una persona cara
    D. Bonhoeffer
    (da Resistenza e resa. Lettere e scritti dal carcere)  
Vigilia 
    di Natale 1943
    
    Cara Renate, caro Eberhard,
    
    sono le 9,30 di sera; ho passato un paio di ore belle, in pace, pensando con 
    molta gratitudine al fatto che voi oggi potete stare insieme… 
    
    Mi è dispiaciuto un po’ di non avervi potuto regalare questa 
    volta niente di carino; ma i miei pensieri e i miei auguri vi sono stati vicini 
    con una cordialità, se possibile, maggiore che mai. Vorrei dirvi qualcosa 
    per il periodo di separazione che vi sta davanti. Non c’è proprio 
    bisogno di dire quanto dura tale separazione ci risulti. Ma essendo io separato 
    da tutte le persone cui sono legato ormai da nove mesi, ho fatto alcune esperienze 
    di cui vorrei parlarvi… 
    
    Anzitutto: per noi non c’è nulla che possa rimpiazzare l’assenza 
    di una persona cara, né è cosa questa che dobbiamo tentare di 
    fare; è un fatto che bisogna semplicemente sopportare e davanti al 
    quale bisogna tener duro; a prima vista sembra molto difficile, mentre è 
    anche una grande consolazione; perché, restando effettivamente aperto 
    il vuoto, si resta anche reciprocamente legati da esso. Si sbaglia quando 
    si dice che Dio riempie il vuoto; non lo riempie affatto, anzi lo mantiene 
    appunto aperto e ci aiuta in questo modo a conservare l’autentica comunione 
    tra di noi – sia pure nel dolore. Inoltre: quanto più belli e 
    densi sono i ricordi, tanto più pesante è la separazione. Ma 
    la gratitudine trasforma il tormento del ricordo in una gioia silenziosa.
    
    Portiamo allora dentro di noi la bellezza del passato non come una spina, 
    ma come un dono prezioso. Bisogna guardarsi dal frugare nel passato, dal consegnarsi 
    ad esso, così come un dono prezioso non lo si rimira continuamente, 
    ma solo in momenti particolari, e per il resto lo si possiede come un tesoro 
    nascosto della cui esistenza si è sicuri; allora dal passato si irradiano 
    una gioia e una forza durature. Ancora: i periodi di separazione non sono 
    perduti e sterili per la vita in comune, in ogni caso non lo sono necessariamente; 
    ma, al contrario, in essi può costruirsi, nonostante tutti i problemi, 
    una comunione straordinariamente forte. Infine: qui ho imparato particolarmente 
    come ai dati di fatto si possa sempre far fronte, e che sono soltanto la preoccupazione 
    e la paura davanti ad essi ad ingrandirli enormemente. Da quando ci svegliamo 
    a quando ci addormentiamo, dobbiamo semplicemente affidare a Dio gli altri 
    uomini e lasciarli nelle sue mani, e far sì che dalle nostre preoccupazioni 
    per gli altri nascano preghiere a lui. «Con preoccupazioni e con pene… 
    Dio non si lascia carpire nulla…».