Da una conferenza del regista Ingmar Bergman
Secondo
un’antica leggenda, la cattedrale di Chartres fu colpita dal fulmine e interamente
bruciata. Migliaia di persone giunsero allora da tutte le parti della terra,
come una gigantesca processione di formiche; e tutti insieme – architetti, artisti,
operai, contadini, nobili, preti, borghesi – si misero a ricostruire la cattedrale
dov’era prima, e lavorarono finché la costruzione non fu ultimata. Ma tutti
rimasero anonimi, e oggi nessuno sa chi costruì la cattedrale di Chartres.
A parte le mie credenze e i miei dubbi personali, che a questo proposito sono
irrilevanti, è mia opinione che l’arte perse il suo impulso creativo fondamentale
al momento in cui fu separata dalla fede. Fu il taglio del cordone ombelicale,
ed oggi essa vive la sua sterile vita, generandosi e degenerandosi. In altri
tempi l’artista rimaneva sconosciuto, e la sua opera era dedicata alla gloria
di Dio. Egli viveva e moriva senza essere né più né meno importante di altri
artigiani; “valori eterni”, “immortalità”, “capolavoro” erano termini non applicabili
al suo caso. La capacità di creare era un dono. In un mondo come quello fioriva
una sicurezza invulnerabile e una naturale umiltà.
Oggi l’individuo è divenuto la forma più alta e la più grande rovina della creazione
artistica. La più piccola offesa o il più piccolo odore dell’io vengono esaminati
al microscopio come se fossero di un’importanza eterna. L’artista considera
il suo isolamento, la sua soggettività, il suo individualismo, come cose quasi
sacre. E così finiamo per ammassarci in un grande ovile, dove ce ne stiamo a
belare sulla nostra solitudine, senza ascoltarci l’un l’altro, e senza renderci
conto di soffocarci a vicenda. Gli individualisti si guardano negli occhi tra
loro, e intanto negano la loro reciproca esistenza. Ci muoviamo in circolo,
limitati a tal punto dalle nostre ansietà che non riusciamo più a distinguere
il vero dal falso, il capriccio del gangster dal più puro ideale.
Così, se mi si chiede quale vorrei che fosse il fine generale dei miei
film, risponderei che vorrei essere uno degli artisti della cattedrale di Chartres.
Voglio trarre dalla pietra la testa di un drago, di un angelo, di un diavolo
– o magari di un santo. Non importa che cosa; è il senso di soddisfazione che
conta. Indipendentemente dal fatto che io creda o no, che io sia o no un cristiano,
farei la mia parte nella costruzione collettiva della cattedrale.