Panorama su Filippi con, in primo piano, il foro costruito probabilmente sotto Marco Aurelio (161-180) ed, in secondo piano, la "basilica dei pilastri" |
Per introdurci alla riflessione sulla comunità cristiana di Filippi notiamo
innanzitutto che il nome della città di Filippi, nella cultura classica,
è legato alla battaglia omonima ed ai sogni di fantasmi che la prepararono.
Plutarco ci racconta, infatti, che a Bruto apparve il fantasma di Giulio Cesare,
mentre si preparava ad attraversare i Dardanelli per scontrarsi con l'esercito
anti-repubblicano di Antonio e di Ottaviano e gli disse: “Io sono il tuo
cattivo Genio, o Bruto,. Mi vedrai a Filippi”. Il fantasma gli apparve
di nuovo a Filippi e, benché non dicesse nulla, Bruto capì che
era il presagio della sua fine. Quando fu per lui chiara la sconfitta a Filippi,
si tolse la vita, suicidandosi con la spada.
Invece – ci dice Svetonio – nella stessa battaglia Ottaviano, sempre
grazie ad un sogno, ebbe salva la vita, allontanandosi, sebbene malato, dalla
tenda che fu poi circondata e presa dai suoi nemici.
Questi sogni leggendari ci riportano alla mente che c'è un segreto che
riguarda la nostra vita. Qual è il segreto più importante che
noi conosciamo? Se ci chiedessero qual è la cosa più importante,
il segreto, la rivelazione più grande che ci è stata fatta, il
momento più importante in cui Dio ci ha rivelato qualcosa, cosa risponderemmo?
Paolo, su questo, ha idee chiarissime: il segreto più importante che
gli è stato fatto conoscere è la vita di Gesù Cristo. Se
domandiamo alle sue lettere: “Qual è il segreto a cui tieni di
più?” è questa la risposta.
E' uno dei temi centrali delle lettere dette “della prigionia”,
che sono la lettera ai Filippesi e le lettere agli Efesini, ai Colossesi e a
Filemone - vengono chiamate lettere “della prigionia” perché
in esse Paolo dichiara di essere imprigionato. Troviamo questa situazione, ad
esempio, proprio nella lettera ai Filippesi – che fra l'altro è
una lettera paolina sicuramente autentica – ai versetti 1,12 e seguenti:.
Ora, fratelli, desidero informarvi che le mie vicende sono risultate di vantaggio
al vangelo a tal punto che le mie catene per Cristo sono famose in tutto il
pretorio e altrove, e molti fratelli, fiduciosi nel Signore a motivo della mia
prigionia, con più fierezza annunciano, senza timore, la Parola di Dio.
Alcuni certo predicano il Cristo mossi da invidia e da spirito di parte,
altri invece con buona disposizione; gli uni annunciano il Cristo per amore,
ben sapendo che io sono posto a difesa del vangelo, gli altri invece per ambizione,
con slealtà, immaginando di aumentare il peso delle mie catene. Che me
ne importa? Dopo tutto, o per pretesto o sinceramente, Cristo in ogni modo è
annunciato. E di questo godo. Anzi continuerò a godere: so infatti che,
grazie alla vostra preghiera e all'aiuto che mi darà lo Spirito di Gesù
Cristo, questo gioverà alla mia salvezza.
Basilica paleocristiana "dei pilastri" o "basilica B" del VI secolo |
C'è un passaggio di questa traduzione – è la Nuovissima Versione della Bibbia,
diversa da quella della CEI – che è bellissimo: “Che me ne importa?” Vedete è una
frase interrogativa con cui ci viene posto proprio questo problema: cosa è che importa veramente a S.
Paolo?
S.Paolo è lontano da questa comunità, ma le scrive. Vorrebbe visitarla, la ama, le manda una persona a
visitarla. Sa benissimo che non tutti i cristiani annunciano in maniera pura il Vangelo, ma a lui non importa,
purché sia consciuto il nome di Cristo! Che differenza rispetto a tante situazioni di persone che parlano male
degli altri cristiani solo per avre una giustificazione per allontanarsi dalla Chiesa: “Ah, ma quelli sono
così, ma la Chiesa è così…!” Paolo, invece, si sente profondamente parte di questo
popolo che spesso è ambiguo, ha persone meravigliose e persone che invece usano addirittura il nome di Cristo
per vantarsene, per acquistare più potere. A lui interessa una cosa, che questo nome sia annunziato. E' felice
di questo. La sua gioia cresce ogni volta che c'è uno che parla di Gesù, che trasmette ad un altro
questo nome.
Se leggiamo più avanti troviamo il famosissimo inno della Lettera ai Filippesi, ai versetti 2,5 e seguenti -
l'abbiamo pregato tante volte nella preghiera della Liturgia delle ore. Ora lo leggiamo qui - pensate, in questi
luoghi, da qualche parte dove sono queste rovine, i Cristiani leggevano queste parole, quando questa lettera
arrivò loro la prima volta e si incontrarono tutti e la ascoltarono, letta ad alta voce da qualcuno come si
faceva allora. E' avvenuto veramente, storicamente tutto questo. Forse qui, forse più in là. Non
sappiamo esattamente dove - dove sono ora le rovine di queste chiese, chi sa? – ma certo proprio qui vicino in
questo paesaggio che vediamo. Sentiamo cosa dice:
Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù,
il quale, pur essendo di natura divina,
non considerò un tesoro geloso
la sua uguaglianza con Dio;
ma spogliò se stesso,
assumendo la condizione di servo
e divenendo simile agli uomini;
apparso in forma umana,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e alla morte di croce.
Per questo Dio l'ha esaltato
E gli ha dato il nome
Che è al di sopra di ogni altro nome;
perché nel nome di Gesù
Ogni ginocchio si pieghi
Nei cieli, sulla terra e sotto terra;
e ogni lingua proclami
che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre.
Alcuni pensano che questo inno fosse addirittura un canto che si faceva nella
comunità, cioè che Paolo riprenda un canto, un inno che era cantato
o qui a Filippi o comunque in un'altra comunità. Qui appare questa parola,
che è diventata poi importantissima nella teologia: la kénosi.
“3Umiliò se stesso, annientò se stesso”. Il Figlio di Dio non ha mai smesso di essere Dio,
ma apparso in questa terra, non era manifesto immediatamente che avesse la gloria di Dio. Non veniva nella gloria,
nell'immensità del suo splendore. Questo è il grande segreto! Il segreto è che dietro quell'uomo
c'è veramente il Figlio di Dio, questo uomo sulla croce, sfigurato, uomo dei dolori, che conosce il patire,
questo uomo è veramente il Figlio di Dio. Per questo Dio lo ha esaltato, per questo poi c'è stata la
Resurrezione e c'è stata l'Ascensione al cielo. Il grande mistero, il grande segreto di cui Paolo parla
continuamente - notate bisogna amare l'uomo Gesù ed è per questo per questo che chi non legge i Vangeli
non sarà mai cristiano, è per questo che l'ignoranza delle Scritture è l'ignoranza di Cristo
stesso – è che il Cristo concreto, terreno, è veramente il Figlio di Dio.
L'Apostolo Giovanni gli fa eco con una espressione sintetica e bellissima: “Chi va oltre e non si attiene alla
dottrina di Cristo, non possiede Dio. Chi si attiene alla dottrina, possiede il Padre e il Figlio” (2 Gv 9),
chi pensa che oltre Cristo umiliato ed esaltato ci sia qualcosa di più importante - vedremo poi che anche S.
Paolo toglie ad una donna di Filippi, ad una donna che aveva delle visioni, i suoi stessi sogni - chi pensa che i
suoi sogni siano più importanti di Gesù Cristo, comunque perde Dio.
Al di là di Cristo non c'è ulteriore mediatore, non c'è realtà che sia più
importante di Lui, perché è Lui l'unico Figlio e l'unico Figlio fatto carne. Il tentativo perenne della
gnosi e della New Age odierna, sempre rifiutato dalla Chiesa, è quello di dire che c'è
un'ulteriorità, conosciuta solo da pochi “iniziati”, da pochi “illuminati”, che va
oltre Cristo , che completa, che abbraccia l'opera del Cristo, apparentemente non negandolo, ma di fatto svuotandolo
di significato.
Prendiamo altri due testi che non sono rivolti direttamente a Filippi, ma che sono stati sicuramente anche letti qui
– le lettere paoline erano anche delle “circolari” che venivano lette nelle varie comunità -
dalla lettera ai Colossesi al cap. 2. Anche la lettera ai Colossesi è una lettera della prigionia
perché Paolo la scrive essendo in prigione, essendo in catene.
Voglio infatti che sappiate quale dura lotta io devo sostenere per voi, per quelli di Laodicea e per tutti coloro
che non mi hanno mai visto di persona, perché i loro cuori vengano consolati e così, strettamente
congiunti nell'amore, essi acquistino in tutta la sua ricchezza la piena intelligenza, e giungano a penetrare nella
perfetta conoscenza del mistero di Dio, cioè Cristo, nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e
della scienza.
Strada lastricata di Filippi |
Sapete che in S.Paolo la parola “mistero” non vuol dire una cosa di cui non si capisce
niente – questo è il significato odierno della parola. “Mysterion” è ciò che
era nascosto e che solo quando ci è stato dato Gesù è stato pienamente rivelato. Allora questo
mistero, che era nascosto, ora è pienamente conosciuto e in Cristo noi abbiamo - pensate alla forza di queste
parole - la perfetta conoscenza del mistero di Dio. Questo è l'annunzio di questo grande segreto. Qual
è la cosa che prima era nascosta e che ora Paolo predica? E' che in Cristo c'è la perfetta conoscenza
del mistero di Dio e in Lui sono nascosti, pensate, “tutti i tesori della sapienza e della scienza”.
Pensate che differenza - lo ripetiamo – rispetto alla New Age, a queste persone che parlano con gli Angeli, che
vanno appresso ai loro sogni, tutte cose che sono delle stupidaggini rispetto al mistero di Cristo, in cui c'è
tutto. Non che non possano avere senso anche i sogni ogni tanto, non che gli Angeli non esistano - notate bene - ma
la cosa fondamentale è che la persona sa che solo in Cristo è rivelato tutto, solo Lui è il
nostro Salvatore, solo Lui è Colui che avremo nell'eternità.
E se leggete oltre, al versetto 2, 9 ecco tutto il Cristianesimo: “E' in Cristo che abita corporalmente tutta
la pienezza della divinità”.
L'uomo deve separare il corpo e la divinità. In realtà è veramente così , noi non
siamo Dio, a differenza di quello che dice la New Age, a differenza di quelle espressioni assurde che sentiamo:
“Quello che io sento è la voce di Dio!” Ma manco per niente! “Quello che io sogno è
la volontà di Dio”. Ma manco per niente! La verità cristiana è, invece, che solo in Cristo
abita, e proprio nel suo corpo, non in qualsiasi corpo, tutta la pienezza della divinità. “Nel suo
corpo”: questo è lo scandalo cristiano! Dio è veramente presente ed è totalmente presente
in un corpo che è quello di Cristo. Ecco allora che io, per capire tutto, devo ascoltare Lui, devo ascoltare
la sua rivelazione! Andiamo ai versetti 16 e 17 dove, daccapo, si insiste sul fatto che tutto viene detto in
Cristo:
Nessuno dunque vi condanni più in fatto di cibo o di bevanda, o riguardo
a feste, a noviluni e a sabati: tutte cose queste che sono ombra delle future;
ma la realtà invece è Cristo!
Si discuteva molto in quella comunità se bisognava o no fare un digiuno, celebrare una festa o un'altra,
avere un sogno o non averlo - poi lo vedremo proprio qui. E allora Paolo dice “Queste cose hanno pure avuto un
senso - non è che si scandalizzi più di tanto – ma la cosa importante è che sia chiaro che
sono un'ombra delle cose che dovevano ancora capitare”. E qual'è la cosa che doveva accadere? La
realtà è Cristo, cioè, di nuovo, tutta la realtà, tutto ciò che è
importante sapere, tutto ciò che Dio vuole rivelare. Tutto passa in Gesù Cristo. A partire Lui, poi, si
può dare una spiegazione, un'interpretazione di ogni altra cosa.
Un'ultima cosa. S.Paolo nella lettera ai Filippesi – alcuni l'hanno chiamata proprio la “lettera della
gioia”, dell'allegria - lui che è in Carcere - si discute molto se sia la prigionia ad Efeso o la
prigionia a Roma; probabilmente è la seconda prigionia a Roma, cioè quando Paolo è nella zona
del Foro Romano, da qualche parte, prima di essere ucciso, ed è per questo che nella lettera si parla del
Pretorio, poi si salutano quelli della famiglia di Cesare, poiché probabilmente Paolo è circondato da
alcuni cristiani di Roma e da Roma manda a Filippi questa lettera - invita tutti alla gioia, proprio perché
questo segreto tutti ormai lo possiedono. Scrive: “Per me vivere è Cristo e morire un guadagno” in
questa stessa lettera. Non ha neanche più paura di morire! Notate al versetto 4, 4 e poi di nuovo al 5
“Rallegratevi nel Signore sempre, ve lo ripeto ancora: Rallegratevi!”
E' un invito ricorrente, lo trovate altre volte - “rallegratevi nel Signore sempre, ve lo ripeto ancora,
rallegratevi”. C'è una insistenza sul fatto di essere sereni, in pace, in allegria. “La vostra
affabilità, la vostra attenzione, la vostra disponibilità sia nota a tutti gli uomini”. Non ci
sia divisione fra chi è nuovo, chi è vecchio - pensate a un pellegrinaggio come questo, ma a tutta la
nostra vita, dove si lavora, dove ci incontriamo, in Parrocchia, dove si studia - ognuno sappia la vostra
affabilità, sappia la vostra disponibilità, la vostra generosità, perché il Signore
è vicino.
Ognuno conosca questa disponibilità dei cristiani a condividere questa gioia che è stata data loro.
Non ci sia una sola persona che non parli della vostra accoglienza. Questo ritornare su questa pace, questa
serenità che in questo segreto ormai conosciuto e dato, e noi, per questo, siamo, anche nelle catene,
assolutamente tranquilli e sereni. Ed ora continuiamo la nostra visita.
Per altri articoli e studi di d.Andrea Lonardo o sulle lettere di S.Paolo presenti su questo sito, vedi la pagina Sacra Scrittura (Antico e Nuovo Testamento) nella sezione Percorsi tematici