Monte Nebo
E' il luogo della sepoltura di Mosè. Guardando in basso la valle del Giordano e dell'Araba, abbiamo dinanzi a noi i luoghi delle steppe di Moab, davanti a Gerico. Mosè giunge alle steppe di Moab (Dt 1, 5) e lì racconta, come anziano che affida ai figli il suo testamento spirituale, tutto il libro del Deuteronomio. E' il deuteros nomos, la "seconda legge". Non basta aver vissuto una prima volta l'evento della salvezza, bisogna riviverlo una seconda volta raccontandolo, facendone memoria per sè e per le generazioni che verranno, come ringraziamento e come insegnamento. Tutto ciò che Mosè ha vissuto in Es, Nm, Lev, ora lo racconta in 3 grandi discorsi, i 3 discorsi del Dt, seguiti da un cantico e da una benedizione. Poi Mosè sale sul monte Nebo, alla cima del Pisga, secondo la tradizione dove oggi sono le basiliche bizantine.
I rabbini ebrei interpretano il "fu sepolto" (poiché Mosè salì solo al monte Nebo, lasciando tutto il popolo nella valle) come "da Dio fu sepolto, Dio stesso gli diede sepoltura" (e per questo nessuno sa oggi precisamente dove sia questo sepolcro. Interpretano anche "morì secondo l'ordine del Signore ("al pi", "secondo la bocca"), come "morì baciando sulla bocca il Signore". Solo Mosè e il suo Signore, solo l'amore di Dio e del suo servo restano nel silenzio del monte.
Ma il luogo racconta anche altro. Possiamo intravedere, se la foschia lo permette, Gerico al di là del Giordano, il luogo dell'ingresso nella terra promessa. Mosè lascia a Giosuè il compito di condurre il popolo a possedere la terra. Per il Nuovo Testamento è inutile domandarsi per quale peccato Mosè non può entrare nella terra promessa. Secondo il testo della lettera agli Ebrei Mosè non entra in Israele non perché abbia peccato, ma come profezia che non è quella la terra in cui si deve entrare.
Eb 11, 13
Nella fede morirono tutti costoro, pur non avendo conseguito i beni promessi, ma avendoli solo veduti e salutati di lontano, dichiarando di essere solo stranieri e pellegrini sulla terra. Chi dice così, infatti, dimostra di essere alla ricerca di una patria. Se avessero pensato a quella da cui erano usciti, avrebbero avuto possibilità di ritornarvi; ora invece essi aspirano ad una migliore, cioè a quella celeste: per questo Dio non disdegna di chiamarsi loro Dio; ha preparato per loro infatti una città.
Le steppe di Moab sono anche il luogo da cui Elia sale al cielo. Elia nasce al cielo, rapito dal carro di fuoco, ma Eliseo, suo discepolo, seguendolo e vedendolo nel suo passaggio a Dio, ottiene la grazia di ereditare il suo carisma profetico.
In queste steppe battezza Giovanni Battista, il nuovo Elia, che viene a preparare la strada al Signore. Qui Gesù, battezzato nel Giordano, comincia la sua vita pubblica.
Mt 3, 13-17
In quel tempo Gesù dalla Galilea andò al Giordano da Giovanni per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: "Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?". Ma Gesù gli disse: "Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia". Allora Giovanni acconsentì. Appena battezzato, Gesù uscì dall'acqua: ed ecco, si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui. Ed ecco una voce dal cielo che disse: " Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto".
Un aspetto che collega tutti i personaggi è la speranza nel domani di Dio. Sanno di essere tutti di passaggio, fino all'arrivo del Signore. Non avrebbero fatto niente senza avere la speranza nel futuro. Tutti gli uomini di Dio che sono venuti prima di Cristo sono da meno del più piccolo del Regno dei Cieli, sono da meno di noi che siamo stati battezzati. Tutto ciò che è avvenuto è grazia; per grazia è stata data una legge che viene subito trasgredita e questa trasgressione annuncia una nuova opera di Dio. Mosè può morire perché ha annunciato tutto quello che succederà dopo.
La terra promessa è simbolo del regno dei cieli.
Meditazione di d.Achille Tronconi sulla morte di Mosè sul monte Nebo, commentando Dt 34, 1-12
Poi Mosè salì dalle steppe di Moab sul monte Nebo, cima del Pisga che è di fronte a Gerico. Il Signore gli mostrò tutto il paese, Galaad fino a Dan, tutto Neftali, il paese di Efraim e di Manasse, tutto il paese di Giuda fino al Mar Mediterraneo e il Neghev, il distretto della valle di Gerico, città delle palme fino a ZoaRisposta Il Signore gli disse: "Questo è il paese per il quale io ho giurato ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe: Io lo darò alla tua discendenza. Te l'ho fatto vedere con i tuoi occhi ma tu non vi entrerai".
Mosè servo del Signore, morì in quel luogo, nel paese di Moab, secondo l'ordine del Signore. Fu sepolto nella valle nel paese di Moab, di fronte a Bet-Peor; nessuno fino ad oggi ha saputo dov'è la sua tomba. Mosè aveva 120 anni quando morì. Gli occhi non gli si erano spenti e il vigore non gli era venuto meno. Gli Israeliti lo piansero nelle steppe di Moab per trenta giorni, Dopo furono compiuti i giorni di pianto per il lutto di Mosè. Giosuè, figlio di Nun, era pieno dello spirito di saggezza perché Mosè aveva imposto le mani su di lui. Gli Israeliti gli obbedirono e fecero quello che il Signore aveva comandato a Mosè.
Non è più sorto in Israele un profeta come Mosè, lui con il quale il Signore parlava faccia a faccia per tutti i segni e prodigi che il Signore lo aveva mandato a compiere nel paese d'Egitto, contro il faraone, contro i suoi ministri e contro tutto il suo paese e per la mano potente nel terrore grande con cui Mosè aveva operato davanti agli occhi di tutto Israele.
Mosè muore nel Signore. Ed è la fine di una vita, raccolta in un silenzio. E' bellissimo. Non c'è niente più da dire C'è quel corpo lì ormai morto, moribondo, offerto, sacrificato, donato. Arrivare alla fine e non c'è niente da dire! C'è una vita che è segnata, dentro quel corpo. E si muore così, raccolti nel silenzio, in solitudine perché c'è una vita che parla. La difficoltà ad accettare questa morte che anzi ci spaventa - tanto in silenzio e da soli - è proprio perché ci manca questa dimensione di una offerta di una vita. E' una vita che parla. Che parla! Ed è bellissimo questo rapporto tra Dio e Mosè che si fa amicizia. Amico!
Nel momento finale di questa amicizia, anzi nel momento di questa pienezza, ci sono solo due cose, i loro doni. E' bellissimo! Mosè che ha il suo dono, il suo corpo, la sua vita, il suo morire, come è stata un dono la sua vita. E' lì. E' lì! C'è questo altare sacrificale, c'è questo luogo di offerta e lui ha portato il suo dono, l'unico suo dono. Tutto il resto lo ha lasciato giù e lo darà a Giosuè. Tutto il resto è lasciato, ma l'unico suo dono è questa sua vita, è il suo corpo messo lì a sacrificio.
E i doni di Dio. Vedi questa terra, questa città, questo fiume? E' il mio dono che io do alla tua discendenza, ai tuoi figli. Ecco c'è un compimento dell'amicizia fra Dio e Mosè che è splendido! C'è veramente una vita e c'è uno scambio di doni. I doni, i doni gratuiti, i doni totalmente gratuiti, l'amicizia. Allora c'è questa ultima celebrazione dove ciascuno celebra la propria fedeltà all'altro, tra Mosè e Dio, una fedeltà che è fatta di doni ridotti all'essenziale. La nostra vita ci porta, ci induce a questo. Ci deve portare all'essenziale, al silenzio, alla nudità, all'estrema povertà dove c'è solo un corpo segnato dal susseguirsi di doni lungo la vita, pieno di cicatrici, pieno di ferite, pieno di gioie, ma un corpo consumato nel dono. Questo è il dono vero che stanno celebrando nel momento della morte. E' questo che dovrebbe essere il momento della morte.
E l'altro aspetto fondamentale è questa fiducia di un uomo. Mosè non fa domande - abbiamo visto anche noi, in questi giorni, noi avremmo fatto mille domande: ma perché questo, ma perché quest'altro, ma perché io non posso entrare; e anche la spiegazione del dubbio, quelle lì sono tutte storie nostre, non sono le storie che ci sono tra loro due amici. Mosè è lì che deve morire, ma non gli importa. Quello che gli importa non è che la sua vita sia arrivata a quel punto là. Quello che gli importa è che questa sua vita anche in questo momento ha di nuovo rinnovato la fiducia in Dio. Ha di nuovo rinnovato la fiducia in Dio. La morte come l'estrema consegna di un dono!
E Dio si fida di Mosè e non gli dà tante spiegazioni e non gli dice neanche perché non lo farà entrare e perché la sua vita deve finire su quel monte e perché deve guardare oltre. Anche lui si fida di Mosè, ma non della sua capacità di capire, ma della sua capacità di amare. Non ha bisogno di spiegare. Anche quando non capirò, anche quando non mi spiegherà, anche quando mi verrà chiesto di stare zitto, di non capire perché devo morire solo su un monte e da solo con tutte le prove… Ma vedetela la vita di questo Mosè: continuamente provato, non capito dagli uomini - continuamente - è di nuovo capace di celebrare la sua amicizia con Dio.