Mukawir (Macheronte)
La fortezza di Macheronte, costruita da Erode il Grande, appartenne poi al territorio della Perea, la regione al di là del Giordano.
Gesù nasce durante il regno di Erode il Grande (noto nel Nuovo Testamento per la strage degli innocenti), ma, morto Erode dopo pochissimi anni dalla nascita del Signore, al momento dell'inizio della sua vita pubblica (e fino alla crocifissione e resurrezione), la Galilea e la Perea sono sotto il governo di un altro Erode, Erode Antipa, tetrarca appunto della Galilea e della Perea.
Più volte il testo evangelico parla del confronto a distanza fra Gesù ed Erode Antipa:
Lc 9, 7-9
Intanto il tetrarca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: "Giovanni è risuscitato dai morti", altri: "E' apparso Elia", e altri ancora:" E' risorto uno degli antichi profeti". Ma Erode diceva: "Giovanni l'ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire tali cose?". E cercava di vederlo."
Lc 13,31-33
In quel momento si avvicinarono a Gesù alcuni farisei a dirgli: "Parti e vattene via di qui, perché Erode ti vuole uccidere". Egli rispose: "Andate a dire a quella volpe: Ecco, io scaccio i demoni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno avrò finito. Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io vada per la mia strada, perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme."
Il confronto diretto ci è riportato dal vangelo di Luca che ci racconta dell'invio di Gesù ad Erode Antipa, da parte di Pilato.
Lc 23, 1-12
Tutta l'assemblea si alzò, lo condussero da Pilato e cominciarono ad accusarlo: "Abbiamo trovato costui che sobillava il nostro popolo, impediva di dare tributi a Cesare e affermava di essere il Cristo re". Pilato lo interrogò: "Sei tu il re dei Giudei?". Ed egli rispose: "Tu lo dici". Pilato disse ai sommi sacerdoti e alla folla: " Non trovo nessuna colpa in quest'uomo".. Ma essi insistevano: "Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea fino a qui".
Udito ciò, Pilato domandò se era Galileo e,, saputo che apparteneva alla giurisdizione di Erode, lo mandò da Erode che in quei giorni si trovava anch'egli a Gerusalemme.
Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto, perché da molto tempo desiderava vederlo per averne sentito parlare e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui. Lo interrogò con molte domande, ma Gesù non gli rispose nulla. C'erano là anche i sommi sacerdoti e gli scribi, e lo accusavano con insistenza. Allora Erode, con i suoi soldati, lo insultò e lo schernì, poi lo rivestì di una splendida veste e lo rimandò a Pilato. In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici prima infatti c'era stata inimicizia tra loro.
Gli Atti degli Apostoli riprendono questo episodio, per mostrare come si compia in esso la profezia del Salmo 2, 1-2:
At 4, 25-28
Tu che per mezzo dello Spirito Santo dicesti per bocca del nostro padre, il tuo servo Davide:
Perché si agitarono le genti
E i popoli tramarono cose vane?
Si sollevarono i re della terra
E i principi si radunarono insieme,
contro il Signore e contro il suo Cristo
davvero in questa città si radunarono insieme contro il tuo santo servo Gesù, che hai unto come Cristo, Erode e Ponzio Pilato con le genti e i popoli d'Israele, per compiere ciò che la tua mano e la tua volontà avevano preordinato che avvenisse.
Non solo il popolo ebraico, ma anche i pagani partecipano dell'uccisione del Cristo ed il suo sangue ricade su tutti, in un primo momento come condanna, poi come salvezza.
L'episodio più importante da ricordare a Macheronte è però l'uccisione di Giovanni Battista, qui avvenuta secondo la testimonianza di Giuseppe Flavio, che riportiamo secondo la traduzione di Romano Penna in L'ambiente storico culturale delle origini cristiane, EDB, Bologna, 1984.
Giuseppe Flavio, Antichità Giudaiche 18,109-119
(109) Nel frattempo vennero in conflitto Areta, re di Petra, ed Erode (Antipa). Il tetrarca Erode aveva sposato la figlia di Areta ed era unito a lei già da molto tempo. In procinto di partire per Roma, egli prese alloggio da Erode (Filippo: Mc 6,17), suo fratello, essendo di diversa madre; infatti questo Erode era nato dalla figlia del sommo sacerdote Simone. (110) Innamoratosi di Erodiade, sua moglie, che era figlia del loro fratello Aristobulo e sorella di Agrippa il Grande (=Erode Agrippa 1: At 12), cominciò impudentemente a parlarle di matrimonio. Avendo ella accettato, convennero che lei si sarebbe trasferita a casa di lui, appena fosse tornato da Roma. Nei patti c'era che egli doveva ripudiare la figlia del re Areta. (111). Trovatisi d'accordo su queste cose, egli s'imbarcò per Roma. Al ritorno, dopo aver sbrigato le sue faccende a Roma, sua moglie, venuta a conoscenza dei contatti con Erodiade e prima ancora di informarlo che sapeva ogni cosa, chiese di essere inviata a Macheronte, che era ai confini dei domini di Areta e di Erode, senza dare alcuna spiegazione delle sue intenzioni. (112) Ed Erode la lasciò andare, senza sospettare cosa la donna tramasse. Ma questa aveva già mandato dei messaggeri a Macheronte, che allora era soggetto a suo padre, in modo che il governatore (della fortezza) potesse preparare tutto per il viaggio. Appena giunta, ella partì per l'Arabia, pensando i vari governatori al trasporto, finchè giunse velocemente dal padre e gli rivelò il progetto di Erode. (113) Quegli (=Areta) fece di ciò un motivo di inimicizia, in aggiunta alla questione dei confini nella regione della Gabalitide. Raccolte truppe da ambedue le parti in vista della guerra, designarono dei comandanti invece di prendere essi stessi il comando. (114) Data battaglia, l'intero esercito di Erode fu distrutto, in seguito al tradimento di alcuni rifugiati, che provenivano dalla tetrarchia di Filippo e si erano uniti alle forze di Erode. (115) Erode scrisse queste cose a Tiberio. Questi, adiratosi perché Areta aveva cominciato le ostilità, scrisse a Vitellio (Legato in Siria negli anni 35-37: cf. Tacito, ANN. 6,32) di dichiarargli guerra e di condurre a lui Areta in catene, se l'avesse catturato vivo, o di mandargli la testa, se fosse stato ucciso. Queste cose Tiberio ordinò al governatore di Siria. (116) Ma ad alcuni giudei sembrò che l'esercito di Erode fosse stato distrutto da Dio, e del tutto giustamente, per punire il suo trattamento di Giovanni soprannominato "battista". (117) Erode, infatti, aveva ucciso quest'uomo buono, che esortava i giudei a condurre una vita virtuosa e a praticare la giustizia vicendevole e la pietà verso Dio, invitandoli ad accostarsi insieme al battesimo (baptismò-i syniénai). In ciò, infatti, il battesimo (ten bàptisin) doveva risultare secondo lui accetto (a Dio): non come richiesta di perdono per eventuali peccati commessi (mè epì tinòn hamartàdòn paraitèsei chròménòn), ma come consacrazione del corpo, poiché l'anima era già tutta purificata con la pratica della giustizia. (118). Ma quando altri si unirono alla folla, poiché erano cresciuti in grandissimo numero al sentire le sue parole, Erode cominciò a temere che l'effetto di una tale eloquenza sugli uomini portasse a qualche sollevazione, dato che sembrava che essi facessero qualunque cosa per decisione di lui. Ritenne perciò molto meglio prendere l'iniziativa e sbarazzarsene (analeìn), prima che da parte sue si provocasse qualche subbuglio, piuttosto che, creatasi una sollevazione e trovandosi in un brutto affare, doversene poi pentire. (119) Perciò (Giovanni), per il sospetto di Erode, fu inviato in catene a Macheronte, la fortezza di cui abbiamo già parlato, e là fu ucciso (ktìnnytai). Ma l'opinione dei giudei fu che la rovina dell'esercito venne da Dio, che volle punire Erode per averlo condannato.
Del martirio di S.Giovanni Battista abbiamo testimonianza dagli stessi vangeli.
Mc 6, 17-29
In quel tempo, Erode aveva fatto arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, che egli aveva sposata. Giovanni diceva a Erode: "Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello". Per questo Erodìade gli portava rancore e avrebbe voluto farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo giusto e santo, e vigilava su di lui; e anche se nell'ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri. Venne però il giorno propizio, quando Erode per il suo compleanno fece un banchetto per i grandi della sua corte, gli ufficiali e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla ragazza: "Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò". E le fece questo giuramento: "Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno". La ragazza uscì e disse alla madre: "Che cosa devo chiedere?". Quella rispose: "La testa di Giovanni il Battista". Ed entrata di corsa dal re fece la richiesta dicendo: "Voglio che tu mi dia subito su un vassoio la testa di Giovanni il Battista". Il re divenne triste; tuttavia, a motivo del giuramento e dei commensali, non volle opporle un rifiuto. Subito il re mandò una guardia con l'ordine che gli fosse portata la testa. La guardia andò, lo decapitò in prigione e portò la testa su un vassoio, la diede alla ragazza e la ragazza la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputa la cosa, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.
Fino alla fine della vita Giovanni resta fedele alla "verità". Non può non dire "Non ti è lecito tenere questa donna". Il peccato diviene devastante quando non solo viene compiuto, nella debolezza, nella consapevolezza di essere nel peccato, ma quando pretende di essere la verità, la norma, la giustizia che può essere sbandierata.
Appare subito evidente l'eterno tema della bellezza a cui tutto si sottopone. Non c'è ostacolo ad una donna che piace perché sa danzare.
Il rancore della madre è tale, la sua incapacità di accettare di essere criticata è tale da farle preferire la morte di colui che la contesta alla metà di un regno. Quante volte siamo capaci di far crollare un progetto che merita veramente solo perché proposto da persone di cui vogliamo invece la fine!
Il re, "a motivo del giuramento e dei commensali" decreta la fine della vita del Battista. Tornare su di una decisione, cambiare parere, chiedere scusa può apparire debolezza negli ambienti dei potenti. Anche per questo muore Giovanni "precursore nella gioia, precursore nel dolore".