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7Q5: il vangelo di Marco a Qumran? Gli studi di É. Puech dinanzi alla proposta di ricostruzione del papirologo J. O’Callaghan

N.B. Questa breve recensione vuole presentare le conclusioni dell’articolo di É. Puech, Note sull’identificazione di 7Q5 con Mc 6,52-53, Ho Theologos 17 (1999), pp. 73-84.
Le foto on-line riprendono i disegni dello stesso Émile Puech pubblicati nel numero della rivista Ho Theologos ed il copyright è ovviamente dell’autore e dell’editore. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza di queste immagini sul nostro sito non fosse loro gradita.




Émile Puech, professore all’École biblique et archéologique française de Jérusalem (EBAF), sintetizza nell’articolo sopra citato apparso sulla rivista della Facoltà teologica di Sicilia i suoi precedenti studi sul quinto frammento della settima grotta di Qumran (7Q5), frammento nel quale il papirologo catalano J. O’Callaghan aveva proposto, in un articolo di Biblica del 1972 (J. O’Callaghan, ¿Papiros neotestamentarios en la cueva 7 de Qumran?, Bibl 53 (1972), pp. 91-100), di vedere il testo di Mc 6,52-53.
Gli studi di Puech smentiscono, a ragione, che si tratti del testo del vangelo marciano.

È sufficiente rilevare, infatti, le tre irregolarità che O’Callaghan è costretto ad ammettere nello spazio di poche lettere nella linea 3 del testo:

1/ Subito dopo il και, che è facilmente leggibile nel frammento, si trova un τ, mentre il vocabolo che segue al και in Marco è διαπερασαντες con una δ iniziale. O’Callaghan propone che il copista abbia commesso un errore scrivendo una τ al posto di una δ.

2/ Anche la seconda lettera del supposto διαπερασαντες è da respingere. Se si confronta, infatti, la supposta ι, che segue la τ, ci si accorge, confrontandola con la ι del και che subito precede, che non si tratta della stessa lettera (ha infatti un tratto curvo a destra e manca dei due apex alle estremità). Puech propone che si tratti piuttosto di un ω.

3/ O’Callaghan, per dare uniformità ai margini del testo ricostruito, è costretto a proporre che lo scriba non avesse nel suo testo l’επι την γην che invece compare nel testo di Marco.

Si è costretti a concludere che la suggestiva identificazione proposta da O’Callaghan è da respingere. Marco resta un vangelo scritto prima dell’anno 70, ma i ritrovamenti di Qumran non possono fondare tale datazione che si appoggia piuttosto sui dati interni del vangelo stesso.

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