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Ankara: Cittadella (clicca sull'immagine per leggere sulla lettera ai Galati)

Il luogo ideale per la meditazione sulla lettera ai Galati potrebbe essere la Cittadella, salendo sulle mura. Per ragioni di tempo è stata tenuta, invece, in autobus.

Paolo passa in Galazia due volte. Una prima volta nel secondo viaggio apostolico, prima di passare da Troade in Europa (At 16, 6: Attraversarono la Frigia e la regione della Galazia), una seconda volta, all’inizio del terzo viaggio (At 18, 23: Partì di nuovo percorrendo le regioni della Galazia e della Frigia, confermando nella fede tutti i discepoli). Dal testo di At 18, 23 risulta evidente come egli conosca bene i cristiani di quelle regioni.

L’antica Ancira (oggi Ankara, capitale della Turchia) era il capoluogo della Galazia. Non v’è dubbio quindi che Paolo, che sempre si recava nelle città, vi sia passato nei suoi viaggi in Galazia.

La Lettera ai Galati è un testo importantissimo, innanzitutto per toccare con mano la storicità del Nuovo Testamento. Paolo racconta di aver incontrato Cefa, Giacomo ‘il fratello del Signore’ e Giovanni. Con Cefa racconta anche di avere avuto un litigio ad Antiochia. Egli racconta i questi incontri per dare la dimostrazione che il vangelo che annunziava era lo stesso di quello annunziato dagli apostoli. I vangelo, infatti, non può essere corrotto, ma deve restare inalterato: “Se qualcuno vi predica un vangelo diverso da quello che avete ricevuto sia anatema” (Gal 1, 9). La lettera ai Galati ci riporta, insomma, ad un momento nel quale gli apostoli erano ancora vivi e ci mostra che il loro annuncio sul Cristo era lo stesso di quello che troviamo nei vangeli redatti successivamente.

Il secondo motivo della grande importanza della Lettera ai Galati (che deve essere letta, per questo, insieme alla lettera ai Romani) è la chiarezza con la quale viene affrontato il tema della ‘grazia’.

Nella meditazione si è sottolineato come sia facile, troppo facile, avere una visione dell’uomo nella quale sia predominante la sua azione, la sua opera, la sua ricerca e dimenticare che l’uomo è innanzitutto colui che riceve un dono che non merita e che, in realtà, neanche conosce, finché non gli viene fatto. Paolo sottolinea nella lettera ai Galati che la giustificazione viene dalla fede in Cristo e non dalle opere dell’uomo (Gal 2, 15-21). Parlando della grazia, Paolo parla del “Figlio di Dio che mi ha amato e che ha dato se stesso per me” (Gal 2, 20). Proprio l’amore aiuta a comprendere cosa significhi la grazia: l’amore di un altro –ed, in particolare l’amore di Dio per noi- non viene ‘fabbricato’ da noi, ma dipende dalla libertà dell’altro che ci ama. Nessuno può pretendere l’amore. Esso, dice von Baltahsar, è sempre e solo un miracolo che non posso dedurre dalle mie personali doti, altrimenti toglierei all’altro la libertà di amarmi, cioè l’amore stesso, perché l’amore o è libero o non è tale.

Paolo afferma che l’amore di Dio e la croce di Cristo non sono deducibili da noi, ma possiamo solo accoglierli. Un testo lucano è stato utilizzato nella meditazione per aiutare ulteriormente nella riflessione: la parabola del padre misericordioso e dei suoi due figli. Proprio questa parabola è una parabola della grazia. I due figli –una studiosa francese li definì il ‘figlio del piacere’, il minore che ha come criterio il suo personale pallino al quale tutto sottopone, ed il ‘figlio del dovere’, il maggiore che obbedisce in tutto, ma non conosce la grazia e l’amore- si ritrovano nella parabola, prima dell’intervento del padre, ad aver vissuto in fondo come dei servi. Il minore dice: “Tornerò e dirò a mio padre ‘Trattami come uno dei tuoi servi’, il secondo, senza parlare inizialmente con il padre, ma solo con gli altri servi, giunge finalmente a dire al padre “Ti ho servito e non ho mai trasgredito uno solo dei tuoi comandi”. Nessuno dei due ama ancora il padre, perché non ha ancora compreso di esserne amato. Il padre esce per entrambi, per il minore correndogli incontro e per il maggiore , per invitarlo a fare festa anche lui. La parabola non ci dice se i due figli abbiano compreso ed accolto l’amore, ma certo annuncia che il cuore del passaggio dalla servitù alla figliolanza consiste nell’amore del Padre. Solo chi capisce il suo cuore, diviene capace di fare festa ogni volta che viene ritrovato un figlio.

La parabola è una parabola cristologica. Gesù la utilizza per mostrare che il Padre si sta rivelando per la prima volta in pienezza al mondo in lui che mangia con i peccatori e che invita anche i farisei a sedersi al banchetto. Gesù non è un cantastorie, inventore di bellissime storie mai raccontate prima, ma è piuttosto colui che annuncia che la parabola sta divenendo realtà perché egli è nel mondo l’inviato definitivo del Padre che viene a far passare dalla servitù alla figliolanza.

I due figli possono ben rappresentare il popolo eletto –il figlio maggiore- ed i pagani –il figlio minore. Come dice la lettera ai Romani, sia gli ebrei, sia i pagani sono nel peccato e non possono uscirne da soli. Ma Dio ha mandato il suo Figlio perché essi, per la grazia e la fede, possano essere salvati.

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