Valle di Göreme: Aynalı Kilise (clicca sull'immagine per leggere della teologia trinitaria dei padri cappadoci)
Durante la celebrazione della messa, i pellegrini sono stati aiutati a comprendere qualcosa della teologia trinitaria, nella prospettiva dei padri cappadoci che in questi luoghi hanno approfondito la loro riflessione sulle tre persone della Trinità.
La riflessione è partita dall’inno di giubilo presente in Lc e Mt che è stato proclamato durante la messa. La figliolanza divina di Gesù e la sua affermazione di venire dal Padre come l’unico suo rivelatore definitivo non è una interpretazione giovannea, ma è presente nei sinottici ed addirittura in questi versetti che sono della cosiddetta fonte Q. Tutto il NT annuncia la relazione unica fra il Padre ed il Figlio.
I padri cappadoci hanno preparato il Concilio Costantinopolitano I, nel quale venne redatta la forma finale del Simbolo che recitiamo ogni domenica nella liturgia domenicale, il Simbolo niceno-costantinopolitano.
Nella meditazione si è mostrato come la Sacra Scrittura ed il Simbolo di fede (il dogma) non siano due cose diverse, ma esprimano l’unica realtà divina in due forme diverse, entrambe necessarie alla fede.
Si è fatto riferimento ad uno straordinario passaggio del Direttorio generale per la catechesi, che al numero 128, afferma: «La catechesi trasmette il contenuto della Parola di Dio secondo le due modalità con cui la Chiesa lo possiede, lo interiorizza e lo vive: come narrazione della Storia della Salvezza e come esplicitazione del Simbolo della fede. La Sacra Scrittura e il Catechismo della Chiesa Cattolica debbono ispirare tanto la catechesi biblica quanto la catechesi dottrinale, che veicolano questo contenuto della parola di Dio».
Il Simbolo di fede mostra l’intima armonia, la sintesi di tutto ciò che la scrittura narra. Permette di avere una visione d’insieme di ciò che è essenziale. La Bibbia presenta la ricchezza di tutte le sfumature e di ogni particolare, ma se mancasse la visione sintetica che la fede fornisce, risulterebbe solo una massa disarticolata ed incomprensibile.
Ciò che Luca e Matteo raccontano nell’inno di giubilo, il Simbolo niceno-costantinopolitano lo sintetizza nella sua struttura trinitaria.
I tre grandi cappadoci, Basilio, Gregorio di Nazianzo e Gregorio di Nissa, hanno contribuito alla definitiva stesura del Credo. Dio è Trinità, è amore, prima ancora di creare l’universo e l’uomo, perché è amore in se stesso. Dio non comincia ad amare da quando esiste l’uomo, ma è da sempre amore del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. I cappadoci hanno accolto ed approfondito il termine ‘persona’, già utilizzato da Origene in greco e da Tertulliano in latino, per indicare le tre persone nella Trinità. ‘Persona’ esprime nella teologia trinitaria la relazione d’amore che esiste. Se da sempre il Padre non avesse amato il Figlio, ciò significherebbe che egli non sarebbe stato sempre Padre. Egli può essere Padre solo perché genera ed ama il Figlio.
La teologia sottolineerà che il Padre è dono totale: non c’è niente che egli sia che non viene donato al Figlio. Ed il Figlio è accoglienza perfetta: non c’è niente che egli sia che non sia ricevuto dal Padre. Ma questo amore non si chiude in se stesso, bensì è fecondo. Il Padre non solo ama il Figlio ed il Figlio il Padre, ma essi amano insieme: e questo amore fecondo è lo Spirito Santo. Molto i padri cappadoci hanno riflettuto e scritto sullo Spirito Santo, sul suo procedere dal Padre, sul suo essere adorato e conglorificato.
Tutta la riflessione moderna sulla persona discende da questa riflessione trinitaria sulle persone divine. Ognuno è persona, non tanto perché è individuo, ma perché ama, perché è relazione. Se si vuole sapere chi è una persona, basta che gli si domandi a chi vuole bene, per chi vive, chi ha nel cuore. L’uomo è persona, perché è relazione. In questo consiste essenzialmente l’antico annuncio di Genesi che ogni uomo è fatto ad immagine di Dio.