Valle di Ihlara o di Peristrema: la Ağaçaltı Kilisesi (clicca sull'immagine per leggere sul monachesimo e la Cappadocia)
Valle di Ihlara (Ihlara vadisi o valle di Peristrema) percorsa dal Melendiz Suyu
Dinanzi alla Ağaçaltı Kilisesi (o chiesa sotto l’albero)
La Cappadocia è stata abitata da cristiani greci ortodossi fino alla guerra fra la Grecia e la Turchia che culminò con la sconfitta della Grecia nel 1922. Allora molti fuggirono; i pochi che rimasero furono costretti ad abbandonare la Turchia con lo spostamento forzato delle popolazioni che fu deciso nel 1923: i turchi rimasti in Grecia ed i greci rimasti in Turchia dovettero abbandonare il paese nel quale vivevano da secoli. Se sono evidenti gli oltraggi alle chiese della Cappadocia e gli oltraggi ad alcune pitture che furono perpetrati nel 1923 da alcuni si hanno anche testimonianze di turchi che salutavano piangendo i loro amici greci che lasciavano per sempre la Turchia.
Prima di parlare dei padri cappadoci (sarà fatto il giorno successivo) dinanzi alla Ağaçaltı Kilisesi è stato introdotto il tema del senso della vita monastica e, più in generale, dell’importanza degli stati di vita nella fede cristiana.
Subito il cristianesimo ha capito che dalle parole del Signore che non bastava la scelta della fede, ma che questa andava coniugata in una scelta di vita che la concretizzava. Gesù ha dato un valore nuovo al matrimonio (è lui l’annunciatore dell’indissolubilità del matrimonio ed è lui che conferisce sacramentalità alla vita degli sposati), ma ha al contempo proclamato che Dio chiama anche alla verginità ed al celibato. San Paolo, in 1Cor 7, ha approfondito per primo la nuova proposta del Signore. La scelta di non sposarsi acquista un valore di prefigurazione dei tempi escatologici, quando avremo pienamente con noi lo sposo Cristo Gesù. Anche il celibato si manifesta così come una scelta di amore. Tutte gli stati di vita cristiani non possono che essere interpretati che come scelte di amore. Solo nella definitività dello stato di vita, l’amore diviene reale e completo, poiché la vita viene offerta nell’amore per sempre. È estremamente interessante anche la riflessione paolina sulla vedovanza; Paolo, per la prima volta nella storia, conferisce una grande rilevanza alla condizione vedovile, ma invita anche le vedove ad una scelta che sia definitiva. Esse possono risposarsi, oppure ‘consacrarsi’ al Signore; le comunità sono invitate da Paolo a non accogliere nel novero delle vedove quelle che aspirano a rinunciare alla loro condizione vedovile.
La tradizione monastica che si sviluppa in Egitto, in Palestina, in Occidente ed anche in Cappadocia riprende, dopo la fine delle persecuzioni, con vigore la proposta della vita celibataria e verginale per il regno di Dio.
‘Monaco’ viene da ‘monos’ che in greco vuol dire ‘solo’ ed indica la persona che sceglie il celibato (o la verginità) per una chiamata del Signore. Basilio è autore di una regola monastica nella quale invita i monaci alla vita cenobitica (da koinos bios, in greco vita comune), cioè alla vita di comunità. Infatti, anche la vita di chi è ‘solo’ non è una vita senza amore, anzi egli è chiamato a condividere pienamente la sua fede con i fratelli della sua comunità monastica. Il monachesimo dei padri cappadoci ha sempre affermato che anche chi fosse chiamato alla vita eremitica deve sempre prima mettersi alla prova in un lungo periodo di vita comunitaria, per maturare nell’amore per i fratelli.
Il monachesimo della Cappadocia avrà così come caratteristiche originarie anche quelle di essere profondamente legato sia alla vita diocesana, sia alla carità verso i più poveri.
Un’attualizzazione sul rapporto fra opzione fondamentale, scelta dello stato di vita e scelte particolari che preparano ed accompagnano le altre due opzioni ha concluso la riflessione.