Antiochia di Pisidia, oggi Yalvaç (clicca sull'immagine per leggere della predicazione e della conversione di Paolo)
Nella basilica di San Paolo in Antiochia di Pisidia (oggi Yalvaç), che potrebbe essere stata edificata sui resti o nei pressi della sinagoga nella quale predicò Paolo, è stato letto il testo di At 13, 13-52.
Antiochia di Pisidia non è da confondere con Antiochia sull’Oronte, ben più importante che fu la ‘base’ di partenza e di arrivo dei viaggi paolini e che è la città nella quale per la prima volta i discepoli furono chiamati ‘cristiani’.
Nella riflessione, a partire dalla predicazione di Paolo ad Antiochia di Pisidia secondo il racconto degli Atti, si è posta la domanda chi fosse Paolo. Ad Antiochia Paolo raccontò innanzitutto la storia della salvezza operata da Dio per il popolo ebraico; egli dice che Dio è il Dio ‘di questo popolo Israele’. È evidente qui la radice ebraica dell’apostolo. Ma, al contempo, una volta che la sua predicazione del vangelo non fu accolta, egli dichiarò: «Ecco noi ci rivolgiamo ai pagani». Tutta l’apertura universale di Paolo è qui presente, e, conseguentemente, la sua attenzione alla grecità di allora.
Ma Paolo si caratterizza ben più profondamente per qualche cosa d’altro: egli è un cristiano! Chi cerca di definirlo solo a partire dalla sua ebraicità o dal suo ellenismo non capisce niente di lui. L’evento dell’incontro sulla via di Damasco con il Signore risorto ha cambiato tutto della sua vita. Alcuni autori hanno voluto, con una lettura molto superficiale del pensiero paolino, definirlo come il “secondo fondatore del cristianesimo”. È vero, invece, proprio l’opposto: è il Cristo colui che rifonda la vita di Paolo e lo obbliga a vedere in maniera diversa sia l’ebraismo sia la grecità. Da quel momento in poi egli non rinnega né l’uno, né l’altra, ma li vede a partire da Cristo.
Proprio la predicazione ad Antiochia di Pisidia manifesta questo: agli Ebrei Paolo annunzia che dalla discendenza di Davide «Dio trasse per Israele un salvatore», ai pagani si rivolge ed «abbracciarono la fede tutti quelli che erano destinati alla vita eterna». Per tutti è venuto il Cristo e tutti sono chiamati ad avere fede in lui.
Nella meditazione, ognuno è stato allora invitato a considerare quanto si definisca a partire da Cristo, quanto la fede sia all’origine dello sguardo con cui abbraccia ogni realtà.
La rappresentazione iconografica ha voluto aggiungere al racconto della conversione di Paolo la sua caduta da cavallo. Si è accennato allo straordinario valore simbolico di questa rappresentazione, motivata dal fatto che il cavallo è sempre stato l’immagine del potere, della stabilità, della forza: l’uomo ha amato farsi rappresentare a cavallo per dire una statura maggiore, una altezza ed un equilibrio più grandi della reale dimensione umana. Paolo è disarcionato da tutto questo. Per un approfondimento su questo, vedi <a href="http://www.gliscritti.it/arte_fede/conversione_paolo/conversione_paolo.htm ">Il cavallo nell’iconografia della conversione di san Paolo apostolo: segno superfluo o espressivo?</a>
di Andrea Lonardo
Questo il testo di At 13, 13-52:
Salpati da Pafo, Paolo e i suoi compagni giunsero a Perge di Panfilia. Giovanni si separò da loro e ritornò a Gerusalemme. Essi invece proseguendo da Perge, arrivarono ad Antiochia di Pisidia ed entrati nella sinagoga nel giorno di sabato, si sedettero. Dopo la lettura della Legge e dei Profeti, i capi della sinagoga mandarono a dire loro: «Fratelli, se avete qualche parola di esortazione per il popolo, parlate!».
Si alzò Paolo e fatto cenno con la mano disse: «Uomini di Israele e voi timorati di Dio, ascoltate. Il Dio di questo popolo d'Israele scelse i nostri padri ed esaltò il popolo durante il suo esilio in terra d'Egitto, e con braccio potente li condusse via di là. Quindi, dopo essersi preso cura di loro per circa quarant'anni nel deserto, distrusse sette popoli nel paese di Canaan e concesse loro in eredità quelle terre, per circa quattrocentocinquanta anni. Dopo questo diede loro dei Giudici, fino al profeta Samuele. Allora essi chiesero un re e Dio diede loro Saul, figlio di Cis, della tribù di Beniamino, per quaranta anni. E, dopo averlo rimosso dal regno, suscitò per loro come re Davide, al quale rese questa testimonianza: Ho trovato Davide, figlio di Iesse, uomo secondo il mio cuore; egli adempirà tutti i miei voleri.
Dalla discendenza di lui, secondo la promessa, Dio trasse per Israele un salvatore, Gesù. Giovanni aveva preparato la sua venuta predicando un battesimo di penitenza a tutto il popolo d'Israele. Diceva Giovanni sul finire della sua missione: Io non sono ciò che voi pensate che io sia! Ecco, viene dopo di me uno, al quale io non sono degno di sciogliere i sandali.
Fratelli, figli della stirpe di Abramo, e quanti fra voi siete timorati di Dio, a noi è stata mandata questa parola di salvezza. Gli abitanti di Gerusalemme infatti e i loro capi non l'hanno riconosciuto e condannandolo hanno adempiuto le parole dei profeti che si leggono ogni sabato; e, pur non avendo trovato in lui nessun motivo di condanna a morte, chiesero a Pilato che fosse ucciso. Dopo aver compiuto tutto quanto era stato scritto di lui, lo deposero dalla croce e lo misero nel sepolcro. Ma Dio lo ha risuscitato dai morti ed egli è apparso per molti giorni a quelli che erano saliti con lui dalla Galilea a Gerusalemme, e questi ora sono i suoi testimoni davanti al popolo.
E noi vi annunziamo la buona novella che la promessa fatta ai padri si è compiuta, poiché Dio l'ha attuata per noi, loro figli, risuscitando Gesù, come anche sta scritto nel salmo secondo:
Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato.
E che Dio lo ha risuscitato dai morti, in modo che non abbia mai più a tornare alla corruzione, è quanto ha dichiarato:
Darò a voi le cose sante promesse a Davide, quelle
sicure.
Per questo anche in un altro luogo dice:
Non permetterai che il tuo santo subisca la
corruzione. Ora Davide, dopo aver eseguito il volere di Dio nella sua generazione, morì e fu unito ai suoi padri e subì la corruzione. Ma colui che Dio ha risuscitato, non ha subìto la corruzione. Vi sia dunque noto, fratelli, che per opera di lui vi viene annunziata la remissione dei peccati e che per lui chiunque crede riceve giustificazione da tutto ciò da cui non vi fu possibile essere giustificati mediante la legge di Mosè. Guardate dunque che non avvenga su di voi ciò che è detto nei Profeti:
Mirate, beffardi,
stupite e nascondetevi,
poiché un'opera io compio ai vostri giorni,
un'opera che non credereste, se vi fosse
raccontata!».
E, mentre uscivano, li pregavano di esporre ancora queste cose nel prossimo sabato. Sciolta poi l'assemblea, molti Giudei e proseliti credenti in Dio seguirono Paolo e Barnaba ed essi, intrattenendosi con loro, li esortavano a perseverare nella grazia di Dio.
Il sabato seguente quasi tutta la città si radunò per ascoltare la parola di Dio. Quando videro quella moltitudine, i Giudei furono pieni di gelosia e contraddicevano le affermazioni di Paolo, bestemmiando. Allora Paolo e Barnaba con franchezza dichiararono: «Era necessario che fosse annunziata a voi per primi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco noi ci rivolgiamo ai pagani. Così infatti ci ha ordinato il Signore:
Io ti ho posto come luce per le genti,
perché tu porti la salvezza sino all'estremità della
terra».
Nell'udir ciò, i pagani si rallegravano e glorificavano la parola di Dio e abbracciarono la fede tutti quelli che erano destinati alla vita eterna. La parola di Dio si diffondeva per tutta la regione. Ma i Giudei sobillarono le donne pie di alto rango e i notabili della città e suscitarono una persecuzione contro Paolo e Barnaba e li scacciarono dal loro territorio. Allora essi, scossa contro di loro la polvere dei piedi, andarono a Icònio, mentre i discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo.