Timna
Certo, per l’argento vi sono miniere
e per l’oro luoghi dove esso si raffina.
Il ferro si cava dal suolo
e la pietra fusa libera il rame.
L’uomo pone un termine alle tenebre
e fruga fino all’estremo limite
le rocce nel buio più fondo.
Forano pozzi lungi dall’abitato
coloro che perdono l’uso dei piedi:
pendono sospesi lontano dalla gente e vacillano.
Una terra, da cui si trae pane,
di sotto è sconvolta come dal fuoco.
Le sue pietre contengono zaffiri
e oro la sua polvere.
L’uccello rapace ne ignora il sentiero,
non lo scorge neppure l’occhio dell’aquila,
non battuto da bestie feroci,
né mai attraversato dal leopardo.
Contro la selce l’uomo porta la mano,
sconvolge le montagne:
nelle rocce scava gallerie
e su quanto è prezioso posa l’occhio:
scandaglia il fondo dei fiumi
e quel che vi è nascosto porta alla luce.
Ma la sapienza da dove si trae?
E il luogo dell’intelligenza dov’è?
L’uomo non ne conosce la via,
essa non si trova sulla terra dei viventi.
Dio solo ne conosce la via,
lui solo sa dove si trovi,
perché volge lo sguardo
fino alle estremità della terra,
vede quanto è sotto la volta del cielo.
Quando diede al vento un peso
e ordinò alle acque entro una misura,
quando impose una legge alla pioggia
e una via al lampo dei tuoni;
allora la vide e la misurò,
la comprese e la scrutò appieno
e disse all’uomo:
«Ecco, temere Dio, questo è sapienza
e schivare il male, questo è intelligenza».
(Gb 28,1-13.23-28)