Ritorna all'homepage del sito

Gerico neotestamentaria: il palazzo di Erode

La Gerico di Erode sorgeva dove il wadi el-Qelt esce con le sue acque dai dirupi del deserto ed irriga una piccola oasi, dagli arabi chiamata Tulul Abu el-Alayiq (brevemente ‘Alayiq). La strada che saliva a Gerusalemme seguiva, nel suo primo tratto, il wadi stesso ed in epoca ellenistica erano state edificate due torri a difesa del passo. Il tratto della strada è tuttora percorribile sia pure con difficoltà; in alcuni punti è ancora visibile la caratteristica pavimentazione delle strade romane. Quando Erode, proclamato re dal senato romano, tornò in Palestina per conquistarsi il suo regno, Gerico fu una delle primissime tappe; qui si scontrò con Antigono in una dura battaglia nella quale lui stesso rimase ferito. La città diventò definitivamente sua dopo il 31, alla sconfitta e morte di Marc’Antonio. Erode abbellì Gerico sullo stile delle città ellenistiche del tempo.
Qui il re compì alcuni dei suoi delitti più gravi: l’uccisione per invidia del cognato sedicenne Aristobulo che lui stesso aveva eletto sommo sacerdote; qui fece uccidere suo figlio Antipatro; nel 4 a.C. fece trucidare quei farisei che avevano osato abbattere l’aquila d’oro che aveva fatto porre sulla porta del Tempio; qui alla sua morte avrebbero dovuto essere massacrati per suo volere i rappresentanti delle migliori famiglie di Gerusalemme, perché i Giudei avessero motivo di piangere nel giorno del suo funerale quando la sua salma sarebbe stata traslata da Gerico all’Herodion; lasciò scritto: «So che i giudei celebreranno la mia morte con feste; ma io posso farmi piangere per interposta persona: tutti quegli uomini che ho fatto rinchiudere, quando avrò esalato l'ultimo respiro, fateli circondare dai soldati e metteteli a morte, affinché tutta la Giudea e Gerico sia costretta a piangere per me» ( per fortuna non fu ascoltato).
Guardando attualmente il luogo, dal punto dove la strada romana si affaccia dal wadi el-Qelt sulla piana di Gerico, è possibile rendersi conto della grandiosità delle sue costruzioni.

Nel suo primo anno di regno, Erode perdette, ma per poco, il suo possesso su Gerico perché Marco Antonio volle regalare a Cleopatra la produzione di balsamo che aveva resa famosa Gerico nel mondo cortigiano. Ma Cleopatra, che al dire di Giuseppe Flavio «aveva una certa passione per Erode», gli rese l’industria e con il suicidio anche la proprietà dell’area. Portando l’occhio al tell che sta a sud del wadi e che domina tutta l’area e andando ancora a sud-est, proprio a toccare la strada che immette nella strada asfaltata di Gerico, si vedono i segni del primo palazzo di Erode. Ma bisogna risalire alle due sponde del wadi per vederlo nella sua interezza: dapprima sulla collinetta artificiale una hall di ricevimento e disimpegno per il complesso dei bagni, poi una scala che scendeva portando, a destra, alla piscina e a sinistra ad una stoà (strada coperta e a colonne) che a sua volta, introduceva nel Giardino acquatico. Tra le rovine del Giardino è ancora possibile vedere le mura con 24 nicchie che dovevano contenere altrettante statue d’arte romana e, coperto dal pavimento, il sistema di canali che distribuivano acqua al giardino. Un ponte ad archi superava il wadi el-Qelt e sull’altra riva, a nord, su un plateau naturale, Erode aveva fatto sorgere l’ala nord del palazzo che aveva, a est, un piccolo wadi tributario di quello più grande.
L’interno era arricchito da due cortili dei quali il più grande aveva un’abside; in capo all’estremità nord, si contano ancora 5 stanze da bagno: apodyterium (spogliatoio), due tepidaria (acqua tiepida), un frigidarium (acqua fredda), un calidarium (acqua calda). L’ultima costruzione del complesso, a sinistra, è la grande hall di ricevimento costruita a colonnati.
Questa città, purtroppo scomparsa, è quella che vide le azioni di Gesù. Seguendo il filo della narrazione evangelica noi veniamo a sapere che Gesù, attraversando la città, vide Zaccheo, piccolo di statura su un sicomoro e si fece invitare a casa sua e da pubblicano lo fece cristiano (Lc 19,1-10); quando, poi, uscì, ridonò la vista al cieco chiamato Bartimeo (Mc 10,46-52).

Lingua preferita