In questo breve articolo sono riassunti i dogmi cristologici proclamati dai sette concili ecumenici del primo millennio. Salvo dove diversamente indicato, i testi sono tratti dal Catechismo degli adulti della Conferenza Episcopale Italiana, La verità vi farà liberi, e dal Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC). I titoletti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura. I Concili sono citati nel CCC secondo l’Enchiridion Symbolorum definitionum et declarationum di H. Denzinger e A. Schönmetzer edd. (abbreviato con Denz. -Schönm.).
Il Centro culturale Gli scritti (25/1/2009)
I primi sette concili ecumenici difendono e spiegano le verità centrali della fede riguardo a Dio e a
Cristo. Ancora oggi il loro insegnamento è patrimonio comune di quasi tutti i cristiani, d’oriente e
d’occidente.
Concilio di Nicea (325)
Il primo concilio di Nicea, celebrato nell’anno 325, proclama che Gesù Cristo è il Figlio
unigenito di Dio, generato non creato, consustanziale al Padre, eterno e immutabile. Respinge l’arianesimo,
la dottrina secondo cui il Verbo sarebbe la prima e più perfetta delle creature, strumento per la
creazione di tutte le altre.
Concilio di Costantinopoli I (381)
Il primo concilio di Costantinopoli, dell’anno 381, condanna gli pneumatòmachi, che negano la
divinità dello Spirito Santo, e gli apollinaristi, che non riconoscono in Gesù un’anima
umana, in quanto al suo posto ci sarebbe il Verbo. Insegna che lo Spirito Santo è persona divina,
consustanziale al Padre e al Figlio, e che il Verbo si è fatto uomo vero, completo di anima e di
corpo.
(N.B. de Gli scritti: il Concilio ha definito anche l’unica sostanza, in greco ousia, di Dio
e le tre persone, in greco ipostasi, del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Il Credo
niceno-costantinopolitano non contiene queste espressioni, ma esse erano presenti nel Tomus conciliare,
che è andato perduto, come risulta dalle formulazioni ripetute in un documento dell’anno successivo,
il 382 d.C.; su questo vedi più sotto CCC 251-252)
Concilio di Efeso (431)
Il concilio di Efeso, dell’anno 431, rifiuta la dottrina nestoriana, secondo cui in Cristo ci sarebbero due
soggetti, uniti moralmente: il Verbo e l’uomo Gesù. Afferma che il Verbo non ha unito a sé la
persona di un uomo, ma si è fatto uomo e nella sua umanità è nato da Maria, ha sofferto,
è risorto; perciò una sola persona, un solo e medesimo Figlio di Dio è vero Dio e vero uomo,
e Maria è vera madre di Dio.
Concilio di Calcedonia (451)
Il concilio di Calcedonia, dell’anno 451, condanna i monofisiti, i quali sostengono che
nell’incarnazione la natura umana viene assorbita in quella divina e quindi ammettono in Cristo una
umanità solo apparente. Il concilio formula una professione di fede, molto precisa nel linguaggio e
destinata ad avere una grande importanza storica: «Noi insegniamo a confessare un solo e medesimo
Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, perfetto nella sua divinità e perfetto nella sua
umanità, vero Dio e vero uomo,[composto]di anima razionale e di corpo, consustanziale al Padre per la
divinità e consustanziale a noi per l’umanità, simile in tutto a noi, fuorché nel
peccato, generato dal Padre prima dei secoli secondo la divinità, e in questi ultimi tempi per noi e per
la nostra salvezza da Maria Vergine e Madre di Dio, secondo l’umanità, uno e medesimo Cristo Figlio
Signore unigenito; da riconoscersi in due nature, senza confusione, immutabili, indivise, inseparabili, non
essendo venuta meno la differenza delle nature a causa della loro unione, ma essendo stata, anzi, salvaguardata
la proprietà di ciascuna natura, e concorrendo a formare una sola persona e ipòstasi; egli non
è diviso o separato in due persone, ma è un unico e medesimo Figlio unigenito, Dio, Verbo e Signore
Gesù Cristo». [...] Conferme e precisazioni a questa formula sono venute già
nell’antichità dai tre concili successivi.
Concilio di Costantinopoli II (553)
Il secondo concilio di Costantinopoli, dell’anno 553, ribadisce la condanna di alcune interpretazioni
dualiste, vicine a quella nestoriana.
Concilio di Costantinopoli III (680-681)
Il terzo concilio di Costantinopoli, degli anni 680-681, condanna il monoenergismo e il monotelismo, ultimi
rigurgiti del monofisismo, che pongono in Cristo una sola attività e una sola volontà; riconosce
invece l’esistenza di due attività naturali, divina e umana, e in particolare due volontà in
armonia tra loro.
Concilio di Nicea II (787)
Il secondo concilio di Nicea, dell’anno 787, definisce che è conforme alla verità
dell’incarnazione raffigurare il Cristo nelle opere d’arte e tributare culto alle sacre immagini,
perché l’onore in definitiva è rivolto alla persona rappresentata.
Concilio di Nicea (325)
CCC 465
Le prime eresie più che la divinità di Cristo hanno negato la sua vera umanità (docetismo
gnostico). Fin dall'epoca apostolica la fede cristiana ha insistito sulla vera Incarnazione del Figlio di Dio
“venuto nella carne” (Cf 1Gv 4,2-3; 2Gv 1,7). Ma nel terzo secolo, la Chiesa ha dovuto affermare
contro Paolo di Samosata, in un Concilio riunito ad Antiochia, che Gesù Cristo è Figlio di Dio per
natura e non per adozione.
Il primo Concilio Ecumenico di Nicea nel 325 professò nel suo Credo che il Figlio di Dio è
“generato, non creato, della stessa sostanza ("homousios") del Padre”, e condannò Ario, il
quale sosteneva che “il Figlio di Dio veniva dal nulla” [Concilio di Nicea I: Denz. -Schönm.,
130] e che sarebbe “di un'altra sostanza o di un'altra essenza rispetto al Padre” [Concilio di Nicea
I: Denz. -Schönm., 130].
Concilio di Costantinopoli I (381)
CCC 242
[...] Seguendo la Tradizione Apostolica, la Chiesa nel 325, nel primo Concilio Ecumenico di Nicea, ha confessato
che il Figlio è “consustanziale” al Padre, cioè un solo Dio con lui. Il secondo
Concilio Ecumenico, riunito a Costantinopoli nel 381, ha conservato tale espressione nella sua formulazione del
Credo di Nicea ed ha confessato “il Figlio unigenito di Dio, generato dal Padre prima di tutti i secoli,
luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato, della stessa sostanza del Padre” [Denz.
-Schönm., 150].
CCC 243
Prima della sua Pasqua, Gesù annunzia l'invio di un “altro Paraclito” (Difensore), lo Spirito
Santo. Lo Spirito che opera fin dalla creazione, [Cf Gen 1,2] che già aveva “parlato per mezzo dei
profeti” (Simbolo di Nicea-Costantinopoli), dimorerà presso i discepoli e sarà in loro, (Cf
Gv 14,17) per insegnare loro ogni cosa (Cf Gv 14,26) e guidarli “alla verità tutta intera” (Gv
16,13). Lo Spirito Santo è in tal modo rivelato come un'altra Persona divina in rapporto a Gesù e
al Padre.
CCC 245
La fede apostolica riguardante lo Spirito è stata confessata dal secondo Concilio Ecumenico nel 381 a
Costantinopoli: “Crediamo nello Spirito Santo, che è Signore e dà vita; che procede dal
Padre” [Denz. -Schönm., 150]. Così la Chiesa riconosce il Padre come “la fonte e
l'origine di tutta la divinità” [Concilio di Toledo VI (638): Denz. -Schönm., 490]. L'origine
eterna dello Spirito Santo non è tuttavia senza legame con quella del Figlio: “Lo Spirito Santo, che
è la Terza Persona della Trinità, è Dio, uno e uguale al Padre e al Figlio, della stessa
sostanza e anche della stessa natura... Tuttavia, non si dice che Egli è soltanto lo Spirito del Padre, ma
che è, ad un tempo, lo Spirito del Padre e del Figlio” [Concilio di Toledo XI (675): Denz.
-Schönm., 527]. Il Credo del Concilio di Costantinopoli della Chiesa confessa: “Con il Padre e con il
Figlio è adorato e glorificato” [Denz.-Schönm., 150].
CCC 251
Per la formulazione del dogma della Trinità, la Chiesa ha dovuto sviluppare una terminologia propria
ricorrendo a nozioni di origine filosofica: “sostanza”, “persona” o
“ipostasi”, “relazione”, ecc. Così facendo, non ha sottoposto la fede ad una
sapienza umana, ma ha dato un significato nuovo, insolito a questi termini assunti ora a significare anche un
Mistero inesprimibile, “infinitamente al di là di tutto ciò che possiamo concepire a misura
d'uomo” [Paolo VI, Credo del popolo di Dio, 2].
CCC 252
La Chiesa adopera il termine “sostanza” (reso talvolta anche con “essenza” o
“natura”) per designare l'Essere divino nella sua unità, il termine “persona” o
“ipostasi” per designare il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo nella loro reale distinzione
reciproca, il termine “relazione” per designare il fatto che la distinzione tra le Persone divine sta
nel riferimento delle une alle altre.
Concilio di Efeso (431)
CCC 466
L'eresia nestoriana vedeva in Cristo una persona umana congiunta alla Persona divina del Figlio di Dio. In
contrapposizione ad essa san Cirillo di Alessandria e il terzo Concilio Ecumenico riunito a Efeso nel 431 hanno
confessato che “il Verbo, unendo a se stesso ipostaticamente una carne animata da un'anima razionale, si
fece uomo” [Concilio di Efeso: Denz. -Schönm., 250]. L'umanità di Cristo non ha altro soggetto
che la Persona divina del Figlio di Dio, che l'ha assunta e fatta sua al momento del suo concepimento. Per questo
il Concilio di Efeso ha proclamato nel 431 che Maria in tutta verità è divenuta Madre di Dio per il
concepimento umano del Figlio di Dio nel suo seno; “Madre di Dio. . . non certo perché la natura del
Verbo o la sua divinità avesse avuto origine dalla santa Vergine, ma, poiché nacque da lei il santo
corpo dotato di anima razionale a cui il Verbo è unito sostanzialmente, si dice che il Verbo è nato
secondo la carne” [Concilio di Efeso: Denz. -Schönm., 250].
Concilio di Calcedonia (451)
CCC 467
I monofisiti affermavano che la natura umana come tale aveva cessato di esistere in Cristo, essendo stata assunta
dalla Persona divina del Figlio di Dio. Opponendosi a questa eresia, il quarto Concilio Ecumenico, a Calcedonia,
nel 451, ha confessato:
«Seguendo i santi Padri, all'unanimità noi insegniamo a confessare un solo e medesimo Figlio, il
Signore nostro Gesù Cristo, perfetto nella sua divinità e perfetto nella sua umanità, vero
Dio e vero uomo, [composto] di anima razionale e di corpo, consostanziale al Padre per la divinità, e
consostanziale a noi per l'umanità, “simile in tutto a noi, fuorché nel peccato” (Eb
4,15), generato dal Padre prima dei secoli secondo la divinità, e in questi ultimi tempi, per noi e per la
nostra salvezza, nato da Maria Vergine e Madre di Dio, secondo l'umanità.
Un solo e medesimo Cristo, Signore, Figlio unigenito, che noi dobbiamo riconoscere in due nature, senza
confusione, senza mutamento, senza divisione, senza separazione. La differenza delle nature non è affatto
negata dalla loro unione, ma piuttosto le proprietà di ciascuna sono salvaguardate e riunite in una sola
persona e una sola ipostasi» [Concilio di Calcedonia: Denz. -Schönm., 301-302].
Concilio di Costantinopoli II (553)
CCC 468
Dopo il Concilio di Calcedonia, alcuni fecero della natura umana di Cristo una sorta di soggetto personale.
Contro costoro, il quinto Concilio Ecumenico, a Costantinopoli, nel 553, ha confessato riguardo a Cristo: vi
è “una sola ipostasi [o Persona].. ., cioè il Signore nostro Gesù Cristo, Uno della
Trinità ” [Concilio di Costantinopoli II: Denz. -Schönm., 424]. Tutto, quindi,
nell'umanità di Cristo deve essere attribuito alla sua Persona divina come al suo soggetto proprio, [Cf
già Concilio di Efeso: Denz. -Schönm., 255] non soltanto i miracoli ma anche le sofferenze [Cf
Concilio di Costantinopoli II: Denz. -Schönm., 424] e così pure la morte: “Il Signore nostro
Gesù Cristo, crocifisso nella sua carne, è vero Dio, Signore della gloria e Uno della Santa
Trinità” [Cf Concilio di Costantinopoli II: Denz.- Schönm., 424].
Concilio di Costantinopoli III (680-681)
CCC 475
Parallelamente, la Chiesa nel sesto Concilio Ecumenico [Concilio di Costantinopoli III (681)] ha dichiarato che
Cristo ha due volontà e due operazioni naturali, divine e umane, non opposte, ma cooperanti, in modo che
il Verbo fatto carne ha umanamente voluto, in obbedienza al Padre, tutto ciò che ha divinamente deciso con
il Padre e con lo Spirito Santo per la nostra salvezza [Cf Concilio di Costantinopoli III (681): Denz.
-Schönm., 556-559]. La volontà umana di Cristo “segue, senza opposizione o riluttanza, o
meglio, è sottoposta alla sua volontà divina e onnipotente” [Cf Concilio di Costantinopoli
III (681): Denz. -Schönm., 556-559].
Concilio di Nicea II (787)
CCC 476
Poiché il Verbo si è fatto carne assumendo una vera umanità, il Corpo di Cristo era
delimitato [Cf Concilio Lateranense (649): Denz. -Schönm., 504]. Perciò l'aspetto umano di Cristo
può essere “rappresentato” (Gal 3,1). Nel settimo Concilio Ecumenico la Chiesa ha riconosciuto
legittimo che venga raffigurato mediante “venerande e sante immagini” [Concilio di Nicea II (787):
Denz.-Schönm., 600-603].
CCC 477
Al tempo stesso la Chiesa ha sempre riconosciuto che nel Corpo di Gesù il “Verbo invisibile apparve
visibilmente nella nostra carne” [Messale Romano, Prefazio di Natale II]. In realtà, le
caratteristiche individuali del Corpo di Cristo esprimono la Persona divina del Figlio di Dio. Questi ha fatto a
tal punto suoi i lineamenti del suo Corpo umano che, dipinti in una santa immagine, possono essere venerati,
perché il credente che venera “l'immagine, venera la realtà di chi in essa è
riprodotto” [Concilio di Nicea II (787): Denz. -Schönm., 601].