Intervento di mons. Dennis de Jong, vescovo di Ndola, a S.Melania il 16.3.2003
N.B. Sintesi preparata da Maria Pia Martini.
Il testo non è stato rivisto dall'autore
Indice:
Sono molto onorato di essere in mezzo a voi. Suor Giuseppina mi ha detto molto del lavoro che voi fate, un lavoro nascosto ma di molto valore per noi nella situazione in cui siamo adesso.
Lo Zambia era una volta chiamato Rodesia del Nord. Gli Inglesi sono venuti nel
1924 ed hanno scavato sette miniere di rame nella nostra zona, nel Copperbelt,
e le cose andarono molto bene, ma ora tutto è finito. Il rame era il 95%
delle nostre entrate, ma era una monoeconomia. Non è stata colpa nostra,
siamo stati colonizzati dagli Inglesi e la loro priorità era il rame in
Zambia, oro, turismo e agricoltura, specialmente tabacco, in Zimbabwe, turismo,
agricoltura, caffè, thè in Malawi. Tutto andava bene all'inizio,
ma dopo il prezzo del rame è calato. Avevamo investito tanto nelle miniere,
ma ci voleva qualcosa di alternativo. La soluzione sembrava privatizzare, ma per
privatizzare serve un piano e servono investimenti. Il nostro ex presidente ha
raccolto milioni di dollari, ma è stato verificato che 80 milioni di dollari
sono spariti, forse in Svizzera, Bahamas, Londra o Belgio. Luanshya è diventata
la zona più povera dello Zambia, perché altre miniere hanno resistito
ancora qualche tempo, ma a Luanshya sono state chiuse tutte. Gli operai sono andati
in sciopero, non sono stati pagati per sei mesi, in conseguenza i furti e altre
attività criminali sono molto forti.
La popolazione non è molto numerosa, circa 10 milioni di individui, lo
Zambia è 750.000 km quadrati, il paese è grande e ci sono zone completamente
disabitate.
Il nostro debito con il Fondo Monetario Internazionale è di 6,5 miliardi
di dollari, 650 dollari a testa inclusi i bambini. E' impossibile per noi pagare
questo debito, anche se digiunassimo tutti per 5 anni.
L'80% degli uomini sono disoccupati, il loro business è vendere piccole
cose per strada, come matite o sigarette, guadagnando meno di un dollaro al giorno.
C'è tanta povertà in Zambia.
Il nostro, però, è l'unico paese dell'Africa subsahariana che non
ha guerre. Dall'indipendenza non c'è più stata guerra. Adesso però
ho molta paura perché è arrivata la notizia che nella parte orientale
del paese, la zona dove io sono nato, sono stati trovati dei diamanti. Per voi
è una buona notizia, ma è una brutta notizia per noi, che siamo
un paese non sviluppato e debole. In Africa, dove si sono trovati i diamanti c'è
stata la guerra. I paesi industriali hanno dato armi in cambio di diamanti. In
Angola c'è stata guerra per tanti anni, adesso in Congo, il paese vicino
a noi, c'è guerra, lo stesso in Uganda e in Ruanda, sempre per i diamanti.
Perciò abbiamo paura. Ci sono già due compagnie che vogliono fare
delle miniere.
Ora nel nostro paese c'è molta fame. Nel Sud l'occupazione principale è
l'agricoltura. Il prodotto principale è il mais, ma i poveri non hanno
il denaro per comprare i semi e i fertilizzanti.
Si mangia la polenta bianca con le mani, i ricchi tre volte al giorno, i poveri
anche una volta ogni due giorni. La accompagniamo con verdura o carne una volta
alla settimana o al mese. Una volta si mangiava il pollo, ma ora è troppo
costoso.
Il problema principale è l'irrigazione: dipendiamo completamente dalle
piogge, la stagione delle piogge dura sei mesi e se la pioggia è buona
anche l'agricoltura va bene; purtroppo abbiamo avuto tre anni di siccità.
Dovremmo istituire una banca del grano per i poveri, perché non spendano
tutto in birra nei momenti buoni per poi non avere più nulla. Bisogna fare
dei silos dove conservare il mais perché così, dopo tre mesi dal
raccolto, quando comincia a scarseggiare e il prezzo sale, potrebbero avere cibo
o semi.
Come diocesi abbiamo iniziato una scuola di agricoltura, su un terreno assegnato
dallo Stato. Cerchiamo di promuovere un'agricoltura mista: vacche, polli, verdura,
colture alternative (non sempre mais ma anche soia e fagioli) in modo che il terreno
sia ben utilizzato. Promuoviamo anche l'attività di piantare alberi, che
ci sembra un buon investimento perché aiutano a trattenere l'acqua. Adesso
si tagliano gli alberi per fare il carbone perché non c'è elettricità
nelle case. Purtroppo la necessità induce a guardare all'immediato, mentre
piantare un albero vuol dire avere frutti dopo alcuni anni. Bisogna insegnare
alle persone a pensare al futuro. Abbiamo proposto al Presidente di fare una legge
per piantare un albero a testa durante la stagione delle piogge: sarebbero 10
milioni di alberi in più all'anno. Speriamo che la faccia. Avremmo anche
il vantaggio di avere più frutta tropicale e anacardi, ricchi di proteine,
che si possono esportare a buon prezzo. Crescono molto bene anche i pini, gli
eucalipti e il mukwa, che dà un legname impermeabile all'acqua, buono per
barche e mobili. Sarebbe bello aiutare gli artigiani ad esportare i mobili in
stile africano, che ora vendono per la strada.
C'è anche la possibilità di allevare dei pesci, nel Nord ci sono
laghi e paludi adatte anche a canne da zucchero, riso e banane, ma occorrerebbe
poter fare grossi investimenti.
Un altro grave problema è l'AIDS che è molto diffuso e ha fatto
molte vittime. Nella nostra zona ne è affetto il 18% della popolazione,
a Lusaka il 20%. Metà della gente non lavora, l'altra metà cura
i malati e va ai funerali. Gli scienziati hanno fatto ricerche e stabilito che
la povertà e la mancanza di igiene contribuiscono molto alla diffusione
del contagio. Le case sono piccole, abitate da molte persone che usano lo stesso
spazzolino da denti e la stessa lametta da barba. Basta una piccola ferita per
contagiarsi.
Il sistema sanitario è debole. Quando qualcuno è malato di malaria
o di TBC, non ci sono medicine negli ospedali del governo, l'unico luogo dove
si possono avere medicine sono le cliniche delle Chiese.
Una triste conseguenza dell'AIDS sono gli orfani. Il problema dei bambini è molto grave. In tutto lo Zambia ci sono milioni di bambini orfani o bisognosi, non hanno cibo, famiglia, scuola, mestiere. La cosa è esplosiva, stando sulla strada imparano a drogarsi (hashish) oppure inalano colla o benzina. Questo comportamento distrugge i giovani. Il Comune ha raccolto questi bambini a Kitwe, Ndola, Lusaka e li ha portati nei nostri istituti, ma non c'è spazio e noi abbiamo un problema terribile per dare loro igiene e una vita dignitosa. Cerchiamo di fare del nostro meglio, ma non basta. Chiediamo al Comune di aiutarci, ma non fa niente. A Kitwe un missionario filippino gesuita ha fondato un'associazione per dare una scuola a questi bambini. Le community schools accolgono bambini di tutte le età cercando di dare un'istruzione di base per poi mandarli in una scuola normale. Molte di queste scuole sono state fondate dalle suore missionarie, ma anche i locali fanno quanto possono. All'inizio ci furono critiche perché queste scuole erano sotto la media, ma ora sono migliorate. Lo stato ha promesso di darci i libri e di pagare i volontari, ma non fa niente. Comunque noi continuiamo lo stesso e molti bambini hanno l'occasione di ricevere un'educazione di base. Per tutto questo ci vuole fantasia e dedizione, noi cerchiamo di essere creativi e avanzati, adesso stiamo cercando computer usati per migliorare la formazione di questi bambini e cerchiamo di sviluppare programmi di scienze, inglese e matematica.
La comunità cattolica è numerosa. Nella mia diocesi vivono circa
2 milioni di persone, il 35% delle quali sono cattoliche e spesso hanno una grande
influenza nella vita politica, sociale e nel commercio. Nel Nord dello Zambia
i Padri Bianchi hanno fatto un'evangelizzazione molto profonda e la percentuale
dei cattolici arriva al 90%. Io sono vescovo da 27 anni e ho promosso molto le
vocazioni, i miei sacerdoti sono molto giovani e 40 sono locali.
La vita sociale è molto debole, vengono nelle città dalle zone rurali,
ma arrivano socialmente disgregati. Esiste però una comunità cristiana
che consente la catechesi, la preghiera e la formazione. Viene anche data assistenza
sociale, che non è fornita dal governo, così le piccole comunità
cristiane condividono quello che hanno, perfino il cibo.
In una realtà di questo tipo è molto importante il volontariato,
che noi promuoviamo attivamente. In ogni zona paghiamo un assistente pastorale
che ha studiato teologia pastorale e può dare formazione continua ai catechisti
volontari. Abbiamo organizzato un corso chiamato “Scuola della Bibbia” per insegnare
a usare la Bibbia, studiare, meditare e saper trovare le parole utili a sé
stessi e agli altri.
Vi è anche un volontariato comunitario per l'AIDS; diamo informazioni per
evitare il contagio, abbiamo medicine provenienti dall'estero (ma non gli anti-immunodepressivi
perché troppo costosi), distribuiamo farina di mais con aggiunta di vitamine,
soia e piselli: un affamato non può vincere la malattia. Abbiamo anche
centri di integrazione per coloro che sono positivi, ma non malati, dove ricevono
consigli, cibo, medicine contro la malaria e la TBC. I nostri volontari dicono
che con questo programma di Home Base Care si può guarire. Si insegna anche
a fare piccoli lavoretti: stampano cartoline su foglie di banane, piantano verdure
e le vendono o le portano a casa, diventando così come le altre persone
che aiutano la famiglia. Tutte queste iniziative sono positive, ma devono essere
basate sulla continuità, se non si è sicuri che un progetto proseguirà
anche nel futuro è meglio non iniziarlo neppure. Occorre operare in modo
da non dipendere da una certa persona, ma da una forma di organizzazione che garantisca
la continuità di lavoro e di mezzi.
1. Nelle community schools si insegna in Inglese o nella lingua locale?
Usiamo ambedue le lingue perché non abbiamo una lingua nazionale. L'inglese
è la lingua ufficiale, anche in Parlamento. Usiamo l'inglese appena possibile
per garantire ai ragazzi un futuro nel lavoro.
2. Che ruolo ha la FAO in Zambia?
La FAO non è molto visibile. In agricoltura ci hanno consigliato che
ci devono essere prodotti con minimo costo e massimo rendimento. Non è
possibile. Finora l'agricoltura in Zimbabwe e in Sud Africa è più
avanzata che da noi e poi vengono dati sussidi agli agricoltori così
i loro prodotti (patate, cipolle, ecc.) costano meno dei nostri. Sono arrivati
i supermercati sudafricani e tutti i piccoli negozi hanno chiuso. E' molto male
importare tutto, anche i viveri, ma il nostro governo lo ha permesso. Vendendo
e ottenendo un piccolo profitto potremmo pagare l'interesse sul debito internazionale.
L'interesse sul nostro debito è 300 milioni di dollari. Adesso ci hanno
promesso un po' di sollievo, dobbiamo pagare solo 100 milioni di dollari e gli
altri dopo 20 anni, ma l'interesse aumenta. Tra 20 anni crescerà a più
di 6.5 miliardi. Che aiuto è? E' schiavitù.
3. Non si può più fare affidamento sul rame?
Adesso il prezzo del rame è molto basso, le miniere sono chiuse, non
si esporta più. Alcuni commercianti esportano fiori in Inghilterra e
Olanda
4. Ci sono progetti portati avanti dalle ONG e sono in relazione con le
vostre comunità?
C'è un'esplosione di queste ONG, molte perché ricevono danaro
dall'Ue, dalle ambasciate varie, ma non fanno del bene, perché pensano
alle loro esigenze, pagano bene sé stesse, vanno a conferenze internazionali,
ecc.
5. Cosa può fare una comunità come la nostra per darvi aiuti
concreti?
Io credo che le cose che avete cominciato a fare vanno bene, senza cibo non
si può andare avanti. Bisogna continuare su questa strada. L'Italia ha
dato speranza con la remissione del debito: i soldi dovuti dovrebbero essere
destinati a opere sociali, ma lo Stato è molto povero e non può
dare nulla.
Ho molta speranza nel microcredito, una sorta di banca per i poveri e poi bisogna
investire nella formazione. Senza formazione, senza preparazione, non si può
andare avanti.
6. Di chi è la proprietà della terra?
Ci sono tre tipi di proprietà: terreni del governo, terreni del Comune
che possono essere venduti, e terreni del capo tribù. Adesso hanno fatto
nuove regole: quello del capo tribù diventerà terreno del governo.
Questo è pericoloso perché le multinazionali possono comprarlo
e fare grandi piantagioni. In alcune zone ce ne sono già una ventina
provenienti dal Sud Africa, ma è un pericolo perché riportiamo
qui il problema del Kenya. Coltiviamo cose che a noi non servono e la nostra
mano d'opera è sfruttata in modo indecoroso. Il nostro progetto di scuola
agricola dovrebbe essere il nostro punto fermo. Abbiamo già cominciato:
i contadini possono venire nel weekend a imparare come fare per non distruggere
la terra. Ma occorre anche che i capi tribù vengano eletti (adesso la
carica è ereditaria): adesso sono troppo corrotti, vendono subito il
terreno per avere i soldi dalle grandi imprese. Ci vuole una legge per proteggere
i contadini, bisogna dare alla gente una forma di garanzia in modo che possa
costruire case, coltivare scientificamente, piantare alberi. Ci vorrebbe una
cooperativa, servirebbe un agronomo, ma ci vuole dedizione, buona volontà,
continuità, forse con suore e sacerdoti si può fare un programma
a lunga durata.
7. Faccio parte della comunità di Fede e Luce, fondata da Jean Vanier.
Da voi la persona disabile ha la possibilità di essere curata e poi comunque
di essere inserita, accolta?
In Zambia abbiamo un progetto per i portatori di handicap che si chiama CBR
(Community Based Rehabilitation). Cerchiamo con i nostri volontari, persone
ben preparate, di incontrarci con i bambini handicappati e parlare con i loro
genitori. All'inizio è stato difficile, nascondevano i bambini, ma poi,
quando hanno capito che volevamo il loro bene, li hanno portati da noi. Cerchiamo
di avere in ogni Parrocchia un centro dove gli handicappati vengano anche con
i loro genitori. Facciamo degli incontri regolari. Cerchiamo di insegnare cose
possibili, un po' di scuola, qualche volta li inseriamo nelle scuole del governo.
Ma pensiamo anche agli adulti. Quindici anni fa abbiamo comprato una fattoria
e insieme all'Associazione Giovanni XXIII abbiamo fatto un patto che verrà
usata da loro senza pagare per aiutare i giovani disabili. Costruiscono mattoni
e li vendono, coltivano fragole, cipolle ecc. e le vendono. Non stanno in comunità,
hanno un minibus che li preleva e li riporta a casa. Lo stato di questi giovani
è migliorato. I nostri mezzi sono pochi, ma abbiamo famiglie che aiutano
questo progetto. Vedendo che vendere ai negozi dava poco profitto, si è
cominciato ad avviare un business center. Abbiamo comprato una casa con il mutuo
e stiamo allestendo un supermarket per gli handicappati. Vendono oggetti di
artigianato, dolci, pizze, forse apriranno una caffetteria. La diocesi manda
avanti questo progetto, ma ci sarà un manager che farà il supervisore.