Mettiamo a disposizione on-line questo testo preparato da mons.Virgilio
La Rosa, direttore dell'Ufficio Matrimoni del Vicariato di Roma, come Sussidio per i parroci.
Nella sua brevità e sinteticità permette di avere un primo orientamento per
avvicinarsi al tema della nullità matrimoniale. Lo stile asciutto e didascalico non deve
scandalizzare, essendo tratto caratteristico di un testo che è un commento alla legge
canonica e non un articolo di pastorale matrimoniale.
Pubblichiamo on-line le pagg. 1-7 del testo, pubblicato a cura dell'Ufficio Matrimoni della
Diocesi di Roma, nel 2001 (originariamente in Rivista Diocesana di Roma, n.1, gennaio-febbraio
2000).
L'Areopago
Da diversi anni l'Ufficio Matrimoni del Vicariato offre la sua consulenza a coppie di sposi che chiedono dì verificare l'esistenza di requisiti per avviare una causa di nullità. Ha accolto così l'invito che la Conferenza Episcopale Italiana esplicita nell'art. 56 del Decreto Generale sul matrimonio. “È bene in ogni modo che nelle curie diocesane e presso i tribunali regionali per le cause di nullità matrimoniale venga predisposto un servizio qualificato di ascolto e consulenza, al quale i fedeli interessati possono rivolgersi, soprattutto quando si tratta di situazioni o vicende complesse, di propria iniziativa o su indicazione del loro Parroco”. Come ufficio tendiamo a difendere il vincolo matrimoniale, a riconciliare le parti tra loro e a ricomporre il nucleo familiare. In alcuni casi ci riusciamo, in molti altri invece la risposta è negativa. Lo scopo del presente lavoro è offrire ai Parroci e ai responsabili della pastorale matrimoniale la possibilità di individuare già in Parrocchia gli elementi di crisi della coppia per aiutarla a superare le difficoltà o ad avviare il processo per la dichiarazione di nullità. È bene puntualizzare che la Chiesa non scioglie i matrimoni per sopraggiunte difficoltà coniugali, ma può soltanto dichiarare nullo, cioè invalido sin dall'inizio, un matrimonio che nel momento della celebrazione non ha tutti i requisiti per la sua validità. Quali sono dunque le motivazioni per dichiarare nullo un matrimonio? Ne proponiamo alcune consapevoli che il nostro contributo non è esaustivo della materia, ma vuole presentarsi come un pronto soccorso per i Parroci e per i sacerdoti che ogni giorno, in prima linea, affrontano i problemi della famiglia.
Per diritto naturale, il consenso deve essere libero, interno e conforme ai
segni esterni, e non condizionato, cioè non subordinato alla realizzazione di eventi
futuri. Il consenso si richiede con l'accettazione pura e semplice del vincolo matrimoniale,
senza l'aggiunta di clausole che obblighino l'altro coniuge a tenere in avvenire un determinato
comportamento [1] . Per esempio: “Ti sposo,
purché tu in futuro rinunci alla tua attività professionale”, o “Ti
sposo purché ti trasferisca in una sede diversa”. L'aggiunta di clausole implica
una limitazione del consenso che non è ammessa dalla legge canonica. Il consenso deve
essere senza pressioni fisiche da qualunque parte provengano. Le pressioni possono anche essere
di tipo psicologico. Il caso che si verifica frequentemente è il timore reverenziale. In
questo caso le pressioni derivano dai genitori o anche da uno solo di essi. Quando si parla di
pressioni non si deve pensare a percosse o grida minacciose: si considerano sufficienti quelle
pressioni che si esercitano con discorsi fermi e insistenti, così categorici da fiaccare
la capacità di resistenza. Per esempio il figlio/a che viene costretto/a ad accettare le
nozze con una persona che non ama più. La/o sposa solamente per soggezione, per timore
di suscitare nei genitori una grave indignazione. Succede spesso quando il fidanzamento dura
tanti anni e tutti pensano debba concludersi con il matrimonio; oppure quando il ripensamento
del figlio/a, specialmente nei piccoli centri, crea difficoltà ai genitori, all'idea di
dover affrontare critiche, pettegolezzi e reazioni malevole della gente. È causa di
nullità di matrimonio il timore derivante da minacce di suicidio della comparte. Si
pensi al caso di una ragazza che ama profondamente il suo ragazzo e che da questi viene
lasciata. La minaccia di suicidio “costringe” il ragazzo alla celebrazione delle
nozze ma con un consenso forzato, non più frutto di libera scelta. Il consenso potrebbe
considerarsi invalido per mancanza di capacità (can. 1095). Una persona si considera
incapace di contrarre matrimonio non solo quando le manca l'uso della ragione, ma anche quando
difetta di discrezione di giudizio. In pratica il soggetto non dispone in misura adeguata di
capacità critica, consapevolezza, libertà interiore, tutti requisiti necessari.
Questo può accadere per via di un insufficiente grado di maturità oppure di
anomalie di tipo psicologico o neurologico o perché si è incapaci di assumersi
gli oneri e le responsabilità espresse nel momento del matrimonio.
Può anche accadere che una persona dotata di sufficiente capacità di intendere e
di volere pur tuttavia nella vita coniugale si riveli incapace di far fronte ai doveri e alle
responsabilità assunte nel momento delle nozze. Questo accade in presenza di rilevanti
anomalie della personalità o del carattere. Non si può invocare per la
nullità del matrimonio l'incompatibilità di carattere, in quanto
l'incompatibilità, pur rendendo difficile la vita coniugale, non comporta
l'incapacità di assumere gli obblighi essenziali del matrimonio.
Indissolubilità ed unità del vincolo
Sono due proprietà strettamente connesse tra loro che nel matrimonio cristiano
conseguono una peculiare stabilità in ragione del sacramento (can. 1056). Il matrimonio
per disegno divino deve essere monogamico. L'uomo può sposare una sola donna,
contrariamente a quanto permette il Corano con l'ammissione della poligamia. E di riflesso il
matrimonio è indissolubile, senza divorzio, perché è volere di Dio che il
vincolo matrimoniale duri fino alla morte di uno dei due coniugi. Talvolta una persona si
accosta al matrimonio non completamente convinta del passo che sta per compiere. Ha incertezza
e teme che in futuro possano sorgere difficoltà tali da compromettere l'armonia della
coppia. Ci si sposa con una precisa riserva mentale: riacquistare la propria libertà
chiedendo il divorzio, qualora l'unione dovesse rivelarsi infelice. Un matrimonio contratto con
questo proposito è nullo perché esclude l'indissolubilità del vincolo.
Diverso è l'atteggiamento di coloro che si accostano al matrimonio con l'idea di
sposarsi per tutta la vita ma senza ipotecare il futuro, non potendo prevederne le conseguenze.
In questo caso il matrimonio è valido purché ci sia l'impegno costante a superare
le difficoltà, e confidando come cristiani nell'aiuto del Signore e nella
sacramentalità del vincolo. Esclude poi il matrimonio chi si sposa “per
prova” con l'intento di sciogliere il vincolo in determinate circostanze, riacquistando
la piena libertà.
Fedeltà
Anche questa proprietà è essenziale nel matrimonio cristiano. Occorre
sottolineare che non è l'adulterio né l'infedeltà come fatto in sé
a determinare la nullità del matrimonio. E' nullo il matrimonio solo se
l'infedeltà è premeditata, cioè se uno dei coniugi nel momento delle nozze
ha l'idea di tradire l'altro o l'altra. Classico esempio è quello di una persona che
vive una esperienza sentimentale senza aver completamente interrotto i contatti con la persona
cui era precedentemente legata. Alla fine si sposa con una delle due ma non rinuncia al
proposito di rivedere in seguito anche l'altra. La parte tradita può invocare la
dichiarazione di nullità.
Procreazione responsabile
Si perviene alla dichiarazione di nullità quando viene esclusa la prole. L'esclusione
può essere:
Sacramentalità del vincolo
“Il patto matrimoniale con cui l'uomo e la donna stabiliscono tra loro la
comunità di tutta la vita, per sua natura ordinato al bene dei coniugi e alla
procreazione ed educazione della prole, tra i battezzati è stato elevato da Cristo
Signore alla dignità di sacramento” (can. 1055). Quindi il matrimonio tra due
battezzati è automaticamente sacramento (ex opere operato). È valido anche il
battesimo dei fedeli della Chiesa ortodossa, anglicana, valdese, metodista, luterana, battista.
In genere è valido il battesimo di tutti coloro che lo ricevono in nome della SS.ma
Trinità. Non è valido quello dei mormoni o dei testimoni di Geova.
Quando diventa nullo il sacramento?
Il sacramento è nullo quando la persona in modo esplicito e formale rifiuta ciò
che la Chiesa intende compiere quando celebra il matrimonio dei battezzati (F.C. n. 68).
Solo in questi casi non esiste la sacramentalità del vincolo in quanto il consenso
espresso durante il rito religioso è una vuota espressione formale. Il caso si presenta
anche per i battezzati non credenti, croce e tormento degli operatori della pastorale
familiare. Giovanni Paolo Il nell'Esortazione Apostolica “Familiaris consortio” del
22 novembre 1988 ha dato al riguardo una direttiva precisa, frutto di paterna comprensione e di
equilibrata prudenza.
Quando i giovani dimostrano di non essere pienamente disposti a celebrare il sacramento con
fede, perché o si dichiarano indifferenti, o perché affermano esplicitamente di
non credere, o perché si trovano in uno stato notorio di abbandono della fede stessa,
solo allora si può giungere alla decisione di non ammetterli al matrimonio. Tale
decisione va presa con autentico spirito di discernimento dopo aver consultato l'Ordinario nei
casi di dubbio (Dir. Pastorale Familiare, n. 87). Ma la richiesta di matrimonio di battezzati
non credenti può rappresentare per il Parroco una provvida occasione di evangelizzazione
e di catechesi. L' art. 43 del Decreto Generale invita il Parroco “ad aiutare questi
nubendi a riflettere sul significato della loro scelta e ad accertarsi che siano sinceramente
disposti ad accettare la natura, i finì e le proprietà essenziali del matrimonio
cristiano” ricordandosi che “voler stabilire ulteriori criteri di ammissione alla
celebrazione ecclesiale del matrimonio che dovrebbero riguardare il grado di fede dei nubendi,
comporta oltretutto gravi rischi” (FC. n. 68). Nei casi di matrimonio di persone
battezzate non credenti si può omettere la celebrazione della S.Messa celebrando solo il
rito del matrimonio.
Errore
Un altro capo di nullità è l'errore di fatto (can. 1097), che può vertere
su un duplice oggetto:
Nel primo caso l'errore rende invalido il matrimonio perché si tratta di errore sostanziale concernente l'identità del partner. E quanto avvenne nell'Antico Testamento a Giacobbe, quando nella celebrazione del suo matrimonio con la figlia di Labano, Lia fu sostituita da Rachele (Gen 29, 16-25). Nel secondo caso l'errore non rende per sé nullo il matrimonio tranne ché la qualità sia stata intesa direttamente e principalmente trasformandosi in una condizione sine qua non (can. 126). A titolo di esempio si può citare il caso di una persona che sposa con l'idea che il/la suo/a futuro/a sposo/a sia in possesso di una dignitosa posizione economica e professionale, qualità che a lui/lei sta particolarmente a cuore e che considera indispensabile per le nozze. Dopo il matrimonio questa qualità risulta inesistente; in questo caso il consenso non si considera valido. Come il caso di un giovane che sposa una ragazza sicuro della sua verginità mentre di fatto non è vergine. In questa ipotesi l'errore ha dato causa al contratto matrimoniale, poiché il giovane, se l'avesse saputo prima, non avrebbe sposato la ragazza. Il matrimonio è per sé valido, tranne che il giovane, prima di sposare, con volontà esplicita abbia inteso “directe et principaliter” di sposare una ragazza vergine facendone una condicio sine qua non.
Dolo o inganno
La domanda n. 10 della Posizione Matrimoniale (modello 1) così recita: Ha tenuto
nascosto qualcosa che possa turbare gravemente la vita coniugale? Davanti a questa domanda il
Parroco deve verificare:
Impotenza (can. 1084)
Contrariamente a quanto si pensa la trattazione di questo caso rappresenta una parte esigua
dell'attività dei Tribunali Ecclesiastici. Rende nullo il matrimonio l'impotenza
antecedente e perpetua sia da parte dell'uomo sia della donna, tanto assoluta che relativa. Nel
dubbio il matrimonio non deve essere impedito.
La sterilità non rende nullo il matrimonio, a meno che la persona non sia stata
ingannata con dolo allo scopo di carpirne il consenso (can. 1098).
[Nota 1] “Il consenso matrimoniale è l'atto della volontà con cui l'uomo e la donna con patto irrevocabile danno ed accettano reciprocamente se stessi per costituire il matrimonio” (can.1057,2).