L'intuizione cristiana che la debolezza, e la relazione che consegue alla debolezza, più che la forza o
l'efficienza o la competenza, siano rivelative dell'identità personale caratterizza il punto di vista, dal
quale Jean Vanier contempla la vita umana. Anche in questa breve riflessione, sul fenomeno dei movimenti nella
Chiesa, lo sguardo è lo stesso. Anche la debolezza, con il bisogno di relazione che la accompagna,
è, potremmo dire, criterio di ecclesialità dei movimenti, dei cammini e delle
comunità. La debolezza proietta un fascio della sua luce anche sul difficile problema dell'unità
dei cristiani.
Come “ogni uomo è una storia sacra”, così, con la stessa delicatezza, queste poche
righe guardano alla storia dei nuovi movimenti e comunità. La coscienza e l'esperienza delle varie tappe,
dalla nascita all'evoluzione, dalla presenza all'assenza del fondatore, dalla Chiesa locale alla Chiesa
universale, che ogni comunità attraversa, diviene prezioso strumento per discernere le luci e le ombre,
spesso presenti insieme e non escludentesi.
Un ringraziamento particolare ad Alessia Martinez e ad Annarita Cattaneo, che hanno curato la traduzione e
l'ultima revisione del testo.
Andrea Lonardo
Questo testo è già apparso nella rivista Documents Episcopat (n.3, marzo 1997), Bollettino del
Segretariato della Conferenza Episcopale Francese. Queste le parole usate dal Bollettino, nel presentare la
riflessione contenuta in questo testo: “Jean Vanier, fondatore dell' Arca , è stato invitato
a tenere una conferenza, nel luglio 1996, in Inghilterra, su invito della rivista The tablet , sui nuovi
movimenti laicali Questo testo è il frutto di una esperienza, quella di un testimone, coinvolto anche lui,
nell'avventura delle comunità dell' Arca . I segni che suggerisce, per operare un discernimento,
sono quelli che l'hanno guidato nella sua ricerca personale.
Ci è sembrato interessante ripresentare questa conferenza, conservando lo stile di testimonianza orale. Un
grande ringraziamento a Jean Vanier per avercela donata”.
Molte persone, nella nostra società, provano imbarazzo, di fronte alle nuove comunità cristiane.
L'entusiasmo, le celebrazioni e il radicale modo di viverle, provocano una certa ansia, in coloro che diffidano
di tutto ciò che è nuovo e che non rientra nell'ordinario. Cerchiamo di essere come
Gamalièle: non giudichiamo e non condanniamo troppo rapidamente. “Non occupatevi di questi uomini e
lasciateli andare. Poiché se il loro operato è di origine umana, scomparirà, ma se viene
realmente da Dio non potrete distruggerlo; non vi accada di trovarvi a combattere contro Dio” (At 5,
38-39).
E' passato qualche anno, da quando sono stato invitato a visitare i Jesus people , nei sobborghi di
Chicago. Arrivando nel grande edificio - il vecchio hotel - in cui vivevano, rimasi più sorpreso dagli
strani disegni che erano sui muri, dalle loro lunghe barbe e dai lunghi vestiti, piuttosto che dalla madre
, che sembrava detenere l'autorità sul gruppo. Dopo la cena mi domandarono di indirizzarmi a tutta la
comunità, circa duecento persone tra uomini e donne, tutti vestiti in modo povero e semplice, senza
contare qualche punk, con i capelli colorati. Passando il tempo con loro, ho scoperto che distribuivano ogni
giorno dei pasti gratuiti, a circa trecento persone disagiate. Ho scoperto che molti tra loro avevano sofferto,
durante l'infanzia, alcuni avevano conosciuto il mondo della droga ed altri la prigione.
Ho domandato, ad uno dei responsabili, quale genere di rapporto avessero con le principali comunità
cristiane della città; mi fu risposto che non era molto buono, perché sembrava che nessuno volesse
accettarli. Questo strano gruppo, che alcuni qualificherebbero come setta , a me sembrò molto
bello. Non sono sicuro che ci siano molte comunità cattoliche e anglicane capaci di accogliere degli
uomini e delle donne, così provati, e di aiutarli a vivere una vita più umana e più
profondamente cristiana. Fui sorpreso dalla loro apertura. Non erano affatto chiusi in se stessi. Utilizzavano,
anche, il libro dell' Arca , “La comunità luogo del perdono e della festa”
[1] , come punto di riferimento.
A Santo Domingo (nella Repubblica Dominicana), c'è una piccola comunità dell' Arca
[2] , nella quale alcuni giovani, che noi chiamiamo
assistenti , sono andati a vivere con delle persone come Luisito, un giovane mendicante, con un pesante
handicap mentale, che noi abbiamo accolto. Alcuni di questi giovani assistenti sono generosi ed idealisti, ma
poco strutturati interiormente; umanamente e psicologicamente sono incapaci di assumersi delle effettive
responsabilità; non sono disciplinati e hanno paura dell'autorità.
Hanno bisogno di continui stimoli ed esperienze eccitanti; arrivano nella comunità per un po' di tempo,
decisamente breve, ed in seguito se ne vanno.
Altri giovani arrivano un po' più maturi. Spesso si tratta di membri fuoriusciti da qualche movimento
laicale ben preciso della Chiesa, che alcuni indicherebbero come settari o chiusi, a causa della loro disciplina
interna, della loro formazione decisa e del modo in cui si sono isolati rispetto agli altri. Ma, forse per
questo, questi giovani sanno perché sono arrivati all' Arca , sono più disciplinati e
possono assumersi delle responsabilità.
Viviamo in una società in cui ci sono molte persone emarginate, alcune totalmente destrutturate, che
vivono nel mondo della droga, oppure ex-detenuti o membri di gang violente, o persone molto fragili
psicologicamente, o nate da famiglie disagiate.
Essi figurano tra i più poveri del nostro mondo.
La buona novella di Gesù si indirizza a loro, in modo del tutto speciale, ma hanno comunque bisogno di
comunità solide, strutturate e ben organizzate, per scoprire e vivere questa buona novella.
Alla luce di queste mie esperienze, a Chicago e a Santo Domingo, ho imparato ad avere prudenza, nell'utilizzare
parole come setta o comunità settaria.
La mia tesi di dottorato sull'etica aristotelica mi ha portato a riflettere su cosa significhi essere
umano , essere completo e maturo . Questa domanda è divenuta più pressante, nel
momento in cui ho cominciato, nel 1964, a vivere con uomini e donne, che avevano un handicap mentale. Alcuni li
considerano come dei sotto-uomini . In realtà, essi mi hanno rivelato, in un modo inatteso, cosa
significhi essere umano . Credo sempre più che la fioritura umana o la maturità risiedano
nell'apertura agli altri e che il chiudersi in se stessi provenga dalla paura negli altri, e sia segno di
immaturità.
L'apertura ha a che vedere con l'amore, con l'accoglienza e la comprensione dell'altro. L'apertura è
basata sulla certezza che apparteniamo ad un'umanità comune. Ogni essere umano, dal concepimento fino alla
morte, quali che siano le sue difficoltà o i suoi handicap, è una persona umana, unica, importante,
sacra e amata da Dio. Nonostante immense differenze di educazione, di cultura, di salute, di sviluppo o di
religione, siamo tutti fondamentalmente simili.
Abbiamo tutti un cuore ed un corpo vulnerabili. Abbiamo tutti sete di amare e di essere amati ed apprezzati.
Abbiamo tutti paura di soffrire, in particolare con sofferenze e angosce interiori che nascono dal rifiuto, dai
sensi di colpa e dall'impressione di essere sbagliati o inutili per gli altri; allora ci rifugiamo dietro delle
barriere. Aspiriamo tutti ad una compiutezza totale ed è per questo che siamo tutti, più o meno,
delusi dagli altri, da noi stessi e dalla vita. Ma, dato che facciamo parte della stessa umanità, le
nostre vite sono intrecciate. Abbiamo bisogno gli uni degli altri. Possiamo aiutarci e amarci, gli uni gli altri.
Possiamo essere solidali gli uni con gli altri. La chiave della nostra crescita, sul piano umano, risiede quindi
nel rapporto e nell'apertura mutui e reciproci. Isolarsi, ritirarsi e dipendere sono segni di immaturità.
La Santa Trinità - tre persone unite nella luce e nell'amore - è il segno della chiamata ad essere
compiutamente se stessi attraverso la relazione, l'apertura e la reciprocità.
Sebbene apparteniamo tutti ad un'umanità comune, possiamo trovarci profondamente divisi da queste stesse
categorie che ci conferiscono la nostra identità: sesso, lingua, cultura, religione, salute ecc.
Così, subito, abbiamo paura degli altri, in particolar modo di coloro che sono stranieri, diversi, o che
sembrano metterci, in qualche modo, in pericolo. Viviamo in una società competitiva, in un mondo
competitivo. Abbiamo tutti paura di divenire dei “perdenti”! Bisogna eccellere, sentirsi stimati,
essere considerati come i migliori e bisogna dimostrarlo! Noi siamo i primi a difenderci e a giustificarci;
spesso diamo dei giudizi e condanniamo coloro che sono diversi. Abbiamo subito paura degli altri, così ci
chiudiamo in noi stessi e all'interno del nostro gruppo. Ci nascondiamo dietro dei muri di paura e di pregiudizi.
A causa della nostra insicurezza, abbiamo bisogno di sentire che il nostro gruppo è il migliore, il solo
custode della verità. La chiusura è quindi segno di immaturità e di insicurezza.
Un'identità forte può, quindi, formarsi quando alcuni si chiudono in se stessi, nelle proprie idee
e nei propri valori, creando una fortezza, a partire dalla quale vengono giudicati e condannati gli altri, ai
quali si impongono i propri convincimenti e la propria visione delle cose. Le loro certezze gli impediscono di
cercare la verità e di approfondire la fede e la visione del mondo. Il mondo è allora diviso tra
“buoni” e “cattivi”, i “salvati” e i “dannati”. Gli abitanti
della fortezza sono i detentori di tutta la verità, mentre gli altri sono più o meno ignoranti, o
malvagi. Questo, però, non costituisce una identità umana reale. C'è qualcosa di falso in
tutto questo.
L'apertura, d'altra parte, non implica né un'accoglienza totale delle idee, dei valori o non-valori degli
altri, senza averne di propri, né un'indifferenza al loro riguardo. Una reale apertura trova la sua
sorgente nell'amore e in un profondo rispetto per la vita e per il mistero dell'altro. Solo una persona che
ricerca la verità e che desidera far conoscere l'amore di Dio, è in grado di vedere la
verità e la luce negli altri, nonostante tutte le differenze che potrebbero separarli. L'apertura agli
altri senza la coscienza della propria identità e dei propri valori, senza la coscienza di ciò che
realmente si desidera, determina una dissoluzione della propria personalità, ed è, ugualmente,
sintomo di immaturità. L'apertura comporta un'identità reale.
Appartenendo ad un'umanità lacerata ed insicura, abbiamo tutti la tendenza a rinchiuderci nei nostri
gruppi, creando dei confini ben delineati e delle leggi dietro cui possiamo considerarci come i migliori, gli
eletti. Nella sua lettera agli Efesini, Paolo afferma che: “Gesù è la nostra pace: di
ciò che era diviso, egli ha fatto l'unità. Nella sua carne ha distrutto il muro della separazione e
dell'odio” (Ef 2,14). Abbiamo bisogno dello Spirito di Gesù per essere liberati dalle nostre paure e
dalle nostre insicurezze, per abbattere i muri del pregiudizio che ci separano, e per aprire i nostri cuori ad un
amore universale, all'accoglienza delle nostre differenze ed al riconoscimento della nostra condizione umana
comune, nella quale noi possiamo costituire un corpo.
Ognuno di noi ha cominciato la sua vita nel ventre della propria madre, in una debolezza e in una
fragilità inimmaginabili; abbiamo bisogno di essere protetti e ben riparati. Durante i numerosi mesi e gli
anni che seguono la nascita, un bambino deve imparare a lavarsi e nutrirsi, ha bisogno di genitori amorevoli di
cui possa fidarsi e a cui possa obbedire. Se sono tante persone a dirgli, in modo diverso, cosa deve fare, il
bambino si sentirà smarrito e disorientato. Se, al contrario, è ben radicato nella sua famiglia,
egli potrà scoprire la sua lingua, la sua cultura, i suoi valori, la sua fede e, infine, ciò che
lui stesso è. Ha bisogno di essere educato e disciplinato dai suoi genitori e da coloro che sono vicini ad
essi.
Nel periodo dell'adolescenza e dell'ingresso nell'età adulta, può succedere che il ragazzo
attraversi un periodo di crisi, nella fede e nella cultura, e che metta in dubbio la fede ed i valori, che gli
sono stati trasmessi dai suoi genitori. Questo succederà più volte, nel periodo della ricerca di
una propria autonomia, lontano dai genitori, confrontato, quindi, con le diversità che trova a scuola,
nella società e attraverso i media. Progressivamente approfondirà la sua propria fede ed i suoi
propri valori e si approprierà di essi.
Mi piacerebbe tuttavia sottolineare che l'identità non si acquisisce una volta per tutte e che non bisogna
aspettare che venga acquisita. per cominciare ad aprirsi agli altri. Lontane dall'essere opposte l'una all'altra,
l'identità e l'apertura sono complementari; hanno bisogno l'una dell'altra. L'apertura fa parte
dell'identità, è un termine di paragone fondamentale per la persona, compresa nella luce della fede
in Dio Trinità; la persona non si realizza pienamente, se non all'interno della relazione. Questo richiama
la forte convinzione che ogni persona umana è sacra e meritevole di rispetto e amore. Questa apertura
è trasmessa al bambino dai genitori, dalla parrocchia e dalla scuola. Essa è contenuta nella grazia
del battesimo, che ci unisce al cuore della Trinità, che ama ogni essere umano. Allo stesso tempo, questa
apertura può essere avvilita dai media, per mezzo di atteggiamenti elitari, razzisti o sessisti che si
trovano in ogni cultura, e per quel che ci riguarda più da vicino, in tutte le nostre Chiese, che comunque
restano, sotto diversi aspetti, molto umane. Dei genitori pieni di pregiudizi e di insicurezze, spaventati dagli
altri, comunicheranno ai loro figli questa paura; così l'essere ripiegati su se stessi, esattamente come
l'apertura, sono trasmessi di generazione in generazione.
Nelle ricche società di oggi, si corre il rischio di dimenticare che, tra la persona e la società,
esiste un intermediario: la famiglia o la comunità. Se questo intermediario viene ignorato, si rischia di
favorire un individualismo aggressivo, che spinge ogni persona a riuscire da sola, arrampicandosi sulla scala
della promozione . Un tale individualismo insegna che è indispensabile, per vincere questa
competizione che è la vita, essere competenti e avere una solida formazione. Sicuramente ogni essere umano
deve cercare di essere competente, in uno specifico campo, e per questo ognuno ha bisogno di una formazione,
tuttavia un individualismo radicale incita le persone a divenire aggressive e piene di sé, per mettersi
alla prova e vincere. Se non riescono ad arrivare , possono cadere in depressione, divenire anarchiche, o
addirittura violente contro l'autorità e le istituzioni. Il loro individualismo si manifesta, allora,
nelle loro sofferenze e nella loro collera.
Il luogo intermediario, rappresentato dalla famiglia o dalla comunità, è la scuola del cuore e
della crescita nell'amore, in cui scopriamo la bellezza e il carattere sacro degli altri, imparando ad accettarli
così come sono. Questa scuola ci insegna l'amore e il perdono, ci aiuta a passare dall'egoismo alla
comprensione, a capire che non siamo delle isole solitarie, nate per la competizione, il conflitto e la guerra,
ma che amore e apertura sono possibili. Non solo possiamo cooperare insieme, possiamo anche amarci gli uni con
gli altri.
Quando i bambini nascono in seno ad una scuola d'amore, il loro cuore si dilata, poco a poco, in questo spirito
d'apertura. Se, al contrario, nascono in un luogo di insicurezza e di conflitto, sviluppano dei solidi meccanismi
di difesa per proteggersi. Tendono ad ignorare gli altri e, addirittura, ad odiarli, sicuramente perché
provano odio per sé stessi.
La maggior parte delle persone non è nata né in una scuola d'amore perfetto né in un
abominevole luogo di conflitto. Ognuno di noi ha bisogno di aiuto per superare i pregiudizi e la paura
dell'altro, per crescere verso una reale apertura e comprensione dell'altro, per accettare la differenza,
accettare che ogni persona è importante, e per vivere del perdono. Se Gesù chiama delle persone a
lasciare la loro famiglia, alla sua sequela, è perché Egli sa che la famiglia, talvolta, piuttosto
che portare le persone verso la libertà, può invece chiuderle su loro stesse, soffocando la loro
libertà e la loro coscienza individuale.
Il ruolo della comunità cristiana, fondata sulla chiamata di Gesù, è esattamente quello di
essere una scuola dell'amore, in cui delle persone si sforzano di crescere nella libertà dello Spirito e
non nella libertà della carne (cfr. Gal 5), in cui ognuno cerca di seguire Gesù, sul cammino della
compassione e dell'umiltà, secondo le beatitudini evangeliche, piuttosto che nel desiderio di controllare
gli altri, e di avere del potere (fosse pure spirituale) su di essi. Il ruolo di una comunità cristiana
è di aiutare le persone a passare dall'insicurezza e dalla chiusura alla fiducia e all'apertura, e quindi
alla maturità umana e cristiana.
Oggi come oggi, non deve sorprenderci il fatto che, mentre il nostro mondo è sempre più diviso,
mentre le famiglie e i gruppi etnici si frantumano e le persone si sentono insicure, fragili e sole, molti
vedano, nella comunità, un luogo di appartenenza caloroso e di crescita umana e cristiana in cui poter
imparare a seguire ed amare Gesù e vivere il messaggio della Buona Novella per i poveri e con i poveri.
Queste comunità possono realmente essere segno dello Spirito, nel nostro mondo di oggi, particolarmente
quando cercano di colmare il divario crescente tra ricchi e poveri, tra coloro che chiamiamo capaci e
incapaci . Sicuramente esiste il rischio che alcuni entrino in comunità, non per crescere
nell'amore universale, nell'umiltà e nella fede in Dio, ma per trovare un rifugio, un indirizzo
rassicurante in cui non vivere più i disagi della solitudine. Così certe comunità, a
imitazione di certe famiglie, possono chiudersi in se stesse, ricercando più o meno consciamente la
sicurezza e la potenza spirituale.
Il bisogno di appartenenza può, ugualmente, essere deviato in una chiusura radicale.
Delle persone sole o insicure che vivono nella noia, o vivono delle situazioni insostenibili, o non vedono
più un senso nella loro vita, possono essere attirate e sedotte da un gruppo molto forte, chiuso in
se stesso e che dà una sensazione di sicurezza assoluta. Questi gruppi sono chiamati sette . E'
importante vedere la differenza tra una setta ed una comunità.
Nel corso di questi ultimi anni, abbiamo sentito parlare di sette violente, come, per esempio, i gruppi in Texas,
a Tokyo o ancora in Guyana, che arrivarono a suicidi di massa; in Francia abbiamo avuto la setta del Tempio
solare. Altre sette, soprattutto in America Latina, possono portare le persone ad un alto grado di isterismo,
agendo come una droga. Questa droga libera le persone da un mondo di miseria, di conflitto e di dolore, e
le invita in un mondo di sogno, distaccato dalla realtà. Altre sette sembrano particolarmente demoniache,
basate sul culto di Satana.
Mi piacerebbe descrivere o definire una setta in base a questi elementi:
Una setta è, dunque, una realtà pericolosa. E' manipolatrice. Usa delle forme di lavaggio del
cervello. Chiude i membri in se stessi.
Alcuni elementi, citati qui sopra, possono essere, ugualmente, applicati ad ogni comunità cristiana,
soprattutto durante i primi anni della sua fondazione. Tuttavia, man mano che la comunità cresce, si
approfondisce ed è riconosciuta da una Chiesa cristiana, si delineano chiaramente tre differenze
significative tra le sette e le comunità:
Certe nuove comunità o movimenti possono sembrare chiusi in se stessi, specialmente nei momenti iniziali.
Questa può essere una tappa necessaria, un periodo di deserto, per la formazione e la purificazione, al
fine di permettere ai primi membri di sviluppare una identità e di approfondire il loro carisma e la loro
missione specifica. Fortunatamente, man mano che il tempo passa, simili comunità si aprono agli altri.
Alcuni raggruppamenti cristiani, tuttavia, non pretendono di essere scuole di amore. Dei cristiani possono, per
esempio, associarsi e costituire gruppi di pressione per esercitare un'influenza sull'autorità. Gli
obiettivi di tali gruppi possono variare considerevolmente: alcuni lottano per la pace o contro la tortura,
contro gli armamenti nucleari ecc. Si servono di molti mezzi umani o politici, giocano un ruolo mirato ad un
cambiamento nelle nostre società, o lavorano per una migliore giustizia. Alcuni si riferiscono
maggiormente alle altre Chiese, sia perché trovano la loro Chiesa troppo tiepida nella sua fede o nelle
sue idee morali (in termini cattolici, ciò può essere espresso come una scarsa obbedienza a Roma),
o perché vogliono cambiare l'insegnamento della Chiesa in alcuni campi della morale, della disciplina o
addirittura della fede. Alcuni gruppi possono rivelarsi molto aggressivi rispetto all'autorità della
Chiesa, sia essa locale o papale. Possono sembrare, talvolta, chiusi in se stessi, convinti che solo loro
conoscono la verità. Tendono allora a denunciare le persone che a loro sembrano troppo tiepide o troppo
rigide, a Roma da un lato, nei media dall'altro, al fine di esercitare delle pressioni che rimettano le cose al
posto giusto . Sono portate a rifiutare ogni cambiamento o, al contrario, rifiutano il passato e la
tradizione e ogni autorità che non sia la loro, volendo creare solamente qualcosa di nuovo, utilizzando
dei mezzi democratici.
Non siamo tutti, in un certo senso, chiusi, bloccati dietro al nostro orgoglio e ai nostri pregiudizi familiari,
culturali, religiosi e nazionali, al nostro bisogno di provare che siamo migliori degli altri, che conosciamo
tutto, compresi i pensieri e i cammini di Dio? Gesù, che fu - ed è - un eccellente psicologo, dice:
“Perché tu guardi la pagliuzza nell'occhio di tuo fratello? E non noti la trave che è nel
tuo?... Leva, prima, la trave che è nel tuo occhio, solo allora vedrai chiaro per poter levare la
pagliuzza nell'occhio di tuo fratello” (Mt 7, 3-6). Noi giudichiamo e condanniamo troppo facilmente
ciò che è nuovo, che disturba e che talvolta rivela i nostri limiti. Siamo ciechi davanti alla
verità delle nostre proprie debolezze e ferite. Non sono Gesù e lo Spirito Santo che abbattono i
muri di pregiudizi e ci invitano all'amore universale e ci aiutano ad accettare le nostre povertà?
Non utilizziamo, dunque, la parola setta per un gruppo cristiano riconosciuto dalla Chiesa. Questo
appellativo sottintende qualcosa che manipoli, che sia cattivo, che sia manipolazione, che sia distruttivo della
persona, piuttosto che semplicemente un gruppo di cristiani chiusi in se stessi, o, ancora, in cui
l'autorità è esercitata in modo rigido. Dei gruppi, come i Jesus People a Chicago, non sono
sette come le ho definite. Sebbene, sino ad ora, non siano state riconosciute da una Chiesa, non
rappresentano un rischio per gli individui, ma aiutano alcuni uomini e donne a trovare una maggiore
umanità, pace interiore e libertà. Alcuni cattolici parlano di certi gruppi protestanti come se
fossero delle sette . Le comunità dei Mennoniti, dei Quaccheri, dei Battisti, dei Pentecostali,
sono, secondo la mia personale esperienza, generalmente aperte e amorevoli, segni del viso compassionevole di
Gesù. Alcuni raggruppamenti di queste comunità protestanti possono essere chiusi in se stessi e
molto critici verso la Chiesa Cattolica. Ma esistono anche alcuni gruppi cattolici chiusi in se stessi e critici
riguardo agli altri.
Nuovi movimenti, comunità e famiglie spirituali, sono germinati lungo tutto il corso della storia della
Chiesa. Alcuni si sono sviluppati e sono tuttora esistenti; altri sono scomparsi. Ognuno ha rappresentato una
risposta ad alcuni bisogni del tempo. Inizialmente ci sono stati gli eremiti, in seguito gli ordini monastici, e
più tardi i Francescani, i Domenicani, i Gesuiti, così come le numerose congregazioni per
l'insegnamento, la missione e il servizio. Alcuni furono fondati per dei nuovi bisogni, altri per riscoprire
aspetti della fede e della povertà che erano caduti nell'oblio, in seno ad una Chiesa divenuta troppo
potente, ricca, tiepida o intollerante; altri ancora vennero fondati al fine di vivere una nuova
spiritualità, un nuovo dono dello Spirito. Ognuno aveva una missione, riguardante determinati aspetti
(evangelizzare, insegnare, pregare, ecc.), al fine di essere segno del Regno per il nostro mondo, di guidare le
persone verso una più profonda unione con Gesù, e di rinnovare la Chiesa.
Queste famiglie spirituali hanno aiutato le persone a crescere verso una maggiore compassione, libertà e
apertura, per vivere il più possibile le beatitudini evangeliche: detto semplicemente, essere uno con
Gesù, amare come lui ama, vedere la realtà, le persone, la Chiesa, l'universo, attraverso gli occhi
e il cuore di Dio, e non solamente attraverso le lenti dei propri bisogni, paure e insicurezze. Tutte queste
famiglie spirituali, ognuna con il suo proprio carisma, appaiono come un rinnovamento per la Chiesa. Esse
annunciano il messaggio del Vangelo e danno vita e speranza a molti, soprattutto ai poveri. Alcune si esprimono
attraverso delle forme visibili ben strutturate, nella vita comunitaria o in movimenti abbastanza influenti.
Altre erano unicamente spirituali, ispirate da persone come Teresa di Lisieux, Charles de Foucauld, Oscar Romero,
Dorothy Day, ecc. Altre trovavano la loro ispirazione in alcune apparizioni del Sacro Cuore e della Madre di Dio
e si presentavano sotto degli aspetti più personali, dando una spiritualità più profonda
alla vita ordinaria.
Possiamo notare che, sebbene ci siano molte nuove famiglie e fondazioni spirituali nella storia della Chiesa, non
esiste un numero infinito di spiritualità. E' per questa ragione, che diverse famiglie spirituali possono
vivere di una stessa antica tradizione spirituale. Non è forse importante che nuove comunità e
nuovi movimenti si rifacciano a queste antiche spiritualità?
Nella Chiesa, le nuove famiglie cominciano, quasi sempre, essendo piccole, povere, radicali ed entusiaste; sono
solitamente accompagnate da segni splendidi della Provvidenza e della grazia, e contano belle storie di
conversione. Sotto la guida di una figura profetica, i suoi membri si sentono scelti da Dio per una missione
specifica, forse persino per riformare o rinnovare la Chiesa.
Esse sono in seguito riconosciute, approvate, perfino ammirate; molti giovani entrano a farvi parte. Esse
acquistano ricchezze e proprietà, un potere spirituale e molta influenza. Questo può rappresentare
un momento difficile per alcune comunità, come dimostra la storia della Chiesa. Esse si legano, poco a
poco, al potere e all'influenza, si ritengono l'élite, forse la vera Chiesa. Con il passare degli
anni, tuttavia, può instaurarsi una certa mediocrità. Può sorgere un desiderio di
controllare le persone, di creare delle strutture pesanti che, in realtà, possono ostacolare la vita dello
Spirito e ogni nuova iniziativa. La legge ed il potere possono distruggere la libertà del cuore e dello
spirito.
La questione, per ogni comunità, giovane o meno, è di sapere come, nel corso degli anni, è
possibile restare vive e vicine al messaggio del Vangelo e dello spirito delle Beatitudini. Di quale cibo hanno
bisogno per permettere a tutti i loro membri di restare amorevoli e pronti a portare la croce della sofferenza, a
restare vicini a coloro che soffrono? Come aiutare le comunità a restare aperte alle diversità e
aiutare i loro membri a crescere verso una maggiore libertà interiore? Come incoraggiare e non soffocare
le iniziative?
C'è sempre il rischio che dei responsabili di comunità e di movimenti, credendosi guidati dallo
Spirito Santo, impediscano un'evoluzione sana, come se i fondatori fossero stati ispirati, una volta per tutte,
divenendo infallibili in ogni piccolo dettaglio della fondazione e rispetto ad ogni generazione a venire! Le
strutture create durante gli anni di fondazione, come risposte a delle realtà culturali ed ecclesiali di
quel determinato momento storico, possono divenire obsolete nel corso degli anni. Ciò che conveniva
all'Europa del sedicesimo secolo, può non andar bene all'Asia del ventesimo!
E' evidente che ogni nuova fondazione rivela una nuova chiamata di Dio, un nuovo modo di incarnare e di
annunciare la buona novella di Gesù. Ma esiste, in ognuna, una miscela di luci e di oscurità;
nessun movimento è totalmente puro, totalmente santo e ispirato, in ogni aspetto della vita umana e
spirituale. L'ideale e l'intuizione possono essere santi e ispirati, ma le realtà concrete e
l'organizzazione sono soggette alle circostanze e alle persone, così come sono, con la loro cultura, la
loro educazione, le loro paure, i loro tabù interiori e le loro fragilità. Se questo è vero
per il fondatore, lo è ancora di più per i primi discepoli. Essi tendono spesso ad essere meno
aperti del fondatore e ad interpretare in modo rigido la sua spiritualità, la sua visione delle cose ed il
suo modo di vivere. Alla morte del fondatore i membri possono dividersi tra coloro che vogliono seguire ogni sua
parola e insegnamento, come se essi fossero il Vangelo stesso, e coloro che pregheranno per cercare di
comprendere ciò che il fondatore avrebbe fatto e detto, in queste nuove circostanze. Ci sono sempre degli
elementi di orgoglio, di paura, di insicurezza e di errore in ogni nuovo movimento. C'è sempre una
tensione tra lo sforzo, da un lato, per il mantenimento della purezza e dell'unità del gruppo, della sua
spiritualità attraverso una autorità stretta, e il bisogno, dall'altro, di lasciare maggiore
creatività, diversità e apertura, al fine di aiutare il movimento nel suo insieme a evolversi
secondo lo Spirito Santo e il pensiero della Chiesa. Ogni movimento attraversa dei periodi di crisi, delle fasi
di purificazione, e perfino delle divisioni, al fine di essere più conforme ai desideri di
Gesù.
Per quanto riguarda le comunità cattoliche, il riconoscimento e l'approvazione da parte della Chiesa
stanno a significare che le loro costituzioni salvaguardano la libertà dei loro membri e che il loro
obiettivo e il loro modo di gestirsi sono in accordo con il messaggio del Vangelo e che la comunità
manifesta i segni tangibili dello Spirito. L'approvazione della Chiesa non significa che tutto è perfetto.
Dobbiamo tenere presente che ogni nuova comunità porta con sé una risposta umana alla situazione
presente o ad un passato recente, come se, in qualche maniera, si cercasse di controbilanciare. Spesso, quindi,
si tende ad esagerare, ed una serie infinita di correzioni si rende necessaria per poter ritrovare l'equilibrio,
che, altrimenti, si romperebbe. Un movimento generato dalla necessità di correggere un errore ben
preciso all'interno della Chiesa, scomparirà non appena tale errore sarà stato corretto.
A mano a mano che gli anni passano e che la comunità si radica nelle varie culture, diviene imperativo
fare una netta distinzione tra la spiritualità e le visioni fondamentali del fondatore, da un lato, che
sono universali e che riguardano ogni generazione, in quanto radicate nel messaggio del Vangelo, e, dall'altro,
le strutture, le regole, il modo di esercitare l'autorità, di formare e di accompagnare i nuovi membri.
Questi ultimi sono chiamati a evolvere secondo le circostanze. La storia della Chiesa, così come gli
errori e l'evoluzione di numerosi ordini religiosi, servono a mostrarci che nuovi movimenti o nuove
comunità sono chiamati ad essere rifondati e ad evolvere sempre in modo sano.
Può essere utile menzionare i segni che rivelano che una comunità o un movimento evolve secondo lo
Spirito. Un albero è giudicato dai suoi frutti. Buoni frutti, seguono a buoni alberi. I frutti sono un
segno dello Spirito.
1) Il primo segno si evidenzia nel fatto che la comunità o il movimento, mentre cresce in
maturità e rafforza il suo carisma e la sua missione, scopre la bellezza e i doni degli altri nella Chiesa
locale. Anche loro hanno dei doni necessari al Corpo di Cristo; è importante lavorare insieme alla
costruzione di questo Corpo. Nessuno è migliore degli altri. Il nuovo movimento o comunità, scopre
allora l'importanza di essere in comunione con il vescovo locale (o con l'autorità religiosa di
competenza), e di adattare le sue attitudini ed il suo linguaggio ai bisogni delle persone di quella regione;
c'è un bisogno d'inculturazione, nel momento in cui il movimento nasce in un'altra cultura.
Ogni movimento è chiamato a riconoscere la priorità dell'insieme del Corpo di Cristo, di fronte al
proprio movimento particolare. La comunità o il movimento è, forse, più grande della singola
persona, ma ogni persona è più importante delle cifre o degli obiettivi del movimento. Un
movimento, ovviamente, può scomparire, come è già successo numerose volte nella storia della
chiesa, ma questo ha relativamente poca importanza. Ciò che realmente importa è che la Buona
Novella continui ad essere annunciata, di generazione in generazione, secondo le vie del Signore, attraverso,
forse, delle nuove famiglie spirituali, e che Gesù sia conosciuto, amato e seguito. Gesù è
con il suo popolo, suo Corpo, fino alla fine dei tempi. Egli non è necessariamente vicino ad un gruppo
particolare fino alla fine dei tempi!
L'inserimento in seno alla chiesa locale può richiedere del tempo, a causa di una certa chiusura e di un
certo timore delle novità, all'interno della chiesa stessa. Alcuni nuovi movimenti, a causa
dell'entusiasmo, della povertà, e della loro fede radicale, sembrano disturbare altre persone ed altri
gruppi; rivelano una paura del cambiamento. Questo successe nella Chiesa cattolica, dopo il Concilio Vaticano
II.
Le persone sono, spesso, ancorate alle loro abitudini e alle loro idee e non amano il cambiamento. Ecco
perché gli interventi del Papa e della Chiesa Universale possono essere importanti davanti a nuovi
movimenti che, nella loro origine, furono accettati in una diocesi particolare ed, in seguito, vennero
trapiantati altrove. Il Papa può avere una visione più ampia, rispetto alla Chiesa locale; ma, dopo
il riconoscimento necessario da parte della Chiesa, è importante che queste nuove comunità siano
ben inserite nella Chiesa locale, riconoscano l'autorità del Vescovo e cooperino con altri movimenti.
2) Una comunità che evolve sotto la guida dello Spirito prende coscienza, poco a poco, dei suoi
limiti e delle sue debolezze: si rende conto di commettere degli errori nell'attuazione di alcune fondazioni e di
fronte a certi membri della comunità, e che esercita determinati abusi di potere. Cerca, allora, un aiuto
esterno per valutare certi aspetti della vita comunitaria e per risolvere dei conflitti latenti; la
comunità avrà bisogno di questo aiuto esteriore per prendere coscienza del suo lato oscuro, per
vedere come va esercitata l'autorità e se le sue strutture aiutano a vivere o, al contrario, soffocano le
persone. Deve avere il coraggio di rimettersi in questione, avere l'onestà di riconoscere i propri errori
ed avere la voglia di cambiare. Dovrà probabilmente sbarazzarsi di certi aspetti, necessari inizialmente,
ma oramai caduchi, o addirittura mortiferi.
Il punto più complesso e più delicato è sapere chi può nominare questo aiuto esterno
e quale sarà la sua autorità. Si corre un doppio rischio: o la comunità rifiuta qualsiasi
aiuto esterno e si chiude in se stessa, o l'aiuto esterno acquisisce troppa autorità e impedisce al
movimento di svilupparsi secondo il suo carisma.
Questo aiuto esterno non è là per giudicare o condannare, ma per accompagnare. E' là
soprattutto per consigliare il fondatore e i responsabili della comunità. Non è là,
semplicemente per ascoltare coloro che sono scontenti, né per cambiare l'autorità. Questo aiuto
è là per sostenere i responsabili, aiutarli a valutare. Sarebbe meglio che ci fossero più
persone provenienti dall'esterno e non una sola, scelte dai responsabili stessi della comunità, in armonia
con l'autorità religiosa. Queste persone saranno scelte per le loro esperienze di vita comunitaria, per la
loro saggezza, per il loro senso della Chiesa, per la loro visione antropologica.
3) Quando un movimento si sviluppa, è chiamato non solamente a rafforzare il suo carisma e la sua identità, ma anche a crescere nell'apertura, proprio come la stessa Chiesa cresce nell'apertura. Giovanni Paolo II, nello spirito del Vaticano II, è preoccupato dell'apertura, ma ugualmente di ciò che tocca l'identità e definisce la fede. Come segni di apertura, c'è stato l'incontro di Assisi nel 1986, in cui il Papa e i capi religiosi del mondo intero si sono incontrati, in segno di pace e di reciproco rispetto; la visita del Papa alla Sinagoga di Roma; i suoi soggiorni in Marocco ed in Tunisia; il modo in cui opera per l'unità delle Chiese cristiane e per la cooperazione interreligiosa. Non è sempre facilitato dai movimenti, soprattutto quelli fondati con lo scopo di mantenere l'ortodossia della fede, nel restare fedeli ad una Chiesa che evolve; né è sempre facilitato dalle persone chiamate al rischio e all'apertura, nel rimanere chiari riguardo all'identità cattolica. Se un movimento cerca continuamente di armonizzare questi due aspetti, questo è segno della sua crescita nello Spirito Santo.
4) Uno dei segni che una nuova comunità si sta evolvendo secondo l'insegnamento dello Spirito, è il modo in cui gli uomini e le donne cooperano insieme. Ogni forma di rifiuto dell'uomo o della donna, ogni disprezzo per l'altro sesso, è un segno settario. Questa cooperazione non è particolarmente importante in questa epoca in cui ci sono tanti uomini e donne immaturi sul piano affettivo e sessuale?
5) Se un nuovo movimento annuncia la Buona Novella ai poveri e permette loro di evangelizzare il movimento stesso, questo, anche, è un segno dello Spirito. Mangiare alla stessa tavola del povero (cfr. Lc 14), essergli legato da rapporti di amicizia, è sempre esigente e fonte di disturbo. La presenza del povero e del debole custodisce un movimento nell'umiltà e gli impedisce di chiudersi in se stesso. Il povero lo obbliga ad evolvere e ad approfondirsi. Quando Gesù invia i suoi discepoli ad annunciare la Buona Novella ai poveri, dice loro di andare in povertà - niente soldi, nessun vestito di ricambio, niente - e di fare delle cose umanamente impossibili. E' possibile annunciare la Buona Novella ai poveri e agli oppressi, se si parla da una posizione di potenza, di conforto e di sicurezza?
6) Il modo in cui l'autorità è esercitata dovrà necessariamente evolvere, in modo che cresca e si sviluppi il movimento e che i suoi membri crescano in maturità. Ognuno è chiamato a diventare più responsabile della sua vita e della sua crescita, nelle vie dello Spirito. Un'autorità che continua ad essere esercitata in modo rigido, senza dialogo né discernimento, senza dare la possibilità ai membri di incontrare altre persone esterne alla comunità, è cattivo segno.
7) Un altro segno importante è la qualità d'amore per i membri più deboli del gruppo,
per coloro che attraversano un momento di particolare difficoltà, sul piano fisico, psicologico e
spirituale, e che possono essere torturati dal dubbio. Essi sono i poveri del movimento o della
comunità.
Coloro che si sentono chiamati a lasciare il gruppo hanno bisogno di molta comprensione e di aiuto, al fine di
andare in pace, liberi da qualsiasi senso di colpa. Tutti i gruppi tendono a trattenere i loro membri. Spesso non
li lasciano andare facilmente; al di là di certi limiti, questo comportamento può divenire
distruttivo ed effettivamente settario. E' come se lasciare il gruppo significasse abbandonare la Chiesa o Dio.
Non si seguono le vie dello Spirito Santo, se un fratello o una sorella che lascia il gruppo diviene
improvvisamente un estraneo, o, peggio ancora, un infedele o un nemico. Nel momento in cui dei membri sono
chiamati a lasciare il gruppo, devono trovare un sostegno, e, se possibile, restare in contatto con esso. Una
comunità cristiana è chiamata ad essere segno della misericordia di Dio.
8) Sebbene non dobbiamo utilizzare la parola setta , riguardo ad un gruppo cristiano riconosciuto dalla Chiesa, un movimento chiuso in se stesso, che non ha che i suoi preti o psicologi in seno alla sua propria comunità, può divenire settario, se questi preti e psicologi sono legati da una totale dipendenza da questo movimento, e se non ci sono altre autorità esterne, a disposizione. Tutto è deciso dai responsabili, la cui parola tende ad essere interpretata come se fosse quella di Dio. Esiste un rischio reale per un simile gruppo, divenuto troppo potente: essere incapace di vedere il suo lato oscuro, accettare ogni forma di critica ed evolvere positivamente. In situazioni simili, alcuni membri si sentono schiacciati; possiamo interpretare questo, vedendo lo Spirito Santo, da un lato, ed il Maligno o le persone difficili , dall'altro. In simili movimenti, il buon senso può divenire una rarità, le valutazioni psicologiche ed umane sono rifiutate e vengono salvaguardate solo le parole del fondatore. La dimensione che si autodefinisce spirituale , schiaccia l'umano, piuttosto che elevarlo.
Un movimento che evolve sotto la mozione dello Spirito deve permettere ai suoi membri un contatto agevole con
degli uomini o delle donne che possiedono una saggezza teologica, spirituale e psicologica e delle conoscenze
umane, persone che non fanno parte del movimento, ma che apprezzano la sua visione delle cose e i suoi obiettivi,
e possono avere un po' di distanza dal gruppo, per restare attenti ai bisogni reali delle persone che sono
all'interno del gruppo. Una spiritualità privata dell'umano e di una buona antropologia, non trova alcun
fondamento nella Buona Novella di Gesù.
E' necessaria, dunque, una buona dose di discernimento, cosa che richiede del tempo, al fine di valutare se un
gruppo si sviluppa o meno verso una maggiore apertura e collaborazione, verso una più grande umiltà
e verso l'annuncio della Buona Novella ai poveri. Alcuni movimenti hanno bisogno di essere un po' scossi, se si
fossilizzano in atteggiamenti troppo settari o se sono troppo chiusi in se stessi. Il rischio è sempre che
dei movimenti si indirizzino verso il successo, il potere, la ricchezza e la sicurezza, piuttosto che verso la
fedeltà allo Spirito e a una vita di fede e fiducia nello spirito del Sermone sulla Montagna. Le cifre in
quanto tali, non sono sempre il segno che un movimento è di Dio: anche delle sette rassicuranti hanno
numerosi adepti!
I gruppi di pressione cristiani che rifiutano l'autorità, generalmente non accettano né
valutazione, né discernimento. Il dialogo con loro deve, tuttavia, essere mantenuto, non soltanto
perché i membri sono degli esseri umani e dei cristiani, in completezza, ma perché le loro critiche
alla Chiesa contengono spesso delle verità importanti che sono state trascurate e che, forse, i
responsabili della Chiesa non vogliono sentire. Le persone appartenenti a questi gruppi hanno bisogno di sentire
che sono amate ed ascoltate, con intelligenza e comprensione, piuttosto che condannate troppo velocemente, per
paura, e per difendere delle posizioni tradizionali e abituali. Questi atteggiamenti di difesa non fanno che
aggravare le cose; portano ad indurire le posizioni e aumentano il divario che separa le persone e le loro
convinzioni, piuttosto che renderle più vicine le une alle altre. E' un peccato condannare delle persone e
poi, dopo qualche anno, ammirarle per il loro profetismo!
Dobbiamo ricordarci che ogni movimento deve anche scoprire che non è chiamato solamente a vivere il
successo della vita pubblica di Gesù, quando molti lo seguirono, ma anche a vivere la sua debolezza, la
sua piccolezza, la sua vulnerabilità e talvolta perfino il rifiuto e la morte. Queste sofferenze possono
essere fonte di purificazione e di una nuova vita per tutta la Chiesa.
Sono particolarmente commosso quando visito alcuni monasteri o conventi che sembra stiano per scomparire e in cui
l'età media è molto elevata. Nella loro insicurezza e apparente sterilità, i fratelli e le
sorelle più anziani, offrendo la loro vita per la chiesa e per il mondo, sono delle fonti nascoste di
fecondità. C'è, in questo, una vera e propria santità. Nel 1996, in Algeria, la morte di
sette monaci trappisti, seguita da quella di mons. Claverie, vescovo di Orano, è fonte di fecondità
per la Chiesa intera. Questi uomini desiderano solo una cosa: rivelare il volto del Dio-Amore, che ama ogni
persona. Il dono della loro vita era, ed è, un segno d'amore per tutta la Chiesa e per il mondo
intero.
Uno dei più grandi segni dell'evoluzione di un movimento sotto la guida dello Spirito è
l'umiltà, l'amore per tutta la Chiesa, per ogni cristiano e per tutta l'umanità.
Sicuramente la Chiesa non è sempre, come la vorremmo. Essa è prima di tutto mistero, ma è
incarnata in una umanità spezzata. Paolo VI scriveva nell'enciclica “Ecclesiam Suam”:
“Dobbiamo amare e servire la Chiesa così com'è, cercando di comprendere con saggezza la sua
storia e di scoprire, con umiltà, la Volontà del Signore che la guida e che l'assiste, perfino
quando Dio permette alle debolezze umane di coprire lo splendore del suo vero volto”.
Il rinnovamento della Chiesa nasce principalmente da comunità in armonia con i loro vescovi e con le loro
autorità ecclesiastiche, da comunità che sono segni positivi dell'amore e della resurrezione di
Gesù, piuttosto che segni di critiche aggressive. Questo rinnovamento non proviene sempre da movimenti
potenti e che si impongono, ma spesso da piccoli semi che crescono, fino a fruttificare. Ciò si realizza
quando ci si lascia trasformare dall'amore di Gesù, per mezzo e nello Spirito Santo. Lo Spirito ci conduce
alla saggezza, alla povertà e al povero, al dono delle nostre vite. Questo implica una buona teologia e
una buona saggezza umana. Ciò, naturalmente, non sopprime la necessità di critiche o di disaccordi
costruttivi e rispettosi, riguardo l'autorità.
Le comunità dell' Arca hanno conosciuto una evoluzione che è partita da una via di fede che
dava sicurezza e si è incamminata verso una realtà più insicura. Siamo su un cammino in cui
scopriamo continuamente nuove cose, nuovi doni dello Spirito e nuove domande. La prima comunità dell'
Arca era solidamente radicata nella chiesa cattolica. Il padre Thomas Philippe, che mi incoraggiò
ad iniziare l' Arca nel 1964, e fu presente come prete nel cuore dell' Arca per 28 anni, era
meravigliosamente aperto a chiunque e alla chiamata dello Spirito. Allo stesso tempo, aveva una visione
tradizionale della chiesa e delle forme di culto.
Nel 1970, una comunità dell' Arca venne fondata in Canada, vicino Toronto, da una coppia di
anglicani che aveva passato del tempo all' Arca in Francia. Quello stesso anno, una comunità fu
fondata in India, a Bangalore, intorno a persone di religione indù. Così, dall'inizio dell'
Arca , cominciammo a scoprire cosa significa vivere in comunità interconfessionali ed
interreligiose. Queste realtà ci hanno arricchito e aperto alla nostra umanità comune, ma ci hanno
ugualmente impoverito e posto di fronte a questioni difficili da affrontare. Abbiamo sperimentato tensioni tra
strutture e sicurezza da una parte, e rischio e apertura dall'altra. Quest'apertura ha talvolta reso più
difficile l'approfondimento di una identità spirituale radicata in una Chiesa. Se si manca, infatti, di
una buona formazione teologica e spirituale o di un radicamento in una Chiesa, la spiritualità può
passare in secondo piano. Non abbiamo delle risposte chiare a questo riguardo, ma stiamo lavorando a questo, con
alcuni responsabili delle Chiese e con alcune guide spirituali.
Crediamo che la presenza di coloro che sono deboli e poveri ci custodirà, concentrati sui valori del
cuore, sulla compassione e sulla presenza di Dio nascosto in loro. La loro presenza ci aiuta a scoprire la nostra
missione di unità e di pace; ci chiamano a riempire il divario che separa i ricchi dai poveri, i capaci
dai meno capaci, il divario fra coloro che appartengono a delle Chiese diverse. Ma l'Arca è cosciente che,
per riempire questo divario, bisogna che noi siamo ben radicati nelle nostre proprie Chiese.
Nel corso di 32 anni di esistenza dell' Arca , molte questioni sono emerse per ciò che concerne il
nostro posto in seno alla Chiesa locale e alla Parrocchia, e il modo di cooperare al meglio con altri tipi di
comunità. Si rischia di perdere una certa forza e coesione comunitaria se ci si apre agli altri. Questo ci
obbliga a curare più attentamente non solo la formazione comunitaria, ma anche la formazione individuale e
l'accompagnamento dei membri, da parte di persone esterne alla comunità, e noi siamo stati obbligati a
cercare aiuto esterno, al fine di risolvere alcuni conflitti. Abbiamo così ricevuto aiuto da teologi, da
membri di consigli di amministrazione, da psicologi, da psichiatri e da altri professionisti che non erano membri
della comunità e di cui noi abbiamo avuto necessità per la realizzazione degli obiettivi specifici
dell' Arca . Le domande sollevate da tutte queste persone, ci hanno aiutato ad evitare la chiusura in noi
stessi.
Nel corso degli anni, abbiamo imparato a distinguere i ruoli del responsabile di comunità, del ministero
pastorale e dello psichiatra. Abbiamo scoperto l'importanza dei nostri Consigli di amministrazione. Ognuno ha un
ruolo da giocare, un'autorità da esercitare, e una responsabilità da assumersi. Impariamo a
lavorare insieme, al fine di portare insieme il peso della comunità e di aiutare i membri della
comunità stessa ad andare avanti e crescere.
Non è stato sempre facile trovare un'armonia tra il lato spirituale e il lato umano, tra la fede e le
competenze, tra essere una comunità e essere una istituzione riconosciuta dallo Stato, avendo, da una
parte, la crescita di ogni persona verso la maturità, la libertà e la capacità di prendere
iniziative, e dall'altra parte, le strutture, le regole e le tradizioni necessarie ad una vita comunitaria.
In fin dei conti attraversiamo le stesse difficoltà, tensioni e sofferenze di ogni altra comunità.
Durante gli anni della fondazione, c'erano idealismo ed entusiasmo, in seguito vennero le strutture, diventammo
più adulti. Ora, cerchiamo di affrontare il lungo cammino nella durata e nella fedeltà; talvolta
l'entusiasmo cede il passo ad un ripiegamento su se stessi, sulle proprie sicurezze. L' Arca è
forse più ricca e meglio conosciuta rispetto al periodo iniziale, ma il rischio della mediocrità
incombe sopra le nostre teste. Saremo capaci di evitare ciò che altre comunità non hanno saputo
sfuggire? Saremo capaci di crescere in grazia e di rinnovarci costantemente? Lo ignoro. Non è mai facile
passare dalla bellezza dell'ideale, alle difficoltà del reale. Non è facile passare dalla
rivelazione del Dio-che-è-nei-cieli, dall'ideale, alla scoperta del Volto di Cristo, nella realtà
frantumata del nostro mondo, nelle nostre proprie fragilità e nella nostra mediocrità, e nelle
divisioni delle nostre comunità. Noi abbiamo bisogno della preghiera. Abbiamo bisogno delle nostre Chiese.
Abbiamo bisogno di saggezza per rimanere aperti. Abbiamo bisogno di restare vicini alle persone bisognose, ai
poveri e ai deboli, nel cuore delle nostre comunità; sono loro che ci aiuteranno a restare concentrati
sull'essenziale, e che sono, misteriosamente, un sacramento, vale a dire: il luogo in cui risiede Dio.
Noi tutti, come ogni movimento e ogni comunità, abbiamo bisogno di un accompagnamento pieno di sapienza,
non solamente all'interno della comunità, ma anche all'esterno, al fine di evolvere con serenità,
secondo le vie dello Spirito e i bisogni dei tempi, e di restare aperti al grido del povero. Noi abbiamo tutti
bisogno di discernere in che modo crescere, non solamente orizzontalmente, con delle nuove fondazioni e con un
maggior numero di membri, ma anche in profondità, in sapienza umana e divina, nella preghiera, in
maturità e in apertura e amore, a immagine del cuore di Dio aperto e amorevole. Noi abbiamo tutti bisogno
di credere, di lavorare con gli altri, in comunione con loro, di modo che, insieme, noi possiamo essere un segno
del Corpo di Cristo e del volto amante e misericordioso di Gesù.
[Nota 1] J.Vanier, La comunità , luogo del perdono e della festa, Milano, Jaca Book, 1980.
[Nota 2] L'Arca è la comunità, fondata da Jean Vanier, basata sulla vita comune con persone con handicap mentale. (N.d.T.)