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Un'occhiata al sud del mondo (tpfs*)

Trascrizione della conferenza tenuta da padre Giulio Albanese il 24.11.2000


Indice


Testo della conferenza

Non vi nascondo che il tema è faraonico anche perché solo parlare di missioni sarebbe lunghissimo. Parlare di missione significa parlare innanzitutto e soprattutto della vocazione cristiana e di una vocazione a 360°, ad intra e ad extra, vale a dire dentro le mura della propria realtà parrocchiale, ma anche fuori le mura. Non mi riferisco solo all'Italia, ma anche a quei paesi del sud del mondo, paesi distanti geograficamente da noi, ma, in un mondo-villaggio globale, paradossalmente tanto vicini.
Vivere la missione significa annunziare Gesù Cristo e testimoniare il Vangelo: queste sono le due vie principali della missione, dice Giovanni Paolo II nella Redemptoris Missio, vale a dire annunciare la buona notizia, ma innanzitutto e soprattutto testimoniarla. Poi naturalmente ci sono delle vie intermedie: il Papa parla di solidarietà, parla di dialogo, parla di promozione e sviluppo. La verità però è che noi viviamo in un mondo molto diverso da quello in cui è vissuto Gesù Cristo duemila anni fa. Infatti, se è vero che ci sono ancora dei denominatori comuni (le ingiustizie c'erano al tempo di Gesù, le ingiustizie ci sono anche oggi; c'era gente buona e santa ai tempi di Gesù, sicuramente anche oggi in mezzo a noi ci sono persone che sono animate da valori cristiani e da principi buoni e sani), la verità è che il contesto in cui Gesù si muoveva era di fatto anni luce distante dal nostro, perché in duemila anni di storia molte cose sono cambiate. E' cambiata la geografia, è cambiata la dislocazione dei popoli, le culture sono mutate - ma mutate profondamente - e sono avvenute delle rivoluzioni, anche di tipo tecnologico. L'ultima, che tutti conosciamo, è quella di Internet. La rivoluzione digitale è una rivoluzione che per certi versi ha avuto degli effetti molto più forti, per certi versi - direi - anche drammatici, rispetto ad altre precedenti rivoluzioni, come per esempio la scoperta della macchina a vapore. Quando penso a quello che Internet rappresenta come strumento, dico che è davvero un grande prodigio, uno dei traguardi tecnologici più alti che l'umanità abbia mai raggiunto. Che poi in Italia questo non lo abbiamo ancora capito, è un altro discorso. Perché non abbiamo capito che cos'è la rivoluzione digitale: se fino a ieri ragionavamo in atomi, oggi ragioniamo in bit e la differenza è sostanziale. Dice Negroponte: “Gli atomi pesano, i bit non pesano” e ancora di più “Gli atomi costano, i bit non costano”. Qualcuno dirà: “Devo pagare l'accesso ad Internet”, ma questo significa molto poco. La verità è che c'è una linea di separazione netta fra ieri e oggi.
Di fronte a tutto questo scenario, noi, come cristiani, come ci poniamo?
Io direi che il dato più interessante su cui noi cristiani dobbiamo interrogarci è questo: esiste di fatto oggi una frattura fra nord e sud del mondo? Questo è il primo dato importante su cui come cristiani dobbiamo riflettere: esiste una frattura fra nord e sud del mondo, tra paesi ricchi e paesi poveri. Naturalmente il discorso nord e sud non va inteso semplicemente come categoria geografica, ma è una categoria innanzitutto e soprattutto esistenziale. C'è un nord del mondo potente, c'è un sud del mondo estremamente povero e depresso. Non è una categoria geografica perché il rapporto nord-sud paradossalmente ce l'abbiamo anche qui in Italia, ce l'abbiamo anche qui a Roma, c'è addirittura negli Stati Uniti. Ad Atlanta, in Georgia, ci sono dei quartieri dove i bianchi non entrano e dove c'è una miseria indicibile, che per certi versi non fa assolutamente invidia o concorrenza a quella che si può trovare a Nairobi, eppure siamo negli Stati Uniti.
Da un certo punto di vista, però, questo discorso è anche geografico, perché, se dovessimo fare un confronto fra l'Europa e l'Africa, risulta chiaro l'abisso che divide questi due mondi. Papa Giovanni Paolo II in un'enciclica uscita nell'88, la “Sollicitudo rei socialis”, diceva che c'era un abisso che cresce di giorno in giorno che separa il nord benestante dal sud povero. Se quello era vero a metà degli anni '80, a maggior ragione è vero oggi. La cosa interessante è che con il crollo del muro di Berlino non ci sono più tre mondi, ma ce ne sono due. Quella tripartizione che c'era fino all'89, oggi non c'è più. Prima c'erano le grandi potenze industrializzate del blocco occidentale, i paesi dell'est, e poi c'era il grosso contenitore dei paesi non allineati che rappresentavano il sud del mondo povero, depresso, in via di sviluppo. Con il crollo del muro di Berlino noi abbiamo i paesi industrializzati e il resto del mondo. E il divario tra nord e sud, ripeto, cresce di giorno in giorno.
Io vi porto solo qualche cifra perché alla fine queste sono le cose significative: un bambino in Uganda consuma 5000 volte di meno di un bambino italiano, a livello di calorie. Quello che un insegnante riceve in Uganda di stipendio oscilla fra le 20 e le 25 mila lire al mese. Si potrebbe pensare che in Uganda il costo della vita non è minimamente paragonabile con quello in Italia. Non è vero: ad esempio, un casco di banane, che serve a sfamare una famiglia per una settimana, in Uganda costa 15 mila lire. E' evidente quanto sia difficile sbarcare il lunario.
Quali sono innanzitutto le ragioni che determinano questo abisso tra il nord e il sud del mondo? Questo aspetto ci coinvolge direttamente perché riguarda la solidarietà.
Cos'è il Vangelo se non innanzitutto e soprattutto un atto d'amore verso il prossimo? Leggiamo negli Atti degli apostoli: “C'è più gioia nel dare che nel ricevere”. E' la regola d'oro del cristianesimo. Però la verità è che se guardiamo alla geografia economica, oggi, purtroppo, questo non è assolutamente vero. Quali sono le ragioni? Innanzitutto la verità è che questi paesi del sud del mondo, come lo Zambia, il Kenya, il Perù, la Bielorussia, (che geograficamente non è nel sud del mondo, ma lo è di fatto, guardando all'economia nazionale) hanno tutti un grosso flagello, che è quello del debito.
Questi paesi, intorno agli anni '70, hanno acquistato una grande quantità di beni di consumo, importanti, anche a livello tecnologico, e poi non sono stati in grado di restituire i soldi che avevano ricevuto in prestito da parte dei paesi del nord del mondo. Gradualmente si sono indebitati e questo indebitamento è cresciuto con la crisi petrolifera.
Questi paesi da anni non fanno altro che restituire questo debito, ma fanno addirittura fatica a star dietro agli interessi. La verità è che se il nord del mondo ha dato al sud dieci lire, il sud del mondo in questi anni ha già restituito mille lire. Se il nord del mondo ha dato 10 lire in aiuto, loro ci hanno già restituito mille lire per ogni dieci lire. Il principio su cui si regge la regola degli interessi, è un principio da strozzinaggio vero e proprio. E' qualcosa di delinquenziale che purtroppo viene legittimato dall'establishment mondiale. Questi paesi per restituirci gli interessi, svendono le loro risorse, soprattutto le loro risorse naturali.
Vediamo di scendere al concreto. Se voi andate in una torrefazione, quanto pagate un chilo di caffè? 20 o 30mila lire. Dipende dalla miscela, dalla tostatura. Cinque mesi fa ero nel nord Uganda, dove si produce moltissimo caffè. Incontro un contadino e gli chiedo a quanto vende il caffè che produce. Lui mi risponde che prima lo vendeva al governo, adesso, invece, il governo non lo vuole più e lo deve vendere ai privati, cioè alle multinazionali europee. Il prezzo è di 280 lire al chilo. E poi noi mandiamo la Signora Fanfani a portare aiuti ai bambini che muoiono di fame in Ruanda. Abbiamo la Croce Rossa che dice: “Aiutiamo i bambini in Ruanda che muoiono di fame”. Questa è ipocrisia.
Non è finita qui. Chiedo sempre allo stesso contadino se nel suo campo le uniche coltivazioni sono di caffè. Mi risponde che i suoi fratelli coltivano cotone. Se voi andate in una farmacia quanto pagate una confezione di cotone? 4000, 2000 lire? Dipende dal tipo di cotone, se è trattato o non è trattato. Sapete che significa raccogliere un chilo di cotone? Lì non c'è il sistema di raccolta meccanico come nelle piantagioni americane, lì spiluccano piantina per piantina, sotto il sole. Lo possono fare dalle sette alle dieci del mattino, poi riprendono alle tre e mezzo, quattro del pomeriggio fino al tramonto perché stando sull'equatore c'è il sole che picchia, 45° all'ombra. A quanto lo vendono? 260 lire al chilo. E poi noi diciamo: poverini quei bambini col pancione grande che muoiono di fame, fanno tanta tenerezza!! Vedete l'ipocrisia?
Quando si parla di commercio mondiale, la verità è che questi paesi hanno delle risorse indicibili e vengono sfruttati, inutile nasconderselo. Qualcuno potrebbe dire: “E' vero che questi paesi del sud del mondo hanno contratto i debiti, è vero che vengono sfruttati, ma la colpa è soprattutto loro perché sono primitivi”. Questi sono i ragionamenti che si fanno, lasciatemelo dire... Questo discorso lo contesto.
Non vi nascondo che prima di andare in Africa avevo una mentalità abbastanza occidentale, abbastanza colonialista, cioè nutrivo nei confronti degli africani sentimenti di grande compassione e partivo dal presupposto ideologico che era un popolo sottosviluppato, bisognoso di aiuto. Poi mi sono reso conto, vivendo lì, che non è affatto vero: questi potrebbero essere paesi ricchissimi, potrebbero stare meglio di noi. Nonostante tutto quello che si dice, sono in una situazione non di colonialismo, ma di neo-colonialismo. Si potrebbe obiettare che i loro uomini politici sono corrotti. E' noto che Daniel Arapmoi, in Kenya, possiede molti miliardi, addirittura ce ne ha tantissimi nelle banche svizzere. La verità è che Daniel Arapmoi, come tanti presidenti padroni dell'Africa e non solo dell'Africa (perché Fujimori in Perù è meglio?), tanti presidenti di questi paesi non sono stati eletti dagli abitanti. Gli africani non li hanno votati, non li hanno nemmeno scelti. Sono lì perché i paesi occidentali hanno deciso così. Il signor Daniel Arapmoi è un bandito, un criminale, uno che meriterebbe il Tribunale Internazionale per tutte le persone che ha eliminato, soltanto che, siccome è gradito agli Stati Uniti, è gradito ai paesi occidentali, incluso il governo italiano, che in tutti questi anni ha fatto affari sporchi soprattutto sulla costa, questo signore rimane al suo posto a spadroneggiare. Ma lui, presidente, non è paladino degli interessi della gente, dei kenyani. Lui è paladino di interessi che con quel paese, quella gente, non hanno niente a che spartire. Non so se riesco ad esprimere il concetto adeguatamente.
Mobutu Seteseko è stato il peggior presidente nella storia dell'Africa, direi nell'epoca post-coloniale. Questo personaggio per ben 34 anni ha regnato, come presidente-padrone, nell'ex-Zaire, oggi Repubblica Democratica del Congo. Sapete perché è stato per così tanti anni al potere? Perché gli Stati Uniti, la CIA lo hanno sempre considerato loro fedele alleato durante la guerra fredda. A questo riguardo ci sono molti rapporti, anche ufficiali. Cyrus Vance, ex segretario di stato americano, ebbe la spudoratezza di dire una volta qui a Roma, nel corso di un summit NATO: “La nostra alleanza con Mobutu è imbarazzante ma necessaria”. La verità è che Mobutu ha ammazzato, scannato una gran quantità di gente. Immaginate che era in grado di pagare sette volte, con i soldi che aveva in Svizzera, il debito estero contratto dal suo paese. Sette volte. Questi soldi peraltro non si sa che fine abbiano fatto. Però questo presidente è rimasto lì fin quando lui non ha fatto un errore: ha scaricato gli Stati Uniti e si è alleato con l'Europa, con la Francia. A quel punto gli Stati Uniti l'hanno visto come il fumo negli occhi e hanno deciso di eliminarlo. Improvvisamente, dal '95 al '96, diventa un cattivo presidente. La stampa internazionale, soprattutto quella filo americana, filo occidentale, dice che è un dittatore, un assassino. Fino a quel momento era stato bravo, però, nel momento in cui cambia la geografia degli interessi, diventa cattivo.
Ma ve lo voglio dire subito, non è solo colpa degli americani. Gli europei fanno esattamente lo stesso: il problema riguarda il rapporto nord/sud.
Vi ho portato l'esempio di Mobutu Seteseko; ve ne potrei portare tanti e tanti altri.
L'egemonia giapponese in Africa è qualche cosa di delinquenziale. Il presidente Yoeri Musereri, soprattutto nei primi anni della sua presidenza, ha fatto affari a bizzeffe facendo un'alleanza con tutte le principali case automobilistiche giapponesi, che esportavano gli scarti di produzione in Uganda. In Uganda era facile comprare una macchina: bastavano quattro-cinque milioni per una macchina di grossa cilindrata. Qual'era l'imbroglio, la truffa? I pezzi di ricambio non si trovavano, non erano importati, non c'era la catena di manutenzione: se si rompeva la macchina bisognava rubare i pezzi di ricambio dalle altre macchine. Naturalmente questo era un imbroglio: qual è la società automobilistica che decide di impiantare, di trasferire un punto vendita in un altro paese e non mette l'assistenza, non dà la possibilità di trovare i ricambi? Nessuno lo fa, perché a quel punto nessuno comprerebbe più quelle macchine. Ma siccome eravamo in Africa, Yoeri Musereri glielo ha permesso. Naturalmente il presidente Yoeri Musereri s'è messo in tasca la sua mazzetta. Pensate che Yoeri Musereri era un marxista-leninista, oggi lo chiamano Mister Coca Cola, talmente è diventato amico dei paesi occidentali.
Quindi quello che voglio sottolineare è questo: che in questi paesi del sud del mondo, i politici, la classe politica in generale non guarda al bene comune, alla res publica, ma guarda innanzi tutto agli interessi propri, interessi che con quella terra, quel paese, hanno ben poco da spartire.
Potrei portarvi altri due esempi che mi sembrano molto eclatanti.
Il primo è quello del niobio. Voi avete mai sentito parlare del niobio? E' un minerale, in chimica, nella scala degli elementi, credo sia il 41. In America, ma anche in Inghilterra, alle donne piace molto: è una pietra favolosa con i colori dell'arcobaleno. Ma non è tutto: il niobio serve fondamentalmente a due cose. In lega col titanio è il miglior superconduttore al mondo. Per esempio: i circuiti elettrici dello Shuttle, del Columbia, sono fatti di lega niobio/titanio. Non solo, la Nasa e l'Ente Spaziale Europeo usano il niobio per saldare, per assemblare i vari componenti dei satelliti. In sostanza, lo shuttle, il Columbia, tutti i satelliti che girano intorno al mondo, tutti i loro componenti sono messi insieme, assemblati grazie al niobio che riesce a resistere a temperature elevatissime. Quanto costa il niobio? Un grammo costa tra i 15 e i 17 dollari, quindi un chilo tra i 15.000 e i 17.000 dollari. Quindi costa più di altri minerali, più dell'oro per esempio. Dov'è il più grande giacimento di niobio nel mondo? E' nel Congo, nel parco di Virunga, in un piccolo villaggio che si chiama Lueshe. Ironia della sorte. Quando c'era Mobutu, chi aveva il monopolio di questo grande giacimento? Inizialmente gli americani, poi i francesi e poi, quando Mobutu è caduto in disgrazia, se lo sono ripreso gli americani. Sapete quanto viene dato per ogni chilo di niobio all'ente congolese che gestisce questa miniera? Se il prezzo reale è di 17.000 dollari al chilo, quanto viene dato all'ente che gestisce la miniera? 12 dollari al chilo. E poi noi mandiamo gli aiuti ai bambini del sud del mondo, mandiamo la Croce Rossa, le ONG, la cooperazione internazionale, i missionari che vanno a sfamare i bambini che muoiono di fame .
Vi rendete conto che c'è qualcosa che non funziona? Il rischio che noi corriamo, lasciatemelo dire come sacerdote, come missionario, non come giornalista, è di fare come il ricco epulone che guardava il povero dall'alto verso il basso. Ve lo ricordate il ricco epulone? Stava seduto a tavola e mangiava, mangiava, si riempiva la pancia, e a Lazzaro, che stava morendo di fame e gli chiedeva qualcosa da mangiare faceva cadere le briciole. E' quello che facciamo noi, quando facciamo le offerte per le missioni. Noi facciamo cadere le briciole.
La parola di Dio ci mette in crisi, perché dice che il ricco epulone è finito all'inferno. E questo io lo dico provocatoriamente. Questo ci dovrebbe mettere seriamente in discussione, perché il modus vivendi che conduciamo oggi - anche se poi in fondo, da parte nostra, c'è desiderio di cambiare - è esattamente quello del ricco epulone e non ce ne rendiamo conto perché tutti facciamo parte di quel sistema. E' in questo senso che la comunità cristiana deve, a mio avviso, essere militante, vigilante. Non possiamo rimanere indifferenti di fronte a queste tragedie, di fronte a queste porcherie, che inevitabilmente interpellano la nostra coscienza. Interpellano la nostra coscienza di credenti.
Qualcuno potrebbe dire: ”Ma io concretamente cosa posso fare di fronte a questo scenario? E' vero, questi paesi sono sfruttati, ci sono dei meccanismi che vanno ben al di là di noi, per esempio la questione del debito. Allora noi che cosa possiamo fare? Io in fondo devo pagare l'ICI, l'IRPEF, l'ILOR, faccio già fatica a sbarcare il lunario con la mia famiglia, come posso pretendere di risolvere questo problema, il rapporto nord-sud. Come posso vivere la solidarietà?
Mi permetto di darvi quattro suggerimenti, quattro piste di lavoro, soprattutto a livello parrocchiale, a livello comunitario.
Primo: la nostra deve essere una preghiera orientata soprattutto e innanzitutto ai poveri. Tante volte noi preghiamo perché il Signore benedica nostro marito, nostra moglie, i nostri figli. Proviamo a mettere al primo posto coloro che ci sono lontani. Se crediamo che la preghiera è la prima forma di apostolato, se crediamo davvero che la giustizia è la giustizia planetaria, se crediamo nella forza della preghiera, al primo posto mettiamo la vedova, l'orfano, lo straniero. Ricordiamoci le parole di Isaia: vedova, orfano, straniero. E' un atteggiamento interiore che dobbiamo coltivare. Non preoccupiamoci solo del vicino, ma preoccupiamoci del lontano. Cerchiamo di avere coscienza che viviamo nell'epoca della globalizzazione, in un mondo-villaggio globale, in cui se pure io non conosco un uomo, non l'ho mai visto, quello è mio fratello. E' un atteggiamento interiore che va coltivato. Lo dico ai genitori, ma lo dico anche ai giovani perché questi sono discorsi che in famiglia bisognerebbe fare.
Secondo: informazione. Tutte le cose che ho detto, insomma, in una maniera o nell'altra si leggono da qualche parte. Non possiamo solo leggere la Gazzetta dello Sport. Sapete qual'è il giornale più letto in Italia? La Gazzetta dello Sport. Questo vi dice che cos'è il popolo italico. Almeno in Francia, in Germania, in altri paesi, leggono sicuramente di più. In Italia al di là della Gazzetta dello Sport non andiamo. L'italiano medio legge la Gazzetta dello Sport. Qual'è il settimanale più venduto in Italia? TV Sorrisi e Canzoni. E' la verità! Famiglia Cristiana era al terzo posto, adesso è scesa al sesto posto. E' la verità! Qual'è il programma più visto in televisione? Sapete qual'è? Il Grande Fratello. E' la verità! Molte persone che conosco, (non sto parlando di analfabeti) la definiscono una trasmissione “interessante, una nuova forma di comunicazione”. Questa è la verità! Se stanno continuando a trasmettere Il Grande Fratello è perché c'è tanta gente che lo guarda e c'è tanta gente che viene pure a Messa la domenica che lo vede. Questa è la tragedia. Sono pochi i sacerdoti che dicono dal pulpito che è peccato vedere quelle idiozie. E' più peccato vedere Il Grande Fratello che commettere atti impuri.. E' il primo atto impuro. La verità è che la nostra cultura italica è molto provinciale e provinciali sono i direttori delle nostre testate italiane. Prendete la pagina Esteri di un giornale come Repubblica o il Corriere della Sera. Se provate a leggere Le Monde, Le Figaro, avrete quattro cinque pagine da sfogliare. Prendete il Corriere della Sera o Repubblica: Lady Diana, Carlo, le nozze di Carlo, la principessa Carolina. Questa è la pagina Esteri italiana: una cronaca rosa, di bassa lega. La cronaca esteri si riduce alle elezioni americane o al massimo al rapimento di qualche italiano in Africa o in America Latina, qualche turista che per caso è incappato nei briganti. Non sto dicendo bugie, è la verità. Però è anche vero che oggi esistono strumenti come Internet, ma non solo, ci sono comunque pubblicazioni, le famose riviste missionarie, per esempio, che sono delle finestre aperte sul mondo e che vi fanno conoscere delle realtà che come cristiani abbiamo il sacrosanto diritto di conoscere.
L'informazione per il cristiano è un dovere. Io credo che quando facciamo la lista dei peccati e andiamo a confessarci, dovremmo avere il coraggio di metterci un pochino in discussione. In genere quando ci confessiamo facciamo un po' come i bambini. Facciamo la lista della spesa: “Ho detto le parolacce, sono stato cattivo, sono arrivato in ritardo a messa”. Le solite sciocchezze. Invece cominciamo a mettere in discussione il nostro modus vivendi: “Quanto tempo dedico per la mia lettura, per la mia formazione culturale, perché possa sentirmi cristiano nel mondo, cattolico davvero, cittadino del mondo?”. Non leggere è peccato! E' peccato. Scusate se dico queste cose, però è la verità. I vescovi italiani, la CEI, hanno fatto una scelta alcuni anni fa. Il progetto culturale è davvero la cosa più intelligente e più importante che i vescovi italiani potessero dirci. Se viviamo in un mondo-villaggio globale, se vogliamo davvero essere sale della terra, luce per il mondo, dobbiamo leggere. E dobbiamo leggere non solo i fatti di casa nostra, ma avere davvero un'apertura a 360°, uscire fuori le mura. Perché, quando io comincio a conoscere la realtà dello Zambia, e comincio a capirla in tutte le sue sfaccettature, certamente il mio atteggiamento nei confronti di quella realtà cambia. E ancora: quando io conosco le capacità culturali di questi paesi, il mio giudizio nei loro confronti cambia.
In Africa, per esempio, non succedono solo disgrazie. Avete mai sentito parlare del Festival del Cinema Africano? No. Perché noi abbiamo la RAI –Radiotelevisione Italiana che è una truffa, come la Fininvest e tutte le altre, inclusa Telemontecarlo. Vi fanno vedere Il Grande Fratello, trasmettono le telenovelas, che vi incollano al video anche per innumerevoli puntate. Ci sono altri avvenimenti culturali. A Ouagadugu ogni due anni c'è il Festival del Cinema Africano. Ouagadugu è la capitale del Burkina Faso. Ebbene a Ouagadugu, credetemi, vengono presentate delle pellicole che sono stupende, favolose, ma di cui nessuno parla. Gli africani la considerano la loro Hollywood. La RAI! Figuratevi se manda una troupe a Ouagadugu. La RAI manda una troupe in Africa se c'è lo sbarco dei marines in Somalia, se c'è il genocidio in Ruanda, se c'è Ebola, se c'è un fatto cruento da raccontare. Ci manca la capacità di saper cogliere il bene che ci viene da questi paesi. Perché guardate che di fermenti positivi dall'Africa, dal sud del mondo, ce ne sono a bizzeffe.
Avere un'apertura culturale significa anche documentarsi su queste realtà. Quante volte il giudizio nei confronti degli africani è un giudizio tribalista, perché siamo noi ad essere ignoranti. Ancora oggi noi nel nostro linguaggio usiamo parole che dimostrano la nostra goffaggine. Quante volte parliamo di “tribù”. Tribù! Già, le tribù africane! Allora voi spiegatemi: i “badanga” in Uganda sono 9 milioni. Gli svizzeri sono quattro milioni. I badanga sono una tribù, gli svizzeri non sono una tribù. Quello che succede nell'ex Jugoslavia non è tribalismo? O quello che succede in Lombardia o in altre regioni italiane non è tribalismo? E' tribalismo solo quello degli africani! Nessuno pensa che il termine tribù è un termine coloniale, sprezzante, studiato apposta in un certo periodo storico, perché non abbiamo la cultura. E' per questo che a mio avviso davvero dovremmo leggere: uno quando legge, si documenta, allarga i suoi orizzonti, acquista una forma mentis: l'educazione alla mondialità.
Quali possono essere gli strumenti? In Internet c'è un universo di informazioni. La MISNA, è un'agenzia in Internet, gratuita, che vi dice ora per ora quello che succede nel sud del mondo. Ora - è chiaro - qui c'è una selezione di notizie. Però certamente se andate a leggere la MISNA, troverete, nel 99,9% dei casi, notizie che certamente non troverete sul Resto del Carlino, sul Corriere della Sera, su Repubblica, su Grazia, su Novella 2000. Questo piano editoriale è un piano che va contro tendenza. Eppure questo è un modo per dare voce al sud del mondo. E io credo che questo sia un nostro impegno. Credo debba essere inevitabilmente un nostro impegno.
Quindi dicevo preghiera, dicevo informazione. Il terzo aspetto è quello, a mio avviso, della solidarietà. Dicevo prima: non facciamo come il ricco epulone. Come ci laviamo la coscienza? Raccogliamo le offerte e poi le mandiamo in missione. E' una cosa bella, è un gesto nobile. Le offerte, l'elemosina sono un gesto nobile. Ma per carità se la nostra solidarietà finisse lì… Mettiamo in discussione il nostro modus vivendi.
I vescovi italiani, all'inizio degli anni '80, avevano coniato uno slogan molto bello: “Contro la fame, cambia la vita”. Allora: vuoi fare la carità, ti vuoi impegnare ad aiutare l'orfanotrofio di Riima in Ruanda, o vuoi impegnarti ad aiutare le donne della cooperativa alla periferia di Lima in Perù? Benissimo, fallo, ma metti in discussione innanzitutto il tuo modus vivendi. Cioè tu non puoi sentirti con la coscienza a posto perché hai fatto l'offerta. L'offerta che noi facciamo nei confronti di questi paesi è un segno della nostra solidarietà, è un segno di cambiamento, è un segno efficace del nostro farsi prossimo. Ma non può finire lì. Mettiamo in discussione il nostro modus vivendi. In che modo? Guardate che qui iniziative ce ne sono a bizzeffe.
Bisogna mettere in discussione innanzitutto il nostro personale stile di vita: noi viviamo in una società consumistica, quella dell'usa e getta. Un esempio: ultimamente sono andato a far visita a una famiglia di carissimi amici a cui è nato un bambino. Ha 8 mesi, non sa ancora camminare, non sa parlare. La sua stanza è un parco giochi. Quando saprà camminare o quando parlerà, cosa dirà, cosa potrà desiderare? Ha già tutto, la bicicletta, lo scivolo e così via. Mi spiegate che cosa può desiderare quel bambino? I nonni, i genitori gli fanno solo del male: quello è consumismo, quello è materialismo, nient'altro. Quel bambino a otto anni, anzi, a quattro anni, avrà il telefonino. E allora il genitore dirà: “Ma se ce l'ha anche il figlio del mio vicino, come fa mio figlio a essere inferiore?”
La solidarietà cristiana, la comunione, l'essere comunità cristiana passano attraverso le scelte che le famiglie fanno su questi temi. Non si tratta semplicemente di mandare i propri figli a catechismo. Non so se riesco a spiegarmi. Dieci famiglie che vogliono vivere veramente il Vangelo, si mettono in discussione su questi temi e prendono l'iniziativa di non comprare beni di consumo ai propri figli, perché amano i loro figli e non vogliono prostituirsi al dio denaro. Invece tutto quello che fanno è mandare i figli a ricevere la Cresima tutti insieme. Cosa bellissima, ma se la nostra solidarietà finisce lì, c'è qualcosa che non funziona. In questo modo diventiamo schizoidi: da una parte c'è la chiesa, la sagrestia e dall'altra c'è la vita vissuta all'insegna di questo vitello d'oro... La verità è che siamo tutti adoratori di false divinità.
Rimettiamo in discussione su queste cose il nostro stile di vita. Ad esempio le vacanze. Un tempo dove si andava a fare il viaggio di nozze? Se non si avevano quattrini si andava a Napoli, altrimenti si andava a Londra. Adesso si va alle Seychelles!! Magari non si sa dove si trovano le Seychelles, però ce l'hanno consigliato. Oppure si sceglie il Messico, lo Yucatan!! Non si può andare a fare le vacanze, che dico, in Svizzera, perché dobbiamo spendere più di quello che guadagniamo. Questa è la logica.
E poi parliamo di solidarietà. Si spendono un sacco di quattrini, non ci rendiamo conto che seguiamo solo la moda, la tendenza del momento. La volete l'ultima? Halloween. Quando ero bambino volevo le zucche e non le trovavo, adesso vado dal tabaccaio e trovo la zucca. Ma che c'entra la zucca? E si vedono tutti i bambini che vanno in giro vestiti, con cose strane in testa, perché adesso hanno introdotto l'Halloween, che è l'ennesima bestialità imposta dalle multinazionali, le quali, pur di vendere, si inventano una festa dopo l'altra. E noi l'accettiamo passivamente; non basta il Natale, perché a Natale non vendono abbastanza; non basta la Pasqua con le colombe, se ne inventano ancora un'altra. Non bastava il carnevale, ne facciamo due. E naturalmente tu vedi la mamma, che va a passeggio con la nonna, che va a passeggio col bambino; si fermano davanti alla vetrina, entrano e comprano il cappellino per Halloween perché bisogna aspettare le streghe. Si sono inventati un'altra festa e noi li seguiamo.
Scusate se dico queste cose in modo provocatorio, però io credo che sia arrivato il momento di dire basta. Svegliamoci, altrimenti è inutile che andiamo a Messa la domenica; prendiamo in giro il Padreterno. Se il Vangelo è radicalità, se il Vangelo è solidarietà con i poveri, se il Vangelo è passione per Dio, è passione per Gesù Cristo, amore per il prossimo, qualcosa deve cambiare.
Mettiamo in discussione il nostro modus vivendi, facciamo questi discorsi, parliamo di commercio equo e solidale, cerchiamo di spendere meno, ma cerchiamo di difenderci insieme. Qualcuno mi dirà: “Ma, padre, io questi discorsi li faccio in famiglia, ma i miei figli non mi ascoltano”. Perché non mettiamo insieme quattro, cinque, dieci famiglie, che insieme portano avanti le stesse scelte educative? La parrocchia è qui per questo, i preti sono qui per questo. Delle famiglie che decidono di portare avanti itinerari educativi sulla mondialità, sulla solidarietà, sul cosiddetto futuro sostenibile. E' certo che se una famiglia fa questi sforzi da sola, prima o poi si sente frustrata, i figli vanno a scuola e imparano tante altre cose. Ma se le famiglie si mettono insieme, qualche cosa si può fare di diverso. E poi, comunque, questi discorsi bisogna affrontarli, altrimenti è inutile parlare di solidarietà con i paesi del terzo mondo, rischiamo davvero di essere ipocriti. A che serve mandare diecimila, centomila, duecentomila lire in Africa? A che serve, quando il mio stile di vita è anni luce distante da questo, quando il mio stile di vita fa sì che certi crimini continuino ad essere perpetrati in Africa? Perché la verità è che, se noi spendiamo mille lire per una tazzina di caffè, poi in effetti chi paga di più non siamo noi: è quel povero disgraziato che in Uganda coltiva il caffè ricevendo quattro lire.
Allora vi rendete conto che siamo all'interno di un circolo vizioso. Mettiamo in discussione il nostro modo di vivere, anzi, non pensiamo che questi discorsi debbano rimanere chiusi dentro le mura della nostra casa, tiriamoli fuori. Quando andiamo ad eleggere qualcuno, dai nostri politici, dalla nostra classe politica, certi discorsi esigiamoli. In Italia abbiamo una classe politica molto provinciale, ma l'abbiamo provinciale perché i primi ad essere provinciali siamo noi italiani. Se noi abbiamo certi politici è perché ce li meritiamo. Cerchiamo di portare avanti una cultura diversa: politici che amino la res publica, il bene comune; e il bene comune non è solo quello di casa mia, non è neppure il marciapiede che sta di fronte a casa mia, ma ben oltre.
Il fenomeno migratorio di questi terzomondiali che vengono da noi in fondo che cos'è? La missione che viene a noi! E' vero, ma è soprattutto e innanzitutto un segnale del malessere che c'è in questo villaggio globale. I fenomeni migratori, checché se ne dica, non li ferma nessuno. La storia dell'umanità ce la dice lunga: è caduto l'Impero Romano per le migrazioni. Chi erano i barbari? Erano i terzomondisti di oggi, erano i “vo' cumprà” di oggi. E hanno fatto cadere l'Impero Romano; ci sono voluti duecento anni, trecento, ma poi è caduto. E allora il problema qual'è? E' che io mi devo aprire, mi devo mettere in discussione, ma non in un atteggiamento pietistico, il paternalismo è sempre deleterio.
L'ultima cosa: dicevo preghiera, dicevo informazione, dicevo solidarietà. Gesù dice “La messe è tanta ma gli operai sono pochi”. Noi sacerdoti interpretiamo sempre le sue parole con la nostra deformazione professionale. L'operaio deve essere per forza un prete o una suora. Quando Gesù dice “La messe è tanta ma gli operai sono pochi”, l'operaio, dicono i Padri della Chiesa, è il battezzato. Il problema non è che non ci sono preti, il problema è che non ci sono battezzati, i veri battezzati, cioè quelli che fanno davvero i cristiani, quelli che testimoniano il Vangelo, quelli che vanno contro corrente. E quindi dobbiamo pregare il Signore che in mezzo a noi ci siano davvero battezzati, gente che vive la santità.
La santità missionaria che intendo io, che poi è quella che intende il Padre Eterno, innanzitutto e soprattutto non è da intendere come categoria morale. Per noi il santo è il bravo, il buono, il virtuoso, quello che non dice le parolacce. Non è questo quello che dice Gesù nel Vangelo: se prendiamo la Scrittura, il termine esatto in ebraico è kadosh. Kadosh significa santo in ebraico. Traducendolo in italiano letteralmente significa “totalmente altro, diverso” (non vorrei essere frainteso). Diceva Sant'Agostino: “Hai capito? Allora non è Dio”. La santità è qualche cosa anni luce distante da noi. Cioè, paradossalmente Dio è totalmente altro, è totalmente diverso, è totalmente diverso da quella che è la nostra condizione umana. Ora quando Gesù dice che noi siamo santi per vocazione, siamo tutti santi grazie al battesimo, a questa chiamata, è perché nel nostro piccolo anche noi siamo chiamati ad essere diversi. Usando il linguaggio evangelico, siamo chiamati ad essere segni di contraddizione. Il santo è un segno di contraddizione, è uno che va contro corrente, è un rivoluzionario nel nome di Dio, non è un conformista. Questa è la santità. La santità non è quella della persona col giglio in mano e con l'aureola in testa. Quante statue di questo genere abbiamo nell'iconografia ecclesiastica! Non sono questi i santi. I veri santi possono anche dire le parolacce, però vanno contro corrente, rischiano la vita, sono martiri. Se voi leggete San Paolo, nelle sue lettere ci sono certe sfuriate! Se non dice le parolacce San Paolo, poco ci manca. Gesù diceva ai farisei “razza di vipere”, “sepolcri imbiancati”. Se noi dovessimo tradurre in italiano corrente queste espressioni, non so se verrebbero fuori delle parolacce, ma ci saremmo vicini. Gesù ha preso a tortorate, a frustate i mercanti nel Tempio, li ha cacciati via. Questo è stato un atto di forza da parte di Gesù. Ha perso la pazienza. Ma perché? Perché i missionari, i cristiani, i battezzati, se sono segno di contraddizione, andando contro corrente, devono comunicare la passione per la missione alla gente. Il battezzato non è un ebete, non è un candelabro, è un guasta feste nel nome di Dio. Dico questo perché le nostre comunità in genere sono brave comunità, però spesso viviamo proprio in letargo. La frontiera, la militanza ci fanno paura. Uno, se fa il cristiano, non dorme sonni tranquilli.
In sostanza la morale qual'è? Vogliamo vivere la solidarietà nei confronti di questi paesi del sud del mondo? Mettiamo in discussione il nostro modus vivendi, cerchiamo soprattutto di vivere facendo riferimento alla nostra fede, che è la cosa più preziosa, è il bene più grande che il Signore potesse offrirci.
Voglio farvi un altro esempio. Vi posso parlare degli anticoncezionali? L'opinione comune è che basterebbe insegnare agli africani i metodi perché non mettano al mondo troppi figli. Nella nostra cultura occidentale, (il problema di fondo è sempre quello, ragioniamo sempre con la nostra testa) partiamo dal presupposto che, siccome hanno tanti figli, sono poveri e vogliamo risolvere il problema della povertà, diminuendo il numero dei figli. Chiudiamo il rubinetto, così il problema è risolto. Il problema qual'è? In Africa ci sono circa 600 milioni di abitanti. La superficie del Sud Africa è di 2 milioni e mezzo di Km quadrati. Il Kenya è sei volte l'Italia. Ha 23-24 milioni di abitanti. Qualcuno dirà che lì è diverso, perché ci sono vaste estensioni che sono deserto. La verità è che l'Africa è enorme e ci sarebbe ancora posto per altra gente. Ma io sono il primo a dire che se il numero dei figli è eccessivo, il problema è reale. Se sei già affamato e hai venti figli da sfamare è diverso; se ne avessi dieci, potresti condividere con più gente quello che hai, il pane che hai.
Io però porto sempre un piccolo esempio che per me è emblematico. Scusatemi, torniamo sempre al discorso della solidarietà. Nello Stato di New York, nel 1962, ci fu un black out, faceva freddo, era inverno, per tre giorni gli americani erano rimasti dentro casa, non c'era la corrente, soprattutto non c'era il riscaldamento, non c'era la televisione, il più grande anticoncezionale al mondo. Cos'è successo? Gli americani sono rimasti dentro casa, che cosa potevano fare? Era l'unica cosa che gli rimaneva da fare; fuori non potevano andare, stavano chiusi dentro casa. C'è stato il baby boom. Gli ospedali erano pieni zeppi, non sapevano come fare per tutti questi bambini. Una cosa incredibile: mai nati tanti bambini!! Il baby boom. Allora, il ragionamento che faccio è questo: se in America c'è stato il baby boom perché è mancata la corrente per tre giorni, cosa dire dell'Africa dove non manca la corrente solo per tre giorni? Capite quello che voglio dire? Volete risolvere i problemi dell'Africa? Alzate il tenore di vita. Il problema non è procreare meno figli perché è l'unico piacere che hanno! Bisogna dirle queste cose. E' inutile essere puritani. E' l'unica cosa che gli rimane. Il problema è un altro. Vogliamo risolvere il problema? Alziamogli il tenore di vita. Vi ricordate prima della guerra quanti figli avevamo? Poi c'è stato il boom economico degli anni '60 e abbiamo cominciato ad averne di meno. E oggi che succede? Se una coppia ha un bambino, è un evento bellissimo. Se ne ha due, è straordinario, il Guinness dei primati. Se ne ha tre, quello non era stato proprio programmato. Questa è la mentalità: si programma tutto, si programma il teatro, si programmano i figli, le vacanze, si programma tutto. Ma le cose non stanno così. Vogliamo fargli avere meno figli? Alziamogli il tenore di vita.
A me viene da ridere, quando pensiamo di risolvere il problema mandandogli gli anticoncezionali. Non si risolvono i problemi in questa maniera. Vogliamo risolvere il problema demografico? Facciamo stare meglio questi paesi, investiamo di più. Non facciamo come Agnelli, o tante altre multinazionali. (Dico Agnelli, perché la FIAT appartiene a questa razza) Vanno in Algeria, vanno in tanti paesi e cosa fanno? La mano d'opera la pagano quattro soldi e fanno il contratto con il governo locale: per venti anni il 70% delle entrate vanno a loro e il restante 30% al paese, poi fra vent'anni, trent'anni, quarant'anni, quando quelle tecnologie saranno spazzatura e non serviranno più, saranno regalate. Questi sono i progetti di cooperazione allo sviluppo che a mio avviso davvero gridano vendetta al cospetto di Dio. Il Signore abbia misericordia.
Perdonatemi se ho parlato troppo.

Domande del pubblico e risposte

Domanda:
Missione è evangelizzare: in questo caso il sud del mondo. Perché ancora ci sono persone che non conoscono Gesù. E' importantissima per questo la rievangelizzazione dei paesi del nord del mondo, proprio perché mancano di una coscienza ben formata. Quindi anche formando, riformando, rievangelizzando il nord può aiutare, perché si possa avere un atteggiamento diverso sul problema.
p.Albanese:
Gesù nel Vangelo dice che siamo sale della terra e luce del mondo. Dovremmo esserlo! Però il problema di fondo qual è? E' che c'è una sproporzione tra il sale e gli alimenti, tra il lievito e la massa. La missione non è una questione di quantità, è questione di qualità. La missione consiste nel coniugare il sale con la pasta, il lievito e la massa. Noi vorremmo trasformare tutto in sale, tutto in lievito. Guardate l'Italia: li abbiamo battezzati tutti - per quanto riguarda battesimi e funerali siamo a posto. Per il resto invece… Aggiungiamo pure le prime comunioni! E poi fino al funerale non li vedi più. Li vedi forse una volta a Natale, ogni tanto. Eppure siamo tutti cattolici apostolici romani. Il problema qual'è? Quello che dovremmo sapere è che la scelta cristiana è innanzitutto e soprattutto una scelta di qualità. Gesù non si è tirato dietro la legione straniera, aveva solo dodici uomini. Seguire Gesù esige innanzitutto e soprattutto un impegno da parte della comunità ad essere segno di contraddizione. Non sono i numeri che qualificano il nostro essere chiesa, ma la qualità della testimonianza. Un pizzico di sale riesce a dare sapore alla società, alla massa. Un pò di lievito riesce a far fermentare la massa, a farla crescere.
Quello che dobbiamo capire è qual'è la realtà che dobbiamo trasformare, qual è la massa. E' il nostro paese, la nostra società. Dico questo per quale motivo? Perché purtroppo da questo punto di vista, a mio avviso, siamo ancora troppo arroccati su quelli che erano i criteri tradizionali della missione, quelli dei numeri. Poi, alla fine, ci rendiamo conto che, in effetti, queste cifre dicono tutto e dicono niente.
Lo dico con il massimo rispetto: il fatto che ci siano stati due milioni di giovani qui a Roma, in quei giorni di agosto, dice tutto e dice niente. Non sono quelli che qualificano, assolutamente! Il fatto che a Roma siano venuti dieci milioni o cinquanta milioni di pellegrini non significa assolutamente che la missione sia OK. Questi possono essere segnali di speranza, certamente, ma non sono queste moltitudini che qualificano la missione. Cioè noi non possiamo sentirci a posto, perché il giorno della beatificazione di padre Pio c'era piazza San Pietro strapiena. Io il giorno di padre Pio ho provato una grossa pena: mi sono fermato all'autogrill sul raccordo anulare, e alla cassa c'era la statuetta di cioccolata di Padre Pio. Il giorno della beatificazione di padre Pio, hanno inventato persino la sua statuetta di cioccolata! Io credo che lui dal cielo si sarà ribellato. Capite quello che voglio dire: è la qualità del nostro servizio, del nostro impegno, della nostra testimonianza che ci rende graditi a Dio e io non vedo assolutamente contrapposizione tra la missione dentro le mura e fuori le mura. Se uno vive con un respiro missionario a 360° vive la missione ad gentes anche qui. E inevitabilmente questa comunità genera missionari ad gentes. Come è anche vero che se una chiesa è davvero missionaria nel sud del mondo inevitabilmente pensa ad uscire fuori le mura. Siamo noi comuni mortali che vediamo la contrapposizione fra questi due schemi: Gesù Cristo aveva in mente solo una missione, a tutti. Le genti le abbiamo sotto casa oggi.
(N.d.R. Quando si parla di “missione ad gentes”, si usa questa forma latina per dire “alle genti”, quindi “le genti lontane”, i lontani)

Domanda:
Non mi spiego come, abbassando il nostro livello di vita, aumentiamo quello degli abitanti del sud del mondo. A me sembra che il problema a monte sia proprio di informazione. Perché non si diffondono queste notizie?
p.Albanese:
E' vero quello che lei dice: l'informazione effettivamente è strategica, direi che è il vero grande potere del nostro tempo. Il problema è che per riflettere sull'informazione anche qui ci vorrebbero delle ore. Perché l'informazione non è né dei giornali, né delle radio, né delle televisioni, ma delle agenzie. E questo non lo sa nessuno, perché il lettore comune pensa che le informazioni siano date, per esempio, dal Corriere della Sera. Il Corriere della Sera ripropone, cambiando soggetto, verbo e complemento, quello che ha scritto l'ANSA o che ha scritto la REUTERS. Quelle immagini che voi vedete al telegiornale, non le ha girate l'operatore della RAI, quelli sono pacchetti di immagini messi sul circuito internazionale e comprati dalla RAI, fatti dalla REUTERS o dalla ASSOCIATED PRESS. Non so se riesco a spiegarmi. Sono le agenzie le vere signore dell'informazione. Il problema è che questi mezzi di informazione così potenti, così micidiali, appartengono a quegli stessi signori che agiscono nel sud del mondo. Mi spiego meglio perché queste cose bisogna capirle.
Avete mai sentito parlare della De Beers? Cito Famiglia Cristiana, pagina 10, mese di maggio, Festa della Mamma: “Regala un diamante alla tua mamma. De Beers”. Ironia vuole che il mese dopo sono andato in Sierra Leone, dove vado spesso. Il Signore vuole che io incontri i ribelli del RUF che sono i più terribili che ci sono in Africa. Ho trascorso tre giorni con loro, perché nel frattempo volevano sequestrare dei missionari e li hanno sequestrati, ma mi è andata bene E' stata un'esperienza interessante: abbiamo parlato per tre giorni. Poi ho scritto, ho mandato anche un rapporto alle Nazioni Unite. Sono stato l'unico giornalista che li ha incontrati per tre giorni e li avevo già incontrati l'anno prima. Tre individui di undici-dodici anni, con il bazooka più alto di loro, e anche qualcuno più grandicello. Ho parlato con il loro capitano, un certo Vanni, e io gli ho chiesto perché facevano questa guerra. Lui mi ha risposto: “Per abbattere il governo.” “Ma chi vi aiuta?”. “I diamanti”. “Ma le armi chi ve le dà?”. “Noi gli diamo i diamanti e loro ci danno le armi”. “Ma chi ve le dà le armi?”. “Quelli a cui noi diamo i diamanti”. “Lo so, ma chi sono?”. E questo poverino era tutto tormentato, poi alla fine mi ha risposto. “Te lo dico, se tu non li fotografi, non lo scrivi”. “Guarda - gli ho detto - io non lo so se non lo scrivo, però ti prometto che non li fotografo”. Erano i mercanti libanesi che stanno sul confine fra Guinea e Sierra Leone. Allora incontro uno di questi mercanti libanesi che mi guarda e dice: “Immagino che lei sia un missionario”. Era evidente dalla croce che portavo. E dice: “Padre, noi qui aiutiamo questo popolo”. Non sapevo come dirglielo che lo sapevo, ma credo che con quel sacchetto che aveva in mano, si sarebbero potuti risolvere i problemi della Cassa del Mezzogiorno. Alla fine, dopo la mia promessa di non fotografare, di non raccontare nulla, ammette: “Li vendiamo a De Beers”. Poco importa che poi i ribelli del RUF siano dei bambini. La De Beers è un'organizzazione a delinquere. Quei diamanti grondano sangue e io lo dico perché l'ho visto. Se c'è qualcuno che può contestare questo, lo invito a venire con me in Sierra Leone, poi ne parliamo. Qualcuno della De Beers si è permesso di dire che mi querela. Venite con me in Sierra Leone e poi mi querelate. Vi faccio parlare con i ribelli. Hanno la spudoratezza di dire che i diamanti della Sierra Leone rappresentano l'1% della produzione mondiale. L'1%?! Escono a tonnellate. Lì i diamanti sono talmente tanti che ci sono queste pietre enormi che sono dei cristalli. Quando tu li vedi, sembrano dei diamanti giganti e li usano come “foundation stones”. Noi, a casa nostra, li metteremmo lì in soggiorno, ma ce ne sono talmente tanti….
La Sierra Leone l'anno scorso nella scala dei paesi era il paese più povero del mondo, era all'ultimo posto. Ci sarà una ragione. La De Beers, siccome ha tanti quattrini, ha defraudato questa gente. Hanno la REUTERS, hanno una partecipazione alla ASSOCIATED PRESS. Come pretendete che le grandi agenzie ne parlino male? Me lo spiegate? Tu vai lì e dici che la De Beers è un'organizzazione a delinquere. Ti rispondono: “Ma è il mio editore”.

Domanda:

A chi appartiene Avvenire?
p.Albanese:
Alla Chiesa cattolica

Domanda:
E allora perché la Chiesa cattolica, che sa queste cose, non le pubblica? Ma io, com'è che queste cose qui non le leggo?
p.Albanese:

Le scrive, le scrive! Lo legga tutto, molte cose le scrive. Ma anche l'Osservatore Romano le dice. Soltanto che il problema è: chi lo legge l'Avvenire? L'Avvenire ha un bacino d'utenza molto limitato, ma dico anche di più e lo dico da missionario. Sono il primo a difendere la stampa cattolica, però dico che dobbiamo anche entrare nella stampa laica. Un esempio concreto: Radio Maria. Io sono il primo a dire che Radio Maria dice delle cose belle, ma - lo dico con molto rispetto - è la radio meno missionaria che ci sia sulla faccia della terra. Perché quando uno di Rifondazione Comunista sente Radio Maria, la spegne? Perché è un linguaggio per quelli che vanno in chiesa, è un linguaggio da sacrestia.
Il problema è che dobbiamo usare dei linguaggi che ci consentano di accostare anche quelli che non vanno in chiesa, anche quelli che la pensano diversamente, poco importa se la pensano come Berlusconi o come D'Alema. Si deve dialogare con questa società. Se invece si cominciano a fare dei discorsi che innescano il pregiudizio, non si annuncia il Vangelo. La nostra è una pastorale da sacrestia. Non so se mi riesco a spiegare. In questo senso io dico che dobbiamo evangelizzare il mondo laico.
Nei tre-quattro mesi che ho trascorso in America, ad Atlanta, lavorando alla CNN, stupivo i miei colleghi giornalisti perché ero un prete. Erano scioccati perché non avevano mai visto un prete in redazione. Tra l'altro non potevo mettere la crocetta, perché era un segno confessionale. Mi sono accorto che quella era una realtà da evangelizzare e mi sono reso conto che quella è terra di missione. E' inutile che io mi lamenti che alla General Motors, o alla Ford, o alla Pirelli o alla stessa Fiat si perpetrano vessazioni indicibili, ingiustizie. Noi cristiani stessi siamo latitanti Queste realtà le dobbiamo evangelizzare. Non possiamo pensare che dobbiamo evangelizzare solo l'oratorio o solo la chiesa: dobbiamo evangelizzare la società, e bisogna che certi valori che noi coltiviamo, certe nostre convinzioni, le affermiamo. La verità è che i primi a non essere convinti siamo noi che andiamo a messa la domenica.
E poi ancora, io sono convinto che, come cristiani, come battezzati, siamo chiamati alla coerenza. Questo è il problema fondamentale: se fossimo più coerenti, le cose andrebbero sicuramente meglio.
Torniamo al discorso del Vangelo e della solidarietà. La solidarietà può diventare un business. Adesso spero di non scandalizzarvi con questo esempio: voi date 100 lire alla Croce Rossa, ma quante di queste 100 lire vanno a finire ai bambini che muoiono di fame? 99 lire servono per pagare la struttura e 1 lira serve per pagare il progetto. Non dico bugie; andate a chiederlo a Ginevra. Loro vi dicono: “Noi destiniamo ai progetti 11 miliardi e 400 milioni. Quegli 11 miliardi e 400 milioni sono l'1% del loro budget complessivo. Il peggiore di tutti questi enti è l'UNESCO. Gli americani hanno deciso di non finanziarli più perché l'UNESCO, se ha a disposizione cento lire, ne spende centodieci. Sono sempre in passivo. Il migliore è l'UNICEF: voi gli date cento lire e loro ne spendono 75 per gli stipendi e 25 per i progetti. Non parliamo dell'ACNUR, l'Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite, perché altrimenti vi faccio star male. Allora ecco quello che fanno queste organizzazioni, ma loro questo non ve lo diranno mai, perché, se ve lo dicono, voi non darete più una lira. Ho chiesto a dei giornalisti perché non scrivevano queste cose. Mi hanno risposto che loro ogni anno fanno la campagna per l'UNICEF, per i bambini che muoiono di fame. Li avete mai visti gli articoli sui giornali? Voi sapete che il 10% di quello che viene raccolto va al giornale? Lo sapevate? No! E' logico quindi che non parlino male dell'UNICEF. Il problema è che la solidarietà oggi è diventata un business. Non potete immaginare che business è il Kosovo che sta qua vicino. E abbiamo le ONG che sono diventati degli sciacalli. Sarebbero le Organizzazioni Non Governative che dovrebbero essere nate per la solidarietà internazionale, per la cooperazione allo sviluppo. Che cosa fanno? Mandano i “cooperanti”. Sapete chi sono i cooperanti? Un tempo si chiamavano volontari: andavano sul luogo, due mesi, sei mesi. Adesso si chiamano cooperanti, hanno lo stipendio. Sapete quanto guadagnano i cooperanti, che sarebbero i nuovi volontari? Almeno 5.000 euro al mese (10 milioni di lire).Queste cose non si leggono sui giornali. Se volete vi faccio il nome delle ONG ma non le voglio screditare. Allora perché dico queste cose? Le dico perché qui c'è qualcosa che non funziona.
Ci sono moltissimi disoccupati in Italia che hanno trovato così un'occupazione. Facevo il padre spirituale dei cooperanti a Nairobi, venivano per tre mesi, sei mesi, facevano un'esperienza di solidarietà internazionale, realizzavano il progetto finanziato dall'Unione Europea. Il progetto che rimaneva una cattedrale nel deserto. Perché poi che continuità c'è? Che coinvolgimento c'è da parte della comunità locale?
Non me la prendo solo con le ONG, perché non crediate che poi tante volte i missionari non facciano anche loro lo stesso. C'è davvero da mettersi in discussione. La verità è che la solidarietà sta diventando un business e io questo lo dico con molta schiettezza e su questo dobbiamo essere molto vigilanti. Non bisogna fare di tutta l'erba un fascio, sono il primo a dirlo, ma dobbiamo anche usare dei principi e dei criteri su come destiniamo i soldi. Se dobbiamo fare delle offerte, facciamo delle offerte intelligenti. Conosci un missionario che lavora nello Zambia? Una struttura ospedaliera? Non dare i soldi così tanto per darli, non darli genericamente, affidali sempre per un progetto mirato e cerca di accompagnarlo. Non so se riesco a spiegarmi. Io sono il primo a dire: “Aiutiamo anche le ONG”. Ci sono delle ONG in Italia che hanno fatto la scelta di andare contro tendenza: invece di farsi dare i soldi solo dal Ministero degli Affari Esteri, gli ex-volontari, quelli che un tempo erano stati in missione, se ne vanno in giro durante le feste, a Natale, a Pasqua nelle parrocchie, nelle comunità, fanno le raccolte di fondi, sensibilizzano le comunità cristiane. Le ONG non devono ricevere aiuti e sostentamenti soltanto dallo Stato, dall'Unione Europea, perché altrimenti che organizzazioni non governative sono? Vi rendete conto di che cosa sono le Organizzazioni Non Governative? Avete capito che cosa sono? Le ONG sono organizzazioni che aiutano i paesi del terzo mondo, a fare corsi, a fare le scuole. Chi dà i soldi alle Organizzazioni non governative? I Governi. Ma allora che Organizzazioni Non Governative sono? Con i soldi che gli arrivano dall'Unione Europea, con i soldi che gli arrivano dal Ministero degli Esteri, che Organizzazioni Non Governative sono? Anche perché, poi, devono fare i rendiconti e a chi li devono presentare? Al Ministero degli Affari Esteri, non alla comunità cristiana o comunque ad un ente indipendente. E che Non Governativi sono? Piuttosto facciamo sì che queste strutture abbiano il sostegno anche dallo Stato, dai Governi, perché una partecipazione è certo utile. Il fatto che i nostri governi stanzino dei soldi per la cooperazione è positivo, ma le ONG devono trovare anche altre forme di sussistenza. Per esempio c'è lo SVI di Brescia, che è stata una delle prime ONG in Italia. Gli ex-volontari di questa ONG, dato che non possono più tornare in missione perché hanno famiglia - sono sposati - alla domenica, a Pasqua, a Natale, vanno in giro per le parrocchie, nelle comunità, le animano. Il 40% dei loro progetti viene finanziato attraverso queste attività, queste iniziative di animazione. Io lo trovo molto positivo, perché coinvolge la comunità. Il ragazzo che parte non è un impiegato; la solidarietà non la possiamo ridurre a questo.
Io credo nella cooperazione, però il mondo della cooperazione va nettamente rivisto perché così com'è non va avanti.

Domanda:
Volevo sapere se Lei è al corrente del Commercio Equo e Solidale.
p.Albanese:
E' una bella cosa, è una bella iniziativa. L'esperienza del commercio equo e solidale è educativa, ma non possiamo pensare che in Italia questo tipo di commercio si imponga più di tanto. Ha un significato educativo. Il fatto che una famiglia sappia, che una massaia sappia, che una mamma sappia, che un papà sappia che c'è una bottega del commercio equo e solidale, diventa anche un'esperienza educativa nei confronti dei figli. E il fatto che faccia uso di questi prodotti è importante. Certo non possiamo pensare che le regole del commercio mondiale passino attraverso questo canale, sebbene ci siano stati dei governi, come quello olandese, i quali addirittura hanno imposto che il 7% del commercio dall'estero sia commercio equo e solidale. Chissà se ci arriveremo mai in Italia. Però io dico che è comunque un'esperienza significativa, educativa; portare i nostri bambini in una bottega del commercio equo e solidale, significa fargli capire qual'è il percorso che fanno certi prodotti. Io credo che siano iniziative da diffondere. E poi, se uno vuole fare un'offerta, è molto più intelligente, da un certo punto di vista. Si potrebbe dire che il caffè del commercio equo e solidale costa di più, ma si può rispondere che, invece di fare un'offerta per le missioni, si spende di più perché si aiuta un povero disgraziato di contadino. L'importante è che la rete del commercio sia davvero una rete seria, perché ci sono stati tanti che hanno un po' imbrogliato su queste cose. Adesso in Italia ci sono varie reti, per esempio c'è CTM. Come tutte le cose era partito bene, poi è diventata una faccenda un po' folcloristica. Quindi bisogna avere delle garanzie. Se io vendo questo prodotto, devo avere la garanzia che poi questi soldi arrivano davvero al produttore, altrimenti a che serve tutto questo sforzo? Se l'organizzazione a cui vi appoggiate è seria, dovreste avere tutte le garanzie, perché voi non siete semplicemente dei venditori, siete parte di un sistema che vi vede davvero come protagonisti. Però è chiaro che non possiamo pensare di risolvere il discorso dell'economia globale attraverso il commercio equo e solidale. E' un'iniziativa, non ci montiamo la testa. Indubbiamente le regole del commercio mondiale vanno cambiate. Questo - qualcuno dirà - è molto difficile. E' vero, sono il primo ad ammetterlo. Però se non cambia il nostro sistema di fare economia, prima o poi la pagheremo anche noi, perché quello che stiamo sperimentando oggi con la globalizzazione è che l'economia si sta rivelando un boomerang, che si ritorce contro di noi. Il problema migratorio la dice lunga: se queste persone vengono qui dal sud del mondo, è perché a casa loro non si mangia. Quindi è un problema che si riversa sull'economia del nord del mondo, lo si voglia o no.
Non voglio sembrare troppo drastico sul discorso della cooperazione, ma spero di essere stato chiaro.

Domanda:
Portando Dio insieme all'aiuto, alla scuola, all'assistenza sanitaria forse si fa comunque pressione. Allora è molto facile che in maniera non spontanea delle persone si avvicinino a Dio, perché io le aiuto!
p.Albanese:
Capisco perfettamente il discorso che fai. Io credo questo: la nostra autenticità sta proprio nella capacità di dire quello che è scritto nel Vangelo: “La verità mi rende libero”. Se noi ci sentiamo liberi interiormente, davvero facciamo il bene: ci esce fuori così, spontaneamente. Dobbiamo essere noi liberi di fare il bene. Io credo che un missionario non vada in Africa ad aiutare i poveri per convertirli. Questo discorso vale anche per l'Italia. Il missionario non converte nessuno. E' lo Spirito Santo che converte i poveri. Quello che a noi viene detto è di rendere testimonianza alla Parola, di annunciarla, con tanta semplicità. Qualcuno dirà che, di fronte alla fame, è chiaro che s'innescano meccanismi di coercizione. E' per questo che noi dobbiamo essere, a mio avviso, molto esigenti. La storia delle missioni da questo punto di vista è ricca di tanti episodi.
Mi ricordo quando ero in Uganda, nell'80. Un padre mi ha raccontato una storiella molto buffa: aveva scoperto che c'era un certo John che aveva ricevuto il battesimo dodici volte. S'era fatto il giro di tutte le dodici missioni dove si faceva somministrare battesimo, cresima e matrimonio; poi alla fine gli regalavano pantaloni e sapone. Non gli pareva vero e aveva celebrato dodici matrimoni, dodici battesimi, dodici cresime. Soltanto che una volta questo padre l'ha riconosciuto. E lui aveva già girato dodici missioni, cambiando dodici volte il nome. Visto che non poteva usare fotografie o altri metodi di riconoscimento, a questo punto il padre, per evitare problemi, faceva come la polizia, gli prendeva l'impronta per vedere di riconoscerli. In effetti questa logica, che poi è un po' quella del bastone e della carota, è abbastanza diffusa.
In Uganda ho assistito ad una scena indimenticabile: il missionario che aiuta il lebbroso e alla fine della visita gli regala la saponetta. C'era la fila. A un certo punto, il missionario, che era medico, dice ad un uomo: “Ti devo dare una bella notizia: sei guarito!”. E quello si mette a piangere. Ho pensato che piangesse per la commozione. No, non piangeva per la commozione, ma perché non era più lebbroso e quindi non riceveva più i pantaloni, le saponette. Capite a che livelli si arriva certe volte. Questi sono meccanismi di coercizione e su questo ci dobbiamo mettere in discussione.
Quello che dico è questo: la credibilità di quello che facciamo dipende innanzitutto e soprattutto dalla nostra coerenza di vita. Ricordate quando prima vi parlavo di certi stipendi dei cooperanti? Io ho vissuto in Africa tanti anni e posso dirlo. Se si va a Nairobi, ma non solo a Nairobi, anche a Kampala, si vedono cose che fanno veramente venire la nausea: le case dei funzionari delle Nazioni Unite che sono delle ville con governanti, e così via. Vanno a fare le missioni spendendo un'infinità di quattrini, ma quelli sono i soldi del consumatore, della nostra povera gente, del contribuente.


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