31/7 Dialogo con Dossetti


Domanda: Mi riallaccerei proprio al discorso di ieri sera, a questa carrellata storica diciamo che abbiamo fatto, per chiedere a lei che oltre tutto ha avuto anche una esperienza diretta della vita politica, nella vita della società - voluta o non voluta, comunque l’ha vissuta - ecco per sapere qual’è secondo lei il rapporto corretto tra Stato e Chiesa. Questo sul piano generale. E poi, in particolare, il singolo cristiano, il singolo credente, che contributo può dare alla vita dello Stato, alla vita della società perché, in qualche passaggio, lei mi è sembrato decisamente pessimista. Ecco mi ha dato l'impressione che il cristiano debba vivere la sua fede nella maniera più intensa, però in qualche modo confidando soltanto in questa sua espressione di fede.

Dossetti: C’è qualche altra domanda per vedere se mi posso organizzare e unificare?

Domanda: Io sono molto terra terra. Lei mi scuserà se abbassa un pochino il tono del discorso. Comincio appunto da ieri sera. Ieri sera, concludendo, aveva detto che una delle cose essenziali, se non la più essenziale, per un prete oggi, fra le tante attività, è quella dell’Eucarestia. Io vivo in delle micro-parrocchie. In confronto agli altri preti presenti che hanno parrocchie sino a 20mila, 30mila abitanti, io sono in una piccola parrocchia di 2.500 abitanti. La vita pratica ci porta a volte anche a non essere dignitosi, forse, nel celebrare, perché presi, richiamati da tante cose, oppure perché è lo spettacolo che ci sta davanti che ci scoraggia. Io ho detto Messa anche con due persone, e a me personalmente mi sgonfia, mi butta a terra. Racchiudo tutto in uno slogan molto brutto ma almeno lei capisce: più messa, meno messe. E’ diventato una slogan, quello di ridurre le messe per renderle più dignitose. Ecco, io vorrei fare questa domanda.

La seconda domanda riguarda la missione. Lei sa che discussione c’è stata e c’è riguardo a questo. C’è chi preferisce parlare di dialogo, di inculturazione, di acculturazione, quasi evitando appositamente il termine cristiano “missione”. La parola “dialogo” è diventata quasi una parola magica all’interno di alcuni gruppi cristiani. Qui in Medio Oriente si ha, invece, l’impressione di essere come accerchiati da nemici. I cristiani cercano il dialogo, ma anche l’altra parte lo cerca? Adesso io l’ho detto in maniera forte, proprio per provocare anch’io una risposta. Secondo lei è reale proprio questa concreta decisione da parte del mondo islamico di conquistare proseliti? E l’ebraismo e le religioni orientali? C’è poi il problema ideologico ed economico che divide questo mondo tra ricchi e poveri. E’ grossa anche questa polemica all’interno delle missioni. Cosa ne pensa?

Domanda: M’è sembrato che il suo vivere il Concilio è stata una grazia di Dio, ma anche una piccola sofferenza, se ho ben capito. Le chiederei di puntualizzare quali sono gli elementi più pericolosi, più perniciosi per questa nostra situazione - perché io credo che il sacerdote di oggi è formato secondo i canoni del Concilio Vaticano, almeno così si spera - e forse bisogna far leva più sulla formazione dei sacerdoti per i prossimi decenni. In che modo? A che livello? Quali gli elementi positivi? Quali quelli negativi?

Dossetti: Incomincerei a rispondere. Per non accumulare poi (troppe cose).

Dunque prima il problema generale di Stato e Chiesa. E’, per me, un problema troppo specialistico, in cui sono stato per anni immerso. Non vorrei essere trattenuto, dalla specializzazione, in un discorso che poi forse interessa soltanto qualcuno. Comunque, guardandolo non solo a livello italiano, ma a livello mondiale, credo che si stia veramente esaurendo un’età che è durata fino alle soglie di questo secolo, con tanti casi di più o meno compenetrazione, collaborazione o confusione tra le due entità. Si stia esaurendo. Di fatto, anche la Spagna, che poteva essere l’ultimo baluardo, dopo le trasformazioni che ha subito, dopo la fine del franchismo e l’avvento della democrazia e, in particolare, di una democrazia ispirata a concetti un poco socialdemocratici, sta smontando le sue strutture, ha consentito a varie eliminazioni che, forse, non ci sono ancora tutte. Ma, comunque, si va verso un’epoca di separazione. (…) La separazione è il sistema - praticamente, non teoricamente - che è sempre più da auspicare per la pulizia dei rapporti.

C’è da dire che, però, accanto a questo, nel mondo intero, c’è invece un regime prevalente in varie zone sia socialiste, sia non socialiste ma dittatoriali o di altre religioni di non separazione, ma di prevalenza assoluta e di controllo statuale. Queste sono tutte, (in gran parte in Asia). L’Asia è più o meno tutta così. L’India è così. La Cina ancor di più, lo sappiamo, in Giappone l’entità dei cattolici e dei cristiani è così tenue che credo non crei problema, ma non so esattamente quale sia la situazione giuridica dei cattolici giapponesi, ma grosso modo certo non è di compenetrazione o di partecipazione al potere. L’Africa, in gran parte, è dominata da dittature più o meno di colorazione marxista le quali possono tollerare la chiesa, in alcuni casi anzi la chiamano a collaborare in certa misura allo sviluppo.

Altrove poi, invece, la possono perseguitare o tentare di sopprimere, come nel Sudan, per esempio. Ma questo sguardo complessivo, grossolanissimo, vuol dire che oggi siamo fuori dell’epoca della collaborazione o anche dell’epoca dei concordati, ormai trascesa, praticamente trascesa. Questa ha colto una parte del secolo presente, ma poi si è rilevata inconsistente, contro tutte le speranze. Basta pensare al concordato germanico firmato quasi alla vigilia della (presa di potere nazista), sul quale si erano tanto illusi i firmatari. E’ stata solo una strumentalizzazione, un acquietamento provvisorio di una parte, per consentire la conquista del potere ad Hitler.

Che cosa c’è? C’è stato in Italia, c’è in Germania in una certa misura, ci può essere in qualche paese dell’America latina che stia sorgendo più o meno timidamente, la formula del partito cristiano, del partito di ispirazione cristiana, che cerca di tenere conto della necessità di un progresso reale del paese e cerca anche di mantenere questo progresso entro certe linee generalissime di ispirazione cristiana.

Cosa deve fare il singolo, in queste varie eventualità, che vanno, come vedete, dalla persecuzione o quasi, dall’oppressione o dalla quasi totale ignoranza della Chiesa ad altre situazioni intermedie in cui c’è una certa possibilità di movimento per i cristiani e, quindi, anche, in una certa misura, quando questi partiti cristiani sono in qualche modo ispirati o collegati con la Chiesa, di una partecipazione della Chiesa e di una certa difesa dei suoi interessi istituzionali? Ma il cristiano cosa deve fare? (...)

Deve considerarsi anzitutto capo di famiglia e pensare alla costruzione vera della sua famiglia. Questa, per me, è una tesi fondamentalissima e purtroppo sono, in questo campo, una voce che predica nel deserto. Il cristiano, se partiamo dalla concezione cristiana del mondo, della realtà, e, quindi, anche del matrimonio e della famiglia, è anzitutto persona e componente di una famiglia e, quindi, destinato ad essere capo, responsabile di una famiglia. La quale famiglia, che scopo ha? Di essere la prima trasmettitrice della fede, dove - credo - la famiglia non può essere supplita, anche se oggi va in un certo modo, se sembra tutto uno sfascio, se moglie e marito difficilmente si accordano in una azione unitaria, se anche i figli e le generazioni respingono la generazione precedente. Tutto questo è patologia, ma patologia accidentale, nonostante tutto, non patologia organica. Deve vivere con questo concetto che, se ha la fede, deve trasmetterla ai sui figli. Deve riuscirci. Non naturalmente oggi in una maniera autoritativa. In una maniera educativa, che tragga fuori tutte le energie migliori della personalità del figlio e le orienti a questo scopo. Questo è un compito indeclinabile. Ed io dico questa opinione mia - sono quasi solo a sostenere questa tesi - dico che questo prevale anche sull’azione politica. Io, purtroppo, ho visto troppi casi di miei colleghi i quali, per l’esercizio di una funzione politica, per la quale erano - o erano stati - persuasi che salvavano il paese, mandare a sfascio le loro famiglie. Di non esercitare la loro primissima responsabilità nei confronti della moglie e dei figli.

Io non credo alla vocazione del politico per l’eternità. Che un politico che sia in politica debba continuare ad esserlo per un quarantennio o, se ci riesce, anche un cinquantennio. Non ci credo. Credo che ci debba essere un ricambio piuttosto veloce e che debba esser presto pensionato dalla politica e atteso ai problemi veri, più personali, familiari e professionali, dove deve dare un esempio e costruire nell’ambito della sua attività professionale, se è una attività professionale qualificata, ma anche se non lo fosse, una cerchia di irradiazione della sua personalità di cristiano. E soprattutto nei confronti della sua famiglia. Se fa questo coscientemente, sistematicamente, dà già un contributo alla vita sociale di primissima grandezza, che non può essere proporzionato, secondo me, a quello che può dare anche con le grandi questioni della macro politica.

Poi, dopo questo e garantita questa base che assolutamente va richiamata continuamente alla coscienza cristiana, (allora si può parlare del resto!) Secondo me, proprio bisogna prendere per il collo i nostri cristiani sotto questo aspetto e riportarli lì a questo compito fondamentale dove è ostacolato da tante cose. Certo! Il mondo, la scuola, l’atmosfera ideologica o sociale sono tutti ostacoli gravissimi oggi ad una attività familiare educativa, però se si sposa deve far questo. Io lo collego in modo essenziale al fatto della sua scelta del matrimonio, se si sposa deve far questo. Secondo me è tutta la Bibbia testimone di questa cosa. Lo ridurremo quindi al privato, al familiare? No! In più gli consento e gli prescrivo anche, compatibilmente con questo compito basale, di inserirsi in attività vieppiù dilatate socialmente, in corrispondenza dei suoi veri doni, delle sue scelte libere e della possibilità concreta che gli è consentita nel suo contesto. Qui ci può entrare tutto, dalla politica amministrativa locale, alla formazione pre-politica di comunità pre-politiche, ma oggi sempre più necessarie per dare una coscienza, per lievitare - adesso parlo per l’Italia in particolare, particolarmente - nella nostra società una autentica formazione politica. Credo che un pochino in Italia si stiano costituendo queste formazioni volontarie pre-politiche che non sono nemmeno ancora lontanamente sul cammino del partito, ma che hanno scopo di formare la coscienza civica ed un’idea di responsabilità politica. In questo si deve impegnare. A livello basale, è possibile. Anche lì ci saranno degli ostacoli, ma non ce ne saranno così grossi come nella macro politica.

Sulla politica - più direttamente politica - e a livelli più grandi non sono pessimista, distruttivo, nihilista, ma sono ormai un pochino spregiudicato. Anzitutto credo che i preti debbano andare molto adagio a ben sapere le anime che hanno nel loro influsso (quando dicono loro): “Tu devi andare e salvare il paese. Perciò devi andare in Parlamento”. Questo discorso ha rovinato molta gente, ha occasionato in molta gente la convinzione che facevano quello che dovevano fare per l’obbedienza, senza averne poi la preparazione e neanche le linee fondamentali e la struttura morale. Perché dicendo questo ad una persona anche per bene, ma non preparata in tutti questi livelli, la si butta allo sbaraglio e poi nel caso migliore alla frustrazione. Oppure, all’opposto, a cominciare al gioco politico unicamente per l’arrivismo degli interessi. Questo è accaduto troppo, a centinaia e centinaia di gente nostra, travasata dall’Azione cattolica nell’azione politica, con esiti infausti. Tutto si può fare! Naturalmente occorrerebbero le linee generali di un movimento che abbia una ispirazione in qualche modo confacente, però stiamo bene attenti a pensare che si possa dedurre dalle tesi fondamentali della nostra ispirazione religiosa i criteri definiti di una determinata soluzione politica, oggi nel nostro mondo. E’ un po' ingenuo pensarlo, quando ogni Stato e specialmente gli Stati della nostra dimensione, sono fortissimamente condizionati dall’ambiente esterno, internazionale e continentale e intercontinentale. Cosa fanno questi poveri deputati - non dico che non ci debbano essere - ma cosa fanno? Sono costretti a dire di sì a delle cose che sono determinate in tutt’altra sedi, non politiche, (ma) finanziarie o economiche mondiali. Quindi senza nessuna effettiva rispondenza alle ragioni profonde, alle motivazioni iniziali della loro partenza. Perciò mi fermo dicendo che i tempi sono su questo piano molto magri, molto tristi. E’ finito da molto, da molto tempo, l’idealismo cristiano nella politica. Non tanto perché può aver fatto fallimento anche a livello di uomini, ma anche perché ha fatto fallimento a livello di idee. Oggi che cos’è il partito cristiano, dov’è? E’ un partito così di mediazioni faticose, di negoziazioni continue, di impossibilità o quasi di affermare una visione cristiana della vita.

Qui ci sarebbero da fare molti discorsi anche sulla storia del nostro paese in questi ultimi anni. Tocco solo due problemi. La grande crisi dal punto di vista cristiano del movimento politico ha cominciato a rivelarsi nel ’74, con il referendum sul divorzio, che è stato un grandissimo errore, voluto dalla gerarchia, ma certamente un grandissimo errore. Non si doveva fare! Tutti coloro che capivano, sapevano dove sarebbe finito e di fatto è finito in quella maniera, con una visibile maggioranza, sul tema specifico, che poi ha dato forza ad una valutazione di una maggioranza generale sui temi spirituali e religiosi e quindi ha depresso un’ala e ne ha esaltato un’altra. Non si doveva! Si poteva e doveva negoziare in Parlamento. Forse ad essere un pochino abili ci si poteva ancora riuscire a salvare qualche cosa. Poi altro errore come è stato impostato il problema, su motivazioni essenzialmente naturali, perché si voleva includere, dentro al prodotto, il matrimonio anche civile. Cosa impossibile e veramente ingiustificata. Impossibile perché le motivazioni semplicemente naturali cedono di fronte a motivi troppo forti ed evidenti, razionali, per un’altra soluzione almeno teorica, in una casistica limitatissima, ma indubbia. Quindi il problema poteva essere impostato eventualmente come la difesa della indissolubilità dei matrimoni cattolici. Ma neanche quello ha tenuto, perché non si era affatto incluso nello schema generale.

Poi è venuto a ridosso il nuovo referendum, quello sull’aborto che è stata una vittoria ancora più schiacciante ed una sorpresa per chi non ha ragionato e non capiva dove si andava. Si contava sulle donne e sono state proprio le donne a proclamare questa esigenza. E quindi una seconda conferma di non rispondenza tra il paese reale e il paese legale su questi grandi temi religiosi.

Baldovino, il re del Belgio, sul problema dell’aborto ha tenuto una condotta ferma e dignitosa. Hanno trovato un certo espediente costituzionale che potrà essere discutibile, ma insomma: l’hanno messo da parte, ha cessato le funzioni regali per un certo tempo. Comunque la legge non l’ha firmata. Sul problema dell'aborto non bisognava fare centinaia di discorsi, per far belli i deputati democristiani che si sono dichiarati contrari. Bisognava semplicemente avere il coraggio di andare in minoranza e di passare eventualmente all’opposizione, o perlomeno di minacciarlo, con grande dignità e con grande fermezza. Ed io avrei visto allora se questo non avrebbe imposto agli altri alleati di governo un diverso atteggiamento. Comunque, anche se poteva essere l’esito ugualmente fatale, allora la coscienza sarebbe stata salva. Non si è salvata la coscienza con le singole dichiarazioni dei deputati democristiani contrari. E poi la firma era poi quella degli stessi deputati democristiani ministri ecc., e dello stesso Capo dello Stato. Questo non si doveva fare. Bisogna ammettere che delle volte salvare i principi vale più che conservare il potere. Checché dica Andreotti, che il potere logora colui che non lo ha, in certi momenti vale il principio. Questa sarebbe stata l’unica politica ancora di ispirazione cristiana. Dopo la qualifica di cristiano del partito non la si capisce più dove sia. Sta forse in piccole modeste concessioni che si possono fare alla chiesa istituzionale. Ma mette conto?

Quindi – conclusione - non riduzione al privato, che è contrario a tutti i nostri insegnamenti. L’uomo deve essere inteso come completamente responsabile in tutte le sfere in cui coopera. Però: dimensione e gerarchia delle sfere. Primariamente quella familiare e poi quella professionale. Un professionista qualificato che veramente rende il suo servizio con grande capacità tecnica, scientifica e morale irradia intorno a sé e costruisce un tessuto sociale reale, non fasullo.

Dopodiché c’è ancora lo spazio per aree politiche, per impegno politico, per esempio, come torno ad insistere oggi, su comunità di base pre-politiche, ma che si cominciano a porre problemi relativi alla influenza e alla strutturazione politica della vita sociale, che non sono ancora un partito, che non vogliono esserlo, ma che creano un movimento e una coscienza e preparano degli uomini per le generazioni future. Poi per qualcuno, che veramente ne abbia la vocazione, che ne abbia la dignità morale, anche l’impegno politico nella macro-politica, ma con alcune cautele, con la coscienza che sono cose di una efficacia relativa, senza sognarsi di poter cambiare il mondo o di arrestare certi processi in corso, inevitabili. Quindi non è una riduzione al privato. Ho risposto più o meno?

Problema della Messa. Cioè il moltiplicare, il non moltiplicare. Qui ecco credo proprio di essere stato portato ad un primo punto che vorrei proporre a voi, nella diversità delle condizioni della vostra vita pastorale.

Dunque tengo conto di tutto. Cerco di tener conto di tutto. Tengo conto delle parrocchie tradizionali, se ce ne sono ancora, quindi di una udienza normale nostra di cattolici pii, fermi – o come siate voi a descriverli - tengo conto delle parrocchie molto miste di struttura sociale, delle grandi parrocchie in ambienti socialmente misti, con operai, con impiegati, con professionisti ecc., tengo conto delle parrocchie più specializzate, tengo conto delle parrocchie che rappresentano ancora una percentuale notevole rispetto alla popolazione, nella udienza abituale delle messe festive e quelle invece in cui la udienza è quasi nulla percentualmente, tengo conto di tutto. Mettendomi tutto questo quadro dinanzi agli occhi, c’è una cosa elementare che, secondo me, si può e si deve tendere a fare in ognuna di queste eventualità.

E cioè dirò così semplicemente, poi eventualmente potrò spiegare di più, che in ognuna di queste parrocchie di qualunque tipo, il parroco, secondo me, dovrebbe tendere a costruire - adopero intenzionalmente la parola - a costruire una messa esemplare, una almeno per domenica, una messa esemplare, mettendoci tutto il suo animo, preparandosi bene i ministranti innanzitutto, che non devono essere bambini - sono molto contrario al servizio dei bambini perché lo fanno fino ad una certa età e poi buttano via la tonachella. Invece devono essere uomini o adulti, scelti con il criterio di adesione ad un servizio liturgico fondamentale. Questa deve essere l’idea. Con tutti anche i responsabili del consiglio parrocchiale. Deve avere per primo scopo questo, il Consiglio parrocchiale, secondo me, di edificare una assemblea festiva esemplare, una in tutta la parrocchia, con l’impegno naturalmente fondamentalissimo della omelia, contenuta quantitativamente, ma chiara e toccante i punti fondamentali della catechesi o meglio ancora dell’annunzio cristiano, senza paura di ripetersi di domenica in domenica. Non dovete dare esempio di eloquenza o di varietà. Sempre insistere sui grandi temi: Cristo nostro Signore morto e risorto. Ecco, questo fa perno sulla esemplarità della Messa, molto viva e partecipata, non in maniera unilaterale, quindi troppo in mano ai giovani chitarristi. Sia una espressione anche della gioventù, ma molto contenuta ed equilibrata, veramente esemplare. Ci impiegherete un anno, due, ma questa messa va costruita. Va costruita. E anche voi vi dovete costruire in funzione di questa messa. Una almeno, una sola per domenica. Questo è proprio l’assoluto basale. In questa Messa si verifica la congiunzione di tutti i temi e di tutte le linee del nostro ministero pastorale. C’è il kerigma, l’annunzio elementare che deve cominciare sin dal primo inizio dell’Eucarestia, c’è la catechesi - non spiegate tutto, non vogliate spiegare a fondo - ma chiaro e perspicuo e preoccupato di trovare una saldatura di domenica in domenica. Sia un cursus, non a schema apologetico o teologico, ma seguendo semplicemente la liturgia del giorno e spiegando, almeno in sintesi, la punta del messaggio offerto dalle Scritture di quella domenica. Celebrato così, per tutto l’anno liturgico, questa messa-tipo, si verificherà una cosa: che ci sarà inevitabilmente un flusso ed un riflusso, una uscita ed una entrata in chiesa, una uscita di vecchi partecipanti e forse una entrata di nuovi partecipanti. Non pensate che questa messa possa conservarvi il numero dei partecipanti nella stessa misura e nelle stesse persone di prima. Non da questo dovete misurare l’efficacia di quello che sta accadendo. Se c’è una ondata notevole di gente che esce e che se ne va ad altre messe (e se) c’è gente che entra nuova - ci sarà! - sarà una cosa fisiologica - l’uno lo dirà all’altro: “Il nostro parroco ha trovato modo di dire messa”. Può andare! Questo secondo me va fatto perché raggiunge, ripeto, in principio tutte – in principio, eh! - le possibili sfere. In principio! (Raggiunge) quelli che hanno bisogno del kerigma, dell’annuncio, per sapere che cosa è questo cristianesimo, l’essenza della vostra proposta, quelli che invece hanno anche bisogno di saperne un pochino di più e incominciare a giustificare i temi fondamentali di questa fede – la catechesi - e quelli che hanno bisogno di andare oltre e di maturare una certa esperienza spirituale. Sarà il complesso della messa che li completerà. Deve avere necessariamente uno spazio sufficiente e perciò ci sarà chiaramente un flusso e un riflusso. Molti se ne andranno, ma ai molti che se ne andranno corrisponderanno indubbiamente molti nuovi che verranno. Non dico moltissimi - potrà essere il bilancio quantitativo in un primo momento deficitario, ma non bisogna sfiduciarsi. Su questo però insisto moltissimo, non ho altra proposta da fare. Non ho altra proposta da fare.

In questa messa, secondo me, guardatevi bene dal toccare problemi sociali o politici Solo l’annuncio, messo dentro al cuore della gente, in profondità! Sarà poi lui che porterà a conseguenze inevitabili per deduzione spontanea nel campo professionale, nel campo familiare, nel campo sociale. Dei problemi familiari toccate solo l’idea della famiglia, secondo me. Perciò anche divorzio e aborto sottaciuti, non programmaticamente ma inevitabilmente, perché c’è qualcosa di primo e di più importante ancora da dire. Che la famiglia è una realtà fondamentalissima, che si impone in ogni caso e che ha per scopo quello di educare, di generare ed educare la parrocchia. Se voi dite solo questo e lo inserite nel contesto complessivo di questa presentazione di questa realtà, che è una celebrazione veramente adeguata del mistero, la gente qualche cosa porterà via. Questa è la mia proposta fondamentale. Le altre sono poi in conseguenza.

La missione, sia missione interna, sia missione esterna, scaturisce necessariamente da questa messa. Credo di avere un po’ detto in quell’opuscolo “Città ed Eucarestia” come la missione scaturisce inevitabilmente dall’Eucarestia.

Se l’Eucarestia è celebrata con consapevolezza da tutti e costruita ogni domenica dall’intera comunità che vi assiste, non può non essere anche missionaria. Lo è inevitabilmente. Si forma una coscienza che porta, anche senza dirglielo, alla missione, sia all’interno, sia all’esterno. Porta per esempio il volontariato, non tanto consigliato puntualmente nelle sue singole realizzazioni, ma fatto sentire come esigenza di coerenza cristiana.

Dialogo o non dialogo? Assedio o non assedio? Beh, che in un senso se volete molto fisico ci sia – fisico, semplicemente fisico - ci sia una presenza nuova a cui non eravamo abituati e che può dare l’impressione di essere circondati da chi non c’era e che quindi… La realtà non è contestabile. Che debba nascere la psicologia dell’assedio, no! Sarebbe già un grande errore, una catastrofe, sarebbe ritornare ai turchi sotto Vienna. Che ci debba essere anche un’accoglienza il più possibile donata, cristiana, gratuita senza pensare a corrispettivi - lo abbiamo già detto, gratitudini non ce ne saranno. Non ci deve essere nella nostra prospettiva di ottenere gratitudine - se poi verrà perché i singoli uomini possono anche essere buoni, tanto meglio! - ma pensare ad una gratitudine complessiva dell’Islam nei nostri confronti, per quello che si sta facendo o anche moltiplicato per dieci no. Dialogo o non dialogo? Restano certe direttive sul dialogo ferme - la dichiarazione del Concilio invita - e quindi molto spontaneamente, prendendo contatto si parlerà. Ma che tipo di dialogo? Qui bisogna cominciare a precisare. Per esempio per i musulmani abbiamo già detto che loro non potrebbero, non potrebbero parlare di religione con chi non è musulmano. Ma ammettendo che lo facciano, bisogna andare molto adagio. Il dialogo deve essere chiaramente rispettoso a toccare i punti più scottanti - non vanno subito proposti, non vanno subito tanto meno aggrediti - però non possiamo limitarci al dialogo, anche al dialogo compito, mite, fatto con grande carità. Un dialogo né da parte nostra, né da parte loro potrebbe dire un gran che. Bisogna anche che ci sia un annuncio. Un annuncio fondamentale e cristiano, a tempo debito, con la dovuta preparazione, ma presentarsi perché abbiano un’immagine del cristianesimo diversa, da quella che si sono artefattamente fatti, bisogna. Se no non ha senso. Non con l’intenzione di convertirli, ma con l’intenzione che sappiano da fonte autorizzata ed autentica che cos’è il cristianesimo, con tutti i suoi assurdi e le sue impossibilità di adesione da parte di un musulmano. Quindi è chiaro, per esempio, che non si può ignorare la Trinità, che non si può ignorare l’incarnazione. Però non comincerei necessariamente dalla Trinità e dall’Incarnazione che so già che a priori (rifiutano). Direi che il punto d’approccio per l’annuncio è effettivamente quello che ho detto, la croce, pur sapendo che lì c’è una irriducibile resistenza. Però bisogna distinguere poi le cose come sono nel pensiero e come sono nella realtà. Nella realtà effettiva del musulmano, di ogni musulmano, c’è una parte di sofferenza e c’è una parte di croce. E come la vive? Se è pio, la vive con una grande rassegnazione, solo rassegnazione. E allora si potrebbe tentare di andare un po’ più avanti cercando di far capire che la pura accettazione del dolore come atto di assoggettamento – Islam - di abbandono alla volontà arbitraria del Creatore, può anche avere una diversa modalità, può essere anche interpretato come amore, amore stesso del Creatore per la sua creatura: questo è il significato ultimo della Croce. Il punto di approccio non per un dialogo solo, ma per un annuncio, lo vedrei qui.

Allora continuiamo? Ho lasciato qualche cosa da dire? Qual’era la domanda che è rimasta inevasa?

Domanda: La formazione del clero, il polverone ecclesiologico e la formazione del clero.

Dossetti: Questo lo tengo magari per ultimo o ne faccio oggetto della mia conclusione.

Domanda: Quali sono gli elementi più problematici oggi nella ecclesiologia?

Dossetti: Nella ecclesiologia o nella formazione dei sacerdoti?

Domanda: La ecclesiologia, partiamo da quella perché poi nell’ambito di questa si vede anche la formazione.

Dossetti: Beh un poco l’ho detto anche ieri sera, potrei riprenderlo e magari... In quanto alla formazione del clero non rispondo, ma (dirò) il titolo della risposta - quanto alla formazione del clero ne ho parlato in tutti questi giorni, commentando la lettera ai Colossesi. Non è una risposta, però spiegherò che questa risposta è la vera risposta.

Domanda: Io avrei due domande. La prima sulle comunità prepolitiche. Ci sono dei tentativi anche abbastanza forti, per esempio di gesuiti in Sicilia, che però poi rischiano un po’ di clericalizzare il discorso, perlomeno di fare un discorso di supplenza. Il partito di ispirazione cristiana o altre realtà collaterali possono diventare qualcosa al di là delle buone intenzioni, quindi farci tornare ad una forma di collaborazione, anziché di distinzione tra i due poteri. Un altro discorso è quello proprio della identità del sacerdote oggi. Recuperare, come sarebbe giusto per altri versi, la funzione ministeriale rischierebbe però poi di far chiudere il sacerdote nel presbitero o nelle sacrestie, cioè non incidere più nel sociale, sui grandi temi della giustizia, sui grandi temi della vita dell’uomo.

Domanda di mons. Mani: Io condivido perfettamente quello che ha detto. Però c’è un passo obbligatorio tra la famiglia e lo Stato, perché, almeno nella mia reale situazione nel settore est di Roma, senza un intervento dello Stato non si possono avere delle famiglie. Le famiglie non possono nascere perché non ci sono le case, le famiglie non si possono sviluppare perché non c’è il lavoro e non ci sono le assicurazioni, le famiglie non si possono sviluppare perché non hanno aiuto né per gli handicappati, né per i vecchi. Sono problemi questi che uccidono la famiglia. La famiglia ha urgente bisogno di un intervento più vasto, altrimenti non nasce neppure.

Dossetti: Dunque, rispondo subito per la faccenda della Sicilia. Io sono male informato, ho perduto di vista tutta la situazione del meridione, alla quale invece mi sono sempre molto interessato. Ma qui non è possibile. Proprio non appartiene più alla mia area spirituale, interiore. Posso pregare, ma non posso sapere. Qui non sono per nulla aggiornato. Ma, per quei barlumi di aggiornamento intermittente che mi vengono, non pensavo ad additare la Sicilia. E questi tentativi che si fanno, come queste comunità pre-politiche, capisco benissimo che sono già politiche e che sono o partito o frazione di partito o un possibile anti-partito. No, pensavo veramente a comunità che si vincolano molto rigorosamente a tutta una premessa e che vengono tentate in qualche ambiente. Per esempio, alcuni amici nostri del Mulino di Bologna stanno tentando questo in varie parti d’Italia, ma senza quei finalismi che la situazione politica della Sicilia può imporre addirittura. Ma è tutt’altra cosa. (Con questi finalismi, invece,) siamo già nell’ambito della lotta politica definita.

Quello che ha detto Monsignore. Sì, certo! E di fatto io ho detto che, ferma restando questa basale funzione della famiglia e l’impegno particolare di ogni uomo e di ogni cristiano a trasmettere la fede ai suoi figli ho ammesso, ho dichiarato chiaramente, che ci sono poi degli ambiti successivi. Però torno ad affermare che non si può accedere agli ambiti successivi se non si è fatto il proprio dovere, nei limiti delle possibilità concrete offerte dalla situazione, nei confronti della famiglia e nei confronti dell’attività professionale propria di ciascuno, magari anche quella del meccanico o del tipografo, o quella del medico o quella del professore universitario, ma se non ci si fa una coscienza profonda ed esercitata in questi campi. Questo per me è assolutamente necessario: che ci siano delle coscienze formate e propriamente nell’ambito familiare perché la famiglia è insostituibile. E’ l’unica cosa che è uscita direttamente dalle mani di Dio. Tutte le altre cose sono uscite dalle mani degli uomini. Questo io dico sempre alle famiglie. E che il loro statuto lo devono cercare nei capitoli I e II del Genesi. Dicevo, passeggiando con uno di voi, questa cosa che mi ha fatto sempre molta impressione, come il capitolo V del Genesi, elencando la serie dei patriarchi pre-diluviani, non dice altro di ciascuno che ha vissuto tanti anni, che ha generato figli e figlie e che è morto. Questa è la funzione fondamentale, intendendo poi la generazione come generazione completa del corpo e dello spirito. E (per) gli ambiti a cui Monsignore alludeva più immediati, è chiaro che lì siamo entro i confini dei problemi in gran parte risolvibili a livello amministrativo - è la degenerazione gravissima amministrativa di Roma, direi quasi unica nel novero delle grandi città italiane. Questi problemi ci sono naturalmente anche a Bologna, a Milano, a Venezia o a Vicenza, ma non sono a questo livello di gravità estrema, di preclusione e di sfascio assoluto. E qui ci sono possibili (cose da fare) - non sta a me consigliarvi, ma sono possibili tante cose da fare - non soltanto andare a tirare per la giacchetta il deputato che ha avuto più voti nel quartiere e costringerlo più o meno a cercare di occuparsi di questi problemi, o metter su un altro deputato a questo fine. Ci sono da costituire comitati di iniziativa popolare basale, dove si comincia ad esercitare una funzione di correzione di questo. Quando voi non avete case, quando avete le strade con i vecchi e gli anziani abbandonati, io credo che bisogna cominciare a concepire la possibilità di risolvere i problemi saltando i signori deputati e lasciandoli alle loro clientele ed ai loro giochi. Un comitato di iniziativa popolare, dove si esercita una funzione amministrativa di supplenza, però reale. Qui è questione poi di inventività e di volitività, di inventività e di volitività. Io non credo che bisogna conquistare lo stato con quel deputato per risolvere questi problemi. E’ una storia troppo lunga e certamente non destinata a portare successo, questo è il mio giudizio. E’ chiaro che queste situazioni condizionano troppo la realtà famigliare.

Hong Kong per esempio. Non ci sono mai stato ad Hong Kong, vado in Cina ma non a Hong Kong - anche perché in quei tempi lì era pregiudicante andare ad Hong Kong, ti precludeva la possibilità di andare in Cina. Però è in mano ad una amministrazione socialista, socialista (…) la quale ha tutto programmato, una programmazione energicissima del numero dei figli. E’ un’isola, come sappiamo - tutti ormai super affollati, super occupati - presa di mira dai gruppi internazionali, perché è il centro più importante della finanza internazionale e lì l’amministrazione locale di Hong Kong ti assegna un quartierino di una stanza e mezzo. Tu puoi mettere al massimo (al mondo…). (… E’ un modo di pianificare la generazione di nuovi bambini) totalitario.

Domanda: Veda che lavorare nell’ambito della famiglia e vedere emergere le statistiche - a Roma l’anno scorso ci sono stati 15.300 matrimoni e ci sono state 5.300 separazioni, un terzo – ci si accorge benissimo come molte delle separazioni sono dovute alle condizioni non umane di vita. Un operaio che ha solo 1 milione e 100 mila lire di stipendio e che per avere una casa e per sposarsi deve pagare 500-600 mila lire di affitto, non può vivere. E difatti non si vive.

Dossetti: Però, mi scusi, ma io lì insisto. Questo è colpa grave delle passate amministrazioni romane e particolarmente (...) che non hanno pensato e non hanno voluto - perché toccavano interessi specifici di alcune grandi famiglie di cui sappiamo il nome - procurarsi un demanio pubblico, un demanio cittadino, municipale. Non possono costruire perché le terre sono a prezzi non remunerativi rispetto alla costruzione. E quindi non c’è. Ma la colpa è nostra, anche perché la legge ci da il potere.

Domanda: Facendo una domanda così un po’ strana, riferendomi ai movimenti. E’ un dono di Dio agli uomini o è un dono che gli uomini fanno a Dio?

Dossetti: Non so, non so rispondere perché paradossalmente - malignamente - potrei dire che non è un dono di Dio e non è un dono degli uomini a Dio, ma non voglio dirlo. Quindi sfuggo l’alternativa, dico il mio pensiero semplicemente. Dunque distinguo molto: movimento A, movimento B, movimento C e così via. Globalmente non nego le buone intenzioni di nessuno, specialmente a livello di base, cioè a livello del singolo che si sente trasportato ad aderire. Non nego un’evidente utilità per la Chiesa, che mi pare stia in comune (con) una certa animazione che comunque porta nel popolo di Dio, globalmente considerata. Ecco, ammesso questo, il fervore e l’entusiasmo dei singoli nella loro adesione e un’utilità generale del movimento che dà alla Chiesa un apporto visibile, visibile, mentre altre branche o istituzioni della realtà ecclesiale in questo momento sembrano essere più fiacche, più smorte, più limitate nelle loro stesse possibilità, detto tutto questo comincerei poi a distinguere. L’Opus Dei. Non condivido, per così dire, la sua filosofia e la sua prassi che è stata per molto tempo programmaticamente celata ai Vescovi, celata. Nelle costituzioni originarie dell’Opus Dei era stabilito che si presentassero ai vescovi dove si insediava il movimento, senza però mostrare le costituzioni, dandone solo eventualmente un riassunto. Facoltizzati a questo da una concessione della Congregazione. E questa filosofia non la condivido. Si può anche giustificare - almeno allora poteva essere giustificata – (la) convenienza del segreto per poter operare. Io stesso sono stato nella mia prima giovinezza membro di un Istituto secolare a 22 anni che non era fatto in questo modo e non aveva questa ispirazione, però indubbiamente consigliava, anzi chiedeva il silenzio con tutti. Io l’ho cominciato subito a violare perché l’ho detto immediatamente a mia madre, ma questo era contrario. Ora su queste cose - che poi hanno avuto una attenuazione - altra cosa è un riserbo doveroso per tutti - perché ostentarsi? - altra cosa è il segreto programmatico. Quando questo segreto acquista il valore di una programmaticità politica, eh, diventa delicata la cosa. La nostra Costituzione vieta le società segrete, nonostante che poi accade quel che accade, però, oltre tutto, sarebbe, un simile atteggiamento, contrario alla Costituzione. Non lo è perché oggi si cerca di manovrare, ma sempre, insomma, con una certa prassi che io non posso condividere, anche perché - si sa - si mira a determinate posizioni, a determinate persone che vengono proprio fatte oggetto di vere e proprie mire. Professori universitari! Io conosco tanti professori universitari che sono stati mirati. Alcuni hanno consentito, altri hanno programmaticamente rifiutato, proprio per questa ragione. Comunque anch’esso ha i suoi lati positivi, però (non sono d’accordo). (L’ho) detto in un Convegno di clero della nostra Diocesi, una volta, programmaticamente, appena era venuto l’Arcivescovo Manfredini perché sapevo di che orientamento era. C’era un Convegno settembrino, sul nuovo codice, allora ho fatto un piccolo intervento per dire che mi auguravo che le prelature nullius fossero come una specie di veleno da prendersi a piccolissime dosi e che non ce le trovassimo ad ogni momento. La prelatura era stata concessa all’Opus Dei. Non sono d’accordo. Non sono d’accordo. Quanto più questi movimenti hanno una caratterizzazione che vuole anche essere sociale e politica, tanto più ne diffido e constato che è molto facile che l’entusiasmo della base, il fervore innegabile di molti giovani, venga poi utilizzato nei quadri intermedi e nei vertici contro il loro spirito.

E quindi avrei molte obiezioni: il problema del rapporto con i Vescovi, il problema della scissione delle Diocesi. Ci sono alcune Diocesi - si possono anche dire, nella Romagna - il cui vescovo non può più far niente. E’ peggio della lottizzazione della RAI. C’è la vera lottizzazione della Chiesa. Il clero stesso lottizzato, formalmente lottizzato. Formalmente. Questo è tutto contrario alla mia ecclesiologia, a quello che ho detto ieri. E perciò parlavo ancora ieri di residui di un arco che non si è ancora estinto, con tutto il bene che possono fare. A parte poi il fatto che ad un certo punto succede una grande confusione, gli obiettivi puri ed impuri, religiosi o bassamente finanziari si confondono in una mischia indicibile.

Altri movimenti. Riconosco che il fervore può essere anche più determinato, perché è alla prova di un impegno più costante, come può essere per i focolarini e come può essere per certe manifestazioni ed espressioni dei neocatecumenali. I neocatecumenali, avendo da due o tre anni preso quella iniziativa di mandare delle famiglie in lande ecclesiali completamente desolate nei paesi del Nord Europa, per esempio in Finlandia, dove non c’è quasi più un cristiano, hanno fatto una cosa che per sé (è buona), però è troppo iniziale per poterla giudicare. Richiede costanza questo. Come l’impegno dei neocatecumenali itineranti oggi, concreto, validamente provato, da alcuni anni è un’opera - conosciamo tanti amici, alcuni sono stati anche con noi, veramente generosi. C’è però da dire una cosa, eh! Che il loro schematismo e questa catechesi infinita, un ciclo che non si esaurisce mai - avrebbe già dovuto finire da molti anni evvero - non si vede poi a che cosa porti e molte volte scinde le parrocchie, a livello parrocchiale. Io qui ad Amman per esempio mi sono trovato di fronte ad un caso di una comunità religiosa femminile, magnifica, di grande generosità e servizio. Sono capitati i neocatecumenali. E’ cominciata una scissione - e soprattutto su un punto importantissimo - tra le suore che, inalveate dai neocatecumenali, non hanno celebrato con l’Eucarestia il Giovedì Santo e le suore che volevano celebrarlo col Giovedì Santo. Cioè giovedì hanno fatto la lavanda dei piedi e niente Eucarestia. Non so se siano i pallini di qualcuno, comunque i fatti sono accaduti e la comunità è ancora divisa, irrimediabilmente divisa. Quindi - fatte salve alcune esigenze fondamentalissime sulle quali insisto profondamente, l’unità della Diocesi e l’unità del ministero episcopale, effettiva, esercitata, non abdicata, come in alcune diocesi della Romagna, dove il Vescovo è un puro nome e non gli obbedisce nessuno tutto quello che è fatto nel nome di Cristo fa brodo.

Ho voluto classificare questi. Certo so (che ce ne sono altri, ma) non li conosco abbastanza, per esempio il movimento per il Rinnovamento nello Spirito.

Domanda: Ma di Comunione e Liberazione che dice?

Dossetti: Mi par di aver detto, mi par di aver detto.

Domanda: Io aspettavo una definizione, un giudizio su CL. Lei dice di aver detto.

Dossetti: L’ho detto. Ho detto! Se volete espliciterò anche di più. Mi par di aver detto, per quel che riguarda il movimento (Rinnovamento) nello Spirito, che non lo conosco tanto. Ho grande stima di una persona che c’è dentro fino in fondo, e cioè padre Cantalamessa.


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