27/7 III meditazione di Dossetti, sulla gnosi


Siamo in navigazione, abbiamo appena lasciato il porto. Adesso però ci si propone un dilemma. Dobbiamo verificare la rotta, e cioè due possibilità: la prima è quella più immediata che forse pensate voi e pensavo anch’io - dopo però ci ho un po’ riflettuto - è quella di proseguire la Lettera, la lettura quindi di questo primo capitolo della lettera ai Colossesi e quindi affrontare il grande inno cristologico che segue dai versetti 12 in avanti. Questa è l’eventualità più ovvia. L’altra sarebbe che facciamo un minuto una pausa e che sostiamo per vedere alcuni di quei problemi che ieri sera ho accennato solo allusivamente - e solo proprio alcuni - alcuni dei quali sono ancora sottesi alla lettera e lo stesso inno cristologico – credo - può essere letto in due modi: così un po’ ancora a-problematico, a freddo e invece può essere letto con il cuore eccitato, scaldato da un certo tipo di problematiche e può darsi che tutti, in questo secondo caso, ci ritroviamo di più di quello che non ci sarebbe sembrato, in altra maniera, che ci fosse. E potremmo anche trovare che la sua attualità non è solo l’attualità generica della Scrittura, per cui possiamo sempre dire “oggi”, ma è un’attualità specifica proprio in ordine ad alcune delle strutture fondamentali della Lettera che corrispondono a strutture problematiche di ieri, al tempo della lettera, e di oggi.

In altre parole se seguiamo questa strada allora dovremo parlare un pochino della “gnosi”. Della gnosi, dello spiritualismo gnostico in generale, e della sua perenne attualità, e della sua pungente attualità in questi nostri giorni. In questi nostri giorni stiamo assistendo ad una specie di riproduzione di quello che è avvenuto in epoca ellenistica: allora c’è stata una grande ondata che ha travalicato l’Anatolia, per così dire, ed è entrata nel Mediterraneo, partendo dall’Oriente e quindi dalle zone asiatiche, parzialmente dall’India. Oggi siamo più che ad una prima ondata, c’è già tutta una serie di ondate di rincalzo che stanno venendo a riva. E questo forse si può vedere. Credo che poi sono cose ovvie che più o meno tutti possiamo constatare, anche nella pratica pastorale più minuta, anche nella pratica pastorale più minuta. Quattro anni fa facendo, in famiglia, una piccola prefazione ad uno scritto di Umberto Neri, cioè quel suo scritto sull’Eucaristia come Pasqua, scrivevo che il materialismo, qualunque tipo di materialismo, anche radicalmente ateo, può essere sempre rovesciato e si può sempre rovesciare di fatto. Può avvenire che si rovesci di fatto. Quattro anni fa l’ho scritto. Possiamo cominciare a pensare che possa anche essere in parte già verificato o in via di verifica questo rovesciamento, ma lo spiritualismo gnostico non si rovescia mai, e si può dire eterno e sempre rinascente. In modi molto vari, con presentazioni e strutture apparentemente diversissime in ambienti e in localizzazioni più disparate, ma in realtà con le sue strutture fondamentali sempre uguali. Almeno a me pare. Che cos’era la gnosi al principio del cristianesimo (dirò poi dopo che la si può vedere anche prima del principio del cristianesimo)?

I temi fondamentali della cosmologia gnostica possono variare - ho detto ora - ma in realtà si presentano con linee e strutture molto elementari, sono equazioni a cicli che si ripetono continuamente. Parte da tesi semplicissime: l’uomo può comprendere se stesso nel mondo, quando ha la visione, cioè la conoscenza, dell’essere suo vero ultramondano - perciò qui all’inizio della lettera si parla di conoscenza e si insiste quasi ad ogni riga, perché era il problema che si ponevano i cristiani di Colossi e al quale Paolo voleva rispondere, in parte assumendo le loro esigenze ed in parte capovolgendole. Ma i termini sono necessariamente quelli: l’uomo si può conoscere solo avendo la visione, cioè la conoscenza, del suo essere vero, cioè ultramondano. Noi proveniamo da un mondo luminoso, mondo dell’al di là, dal quale - questo è costante - siamo precipitati nella materia. Potete facilmente trovare una verifica costante se sempre c’è questa visione: la materia come prigione, come cattura del mondo luminoso, come condanna, come inferno. Dentro di noi, quindi, c’è sempre - o ci può essere - una scintilla di luce che costituisce il nostro vero essere e noi non lo sappiamo. Questo mondo di tenebre, di alienazione da sé, che richiede, oggi si dice correntemente, una “realizzazione” ed una scoperta del nostro vero “sé”. Il corpo è prigione. E’ il luogo della condanna subita dalla scintilla luminosa, è anche l’occasione continua di un inganno su tutta la realtà. Per cui non conosciamo. Tutto quello che ci perviene attraverso il corpo non solo è ignoranza, ma è impossibilità, è falsificazione della vera conoscenza. Perciò siamo redenti, liberati da questo carcere, mediante la chiamata, se volete la vocazione, che giunge dall’alto, giunge dal mondo di là, dal mondo luminoso, mediante l’inviato. Questo messaggio, questa enunciazione fondamentale, se accolta, prepara già la via della liberazione, è già la via del ritorno, purché poi proseguiamo in questa via e ci lasciamo liberare. Possiamo in questo modo superare la linea di resistenza materiale, di resistenza corporea, di resistenza terrestre, di resistenza dell’inganno e dell’illusione, possiamo quindi divenire, essere liberi ed essere celesti ridestati in definitiva identici al “redentore”. Perché di redenzione si parla, ma questa redenzione non è la redenzione che viene da un Dio trascendente. In parte. Questa redenzione è in sostanza identica allo stesso redentore. Chi possedendo la scintilla si lascia liberare dalla prigione della materia, diventa redentore di se stesso e di altri che trascina con sé nella luce. Questo è lo schema. Lo schema di certo, per quanto se ne capisce. Ci sono molti dubbi, singoli, interpretazioni anche rispetto ai cosiddetti eretici di Colossi, ma comunque lo schema - io ho schematizzato in modo assolutamente essenziale per raggiungere lo scheletro di tutto - la struttura di fondo, questo non mi pare dubbio. La lettera stessa ne dà testimonianza. Vedremo nel secondo e in parte del terzo capitolo.

Mi direte: questa semmai era la gnosi antica. Ma le periodizzazioni, appunto, nella gnosi sono pressoché impossibili. Questa è un po’ un’idea che mi vado sempre più facendo. Intanto, quasi certamente c’erano motivi gnostici nello stesso giudaismo pre-cristiano e il giudaismo in tutto il corso dei secoli è stato sempre accompagnato, fiancheggiato, come dalla sua ombra, la sua gnosi correlativa. Questo è stato nell’età ellenistica, questo è stato nel Medio Evo, la cabbalà, questo è stato nell’epoca moderna, con le varie derivazione della cabbalà e questo è stato anche nello stesso giudaismo chassidico che non è immune da slittamenti nella gnosi ed è per questo che gli ebrei ortodossi lo guardano per lo meno con diffidenza, se addirittura non lo combattono e non prendono le distanze.

Questo è stato per il giudaismo, ma questo è stato anche per il cristianesimo. Perché la gnosi ha questa caratteristica: non si impone dall’esterno. Non è come il marxismo che, per ritornare all’articolo recente di Boff, ha visto la sconfitta, nei Paesi dell’Est, del materialismo, del socialismo realizzato, perché era di importazione. Era di importazione attraverso le truppe russe che dopo Yalta hanno assoggettato i paesi dell’Europa orientale. Finita la pressione, doveva necessariamente finire anche il socialismo - uno schema forse in parte vero, ma non completamente realizzante tutta la verità. Ma comunque questo si può ammettere. La gnosi non nasce dall’esterno. E’ dall’interno, è sempre lì e ci vuole molta attenzione, una definizione chiarissima dei confini per potersene guardare. Paolo, o l’autore comunque della lettera ai Colossesi, fa precisamente questa delicatissima e complessissima operazione in questa lettera, di stabilire i confini, di stabilire cioè le linee di assoluta contraddizione e le linee di non ritorno e lo fa servendosi naturalmente in grande parte delle categorie intellettuali della gnosi, ma cercando di rovesciarle o di immunizzarle e soprattutto di garantirle, di ancorarle ad un pilone chiarissimo e assolutamente inequivoco, il kefalè (N.d.R.= il capo, cioè Cristo), nella seconda parte di questo primo capitolo e soprattutto con il grande inno cristologico.

Ma dicevo che l’interesse non sta solo nel respingere quelle categorie intellettuali in quel momento dato. L’operazione che Paolo fa, o che l’autore fa continuamente in questa lettera, è un’operazione che ci risulta costante e vincente per ogni epoca del cristianesimo. C’è oggi un pericolo gnostico? Ce ne sono molti e in molte forme, alcune volgari, altre più elevate, altre nobili. Gli gnosticismi di oggi sono moltissimi, riducibili poi sempre a quell’elementare struttura che consente di identificarli. Quanti sono, da dove vengono? Io proverei a fare una piccola classificazione. C’è chi già la sta facendo. Ci sono alcuni - anche in parte del nostro giro, un po’ nostri amici - che si sono dedicati ad una certa indagine e ad una certa classificazione sistematica delle forme gnostiche più correnti. Cominciamo dalle più nobili e da quelle che possono vantare una tradizione più antica, addirittura precedente il cristianesimo: l’induismo e il buddismo. Nelle loro forme fondamentali non si vede come non si possa non dire che sono degli gnosticismi. Uno gnosticismo spiritualistico di alto grado e di alta nobiltà, che può raggiungere in certi rappresentanti ed in certi campioni, e in certi circoli, in certe scuole - fra l’altro la classificazione delle scuole dell’induismo è difficile, è sterminata, ma quella del buddismo è ancora più indicibile. Però sono tutte più o meno riconducibili a questi grandi motivi. Io non so come si possa fare - e questo è il problema - ad accettare e ad assumere come un’integrazione possibile, o a dire di alcuni assolutamente necessaria, del cristianesimo, forme di preghiera che in sé si possono solo assumere nel loro contesto integrale che è un contesto gnostico. E quelli che le praticano, e sono moltissimi anche in Italia oggi, non considerano il loro contesto e non considerano a cosa devono coerentemente giungere. Mi viene da ridere, da sorridere, pensando ad una carissima amica nostra, sposata, che a Roma appunto, frequenta un grande medico omeopatico. Tutto bene, non c’è dubbio che la medicina omeopatica è in complesso una cosa seria, e può essere in certi casi un’alternativa alla medicina ufficiale. In certi casi. Non c’è dubbio. Ma non c’è dubbio che essa, si voglia o non si voglia, si sappia o non si sappia da chi la pratica, è strettamente connessa con presupposti che sono legati alle religioni orientali ed alle loro fondamentali tesi gnostiche. E di fatti questo grande medico, un certo giorno è stato chiamato da questa signora ed ha fatto, sì l’ha guardata, l’ha visitata – diciamo - poi ad un certo momento le ha fatto questa domanda: “Signora, lei ha simpatia per l’Egitto?” “Sì, è un paese in cui sono stata più volte, ci vado molto volentieri”. “E sì, è inevitabile, perché lei è una reincarnazione di un faraone, tale e quale”. E lui non faceva altro - non era uno stupido, sapete - non faceva altro che in fondo arrivare ai principi dai quali deducono alcune delle tesi che poi magari staccano e vengono proposte in un’altra forma. Ma in quel caso lui era stato coerente. E così. Questo è un caso scherzoso, serio, ma detto per scherzo, perché realmente non si confuta niente dicendo così. Bisogna entrare nel vivo delle dottrine e vedere queste simmetrie che si riproducono tali e quali, sia pure con varianti, ma sono varianti estrinseche, che non distruggono le strutture fondamentali e che implicano sempre necessariamente una connessione fortissimamente logica. Quindi le grandi religioni asiatiche… Lo so che è un problema battutissimo, non solo a livello di noi povera gente, ma anche a livello di teologi seri, però non credo che veramente sia stato affrontato sino ad ora con la dovuta serietà e competenza. E’ un po’ una cosa così, lasciata a se stessa. Io mi domando se era tanto il caso di occuparsi della teologia della liberazione e di cercare di stroncarla e di confutarla in tutti i modi e di mostrare una così grande indifferenza per la penetrazione nella stessa chiesa indiana in larga misura di posizioni formalmente legate a tesi gnostiche. Questa domanda me la sono fatta sin dalla prima volta che andai in India, 24 o 25 anni fa, e mi perseguita ancora man mano che, tornando in India, andando Umberto Neri, mandando altri, sempre più si verifica come la contaminazione stia allargandosi a macchia d’olio. La mia tesi è che bisognerebbe essere finalmente in grado di fissare alcune proposizioni fondamentali di teologia della religione, che, in questo caso, è un po’ abbandonata a se stessa. Io credo continua ad essere abbandonata a se stessa perché altrimenti certe cose clamorose non si darebbero. Non citiamo nomi - ma potremmo citarne, anche occasioni, scritti, convegni, convegni molto reclamizzati, fra l’altro, personalità che vengono invitate dappertutto in qualunque convegno di teologia o di storia o di storia della chiesa - dico espressamente sapendo di chi dico - perché ormai è il condimento necessario di ogni riflessione che si fa sul proprio cammino di pensiero. Comprensibilmente, perché è chiaro che adesso questa gente è in casa nostra e che questi problemi si pongono a noi e che è giusto porli. Ma non credo che si stia battendo una strada cosciente, che lo si faccia con consapevolezza. Lo si fa così un po’ per avventurismo spirituale, come alcuni nostri conoscenti del Veneto, di un paese che è particolarmente attivo in questo caso. Sta pubblicando adesso degli opuscoli. E’ una parrocchia, un parroco zelantissimo, ma che ha scoperto che per cercare di insegnare qualche cosa sul modo di pregare alla sua gente, deve andare in India tutti gli anni e continuare a mandare dei suoi delegati, preti e laici per attingere la verità. Questi sono ancora episodi in un inquadramento più vasto. C’è un discorso di fondo che adesso non voglio fare ma che eventualmente ci fosse il tempo o nei margini, comincerei un poco ad impostare. Cioè il rapporto con le grandi religioni asiatiche, in particolare con le religioni che sono induismo e buddismo. Il quale buddismo poi interessa un genere di persone più vasto. l’induismo ha strutture manifestamente religiose, per così dire in senso proprio, che interessa solo chi ha una volontà di orientarsi per una forma di religione. Il buddismo, come è notissimo, prescinde da queste reali strutture religiose. E’ dubbio anche che sia una religione. Anzi secondo me, coerentemente, il buddismo più ortodosso e più formale non è una religione. Ma è una struttura, un complesso di pensiero che si presenta benissimo e si presta a tutte le applicazioni e a tutti i recipienti per così dire. Quindi voi vedete uomini d’affari, industriali, persone di cultura, di cultura magari anche prevalentemente scientifica o tecnologica che praticano forme, che poi nell’origine - lo sappiano o non lo sappiano - risalgono al buddismo classico. Sempre di più tra gli intellettuali, tra gli uomini d’affari, tra gli industriali, anche in Italia, non semplicemente per una moda o per una ricerca di esotismo, ma anche per un reale profitto, mettono a posto in qualche modo il loro interno, riordinano la loro psiche, sono in grado di estrinsecare anche una maggiore energia e di potere realizzare se stessi in condizioni e in gradi che non conoscevano e che non avevano mai sperimentato. E quindi c’è un profitto, c’è un’utilità, c’è una corrispondenza, c’è un risultato.

Non è un risultato di salvezza – intendiamoci! - per loro, in questo caso. E’ un risultato mondano, perché si trovano ad essere globalmente più ordinati e più efficienti. Questo poi trova un ulteriore incremento nell’esempio della civiltà, della cultura e della realizzazione del Giappone in questo momento. Questa grande avanzata del Giappone, industriale, organizzativa, soprattutto tecnica, culturale, è in gran parte dovuta ad un sottofondo che è la cultura zen che ha formato e che forma magari gli uomini d’armi e i grandi industriali giapponesi e che sin dal principio, dalla prima età, viene adoperata come metodo di educazione anche dei ragazzi. Hanno un certo tipo di ordine, di disciplina, di efficienza, di dominio di sé, con risultati concreti e manifesti con una certa abrasione, per così dire, di tutto il tessuto spirituale che viene raschiato via. Ma a livelli più superficiali - importantissimi però della realtà umana - è ricco di conseguenze e di risultati positivi.

In India la cosa è un po’ diversa, come vedo io, come a me pare debba preoccupare: è la penetrazione nella chiesa. Non solo: è l’assunzione di forme esterne, anche di riti o di canti. Fino ad un certo punto possono essere staccati - per così dire - dalla loro matrice. Che un sacerdote o un diacono nella Cattedrale di Delhi comunichi la gente con una specie di sciarpa arancione al collo, invece della stola, a me poi, “per sé” non fa una grande impressione. Ci vedo comunque un’intenzione, perché la stola, pur essendo un altro straccetto di colore diverso, bianco, verde o rosso porta però una croce, lo straccetto arancione non porta nessuna croce. Ma questo nella Cattedrale di Delhi! Questo però - non è su questo che si vuole insistere, anzi si cita questo così sorvolando - come applicazioni possibili che saltano all’occhio e che non si noterebbero neppure se si potessero individuare chiaramente le matrici e il significato di queste. Certo che abbiamo avuto recentemente la notizia che alcuni vescovi indiani sono andati a fare un ritiro indù in un Ashram Tutto è possibile, ma vescovi, eh!

E d’altra parte sappiamo che questi fenomeni vengono potenziati da un altro fatto congiunturale che a sua volta è un altro capitolo - tutt’altro capitolo - ma in questo caso congiungentesi della situazione attuale dei grandi pericoli mondiali: il nazionalismo, il nazionalismo che sta diventando nazionalismo esasperato in alcune nazioni e tende ad esserlo sempre di più in molte altre. E’ ovvio che nelle nazioni di recente decolonizzate questo nazionalismo abbia anche psicologicamente dei suoi fondamenti: una reattività naturale, una ripresa della coscienza. Quando specialmente a monte c’è stata una grande civiltà o una grande cultura, lo si può ben spiegare. Ma questo nazionalismo si ritorce in molti casi, per la chiesa e per la stessa gerarchia, in un complesso di inferiorità di fronte ad ogni altra possibilità: non si discute più. Si teme di discutere. Si va contro corrente per discutere o per distinguere! Non lo si ama più fare. Io ho qui l’“Osservatore Romano” di questi giorni di luglio - la lettera del Papa è del 18 luglio al Convegno dei Vescovi di Bandung cioè la federazione delle Conferenze Episcopali dell’Asia, e la lettera, l’introduzione del card.Tomko, Prefetto della Congregazione della Evangelizzazione dei Popoli è degli stessi giorni o lievemente posteriore. Ci sono delle affermazioni che fanno riflettere, purtroppo annegate - mi scuso - in un discorso un po’ ampolloso, un po’ non essenziale che finisce poi col far perdere di vista - bisogna andarle a cercare col lanternino - alcune frasi che mettono a fuoco i problemi. E quindi anche la loro efficacia diventa un’efficacia molto diluita. Poi, si sa, si lasciano passare queste contro-ondate e si continua a fare quello che si sta facendo. Semmai lo leggeremo poi dopo questo documento. Comunque sono frasi di chiara definizione di rapporti, ma, ripeto, annegate.

Va bene. Questo riguarda la gnosi nobile, per così dire. Poi c’è la gnosi meno nobile, che ha antenati più recenti e che non può annoverare degli antenati veri ma che però ha un forte impulso propagandistico, specialmente fondandosi su noti libri di grandi volgarizzatori. E questa poi a sua volta si suddistingue in vari rivoli, da alcuni che hanno ancora una certa dignità almeno letteraria, ad altri più bassi e più volgari che degenerano poi nella magia, nello spiritismo e nella magia di ogni razza e di ogni colore, la quale è sempre più diffusa. Sempre più diffusa - guardate è significativo - nel nostro paese, non nel meridione dove ci poteva essere secondo certi schemi categoriali, sociologici, una certa tendenza popolare alla superstizione. Ma è sempre più diffusa nel Nord, e nel Nord evoluto, come si dice, nel Nord del triangolo industriale, particolarmente nella capitale dell’industria italiana, Torino. Lì si trova di tutto a tutti i livelli. Dalla fattucchiera, alla maga personale, che si consulta per ogni decisione, magari anche manageriale, a delle sistemazioni più complesse e che hanno un carattere meno funzionale e più organizzato. Ecco io metto in evidenza questo elenco di problemi e vi dico che questo è un pericolo o un’attualità non confrontabile col materialismo e con il socialismo marxista. Non c’è confronto. Dappertutto viene dal di dentro e opera dal di dentro. Non ci sono confini rispetto a queste cose, si ritrovano ovunque. Si ritrovano anche in uomini di cultura, ma anche in uomini di chiesa, dove non c’è una chiarezza biblica radicale, cioè una evidente, nitida comprensione del messaggio evangelico come tale.

E allora potremmo tornare adesso all’inno cristologico - non adesso - avendo posto dei problemi.

Poiché resta un pochino di tempo faccio un solo elenco di altri problemi al di fuori della gnosi e delle forme gnostiche.

Domanda: (Ci da qualche riferimento letterario?)

d.Dossetti: Ah, beh! Un nome ormai antico e insieme celebre è quello di Guenon naturalmente. Questo è autore classico, ormai classico. E poi ci sono oggi altri autori che scrivono molto sotto pseudonimo, caso mai posso fornirvi. Ma che poi si rifanno a lui, a Guenon, nell’Occidente. Invece poi, per le fonti indiane, qui potremmo accennare a qualcuno. La cosa è un po’ delicata, anche perché alcune di queste persone sono nostre amiche, siamo stati anche molto intimi, in intense relazioni. Quindi si può (poi darvele).

Adesso – dicevo – avrei (finito). Sto per finire, credo che basti per oggi. Vorrei fare invece un elenco scheletrico, un puro indice di altri grandi problemi, i quali possono anch’essi essere implicati dalla teologia della Lettera ai Colossesi. Altri invece sono ai margini della Lettera) e sono piuttosto centrati dal messaggio generale del Nuovo Testamento. Direi così: c’è un secondo ordine completamente diverso, anzi per qualche aspetto opposto, però in qualche cosa in coincidenza e in connubio anche. E’ il materialismo tecnologico. Se il materialismo scientifico, ateo, può adesso avere una specie di eclissi - non credo che sarà di fatto un’eclissi transitoria perché non credo che molti paesi siano disposti a ripetere le esperienze così tragiche, così costose della rivoluzione - se il materialismo, se il socialismo marxista è, per il momento almeno, in eclissi, il materialismo tecnologico non lo è. Non solo, ma ha un avvenire, ha un avvenire indefinito. Ecco perché qui le cose continuano.

Bisogna capire quale potere (caratterizza questo materialismo tecnologico). Certo che è un potere di cui forse ancora oggi noi - pur avendo ancora molto in questi decenni assistito a questa ascesa del potere, del potere dell’uomo faber, per così dire - quale cosa possa accadere ancora non lo possiamo calcolare. Se poi la tecnologia viene estesa sempre di più alla biologia e alla genetica umana. che cosa accadrà? Tutto questo naturalmente si congiunge e si sposa con la grande - e implica, necessita - la grande concentrazione di potere finanziario. E perciò l’apparente e reale vittoria del capitalismo - del post-capitalismo se volete - e insomma del sistema che eredita il sistema capitalista, non lo contraddice, in alcuni stati lo porta all’esasperazione: Stati Uniti, Germania e Giappone.

Leggevo pochi giorni fa un articolo sulle conseguenze economiche della riunificazione tedesca che si manifestano con prospettive assolutamente, eccezionalmente favorevoli. Non è che l’operazione implichi solo una passività, sta già facendo intravedere i grandi vantaggi di questo colosso nuovo che nasce. Ci saranno degli scompensi, degli squilibri parziali, locali, categoriali, ma in realtà nel complesso il colosso che avanza è veramente formidabile e i successi che già si intravedono sul piano industriale, produttivo, finanziario sono colossali. Che cosa si può pensare che possa nascere per arginare, perché qui il problema esiste? Questo rimanere soli nella realtà – diciamo - post-capitalistica deve impressionare il cristiano, non può lasciarlo indifferente. Non può lasciarlo indifferente! Perché vanifica tutti i nostri sogni di umanizzazione dell’economia e di una liberazione effettiva dell’uomo. I vecchi controlli democratici non servono più a niente. Questo bisogna assolutamente dirlo e avere chiaro, per parlare in termini comprensibili, ravvicinati. Le nostre proposte costituzionali di riforma potranno anche essere buone, ma certo sono assolutamente inadeguate a stabilire un controllo, in qualsivoglia modo, della generalità sugli operatori e specialmente sugli operatori di carattere economico e finanziario. Il vecchio diritto è completamente smarrito e scomparso. La crisi dei giudici, la crisi dei giudizi è più che comprensibile. Siamo stati educati, noi, ma anche i più giovani di noi sino a pochi anni fa, a maneggiare gli strumenti del diritto romano che andava bene per regolare i problemi di confini tra due piccole proprietà fondiarie, per regolare una servitù di passaggio o una servitù d’acquedotto e ci si scherzava sopra e si scriveva trattati su questo. Poi c’è stato un po’ alcuni decenni fa la venuta del diritto commerciale che alcune cose le ha cominciate a considerare. Ma oggi è oltrepassato anche il diritto commerciale. Non si può più regolare niente in realtà. Il problema della giustizia! Il problema della giustizia penale ha un suo corso, un suo corso però che poi anch’esso è fortemente influenzato da tutti questi altri problemi. Il problema della giustizia, per così dire, civile in realtà ormai è limitato a piccole questioni: il testamento, un’eredità, una questione di famiglia, un divorzio, ma le grandi questioni, che possono interessare poi di fatto il modo di vivere di popoli interi, quelle sono completamente al di fuori di questo territorio. Io avevo, già trent’anni fa, un collega di università - che adesso è morto, è morto purtroppo in un incidente disastroso di auto, era anche un buon cristiano, molto molto fervido, un grande professionista ed un grande giurista - ma lui negli ultimi anni della sua vita che cosa faceva? Non faceva più il professore, perché non veniva quasi mai. Non faceva più l’avvocato, perché non lo faceva quasi più. Faceva un altro mestiere che continuamente lo costringeva a spostarsi dalla Germania al Giappone, agli Stati Uniti, faceva l’arbitro di grandi controversie tra multinazionali. E’ noto che le multinazionali non sottomettono le loro questioni e i loro conflitti alla giurisdizione di qualsiasi paese. Designano preventivamente, per ogni controversia, degli arbitri e questi sono persone di alta classe, di valore indubbio dal punto di vista giuridico, raffinatissimi, di grande probità morale, naturalmente, ma che fanno questo mestiere. Ha totalmente assorbito la giurisdizione. Quali argini democratici? Che cosa si può pensare? Per il momento non si vede nulla e credo che si continuerà a non vedere nulla per un pezzo, dopo che sono morto io, perché una realtà – diciamo - di qualunque democrazia in qualche modo socialista non la si riesce a intravedere. Semmai anche quei pochi barlumi che si vedevano sono scomparsi. Le ombre che si potevano intravedere nella stessa Europa, il laburismo inglese, scomparso. Qui il laburismo israeliano, i kibbutzim, (sono) una nostalgia, una cosa da far vedere ai turisti. Per guadagnare soldi vi porteranno, se andate sulla riva orientale del Lago, in un kibbutz a mangiare il pesce...

Risposta: Ci siamo stati.

d.Dossetti: Ecco, appunto! Questa è la realtà del kibbutz adesso: non è più un paese anche vagamente sedicente socialista. Tutto è scomparso. Eppure la carica ideale era fortissima, la volontà fortissima, le intelligenze applicate eccezionali. Non c’è più. E d’altra parte non si vede niente. Le esperienze di alcuni dittatori buoni – mettiamo la parola – dell’Africa sono finite, naufragate. Che cosa si può intravedere? Ci sono dei miei amici che mi scrivono e mi mandano i loro scritti con le proposte per la riforma costituzionale italiana. Da una parte mi fanno tenerezza, dall’altra so benissimo che inseguono (una chimera), che anche se si mettessero in moto i meccanismi che loro auspicano con una volontà di rottura del sistema attuale, sarebbe poco meno, poco più la situazione attuale. Anche perché noi, è notorio, non siamo uno stato a piena libertà. Non possiamo far niente di nostro, nella nostra misura sia reale, economica, finanziaria, soprattutto. Per quanto la gente stia bene e vada col lusso, però la realtà globale del paese non ha la dignità di essere uno dei Sette paesi industrializzati. Non contiamo niente! Non sono disfattista, sapete! E’ la realtà e un po’ un’analisi così. Quindi tutto questo è un altro grande problema. Le strutture! Le vecchie comunque anche se ammodernatissime ed efficientissime e anche se in apparenza trionfanti oggi, non possono accontentare il cristiano, non possono dargli pace, perché consumano troppe ingiustizie e consumano troppa realtà umana. Quindi, cosa si farà? Gli Stati Uniti d’Europa o gli Stati Uniti del Mondo? Anche questo è un auspicio. Però non possiamo illuderci che anche la megalopoli unitaria raggiunga per la sua stessa dimensione la pace e l’equilibrio. Ci sarà sempre, per esempio, come c’è sempre nel nostro paese, il Nord e il Sud. E tutte le disparità conseguenti. Allora non facciamo niente? No, ci resta certo da fare finché siamo nel mondo, questo ce lo dice l’epistola ai Colossesi. Il mondo, questo mondo, non è un mondo di illusioni, è un mondo di realtà, ed è un mondo per il quale il Figlio di Dio ha dato il sangue e quindi ha un valore, e quindi è giusto e doveroso impegnarsi. Però con realismo e dopo un’analisi lucida e sapendo in particolare che noi cristiani, in quanto cristiani, non abbiamo la soluzione.

Sono le cinque e mezza. Io ho fatto più che un indice, ho cominciato ad entrare anche nel merito, che non dovevo. Un altro grande problema all’orizzonte è l’Islam. La Mezzaluna è una cosa molto più seria della falce e martello. Molto più seria e deve esser presa molto, ma molto, ma molto, ma molto, ma molto più sul serio. Qui credo, sempre per limitarmi all’indice, che dobbiamo distinguere tra l’atteggiamento verso i musulmani e l’atteggiamento verso l’Islam. Adesso per noi in Italia l’occasione di frequentare, di incontrarci con un musulmano, è molto moltiplicata rispetto ad alcuni anni fa e quindi è giusto - e non penserei nemmeno lontanamente di scoraggiare tutta l’attenzione che la chiesa, soprattutto sul piano della carità, non voglio dire ancora solo dell’assistenza, cerca di fare. In fondo fa piacere vedere tanti vescovi impegnati, tanti parroci operosi per questo, che si danno da fare. Fa piacere. Un cristiano non può non gioire, perché vede applicata la carità anche extra moenia, come doverosamente dovrebbe essere la nostra carità, veramente ecumenica - non nel senso dell’ecumenismo attuale ma nel senso dell’ecumene. Questo va fatto nei modi possibili, con tutta l’energia e con tutto l’equilibrio cristiano possibile, quindi anche con la delicatezza e la possibilità di dialogo reale, umano e cristiano.

Ciò però non toglie che l’Islam sia un grande problema: un grande problema posto alla coscienza teologica del cristiano. La cristianità ha risolto il problema, ha creduto di risolverlo una volta per tutte, dichiarando l’Islam un’eresia e mettendo, con Dante, Maometto all’Inferno, con la testa decapitata, in mano. Qui si potrebbero citare molti autori, da Pietro il Venerabile in avanti, (i quali si sono limitati) semplicemente alla confutazione su alcuni luoghi comuni. Ma il problema teologico resta. E questo non pare che oggi sia affrontato o se è affrontato è affrontato solo da una parte, soltanto da alcuni specialisti parziali, parziali e prevenuti troppo ottimisticamente che troppo danno un diploma di vera profezia a Maometto. Andiamoci adagio! Il problema si pone. E anche quanto possono avere scritto orientalisti cristiani come un Massignon, adesso, ripensandoci su ad una certa distanza di anni, prenderei una distanza. Comunque è un problema teologico prima di tutto e quindi di fede, da confrontare con la Scrittura, in modo proprio. Sinora non è stato trovato, c’è tutto da fare. Tutto da fare, tutto da rifare. Anche quel che può dire il Segretariato dei non cristiani, anche l’opuscolo messo fuori, per appunto, “Il dialogo con l’Islam”, è una cortesia o uno scambio di cortesie, intelligenti, fatto da competenti, evidentemente, ma niente di più che una cortesia, uno scambio di inchini, di salamelecchi. La cosa va studiata ed approfondita e qui occorre gente preparata, tra l’altro che conosca perfettamente la lingua, che possa fare quello che non è stato fatto. E poi anche un certo sguardo strategico, per valutare non soltanto l’entità qualitativa ma anche l’aspetto quantitativo, dinamico, sapendo che indubbiamente - potrà sembrare paradossale o esser sembrato paradossale fino a pochi anni fa – c’è una volontà precisa di riconquista dei territori che già furono islamici. E quali furono islamici? Gran parte della Spagna! La nostra sorella che è andata per due anni all’Università giordana di Amman ha sentito con molta semplicità il professore di storia ricostruire tutta la vicenda dell’islamismo in Spagna sostenendo naturalmente questa realtà: quelli sono territori che sono appartenuti una volta all’Islam. Non possono non appartenere all’Islam.

E c’è chi può insegnarci, perché questa situazione c’è da vent’anni. Quella che comincia adesso in Italia, in Francia è da vent'anni, e ci sono già lì realtà molto solide, sindacalismo organizzato, ancora questo voto politico organizzato e una sistematica propaganda, una capillarità dei cosiddetti predicatori itineranti, diffusissimi, e a livello proprio delle situazioni locali più minute. Quindi tutto il problema va inquadrato. Noi adesso subiamo questa ondata di immigranti. Con onestà, mi pare, si cerca di fare buon gioco e di trattarli bene riconoscendo, come deve essere riconosciuto, tutti i diritti umani, tutti i diritti di lavoro e anche tutti i diritti religiosi se volete, con larghezza. Io non farei il conto delle moschee che ci sono in Italia. Gliene lascerei costruire quante ne vogliono, perché è un loro diritto, sapendo benissimo che non c’è la parità e non ci sarà. Vi leggo, così per finire - perché proprio voglio finire adesso, non riattaccare - questo documento, datato del 15/5 dell’anno 1410 dell’Egira equivalente al 15 dicembre del 1989, cioè per il Natale l’anno scorso. Già l’intestazione è estremamente interessante, un documento ufficiale dell’Arabia Saudita: “Comunicazione islamica, Regno dell’Arabia Saudita, Dipartimento del comando del bene ed interdizione del male”. Questo è significativo. C’è un Dipartimento del comando del bene e dell’interdizione del male. “Sezione zona orientale”, la zona orientale della Mecca, presumibilmente quella in cui sono quegli stranieri che ci sono per ragioni di lavoro.

“In nome di Dio, il clemente e misericordioso, comunicazione generale a tutte le società, istituzioni, hotel della zona orientale. Venerabili signori, rispettosamente la pace, la grazia e la benedizione di Dio sia su tutti voi. E’ noto a tutti che questo paese, grazie a Dio, che questo paese, grazie a Dio è governato da una politica sapiente, che deriva dal Libro di Dio, Corano, e dalla tradizione del suo profeta. Questa politica proibisce qualunque cosa sia contro l’insegnamento dell’Islam in parole, atti e credi. Per questa ragione, in occasione del prossimo Capodanno cristiano 1990, vogliamo farvi notare che il Governo di questo paese non permette l’organizzazione di celebrazioni del Natale, del Capodanno o qualunque altra celebrazione contraria all’insegnamento della religione musulmana. Come pure proibisce l’esibizione di qualunque tipo di annuncio, decorazioni esterne alle finestre, relativo a questo evento. Speriamo che voi personalmente seguirete rigorosamente questa direttiva e la comunicherete a tutti quelli che lavorano nella vostra istituzione. Speriamo molto che il contenuto di questa direttiva sia spiegato e compreso da tutti nella loro propria lingua. Sappiate che questi ordini e direttive sono stati impartiti ai responsabili dell’ordine pubblico di ogni grado nella zona orientale, perché siano scrupolosamente seguiti. Chiunque le violerà sarà soggetto a gravi penalità. Dio ci guidi sul retto sentiero. La pace, la grazia e la benedizione di Dio siano su di voi. L’Ispettore Generale della Direzione Generale per la Zona Orientale”.

Questo è certamente il regime che è in Saudia. Cioè dice che la parità, la contropartita non ci sarà e non potrà nemmeno esser negoziata, perché anche se si trovassero dei negoziatori disposti, sanno già a cosa sono esposti. Indubbiamente alla morte. Non si transige su questo.

Ecco questo è uno dei problemi non irrilevanti. Poi ce ne sarebbero degli altri più propriamente endo-ecclesiali di cui faremo eventualmente l’indice un’altra volta. Adesso basta, perché vi ho stancati. Ma sapevate queste cose, io le ho soltanto messe insieme!

Domanda:         Questo discorso dell’Islam per noi è molto importante. Siamo pieni ormai, siamo pieni a Roma. E ricordo che c’era uno studio da parte del Santo Uffizio - mi pare - ai tempi di Ottaviani, quando posero il problema a Roma della costruzione della Moschea e credo che Ottaviani e Tardini posero proprio come conditio sine qua non una contro partita. E’ riuscito fuori il problema, al momento della inaugurazione della mosceha di Roma.

d.Dossetti: E’ stata fatta dall’architetto Portoghesi, il nipote della signorina (nella cui casa siamo stati) noi tantissimi anni. E’ ancora al mondo ha novant’anni.

Domanda: E lì noi si assiste a delle cose che lasciano un po’ perplessi tutti. Per esempio ha fatto clamore su tutti i giornali, un parroco che ha fatto fare il ramadan sotto la chiesa, nella cripta della chiesa, che è fatta con una sala, con una cripta in fondo. Gliel’ha data per farli pregare. Lì ha fatto grande scalpore la cosa. Certo che si è assunto delle grandi responsabilità. Il parroco è anche il rappresentante di una comunità! Siamo veramente in un momento di grossa difficoltà. Tutto rientra nel polverone generale di dar da mangiare a questa gente, che è carità, ma è anche polverone che copre tutto, punto e basta.

Dossetti: Sì così anche nelle nostre Diocesi dell’Emilia so che accade questa convivenza, per esempio, delle opere parrocchiali e del luogo di preghiera offerto o concesso agli islamici.

Domanda: Però si nota un altro fatto. Lo notava proprio un parroco che c’ha uno di questi centri di accoglienza. Che mentre quando arrivano, per cui c’è da porsi seriamente il problema dell’aiuto all’extra-comunitario, quando arrivano sono persone direi anche raffinate nella loro fede - la pratica, non mangiano certi cibi, non si comportano in un certo modo, hanno degli atteggiamenti tipicamente religiosi - dopo due mesi di miseria, di abbandono, di dormire sotto i bus della stazione, ecco allora abbandonano tutto, mangiano qualsiasi cosa. La fame è brutta.

Dossetti: Nessuna remora. Ma poi ritorneranno. E poi comunque è sicuro che ritornano è molto facile. E poi c’è un altro fatto: che una cosa è la massa e una cosa è l’innervazione di questa massa, da parte dell’Islam (più radicale), che si direbbe che oramai segue delle linee vere (di sviluppo). E gli islamici radicali sono sempre più numerosi e creano problemi anche dalle loro parti, non tanto qui perché qui (è diverso), ma in Giordania, io non so quanta durata avrà ancora (il re), perché lui è un moderato, mentre nel paese gli islamici radicali si diffondono sempre di più. Ero due mesi fa in Giordania, nei giorni in cui hanno fatto le elezioni a Zerqa che è la seconda o la terza grande città. Tutto il consiglio comunale ai fratelli musulmani. Tutto, la totalità!

Domanda: A proposito dell’Islam volevo riallacciarmi a quello che diceva: il comportamento verso i musulmani e il comportamento verso l’Islam. Così leggendo le notizie su questi giornali cattolici che hanno riportato con un certo scalpore l’iniziativa di alcuni parroci tra cui, penso senz’altro uno a Roma, poi in altre città italiane, di dare locali per la preghiera, ho letto una cosa che forse può essere interessante. Ma è sempre un’ipotesi, nel campo delle ipotesi. Qui non è possibile nessuna conversione in questi paesi dall’islamismo al cristianesimo. Perché li farebbero fuori i convertiti! Ci sono dei regimi in alcuni paesi di vera e propria teocrazia o se non altro di radicalismo islamico. La venuta in Europa, in Occidente, di tanti immigrati, per molti significa un nuovo incontro con il cristianesimo e quindi rimane colpito che il cristiano si prenda cura di lui. Sembra che anche qualche conversione di singoli immigranti giunti in Europa ci sia stata. Quindi questo potrebbe essere anche un fatto provvidenziale, a meno che la nostra stoltezza non lo guasti. O forse è troppo utopico questo?

d.Dossetti: No, non dico che sia utopico, dico che è un po’ presto per fare una diagnosi al riguardo perché l’islamismo - qui entriamo già un po’ nel merito del discorso - è la religione di un libro solo, molto semplice in se stesso, e molto a portata dell’uomo naturale, si potrebbe dire. Quindi resta la possibilità di una pratica. Perciò, dicevo, la ricupereranno, anche se momentaneamente la perdono. Questo accadeva già negli anni passati, anche lontani, quando venivano studenti in Italia. Si ambientavano, magari prendevano moglie, sposavano un’italiana e finché restavano qui tutto andava bene, però se per caso ritornavano al paese oppure si determinavano situazioni di necessità, in particolare per vincoli familiari, riprendevano automaticamente e con vera convinzione quella che era la loro realtà. Io su questo vado adagio a promettere, a sperare delle conversioni. Noi non dobbiamo esser mossi da questo intento evidentemente, però non possiamo escluderlo, perché in fin dei conti siamo chiamati ad evangelizzare. Quello che dobbiamo fare è soprattutto quello. Certo che bisogna saperlo fare! Da una parte - adesso non vorrei entrare in dettagli tecnici perché la questione è molto complessa - da una parte, certo, noi dobbiamo. C’è una frase nel Corano in cui si riconosce ai cristiani una certa mitezza e credo che su questo noi ci dobbiamo attestare, cioè non dobbiamo in questo deluderli. Noi dobbiamo essere quello che dobbiamo essere, il più possibile. Però illudersi che ci sia una possibilità di conversione, dubito. Ritengo che per ora ci sia anche l’altra eventualità controbilanciante, cioè le conversioni di altri cristiani all’islamismo, un po’ per moda, un po’ per facilità, per una semplicità, facilità. Soprattutto anche così per un desiderio più o meno vago di mescolare le cose. Ci sono ormai molti. In Francia sono stati e sono moltissimi e credo che anche nel nostro paese si verificherà. Non credo che saranno meno di eventuali musulmani che si convertono.

Neri: Ecco, una cosa riguardo alla gratitudine. E’ chiaro è un sentimento nobile dell’uomo e fra di loro ci sono moltissime persone nobilissime di sentire. Ma ho l’impressione che non ci si debba illudere a questo riguardo, proprio perché la reciprocità non è sentita, e quindi per loro è un diritto, è un diritto sicuro inalienabile. Quello che noi facciamo - con questo non voglio scoraggiare nessuno evidentemente, perché non dobbiamo fare nulla per avere la gratificazione umana, ce lo dice il Signore - ma quello che noi facciamo è normalmente - questo mi hanno detto persone che hanno avuto molta esperienza di rapporto con i musulmani - è normalmente sentito come semplicemente il riconoscimento, sempre insufficiente, di un loro inalienabile diritto. Quindi non bisognerà scandalizzarsi se, dopo che s’è fatto tutto, si veda una durezza ancora maggiore nei confronti di chi li ha beneficati o addirittura un certo disprezzo come di un superiore che riceve da un inferiore quello che questa persona eventualmente non è stata capace di rifiutare per viltà o per confusione. Tutte le nostre offerte di dialogo provocano in loro irritazione e rifiuto violentissimo e soltanto scandalo. E dicono in Italia organi molto significativi della situazione dell’Islam in Italia, come per esempio il Mondo Musulmano: “Voi proponete il dialogo perché oltre tutto non credete a niente e svendete tutto. Noi comunque il dialogo non lo faremo mai!”

d.Dossetti: Questo è per loro legge. Un musulmano non può parlare di religione con un non musulmano. Anche se può accettare così, ma in realtà non parla, non vuol parlare, non può parlare.


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