Il problema - fra parentesi - non è mai quello di attualizzare i testi della Scrittura rispetto a noi, quasi che fossero superati una volta che sono stati scritti, ma è sempre quello di attualizzare noi in essi, di entrare nel (…), nel tempo privilegiato, nel tempo che abbraccia tutti i tempi della storia, attraverso la nostra fede. Noi, con la nostra fede, ci immettiamo nel tempo dell’operazione di Dio, ci immettiamo in quest’ora che è un’ora del Cristo, è un’ora di Dio, che è un’ora quindi che non passa. Ci immettiamo in quest’ora nella sua potenza salvifica, ci immettiamo in quest’ora e nella sua luce di rivelazione, ci immettiamo in quest’ora e nella consolazione che Dio, attraverso quest’ora mediante l’opera del Cristo, spande su tutto l’universo, su tutta la storia fino alla consumazione dei secoli. Questo significa leggere la Scrittura. Dunque mai attualizzare la Scrittura, che non ha bisogno di essere attualizzata. Piuttosto attualizzare noi mettendoci all’interno della Scrittura e in questo modo noi uscendo dalla nostra vecchiezza. La Scrittura non invecchia mai. Dunque riattualizziamoci in questa ora, in questa ora immensa della quale il testo del Vangelo che ora vi è stato letto, vi ha riferito, ci ha riferito.
Faccio notare soltanto alcune dimensioni del testo che sono rivelate da alcune parole, da alcuni termini assolutamente caratteristici e inconfondibili per chi conosce un poco il linguaggio adottato dal IV Vangelo e le categorie fondamentali della rivelazione che in esso ci è trasmessa. La prima cosa è la trasformazione dell’acqua in vino che non è semplicemente tale. E’ la trasformazione dell’acqua contenuta nelle sei idrie vuote, riempite, ma per ordine del Cristo, che erano là pronte e che servivano per la purificazione dei Giudei. Non si tratta quindi semplicemente della trasformazione di una materia in un’altra, incomparabilmente più nobile naturalmente, dell’acqua in vino, ma ben più, della trasformazione della purificazione dei Giudei. In che cosa? Nel vino. Quale vino? Il vino che - dice il maestro di tavola, profetizzando senza saperlo come spesso accade soprattutto nel Vangelo di Giovanni - è stato conservato, il vino buono - non il migliore come è stato letto in questa versione un po’ approssimativa - il vino buono che è stato conservato fino a quel momento. Qual è il vino buono conservato fino a quel momento? “Vino conservato”, è un’espressione assolutamente inconfondibile che richiama una grande tradizione giudaica secondo la quale il vino che sarebbe stato somministrato nel tempo messianico era il vino dell’Eden, di cui l’uomo non poté più godere, che l’uomo non poté più gustare una volta scacciato dal Paradiso e che Dio conservava per i giusti del tempo messianico. E’ questo vino, il vino del Paradiso, il vino della Comunione estasiante, inebriante con Dio, il vino dell’Eden, conservato fino a quest’ora, l’ora nella quale appare il Messia, l’ora che inaugura l’era di questa comunione con Dio, piena di gioia, piena di esultanza, di questa ebbrezza sconosciuta prima, che il Signore dà di vivere. “Hai conservato il vino buono fino a quest’ora”. Fino a quell’ora non era stato dato all’umanità. Perché? Una cosa non era stata data. Dice il Vangelo di Giovanni: “Non c’era ancora lo Spirito, perché il Cristo non era stato ancora glorificato”. Lo Spirito non era stato dato! L’acqua sì, la purificazione sì. Secondo la dottrina giudaica, che è recepita totalmente dai grandissimi maestri della teologia cristiana, basta richiamare San Tommaso, la circoncisione dava la purificazione dal peccato originale. Liberava dal peccato originale - dice ripetutamente San Tommaso d’Aquino. La purificazione era là e non c’è bisogno di sminuire la forza purificante, né dei sacrifici vetero-testamentari, né dei riti, i “sacramenta Veteris Legis” dell’Antico Testamento, per esaltare il Nuovo. Allora - dice - cosa dà il Battesimo? Ma che cos’è il Battesimo? Il bagnetto? Rappresentato in qualche libro di catechismo meno felice: la scopa e il secchio. Ecco vedete cosa è il battesimo: è la scopa. Quando è sporco si spazza lo sporco. Ecco che cos’è il battesimo: è il secchio dell’acqua col quale si può fare il bagnetto e ci si può lavare. E’ questo il battesimo? Questo è soltanto l’aspetto negativo del battesimo, è soltanto la prima parte del battesimo. La stessa purificazione battesimale è una purificazione che avviene con il fuoco, non con l’acqua.
E’ una purificazione che avviene con lo Spirito e il proprio del battesimo è il dono dello Spirito. San Basilio, che pure ritiene che i “sacramenta Veteris Legis” avessero una grande efficacia e che ritiene che il battesimo del Battista liberasse dal peccato con molta maggiore ampiezza, con molta maggiore libertà e totalità e immediatezza di quanto non si facesse attraverso i complessi riti dell’Antico Testamento, dice però a quel punto: “Ma il battesimo del Cristo è superiore a tutto questo, come la luce del sole è più luminosa, fulgente, che la luce delle stelle”. Allora che da? Che da? Lo Spirito. Lo Spirito Santo, la comunione con Dio, non solo la libertà del peccato, ma la deificazione. Dio presente in noi, lo Spirito nel quale siamo immersi, la vita divina che anima la nostra vita, la trasfigurazione e la trasformazione totale del nostro essere creature simpliciter, nell’essere figli di Dio, nati da Dio, attraverso lo Spirito e quindi noi stessi (…).
Questo è il vino rispetto all’acqua della purificazione ebraica e questo è il dono del Cristo, vino, vino di esultanza, dicevo, vino di ebbrezza. Con il vino ci si inebria. Nell’Antico Testamento si parla di questa ebbrezza tranquillamente, senza tante scuse. “E quando furono giunti all’ebbrezza”, anche i fratelli di Giuseppe nel pranzo con Giuseppe, sono portati fino all’ebbrezza. E’ il vino che conduce all’ebbrezza dell’esperienza di questa comunione con Dio, indicibile, assolutamente nuova, propria dei figli, di coloro che siedono alla mensa con il loro Signore, perché è il loro Padre. E’ proprio coloro che sono stati rigenerati come creature totalmente nuove, cosa che l’Antico Testamento non conosceva, perché eravamo nati sotto la legge, eravamo tenuti in prigionia, come, sotto la Legge, sotto gli elementi del mondo, finché non venne la pienezza dei tempi, (...) nella quale noi siamo stati rigenerati come figli e nella quale lo Spirito è stato effuso sul mondo. E’ il Cristo crocifisso che “tradidit Spiritum”, come lo alita sui suoi discepoli raccolti e come lo esala continuamente sulla sua chiesa.
Ecco che cos’è la trasformazione dell’acqua in vino. Ben più che opera di potenza, non propriamente “miracolo” - perché il miracolo è incluso nel “segno” che è il termine più grande - ma “segno”. “Questo fu il primo dei segni”, che registra il vangelo di Giovanni che vuole raccontare i segni che ha fatto, cioè quei prodigi che sono particolarmente significativi e che di per sé illustrano la realtà nuova che il Cristo ha portato.
Un’altra parola rivelatrice di tutto questo è: “Donde?” “Donde”. E’ una parola assolutamente caratteristica del vangelo di Giovanni. “E donde”, “Pothen?” - come chiede nel IV capitolo la samaritana a Gesù – “pothen”, “donde hai quest’acqua?” E dice, che “il maestro di mensa non sapeva donde fosse, ma lo sapevano i servi che avevano attinto l’acqua”. Donde? “Pothen?” Donde? Dalla potenza, dalla volontà, dall’amore – è Dio! Donde hai quest’acqua?, chiede la samaritana. Ecco, donde hai questa acqua, bevendo la quale non si ha più sete - che vuol dire la stessa cosa, il dono dello Spirito - donde si ha questo vino che è il vino buono, il vino paradisiaco, conservato da Dio fino a quest’ora.
Eppure, non è ancora giunta “l’ora”. Se mi permettete, sprimo una lettura leggermente diversa da quella che prima vi ho proposta.
E’ legittimo in un testo così difficile come questo. Non è giunta - mai Gesù anticiperebbe l’ora - per la preghiera di nessuno, nemmeno per la preghiera della Madonna. Non può anticipare l’ora. L’ora vostra è sempre pronta, dice nel cap.VII, la mia ora non è sempre pronta, è l’ora fissata dal Padre, da tutti i secoli. Non è giunta la sua ora e non è anticipata - lui non può anticipare l’ora per nessuna sollecitazione che gli venga da alcuno. L’ora. Qual’è l’ora? L’ora è quella che Gesù annuncia nel cap.XII “Padre, è giunta l’ora. Glorifica il tuo Figlio”. E’ l’ora della sua glorificazione. Non è ancora giunta l’ora nella quale Gesù darà il vino vero per le nozze vere, le nozze vere dell’umanità con Dio. La comunione nuziale, perenne, stabilita da Dio sulla base di questo nuovo dono di questa nuova santificazione, e rallegrate da questa ebbrezza perenne, quella pace, quella gioia che Gesù dà e che il mondo non conosce, e che il mondo non può ricevere, perché non lo ha mai visto né lo conosce, il Paraclito, e che il mondo non può avere. Non è ancora giunta l’ora. E’ questo dunque, soltanto un segno. Un segno, il primo dei segni che dà Gesù, che prepara, che predispone a capire che cosa sarà quello che il Cristo farà. Un segno che, accolto nell’intimo del cuore, farà un giorno comprendere tutto ciò che esso di potenza, di liberazione, di grazia, di ricchezza, di consolazione in se stesso contiene. Allora i discepoli capiranno. Capiranno anche il perché di questa trasformazione di acqua in vino durante delle nozze. Capiranno tutto e sapranno che cosa voleva dire. Allora, quando questo vino lo berranno, quando di questo vino si ubriacheranno, allora quando sarà giunto l’ora! L’ora, unica del mistero pasquale, stabilito da Dio, la pienezza del tempo, alla quale, in questo modo come durante tutta la sua vita, con la stessa risurrezione di Lazzaro, come con la moltiplicazione dei pani, come con la guarigione del cieco nato, Gesù prepara e predispone, facendo capire che quella sarà l’ora nella quale darà alla luce e rischiarerà le tenebre che opprimono l’universo e sarà quella l’ora nella quale darà il pane di cui l’umanità si nutrirà sempre. Quel pane che è lui, il pane del cielo, dato da Dio agli uomini, di cui la manna era soltanto segno “perché i nostri padri mangiarono la manna e morirono. Chi mangia di questo pane vive in eterno”. Vive in eterno, perché è già morto, è morto per il Cristo, morto e risorto e perciò non muore più. Non muore più! Abramo è morto, chi si nutre dell’Eucarestia non muore, ecco la novità rispetto all’Antico Testamento. Non muore perché già è risorto, essendo stato immerso nella morte del Cristo ed essendo stato pertanto reso partecipe della sua resurrezione. Questa è l’ora, questo è il cambiamento di quell’acqua, acqua nobilissima fatta scaturire da Dio per preparare il suo popolo bene accetto in tutto l’Antico Testamento e che si compirà nel mistero pasquale che ora è preconizzato da questo segno grande che comprende in sé tante valenze, anche quelle della Vergine. Mirabile. Mirabile! La Vergine non anticipa l’ora, ma la Vergine in questo momento, la Vergine madre, la madre di Gesù contiene in sé ed esprime, attraverso la sua parola, tutta la preghiera dell’umanità, tutta l’attesa: “Non hanno più vino”.
Io ci sento dentro tutti i salmi - tutti! - il grido di tutti i poveri, il pianto di tutti gli afflitti: “Non hanno più vino”. Tutti riassunti, tutti assunti, tutti espressi in quest’unica parola della madre del Cristo. Come ci è madre e come la sente lei che dice così: “La mia preghiera è la preghiera di tutti i figli di Dio”, preghiera, gemito, invocazione di tutte le creature con le quali - ripeto - certo non anticipa l’ora del Cristo, ma con la quale provoca, perché il Cristo è provocato da questa interpellanza della Madonna. E’ provocato ed è lei che lo provoca. Non anticipa l’ora ma ottiene lei il segno, il primo segno che è l’inaugurazione, perché poi è la rivelazione che genera la fede - “E videro la sua gloria e credettero in lui i suoi discepoli” - la quale soltanto consente di non lasciar passare invano l’ora di Dio, ma, comprendendola ed accogliendola, di riceverne tutta la forza vivificante e trasformante. E questo l’ha fatto lei, la Madonna.