Ci è giunta da Manaus, foresta amazzonica, in Brasile, una splendida meditazione sul tema della "Coerenza", scritta da d.Franco Caserta, missionario della diocesi di Savona e nostro amico. La presentiamo a voi.
Manaus, 13 de agosto de 2000
Una prima cosa che pensavo è come la coerenza sia percepita (almeno in Italia, qui
è già diverso) quasi automaticamente come un valore in sé: "è una persona coerente"; "ha
sbagliato, ma per lo meno è coerente", ecc., sono le frasi che spesso sentiamo. Sembra quasi che oggi il
mondo, la nostra cultura, si percepisca, invece come in-coerente, cioè come "gente che non ha una linea di
vita chiara", "come chi corre dietro a bisogni, interessi, calcoli, del momento". La coerenza spesso viene vista come
antidoto a tutto questo. L’in-coerente appare come uno che è schiavo, vittima dei propri interessi, dei
propri vizi o bisogni; a volte è sinonimo di persona che non sa dove andare, che non ha una meta, un obiettivo
per cui valga la pena organizzare la sua vita. Oppure è una persona che vive del momento, un opportunista che
cavalca il cavallo che vince senza preoccuparsi di altro. Varie sfumature quindi sembrano esserci nell’uso del
termine, dalle più miti alle più colpevoli: dal poveretto al delinquente.
Personalmente, non penso che la coerenza sia una "scelta" di vita che abbia valore in se stessa. Mi sembra che essa
sia sempre ancorata a un valore, che fonda la sua validità. E’ sempre una "coerenza a partire da" o una
"coerenza per", "in vista di".
Mi consola l’intuizione perché ho scoperto il significato etimologico solo dopo un po’ di tempo
che riflettevo sulla questione e dal latino che sono riuscito a recuperare qui, sperduto nell’Amazzonia, ho
visto che: cohaerentia(m), è derivato di cohaerìre "essere unito, connesso".
L’etimologia non è poi così male (quando poi ci da ragione è una meraviglia….). Ma
al di là delle questioni terminologiche, la parte che più mi ha aiutato nella mia riflessione è
stato il cercare di recuperare qualcosa che mi potesse aiutare, nella Scrittura, nelle immagini bibliche che mi porto
dentro. Non ho fatto lectio divina come nelle comunità monastiche, ma semplicemente organizzato un po’
di più i pezzetti di mosaico che avevo qua e là sparsi. Sicuramente, con una piccola ricerca riuscirete
a scoprire molte altre cose…
Nella Scrittura si incontra, certamente, un Dio che è coerente, spesso "tutto di un pezzo", un Dio
geloso, che non ammette tradimenti (cfr. Es. 20,5; Deut. 4,24; Gs. 24,19). E’ la parte facile della coerenza,
tutti la possono capire. Ma già nei profeti (cfr. Giona, Osea) e soprattutto nel NT appaiono meglio anche
altri aspetti della coerenza di Dio; non penso che sia un altro volto di Dio, è solo meglio messo a fuoco;
rimane sempre il tentativo di dire l’indicibile grandezza e mistero di Dio: il Dio Geloso e Misericordioso allo
stesso tempo; il tremendamente lontano e il tremendamente vicino (cfr. Sal. 42-41: "abisso chiama abisso"). In ultima
analisi, la sua coerenza è strana, a volte non è subito evidente. Egli è coerente ma con che
cosa? Sembra solo "con l’amore che egli è". Nella Scrittura, infatti, non si usa la parola "coerenza",
ma esiste la parola "fedeltà". Fedeltà che, lei pure, ha il suo fondamento nell’Amore. La
coerenza, biblicamente parlando, si può comprendere, così, come una espressione della Sua
fedeltà nell’Amore. Dio è coerente con il Suo essere Dio, con l’amore che "egli è" e
non solamente che "egli fa". Gesù, lo sappiamo è il volto "dicibile" di Dio. Nel Vangelo appare quel
volto imprendibile e misterioso, libero e sovrano, ma allo stesso tempo debole e povero, mite e impotente.
Certamente, Gesù stesso mostra una grande determinazione e scelte forti. Ma se si perde di vista il vero
motivo della sua presenza tra noi e la sua croce/risurrezione (l’evento che segna la differenza radicale),
molte cose non si intendono più nelle sue scelte concrete fatte giorno per giorno. A volte anche Lui sembra
contraddirsi. In Gesù questa "contraddizione di Dio" si mostra a un livello tale che è quasi
impossibile pensarla: è totalmente dalla parte di Dio e totalmente dalla parte degli uomini. Questa
difficoltà, per noi, mi pare che sia innanzitutto nel percepire Gesù come "unito al Padre", totalmente
coerente con il Padre e la sua volontà. Noi valutiamo istintivamente la Sua persona (soprattutto nella nostra
mentalità occidentale) e pensiamo a cosa Lui fa, cosa dice, cosa ci chiede e comanda, cosa ci promette, ecc..
Ma è difficile pensare tutto questo a partire dal suo rapporto "indicibile" con il Padre; ogni tanto trapela
qualcosa di questo rapporto, ascolto e dialogo amoroso; ma il "più" ce lo perdiamo sempre. Sono convinto che
questa dimenticanza, abbia generato, nei secoli e anche oggi, tante letture parziali di Gesù, anche nella
Chiesa (riducendolo ad agente sociale, liberatore, profeta di una nuova umanità, teologo, saggio universale,
taumaturgo, ecc.).
Certamente Gesù è stato coerente con il Padre. Ma Lui è stato coerente anche con i suoi, con i
discepoli che ha amato "sino alla fine" (cfr. Gv. 13,1): coerente con Pietro, Giuda, Filippo; con tutti coloro che
gli erano stati affidati (Gv. 17). Egli è anche parte di una umanità che grida: "Mio Dio, mio Dio,
perché mi hai abbandonato" (cfr. Mc. 15,33). Ha vissuto dentro di sé la frattura del peccato portato
per la nostra salvezza. Gesù è l’immagine della vera coerenza, della vera unione tra Dio e
l’uomo. Coerente fino in fondo, perché capace di amare nella vera gratuità, cambiando
continuamente quello che c’è da cambiare (religione e tradizioni comprese) per ritrovare la "pecora
perduta" o il "figlio amato" (cfr. Lc. 15). Pregando di notte o di giorno, digiunando o facendo festa, per stare con
Dio e i fratelli.
Anche la realtà dell’Inferno (dell’annullamento dell’essere) mi sembra leggibile nella
linea della fedeltà dell’amore e della libertà. Dio è fedele all’amore donato, non
esclude nessuno; ma quell’amore ha, ed è, una verità che non può essere cancellata, e che,
se non viene accolta nella libera donazione di sé, fa emergere il vuoto, che è la mancanza
dell’amore, dell’essere, della vita. Dio non si contraddice perché c’è
l’inferno anzi quasi come in un negativo fotografico, esso mostra la insondabile bellezza e profondità
dell’amore che è per tutti.
Coerenza è, anche, nella nostra cultura, una parola che si presta troppo facilmente a falsificazioni,
a volte ce la spacciano per un valore, o per una scusante buona per tutte le situazioni (come i generali nazisti che
erano coerenti con gli ordini ricevuti). Oggi anche la coerenza sente la grande crisi della moralità,
dell’agire da uomo; non tanto della morale (ognuno ha la propria morale) o dei moralismi (capisco che qui il
problema è enorme e complesso e non si può liquidare con due parole…. Quindi bisogna studiare,
informarsi, ecc.).
Pensavo che abbiamo molto da imparare dall’amore fedele di Dio che, anche davanti al rifiuto dell’uomo
cerca mille strade nuove per incontrarlo ancora. Coerenza è, mi piace ricordarmelo, anche
"creatività" per raggiungere l’obiettivo principale: la salvezza dell’altro, a qualunque prezzo,
non ha percorsi prevedibili o standard. "Coerente", mi sembra, così, non tanto la persona che mantiene
semplicemente una rotta, anche se giusta, ma, coerente è quella che sa costruire la propria storia, dentro
incontri vivi, spendendo le proprie risorse per incontrare l’altro e per lasciarsi trovare da Dio.
La Scrittura dice varie volte "dell’immagine e somiglianza" dell’uomo con Dio. Se non avessimo una
immagine e somiglianza di Dio scolpita nel cuore e nell’anima, non potremmo cercare di essere coerenti
con questa immagine. Come cristiani, mi sembra che possiamo essere coerenti con noi stessi solo in questo senso:
coerenti con il dono ricevuto che fonda la nostra stessa dignità di persona.
Coerenza è un legame vocazionale: non è, prima di tutto, un legame con le nostre scelte, azioni o
riflessioni, ma relazione con Qualcuno e qualcosa che ci ha preceduto, con la vita che ci è stata donata. Solo
chi scopre questa grande chiamata alla vita (che va al di là del corpo e del tempo), solo chi scopre la
propria vocazione, appunto, può essere coerente. La coerenza è una obbligazione con la vita, non con
noi stessi, il nostro orgoglio o i nostri progetti a fin di bene. Sarà che c’è incoerenza dove
non si capisce cos’è la vita nella sua profondità?
Se la coerenza è relazione con la verità e il senso della vita, allora essa dice anche
l’umiltà di ritornare indietro e di dire che: "ho sbagliato", anche, "tutto", se è il caso. La
coerenza umana mi piace pensarla come un arrendersi alla verità e all’amore più grande del
nostro, da qualunque parte egli venga.
Per questo mi sembra che la "coerenza" dica condivisione con gli altri, condivisione delle loro gioie e dei loro
dolori, nel cammino di un peregrino. Proprio perché la fedeltà alla vita dice un legame di
fraternità, possiamo affermare che, se non siamo coerenti nell’amore, sfiguriamo il rapporto con
l’altro, e quindi sfiguriamo la nostra stessa immagine di persona.
La coerenza si presta, infatti, a tante distorsioni, quante sono le possibilità di falsificare e sfigurare
l’amore. Infinite! E’ il grande peccato di origine che si ripresenta nei suoi mille aspetti. Quante volte
chiamiamo "amore", un comportamento che amore non è; dietro l’etichetta c’è
qualcos’altro: un’immaturità, un interesse, una patologia, un calcolo. Oggi anche noi pensiamo e
diciamo (e ci pare una frase che chiude tutti i discorsi): "per lo meno è coerente con se stesso". Ma
dimentichiamo che questa e una magra consolazione e, soprattutto, propriamente parlando, che questo lo può
affermare di sé solo Dio. E’ il peccato dell’origine: essere come Dio; rubare quello che
può essere solo ricevuto nella gratuità e nel cammino. Per noi la coerenza può essere solo
unirsi a Lui, aderire (meglio che una tuta da pattinatore) alla verità continuamente cercata, scoperta,
perduta e ritrovata nella misericordia di Dio. Non possiamo essere noi il metro della coerenza; questa è
superbia diabolica! Noi siamo acqua in cammino, né fonte, né oceano!
Siamo chiamati a costruire la comunione. Quante volte confondiamo la tenacia coerente dei profetica, con
l’orgoglio di chi si separa dai fratelli per non stemperare le nostre "scelte eroiche" (o testarde) e coerenti?
Difficile il discernimento.
Personalmente infinite volte mi sono scoperto come "portato" dalla vita; come in un fiume che ti porta verso il
mare, mi sono trovato a fare scelte quasi "imboccato" dalla vita stessa, dalle persone incontrate, dalle storie
intrecciate. Quasi imboccato dal Signore, oserei dire. Lui è stato veramente coerente con me, al di là
di quello che io sono riuscito e riesco oggi a fare. Così la mia coerenza spesso (capisco) si riduce solo a
lodare e riconoscere la Sua; a lodare quell’immagine di figlio che Lui non ha mai dimenticato in me. Potrei
dire: "amerò e canterò la mia vita perché lì è entrato Lui". E’ questo un
aspetto di impotenza che, detto tra noi, mi consola; forse perché più passano gli anni, più mi
percepisco essere incoerente in tanti aspetti del mio vivere. Sento invece sempre più forte il bisogno di
lavorare per dire che Lui è grande, che è la Misericordia che ha inventato la Chiesa: un popolo di
incoerenti, come quello del Deserto, che non riusciva a rimanere fedele al suo Signore, neanche un giorno. Tutti i
giorni tocco con mano, anche qui, la povertà del nostro essere Popolo di Dio. Non esiste la Chiesa perfetta,
né i santi che vorremmo a volte idealizzare; non esistono le scelte forti, tutte di un pezzo. Esiste la
conversione continua. Esiste la misericordia e il credere ancora alla Sua Misericordia; esiste il crederci quando io
stesso non ci credo più. Quando non credo, neanche, che gli altri se la meritino. Esiste il credere che Lui ci
ha scelti prima ancora che venissimo alla luce (cfr. Sal. 139-138). E’ vero, la nostra può essere solo
la coerenza del santo, che si rialza sette volte (cfr. Prov. 24,16; Mt. 18,21).
Vista nella luce biblica anche la coerenza umana riceve una luce e una prospettiva che si riesce ad accettare. La
coerenza allora può essere vista come la grande virtù di oggi. In questo mondo ancora assetato di
amore; in questo mondo "pasticciato, nell’amore ancora balbettato". La coerenza, così intesa, può
essere la bussola per non perdere il cammino; può essere la musa ispiratrice per tutto, anche della politica o
del lavoro; può essere la marcia in più che tante volte manca o il sale che da sapore al quotidiano e
fa delle piccole cose di ogni giorno un’opera grande e "nuova". Anche la nostra coerenza, come tutto nella vita
degli uomini, deve convertirsi a Lui che è Verità infinita; questo, mi sembra, siamo chiamati ad
annunciare (cfr. 2 Cor. 11).
Ce la facciamo una risata? Ehi, ma perché non facciamo a gara per vedere chi è più coerente?
Però!, non è bello dire all’altro: "sei il mio incoerente preferito"? La facciamo la "pastorale
della coerenza"? Magari è quella giusta, con tutte quelle che abbiamo, chi ci capisce più niente; un
po’ è vero che i piani pastorali e "le pastorali" sono un’incoerenza totale; è chiaro, le
facciamo sempre noi!, mica gli angeli (consolatevi che qui è peggio).
Beh, io continuo a lavorarci su e, a questo punto, coerentemente vi abbraccio!
d.Franco Caserta