Riprendiamo sul nostro sito l'articolo che don Andrea Lonardo ha scritto il 19/2/2008 per la rubrica In cammino verso Gesù (la rubrica pubblica ogni due settimane un breve articolo di approfondimento sul Gesù storico e la rilevanza del suo vangelo) del sito Romasette di Avvenire
Il Centro culturale Gli scritti (20/2/2008)
«Immaginate in questa navata centrale della basilica di San Pietro le sessioni del
Concilio Vaticano II e gli oltre 2500 vescovi seduti a destra ed a sinistra che nel 1965 approvano la Dei
Verbum». Raramente le guide dei tanti pellegrini e turisti che giungono in Vaticano si soffermano a
raccontare e far rivivere questi momenti decisivi. Il Vaticano I fu celebrato nel transetto destro della basilica,
mentre il Vaticano II richiese l’intera navata centrale per permettere a tutti i partecipanti di prendere
parte alle diverse sessioni.
Fra i passaggi decisivi della Dei Verbum troviamo l’affermazione dell’origine
apostolica dei vangeli (DV 18): «La Chiesa ha sempre e in ogni luogo ritenuto e ritiene che i quattro
Vangeli sono di origine apostolica».
Con questa felice espressione i padri conciliari hanno voluto, da un lato, lasciare libero campo alla ricerca
su chi siano gli ultimi redattori degli scritti neotestamentari. Dall’altro hanno insegnato che,
chiunque sia stato l’effettivo estensore finale dei singoli scritti e quali siano stati i passaggi che hanno
preceduto la loro redazione ultima, tutto è avvenuto in conformità alla predicazione
apostolica.
L’ipotesi più accreditata sulla formazione dei sinottici afferma l’esistenza di una raccolta
scritta di detti di Gesù (in greco loghia) precedente la redazione di Matteo e Luca e da loro
utilizzata. I passi paralleli di questi due vangeli mostrano che entrambi debbono aver usufruito di questa fonte a
loro anteriore, tesa anch’essa a far sì che potessero essere conservate le parole pronunciate da
Gesù. Questa raccolta (indicata convenzionalmente con la maiuscola Q, dal tedesco Quelle
che significa appunto fonte) non la possediamo più come testo a sé stante, ma inserita in
Matteo e Luca che l’hanno intrecciata nel tessuto del vangelo di Marco ed arricchita con fonti a loro
proprie.
L’affermazione dell’origine apostolica dei vangeli indica che questa ipotesi, come altre consimili,
è assolutamente legittima per la fede cattolica. Essa, infatti, non inficia minimamente
l’affermazione che ciò che è contenuto nei vangeli risale alla predicazione apostolica.
I vangeli e gli altri testi neotestamentari vengono scritti mentre sono certamente ancora in vita alcuni degli
apostoli. La loro redazione avviene, comunque, in comunità di fondazione apostolica nelle quali la
memoria della loro testimonianza è certamente forte. Affermare che la chiesa ha sempre ritenuto e ritiene
l’origine apostolica dei vangeli vuol dire, da parte del Vaticano II, confermare che la sostanza di ciò
che i vangeli ci trasmettono rispecchia fedelmente la parola degli apostoli anche se i testi non avessero
direttamente la loro paternità, ma fossero opera di loro discepoli o in maniera più estesa di
“cerchie” di persone tramite loro generate alla fede.
Paolo VI in persona intervenne nella discussione conciliare facendo preparare una lettera il 17 ottobre 1965:
chiedeva che il testo della Dei Verbum affermasse da un lato il triplice stadio – Gesù,
gli apostoli, i redattori - che ha portato alla scrittura dei vangeli e dall’altro la fedeltà storica
del Nuovo Testamento al “Gesù reale”. Il suggerimento del Papa fu accolto ed i padri
conciliari si trovarono d’accordo nel dire, in Dei Verbum 19, che la chiesa
“afferma senza esitazione la storicità” dei vangeli.
Su questa linea si muove il volume Gesù di Nazaret di J.Ratzinger-Benedetto XVI in tutta la sua
impostazione ed anche quando, riflettendo sull’importanza della testimonianza giovannea che concorda pur
nelle sue peculiarità con tutto il resto del Nuovo Testamento, afferma che dietro il quarto vangelo “vi
è ultimamente un testimone oculare e anche la redazione concreta è avvenuta nella vivace cerchia dei
suoi discepoli e con l’apporto determinante di un discepolo a lui familiare”. Più che
l’individuazione precisa di questa figura ciò che sta a cuore all’Autore è evidentemente
l’origine apostolica dell’evangelo giovanneo.
Il Nuovo Testamento è così testimone non di molti cristianesimi, ma di un unico cristianesimo
nel quale i differenti autori arricchiscono l’unità con la percezione di sfumature differenti
ricchissime ma mai divergenti sul nucleo centrale, tutti confessanti insieme che solo in Cristo avviene la piena
rivelazione di Dio e che non vi è altro Salvatore al’infuori di Lui.
Per altri articoli e studi di d.Andrea Lonardo presenti su questo sito, vedi la pagina Sacra Scrittura (Antico e Nuovo Testamento) nella sezione Percorsi tematici