Sugli ultimi anni della vita di W.A.Mozart, vedi anche - su questo stesso sito www.gliscritti.it - La leggenda degli ultimi anni di Mozart e la realtà storica. Appunti da una conferenza del prof.Francesco Zimei e Il “divino” Amadeus e la grazia della fede: per Mozart cattolico. Dalla Grosse Messe al Requiem, di Andrea Lonardo.
Il Centro culturale Gli scritti (8/9/2007)
Ad Amadeus del regista Miloš Forman dobbiamo l’ultima
versione, la più conosciuta – a motivo della diffusione permessa dal cinema che supera con il suo
alone fascinante ogni prodotto della carta stampata – ma non per questo la più vera, della
leggendaria rivalità fra Mozart e Salieri.
Volkmar Brauenbehrens, autore della prima biografia moderna su Antonio Salieri[1], ha premesso al suo documentatissimo lavoro una introduzione che racconta la
genesi del motivo dell’invidia del maestro italiano verso il giovane talento che si andava affermando, per
spazzare il campo dalle leggende e giungere ad una comprensione storicamente corretta dell’opera di
Salieri.
La parola “invidia” come chiave interpretativa della vicenda compare con la “piccola
tragedia” scritta da A.S.Puškin dal titolo Mozart e Salieri, uno degli scritti
dell’ultimo periodo (1830-1837), il più fecondo letterariamente, della vita del celebre romanziere.
Puškin non fece alcuna ricerca storica e non ascoltò mai nessuna opera del Salieri.
L’avvelenamento di Mozart che egli mette in scena era giunto a lui in forma di diceria ed egli lo accolse e
lo espresse letterariamente nel suo scritto:
“A Puškin interessava piuttosto la contrapposizione fra due diverse tipologie di artista, per le
quali i nomi di Mozart e Salieri fungevano da incarnazioni storiche. La vicenda drammatica esteriore costituisce
quasi esclusivamente un'intelaiatura del tutto secondaria dell'azione, e tuttavia nella sua quasi misera
essenzialità è così assoluta che le due scene recanti nel manoscritto l’intestazione
“invidia” rendono certezza l’ipotesi dell'assassinio di Mozart da parte di Salieri. Salieri
accusa Dio di essere tanto ingiusto da non ricompensare l'ardente amore per l’arte, l’abnegazione, lo
sforzo, la diligenza e la preghiera con il dono di un genio immortale, e di coronare invece di tale genio proprio
il capo di un pazzo, di un ozioso, di Mozart appunto. Per la prima volta Salieri prova un sentimento quale l'invidia.
Mozart fa ascoltare a Salieri una nuova composizione e gli chiede la sua opinione: Salieri ritiene che questa sia la
prova del fatto che Mozart non è neppure in grado di riconoscere il proprio stesso genio. Decide dunque di
avvelenare Mozart, l'artista che è rapito nel mondo celeste, così lontano da ogni aspirazione terrena
all'arte da non poter essere più utile all'arte stessa. Nella seconda scena Mozart racconta della commissione
anonima del Requiem. Si viene a parlare di Pierre Augustin Caron de Beaumarchais[2], e Mozart chiede se sia vero che questi abbia avvelenato qualcuno, poiché
genio e delitto sono in realtà due realtà inconciliabili. In questo momento Salieri versa di nascosto
il veleno nel bicchiere, Mozart beve e si siede quindi al pianoforte per suonare il Requiem. Ben presto
però si sente male e se ne va. Salieri, solo, riflette su genio e delitto: sono veramente
inconciliabili?”[3]
Puškin inventa così lo stereotipo – ripreso poi dall’Amadeus teatrale ed,
infine, da quello cinematografico - del Mozart genio senza alcuna fatica, dalla cui musicalità emergono
sublimi melodie, dettate solo da un’ispirazione fluente ed inarrestabile. Gli studi storici ci restituiscono,
invece, la figura di un assiduo lavoratore, che doveva consumarsi, come ogni musicista, per la scrittura dei suoi
brani. La fatica di Mozart dovette, peraltro, iniziare prestissimo, poiché molta della sua bravura dipese
certamente anche dal padre che, fin da bambino, gli fece scoprire la bellezza della musica, ma, insieme, lo sottopose
ad un vero e proprio tour de force, perché crescesse come un bambino prodigio[4].
A Puškin si deve anche l’inserimento nella vicenda del tema di Dio e della sua ingiustizia che
renderebbe facile, appunto, all’uno la creazione musicale mentre sarebbe avara verso l’altro, Salieri,
che si consuma nello studio della musica. È questa protesta contro Dio che conferisce ricchezza emotiva ad
Amadeus, che la riprende dall’opera del romanziere russo; è necessario un riferimento divino
perché si dia una giustizia od una ingiustizia. Per definizione, infatti, il concetto di natura senza
ulteriori riferimenti esclude la possibilità di una sua giustizia od ingiustizia e la collocazione della
vicenda in un contesto agnostico, oltre a non descrivere correttamente l’epoca dei due musicisti, non avrebbe
permesso l’emergere così significativo della figura cinematografica di Salieri[5].
Brauenbehrens caratterizza il contrasto, creato da Puškin per esprimere non tanto una vicenda storica, quanto
per contrapporre due tipi ideali ed esaltare l’artista che si eleva al di sopra della massa, con queste
parole:
“Egli non si propone di rappresentare un delitto; vuole piuttosto contrapporre il genio, al quale tutto
sembra essere stato donato da Dio, senza che sia necessario alcun contributo da parte sua, a un altro tipo di
artista, che con il talento, la perseveranza e lo zelo cerca di far propria l'arte concepita come un prodotto
sempre più perfezionato, e tuttavia, nonostante l'impiego di tutte le sue forze, mai riuscirà a
raggiungere, neppure lontanamente, «i canti celestiali» che il «figlio dell'armonia» dispensa
con facilità, «risvegliando in noi, figli della polvere, una brama
inappagabile».”[6]
Fra il testo di Puškin e l’Amadeus cinematografico, sta il testo teatrale di Peter
Shaffer[7], che è stata la
pièce di riferimento per l’elaborazione della sceneggiatura del film di Forman.
Brauenbehrens coglie la novità dell’Amadeus teatrale nella costruzione scenica del desiderio di
Salieri di immortalarsi a fianco del maestro viennese. Egli non è più l’omicida, come in
Puškin, ma è sempre l’uomo roso dall’invidia e dal confronto con chi gli è
più grande. Salieri, nell’Amadeus teatrale, sfrutta l’unica possibilità rimastagli
dopo l’emergere del nuovo astro della musica, quella di essere ricordato per contrapposizione:
“Questa pièce è riuscita, in modo degno di nota, da un lato a confutare la tesi che vede
in Salieri l'assassino di Mozart, dall'altro a fare dell'odio mortale di Salieri l'oggetto del dramma. Il Salieri di
Shaffer non ha praticamente corresponsabilità nella morte di Mozart, se prescindiamo da un momento di
«psicoterrore» in cui egli appare ogni notte a Mozart come vera e propria incarnazione delle sue
allucinazioni ansiose sull'«oscuro messaggero». Decisivo in Amadeus è il fatto che Salieri,
pienamente cosciente, sollevi la mano per sferrare un ultimo colpo, per evitare di cadere nell'oblio, accusandosi di
essere l'assassino, di Mozart[8]:
‘Ecco, cari amici, ora ne sarete sicuri. Verrete a conoscenza della mia terribile morte - e presterete fede
alla menzogna. Da oggi, ogni volta che qualcuno pronuncerà con amore il nome di Mozart, anche il mio nome
sarà pronunciato - colmo di odio! Come si diffonderà nel mondo il suo nome, così si
diffonderà anche il mio - se non circondato di gloria, almeno ingloriosamente. Io sarò comunque
immortale - ed Egli non ha nessun potere per impedirlo!
Ride in modo stridente. Rivolgendosi a Dio: Così, Signore, ora vogliamo vedere se è lecito
schernire un uomo!’
Shaffer si è attenuto molto più fedelmente di Puškin alla realtà storica: certamente
per lui rivestivano grande importanza anche i personaggi storici. Ciononostante, nella sostanza si discosta ben
poco dal quadro presentatoci da Puškin, dal momento che anch'egli pone come postulato del suo dramma la
contrapposizione fra una mediocrità destinata a cadere nell'oblio e un genio divino, che nella vita si
comporta in modo infantile e al tempo stesso indegno (anche la ribellione di Salieri nei confronti di Dio occupa
già in Puškin una posizione centrale).”[9]
Le battute del Salieri teatrale richiamano antiteticamente le parole, in questo caso di bene, rivolte dal Cristo
alla Maddalena, dopo che essa lo aveva unto con olio profumato, come preannuncio della sua passione:
“Dovunque, in tutto il mondo, sarà annunziato il vangelo, si racconterà pure, in suo ricordo,
ciò che ella ha fatto” (Mc14,9).
Brauenbehrens sottolinea come la forma teatrale conservi quel distacco che permette allo spettatore di essere
cosciente della finzione che si sta recitando. La trasposizione dell’opera di Shaffer nella versione
cinematografica di Forman annulla, invece, quella distanza che ancora proteggeva la vicenda storica dei due
musicisti[10]:
“Il film di Miloš Forman Amadeus annulla totalmente la teatralità della
pièce intelligentemente costruita da Shaffer, il suo costante distacco critico da ciò che
avviene sulla scena, e presenta una chiassosa orgia cinematografica caratterizzata da una tale avvincente
immediatezza delle immagini, che si ha l'impressione che i fatti si siano potuti svolgere solo così e non
altrimenti...
Con esso si è adempiuto ciò che il Salieri di Shaffer aveva promesso al termine del dramma teatrale:
sotto il motto «Amadeus» (che dall'inizio del XIX secolo indica Wolfgang Gottlieb Mozart) si diffonde in
tutto il mondo la figura teatrale e cinematografica di Salieri, e con essa - ironico risvolto degno di nota - anche
la figura storica del compositore Antonio Salieri (1750-1825), che sembrava ormai dimenticato e a mala pena
considerato perfino dai musicologi, gode di una nuova popolarità, con una serie di nuove produzioni e
rappresentazioni delle sue opere”[11].
Brauenbehrens risale, infine, direttamente a ciò che sappiamo con certezza storica sulla morte di Mozart.
La tesi dell’avvelenamento del compositore viennese da parte di Salieri viene smentita da un dato
semplicissimo: Mozart non morì avvelenato, ma per una malattia che fu progressiva, sebbene rapida.
La leggenda sul presunto avvelenamento prese piede a partire da una notizia del Musikalischer
Wochenblatt, un giornale berlinese nel quale, una notizia di origine praghese, annunciando la morte
del compositore, diceva[12]:
“Mozart è morto. Ritornò malato da Praga e da allora non si riprese più: si pensò
che fosse affetto da idropisia, e spirò a Vienna alla fine della scorsa settimana. Poiché dopo la morte
il suo corpo si gonfiò, si ritiene addirittura che sia stato avvelenato”.
La ripetuta affermazione reperibile in studi successivi che fosse stata la moglie a far circolare questa notizia non
è attestata da alcuna fonte. Si cominciò a ricamare su questa diceria ed essa venne accolta in un
unico passaggio della biografia scritta nel 1798 da Franz Niemetschek, il quale riferì di una affermazione
di Mozart durante una passeggiata al Prater con la moglie[13]:
“Mentre sedevamo l’uno accanto all’altra, Mozart cominciò a parlare della morte, e sosteneva
che il Requiem che stava componendo era destinato a se stesso. Quest’uomo sensibile aveva le lacrime agli
occhi. ‘Ho una strana sensazione – continuò – non sopravviverò a lungo: sono certo
che qualcuno mi ha dato del veleno! Non posso liberarmi da quest’idea’.”
Pian piano fu indicato dalle dicerie popolari anche l’autore del presunto avvelenamento che fu individuato
in Antonio Salieri, che, come si vedrà più oltre, rimase invece stimatissimo a corte. Una notizia
relativa alla vita di Gioacchino Rossini, che chiese direttamente al Salieri nel 1822 in maniera scherzosa se fosse
stato lui ad uccidere Mozart e si sentì rispondere: “Le sembro, forse, un assassino?”, ci fa
capire quanto questa falsa e malevola notizia, avesse preso piede.
Nel 1823 Salieri, per un improvviso crollo fisico e psichico, fu ricoverato al Wiener Allgemeines Krankenhaus.
Subito si sparse la notizia che egli, in un momento di stato confusionale, avesse confessato di essere stato
l’assassino di Mozart. Chiaramente anche questa diceria non ha alcuna fonte che la sostenga.
Abbiamo, invece, i racconti di Ignaz Moscheles che descrisse una sua visita in ospedale a
Salieri[14]: “Rivederlo […] fu
triste: già la sua vista mi sconvolse; mi parlava con frase sconnesse della sua morte imminente: alla fine
però mi disse: ‘Benché questa sia la mia ultima malattia, posso in assoluta buona fede
assicurare che in quell'assurda diceria non c'è nulla di vero; voi lo sapete, - Mozart, l'avrei ucciso
io. E invece no, cattiveria, nient'altro che cattiveria; ditelo voi al mondo, caro Moscheles; ve l'ha detto il
vecchio Salieri, che fra poco morirà’. Io ero molto scosso, e quando il vecchio, ancora fra le
lacrime, mi ringraziò di nuovo per la mia visita - già mi aveva colmato di ringraziamenti al mio
arrivo - bisognò che io me ne andassi, per non lasciarmi sopraffare dall'emozione. Per quanto riguarda la
diceria alla quale il morente fece riferimento, è vero che si era diffusa, ma, per quanto mi riguardava,
non mi aveva mai toccato. Moralmente egli l'aveva invero danneggiato con i suoi intrighi e gli aveva in questo
modo avvelenato alcune ore”[15].
Da questo momento in poi, a partire da uno scritto del 1824 di Giuseppe Carpani e continuando con gli articoli
dell’Allgemeine musikalische Zeitung di Lipsia[16], furono pubblicati una serie di articoli che, invitando a riflettere sul fatto
che si fosse veramente varcato il segno e fosse il momento di tornare ai dati oggettivi di pubblico dominio che
assicuravano che Mozart fosse morto di malattia, difendevano il Salieri dall’orrenda accusa. Non
riuscirono, però, mai ad eliminare dal popolo la diceria che infangava il musicista italiano.
Brauenbehrens relativizza anche il motivo della presunta invidia del maestro italiano, “poiché
è senza dubbio possibile che Salieri abbia chiaramente percepito la superiorità artistica di Mozart -
dopo la morte di Mozart e nella sua vecchiaia egli parla spesso di Mozart con la massima considerazione e ammirazione
- ma ai tempi in cui Mozart era ancora in vita Salieri non era certo un personaggio comune e con tutti i suoi lavori,
o comunque con alcuni, ebbe un successo almeno pari a quello di Mozart; alcune sue opere furono ben presto date alla
stampa in partitura e in riduzione pianistica, e almeno da Parigi Salieri ricevette onorari assai considerevoli. Egli
occupò inoltre nella vita musicale viennese una delle posizioni più influenti. Salieri avrebbe dunque
sottovalutato questi suoi immensi successi al punto tale da non consentire loro di costituire almeno un freno alla
sua eventuale invidia nei confronti delle capacità compositive di Mozart, del suo genio, da impedire che essi
lo trattenessero dal commettere un delitto capitale?”[17]
Ciò che è interessante sottolineare dal punto di vista storico è, piuttosto, che la
notorietà di Mozart crebbe con il passare degli anni e che il fatto dell’esecuzione di brani di
compositori già deceduti ebbe sostanzialmente inizio proprio con le sue opere. Così scrive ancora
Brauenbehrens[18]:
“Solo alcuni anni dopo il 1800 il successo operistico di Salieri cominciò a poco a poco a scemare; egli
del resto dopo il 1802, non compose più opere. Mozart al contrario, e questo fatto non può essere
ignorato, è stato il primo compositore che dopo la sua morte fu onorato da un numero sempre crescente di
esecuzioni (in tutti i generi), da una fama postuma che da allora non ha mai conosciuto cedimenti: un fenomeno che
non si era mai verificato in questa forma prima di lui. Se dunque vogliamo parlare di invidia e gelosia, Salieri
avrebbe potuto notare tutto questo con crescente rancore, ma solo negli oltre trent'anni in cui egli sopravvisse a
Mozart (Salieri, d'altro canto, non era un carattere così invidioso come lo si è spesso dipinto)... ad
eccezione di Mozart e del caso particolare costituito da Beethoven, l'esecuzione su ampia scala di opere di
compositori non più viventi è una conquista del concerto storico, che si diffuse dopo il
1850”.
Ma questo fatto poté certamente esser compensato dalla stima costante che ebbe Antonio Salieri come maestro
di nuovi musicisti dopo la morte di Mozart. Ebbe fra i suoi allievi personalità quali Beethoven, Franz
Xaver Süssmayr, Carl Czerny, Johann Nepomuk Hummel, Ignaz Moscheles, Franz Schubert, Franz Liszt e molti altri,
fra i quali anche Franz Xaver Wolfgang Mozart.
Prima di subire il tracollo fisico ed essere ricoverato in ospedale, Salieri si dedicò ad una revisione delle
sue opere e affidò i suoi scritti ad un musicista dilettante Ignaz Franz von Mosel, perché potesse
stendere una sua biografia da conservare per i posteri. Essa è l’unica biografia completa del
maestro italiano,fino al ponderoso lavoro del Brauenbehrens.
Per introdurre alla lettura della sua biografia, vogliamo concludere con le parole, riportateci sempre dal
Brauenbehrens, del Salieri stesso, che egli annotò in un manoscritto durante la revisione delle proprie
opere[19]:
“Mi fa piacere [...] trovarvi più cose buone che cattive, e quando a volte riesco a migliorare qualche
passaggio che non mi aveva mai convinto, e che in precedenza avevo cercato invano di migliorare, allora nessuno
è più felice di me. Si dirà che mi accontento di poco; ma questo dimostra solo la passione
di un artista per la sua arte, passione senza la quale non si può concludere nulla di buono”.
[1] V.Brauenbehrens, Salieri Un musicista all’ombra di Mozart, La nuova Italia, Firenze, 1997. Brauenbehrens è autore anche del volume Mozart in Wien, München, 1986, non ancora tradotto in italiano.
[2] Librettista d’opere che collaborò con Salieri si sposò due volte ed entrambe le mogli morirono; la leggenda vuole che egli le abbia avvelenate entrambe.
[3] V.Brauenbehrens, Salieri Un musicista all’ombra di Mozart, La nuova Italia, Firenze, 1997, pp.1-2.
[4] Questo aspetto della carriera di Mozart è manifesto in Noi tre, un film diretto da Pupi Avati, ambientato nella Bologna del 1770, al tempo del viaggio della famiglia Mozart in Italia, quando Wolfgang aveva 14 anni. L’opera ha, fra gli altri pregi, proprio quello di mostrare una diversa interpretazione, anche se ancora una volta fantastica, del genio mozartiano. Qui appare la fatica dello studio musicale in un Mozart adolescente diviso fra l’obbedienza al padre che desidera che il figlio diventi un grande musicista, obbligandolo allo studio, ed il desiderio del ragazzo di vivere, invece, la propria giovinezza nella spensieratezza insieme ad i suoi coetanei.
[5] Non è pertinente a questa breve recensione una riflessione sulla presenza del tema della malattia mentale e dell’handicap nell’opera di Miloš Forman, che meriterebbe una attenta analisi.
[6] V.Brauenbehrens, Salieri Un musicista all’ombra di Mozart, La nuova Italia, Firenze, 1997, pp.2-3.
[7] P.Shaffer, Amadeus, Harmondsworth, New York, 1979.
[8] P.Shaffer, Amadeus, Harmondsworth, New York, 1979, p.126.
[9] V.Brauenbehrens, Salieri Un musicista all’ombra di Mozart, La nuova Italia, Firenze, 1997, p.10.
[10] Il film ha dalla sua, ovviamente, la colonna sonora che è il vero legame storico fra l’Amadeus cinematografico e la vicenda storica di Mozart. Essa fa ascoltare nel breve lasso di tempo della durata della pellicola alcune delle composizioni del maestro, sottolineandole a volte anche con delle notazioni verbali, come quando Salieri commenta Le nozze di Figaro ed esprime la sua ammirazione entusiasta perché l’opera presenta, alla fine della II scena, venti minuti consecutivi di musica senza un recitativo che la interrompa ed arriva a far cantare venti voci contemporaneamente!
[11] V.Brauenbehrens, Salieri Un musicista all’ombra di Mozart, La nuova Italia, Firenze, 1997, p.11.
[12] In V.Brauenbehrens, Salieri Un musicista all’ombra di Mozart, La nuova Italia, Firenze, 1997, p.3.
[13] In V.Brauenbehrens, Salieri Un musicista all’ombra di Mozart, La nuova Italia, Firenze, 1997, p.3.
[14] In V.Brauenbehrens, Salieri Un musicista all’ombra di Mozart, La nuova Italia, Firenze, 1997, pp.5-6, che cita l’opera del Moscheles, Aus Moscheles Leben, 2 voll., Leipzig, 1872-73, vol.I, pp.84ss.
[15] Nelle fonti, il motivo della rivalità è certamente presente, come nella lettera di Mozart del dicembre 1789 a M.Puchberg, nella quale il compositore scrive: “A voce vi racconterò alcune cabale di Salieri, che comunque sono già andate in fumo”. Allo stesso tempo è attestato dalla lettera con la quale Mozart chiedeva di essere assunto come kapellmeister a Vienna che egli abbia esplicitamente affermato che per quel ruolo il Salieri non sarebbe stato all’altezza, poiché inesperto di musica da eseguire nelle chiese. Insomma, i piccoli torti dovevano essere reciproci. Ma esistono anche testimonianze che indicano come i due si frequentassero e come Salieri plaudisse pubblicamente alle composizioni di Mozart, come è indicato nella lettera di Mozart del 14 ottobre 1791. In essa il maestro racconta di essere andato personalmente a prendere in carrozza il Salieri e la cantante Catarina Cavalieri, per assistere con loro ad una delle rappresentazioni del Flauto magico, al termine della quale Salieri espresse tutti i suoi complimenti.
[16] L’articolo di G.Carpani, dal titolo Lettera del sig.G.Carpani in difesa del M.° Salieri calunniato dell’avvelenamento del M.° Mozzard, apparve su Biblioteca italiana o sia Giornale di letteratura, scienza e arte, 9 (1824), settembre, pp.262-276. I due articoli sulla rivista di Lipsia apparvero il 19 agosto 1824 ed il 25 maggio 1825, rispettivamente alla col.554 ed alle coll.349ss.
[17] V.Brauenbehrens, Salieri Un musicista all’ombra di Mozart, La nuova Italia, Firenze, 1997, p.8.
[18] V.Brauenbehrens, Salieri Un musicista all’ombra di Mozart, La nuova Italia, Firenze, 1997, pp.8-9.
[19] In V.Brauenbehrens, Salieri Un musicista all’ombra di Mozart, La nuova Italia, Firenze, 1997, p.12.