Riprendiamo, per il progetto Portaparola, l’articolo scritto da Samir Khalil Samir per
Avvenire di martedì 27 marzo 2007 con il titolo originale di Corano maschilista? Dipende dal
traduttore.
La sua breve riflessione vuole indicare come via da percorrere non una improbabile nuova traduzione, ma piuttosto
una nuova riflessione che collochi il testo nel suo contesto storico, aprendo la possibilità di una
interpretazione non letterale. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di rendere più facile la
lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (3/4/2007)
In questi giorni, la stampa di vari Paesi ha riportato la notizia che Laleh Bakhtiar, americana
di origine iraniana, ha compiuto una nuova traduzione del Corano in inglese dopo sette anni di lavoro. Si dice
che negli ultimi cinque anni siano apparse ben quindici traduzioni inglesi del Corano. Ma questa ha una
particolarità: Bakhtiar è femminista, ha vissuto nove anni con sufi iraniani e poi quindici con sufi
sunniti. È stata docente di Islam all'Università di Chicago e lotta da anni per reinterpretare il testo
coranico, corrotto dalla lettura maschilista.
La notizia riguarda il famoso versetto 4,34 del capitolo delle Donne: «Gli uomini sono preposti alle donne,
a causa della preferenza che Allah concede agli uni rispetto alle altre e perché spendono [per esse] i loro
beni. Le [donne] virtuose sono le devote, che proteggono nel segreto quello che Allah ha preservato. Ammonite
quelle di cui temete l'insubordinazione (nushûzahunna), lasciatele sole nei loro letti,
battetele (wa-dribûhunna). Se poi vi obbediscono, non fate più nulla contro di
esse. Allah è altissimo, grande».
Negli ultimi decenni, soprattutto in Occidente, sono stati scritti tanti studi su questo versetto, a proposito
del quale - dicono le femministe - gli uomini hanno derivato argomento per giustificare la loro violenza contro le
donne. In genere, si tratta di capire il testo nel contesto del settimo secolo, per mostrare che il profeta
dell'islam ha portato una legge divina molto più mite di quella degli arabi del tempo e che nella sua vita si
è dimostrato assai comprensivo verso le donne.
Qui invece si tratta di traduzione. Bakhtiar spiega che il verbo arabo «daraba»,
sempre tradotto con «battere», ammette anche altre traduzioni, una di queste è «allontanarsi
da». «Perché scegliere l'interpretazione "battere" quando si può intendere
"allontanarsi"?», ha scritto. Omar Abu-Namous, imam della moschea (Islamic Cultural Center) di New York, ha
detto che l'importante per chi traduce è la perfetta conoscenza della lingua araba classica. Siham Serry,
professore di lingua araba all'Università Americana del Cairo, ha detto che avrebbe tradotto «spingerle
fuori». Già, nella traduzione turca di Edip Yuksel, pubblicata a Istanbul nel 1991, egli traduceva
«cacciatele via» anziché «battetele». Secondo me, il verbo
«daraba» non ammette questo significato che con la preposizione
'an, la quale qui manca.
Tutto questo pone il problema dell'interpretazione del testo coranico. Attualmente, stiamo vivendo nel mondo
islamico la fase di presa di coscienza del problema, suscitata dalla reazione di musulmani (e non) di fronte
all'atteggiamento coranico verso la violenza, le donne, i non musulmani, la libertà, i costumi, e così
via. Questa presa di coscienza è limitata a un piccolo gruppo di studiosi, nella maggior parte dei casi non
appartenenti alla "categoria" degli imam, ma dei laici. Ci vorrà del tempo prima di arrivare alla
soluzione, ma tutti questi sforzi sono segni incoraggianti.
Ci sono due scogli da evitare: da una parte, chi ritocca la traduzione o il significato per rendere il Corano
"accettabile" alla mentalità moderna, a costo di essere infedele al testo; dall'altra chi vieta qualunque
interpretazione. Il testo deve essere tradotto letteralmente, anche se urta. Il commento (o la nota) deve dare
l'interpretazione per l'oggi. È lo stesso problema che incontriamo nel tradurre la Bibbia, in particolare
l'Antico Testamento. Personalmente, ho fiducia che gli studiosi musulmani arriveranno a rispettare la
fedeltà al testo, offrendone interpretazioni ragionate.