Francia più precaria con i Pacs a sciogliere
di Marina Corradi

Presentiamo on-line sul nostro sito, per il progetto Portaparola, l’articolo di Marina Corradi apparso su Avvenire del 12 ottobre 2007. La giornalista sottolinea come il diritto incida nell’evoluzione del costume e non sia, come talvolta si pretende, semplicemente uno specchio di esso. Ben oltre la questione delle convivenze omosessuali, dove il tema della durata delle relazioni è spesso un tema tabù, la politica dei Pacs sembra modificare la percezione della promessa, di quella gioia del futuro che caratterizza l’amore.

Il Centro culturale Gli scritti 6/11/2007


Una certa Francia laica esulta sulla prima pagina di Le Monde: In otto anni, il numero dei Pacs è esploso. Dai 22 mila Pacs del 2000 si è passati ai 77 mila dell’anno scorso: ogni quattro coppie che si sposano, oggi una preferisce i Pacs. E solo il 7% di queste unioni è stretto fra coppie omosessuali. L’aumento, nell’ordine del 20% annuo, riguarda uomini e donne che alle nozze preferiscono quel patto molto più semplice, quando occorra, da sciogliere. Il Pacs si diffonde sempre più largamente, mentre le cifre dei matrimoni indietreggiano. Il Pacs è considerato comodo, facile e vantaggioso. E in effetti lo è, soprattutto da quando, nel 2005, ha ottenuto un regime fiscale simile a quello del matrimonio (tanto vantaggioso che si registrano ormai Pacs dettati da pura convenienza economica, accanto a Pacs 'bianchi', fra dipendenti pubblici che li sottoscrivono per avere il trasferimento desiderato). E’ prossimo poi l’allineamento del sistema delle successioni a quello delle coppie sposate. Una politica di incentivazione, insomma, che ha spinto molti a un semplice calcolo: se regime fiscale e successione nei Pacs si avvicinano a quelli del matrimonio, ma il divorzio è un’odissea, perché mai sposarsi? Nelle metropoli si va facendo trendy, il Pacs, modello vincente per una generazione che non vuole promettere niente, e a una mancanza di vincoli quasi pari a quella della libera unione può accompagnare ora le pur sempre confortanti garanzie del nero su bianco. C’è un punto, tuttavia, su cui Le Monde glissa: la 'tenuta' nel tempo dei Pacs. Secondo il quotidiano il tasso di separazione dopo sei anni è più o meno equivalente a quello delle rotture al settimo anno fra coniugati, attorno al 18%. In realtà, se i primi Pacs rispettavano questa tendenza, i Pacs contratti nel 2001 sono già sciolti nel 28% dei casi. C’è una visibile accelerazione: sono occorsi 7 anni perché il 20% dei Pacs del 1999 fosse annullato, e solo 3 per il naufragio della stessa proporzione di quelli del 2001. Dunque, col passar del tempo, un aumento rapido nella propensione dei contratti di solidarietà a sciogliersi, in una precarizzazione del vivere che dal lavoro si estende e diventa norma anche negli affetti. Occorre dire, però, che in Francia il mutamento non è stato tanto spontaneo, quanto spinto e sollecitato da riforme che paiono fatte apposta per incentivare economicamente il matrimonio 'leggero'. Una legge, insomma, ha indotto una domanda di legami convenienti e semplici da cancellare; innestando poi una spirale per cui la relativa stabilità delle prime unioni va calando, man mano che una durata effimera viene percepita come perfettamente normale. Tanto che le statistiche francesi suggeriscono un dubbio: che abbia ragione quella parlamentare tedesca che giorni fa ha proposto delle unioni che vadano periodicamente e positivamente rinnovate? Dei 'matrimoni a termine': se si vuole continuare, occorre mettere una firma. E sembrerebbe uno scherzo, ma non è detto. Che il terzo millennio si avvii verso l’istituzione del precariato coniugale? Una legge come quella sui Pacs, la Francia lo dimostra, può incidere con forza sui modi in cui si pensa ai rapporti fra uomo e donna. Cambiarli profondamente, fino a renderli irriconoscibili. Mentre i figli, quelli, governati da un’antica natura, si ostinano ad aver bisogno di padre e madre per vent’anni. Tempi improponibili, oggigiorno. In Francia, i figli continuano a nascere, anzi la natalità è la più alta d’Europa. Il problema però è in quale casa crescerli, e cosa consegnare a questi figli, se la famiglia si fa volatile, sottile come una firma davanti a un notaio.


[Approfondimenti]