Presentiamo on-line un testo del prof.Giancarlo Biguzzi, docente di Nuovo Testamento presso la Pontificia Università Urbaniana, già apparso sulla rivista Eteria, appartenente ad una serie di articoli che avevano lo scopo di introdurre, come in agili reportage giornalistici, ad una prima conoscenza dei luoghi e delle figure del Nuovo Testamento. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di rendere più facile la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (12/8/2007)
Il simbolo dell’evangelista Luca è il toro. Ma
perché? E da dove vengono quel simbolo per Luca, quello del leone per
Marco (basti pensare al leone di Venezia, dovuto alla tomba e alla basilica
di S. Marco), quello dell’uomo per Matteo, e infine quello dell’aquila
per Giovanni?
La prima origine dei quattro simboli è antica quanto il profeta Ezechiele.
Egli, giovane figlio di Buzi che era sacerdote del tempio di Gerusalemme, fu
nel numero dei circa 10.000 che nel 597 a.C. furono deportati da Gerusalemme
in terra babilonese, in Mesopotamia. Là ricevette la chiamata profetica
mentre si trovava sulle sponde del canale Kebar (Ezechiele 1,1). Descrivendo
la sua vocazione, Ezechiele dice di avere veduto il carro della gloria divina
recato da quattro esseri misteriosi, ognuno dei quali aveva quattro volti: precisamente
d’uomo, di leone, di toro e d’aquila (Ezechiele 1,4-10). Nel
sec. VI a.C., Ezechiele non poteva evidentemente parlare degli evangelisti.
Ma degli evangelisti non parla neanche Giovanni nell’Apocalisse, il
quale riprende l’immagine da Ezechiele e la semplifica. Per Giovanni infatti
ognuno dei quattro esseri viventi che accompagnano il trono divino ha un solo
aspetto: il primo ha l’aspetto di leone, il secondo di toro, il terzo
di uomo, e il quarto d’aquila (Apocalisse 4,6-7). Il simbolismo inteso
è probabilmente cosmico: ai piedi del trono divino sta tutta la natura,
simboleggiata dal leone, il più forte degli animali selvatici; dal toro,
il più forte degli animali da allevamento; dall’uomo, il più
nobile di tutti gli esseri animati, e dall’aquila, il più forte
dei volatili.
Furono i commentatori dell’Apocalisse a vedere i quattro evangelisti
nei quattro esseri viventi di Ezechiele e dell’Apocalisse. Il primo fu
Ireneo, vescovo di Lione in Gallia (attuale Francia, 180 d.C. circa), originario
dell’Asia Minore, forse di Smirne o forse di Efeso. Contro la proliferazione
dei vangeli apocrifi egli difese con energia il numero quaternario dei vangeli
prendendo argomento sia dai quattro punti cardinali (nella fede quattro sono
i vangeli, come nella natura quattro sono i punti cardinali), e appunto dai
quattro esseri viventi dell’Apocalisse. L’applicazione dei quattro
simboli in Ireneo non è esattamente quella che per noi è tradizionale.
Come per noi anche per Ireneo l’uomo è Matteo e il toro è
Luca, ma per Ireneo l’aquila è simbolo di Marco e il leone è
simbolo di Giovanni.
Le stesse corrispondenze si ritrovano in Vittorino, vescovo dell’antica
Petovium, oggi Ptuj in Slovenia, morto martire sotto Diocleziano
nel 303 d.C. Originario anch’egli dell’oriente, scrisse un commentario
(il più antico giunto a noi) all’Apocalisse dove appunto applicava
i quattro simboli agli evangelisti, seguendo da vicino Ireneo. Ci fu un certo
Anatolio che, venuto a conoscenza di quel commentario ed essendo perplesso su
certe interpretazioni, lo inviò a S.Girolamo, grande conoscitore delle
Sacre Scritture, per averne un parere. Come Anatolio, anche Girolamo trovò
qualcosa che nel commentario di Vittorino non era condivisibile. Ne fece una
revisione, omettendo, correggendo, e migliorando anche la lingua latina di Vittorino
che lasciava a desiderare. Ebbene tra le rielaborazioni di San Girolamo ci
fu anche una diversa applicazione dei quattro esseri viventi dell’Apocalisse
ai quattro evangelisti. Girolamo ribadì poi la sua nuova interpretazione
sia nel commento a Ezechiele, sia nel commento a Matteo, e la sua autorevolezza
la impose su tutte le altre.
Quello che è interessante è la motivazione degli abbinamenti,
i quali sia in Vittorino che in Girolamo sono fatti a partire dalla pagina iniziale
dei singoli vangeli. La motivazione di Girolamo era la più convincente
e anche per questo si è imposta e stabilizzata nella tradizione. Matteo
è raffigurato dall’uomo perché nella prima pagina riporta
la genealogia di Gesù, e dunque parla della sua origine umana. Marco
invece è il leone perché nella prima pagina presenta il Battista
che, come un leone, grida la sua testimonianza nel deserto. Luca è rappresentato
dal toro perché introduce come primo personaggio del suo racconto Zaccaria,
il padre del Battista, il quale, essendo sacerdote del tempio, come tale offriva
sacrifici di tori. Giovanni infine è l’aquila, per il volo sublime
dell’inno al Verbo con cui si apre il suo sublime vangelo.
Dai libri di Ireneo, Vittorino o Girolamo, ma anche di Agostino di Ippona, di
Ambrogio di Milano ecc., i quattro simboli sono passati poi nei monumenti,
e in particolare nei mosaici delle chiese dei sec. V-VI: per esempio nell’abside
di S. Pudenziana e di S. Maria Maggiore a Roma, nella tomba di Galla Placidia,
in S. Vitale e in S. Apollinare Nuovo a Ravenna. E poi soprattutto nelle copertine
degli evangeliari (= manoscritti che riportavano i testi dei vangeli) e nelle
miniature al loro interno, e poi sul marmo, e sul legno e sull’avorio:
all’infinito.
La tradizione conosce anche simbologie alternative, tre delle quali meritano
di essere ricordate. La prima si trova ancora in Vittorino di Petovio: come
dall’unica sorgente del giardino di Eden venivano quattro fiumi (Genesi
2,10-14), così i quattro vangeli propongono in forma diversa l’unica
predicazione venuta dalle labbra del Cristo. La seconda si trova scolpita in
un coperchio di sarcofago conservato ai musei vaticani: Gesù vi viene
rappresentato come timoniere di una barca, simbolo della chiesa, mentre gli
evangelisti sono al lavoro dei remi. La terza paragona il messaggio evangelico
all’arca dell’alleanza che era il luogo della presenza divina in
mezzo all’accampamento degli Israeliti. Secondo Esodo 25,12 l’arca
aveva alla sua base quattro anelli d’oro, dove venivano introdotte le
stanghe al momento di sollevarla e trasferirla ad altro luogo. Così,
dicono i teologi medioevali (per esempio Ambrosio Autperto, Alcuino, Aimone
di Halberstat), anche l’unico messaggio di Cristo ha, non quattro anelli,
ma quattro vangeli con i quali viene portato e annunciato in ogni luogo.
Per altri articoli e studi del prof.Giancarlo Biguzzi o sui vangeli presenti su questo sito, vedi la pagina Sacra Scrittura (Antico e Nuovo Testamento) nella sezione Percorsi tematici