Il Gesù di Nazaret di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI
Dalla Prolusione di S.Ecc. Mons. Rino Fisichella, per l’inaugurazione dell’Anno Accademico 2007-2008 della Pontificia Università Lateranense

Riprendiamo on-line sul nostro sito, dalla Prolusione di S.Ecc.Mons.Rino Fisichella,
Rettore Magnifico della Pontificia Università Lateranense, per l’inaugurazione dell’Anno Accademico 2007-2008, tenutasi il 24 ottobre 2007, apparsa sul sito dell’omonima università, la parte riguardante il libro Gesù di Nazaret di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line del testo.

Il Centro culturale Gli scritti (26/10/2007)


Un evento particolare ci provoca a riflettere più da vicino sul ruolo formativo che siamo chiamati a svolgere. Questo è offerto dalla pubblicazione, lo scorso mese di marzo, della prima parte del libro di Benedetto XVI Gesù di Nazaret. L'interesse per questo testo è stato pari alla incredibile diffusione che ha avuto in tutto il mondo. Superata la fase della meraviglia per il fatto che un Papa scrivesse un libro alla stessa stregua di quanto aveva fatto per l'intero arco del suo ministero come teologo, e con grande umiltà attestasse che "ognuno è libero di contraddirmi" (p. 20), giunge ora, con il trascorrere del tempo, il momento per entrare maggiormente all'interno dei suoi contenuti con una lettura più approfondita e uno studio più sistematico. Solo così è possibile cogliere la ricchezza di questa ricerca che contiene, nello stesso tempo, la fatica dello studioso che si addentra nelle pieghe del mistero per far emergere il valore storico della persona di Gesù, e il cammino di una vita intera con la quale instancabilmente si ricerca il volto del Signore a cui si crede per dare senso definitivo alla propria esistenza.

Citando un verso di Goethe: "L'occhio non potrebbe vedere il sole se non avesse in sé la natura del sole" (p. 389), Papa Benedetto ricorda che ogni processo conoscitivo comporta una forma di assimilazione dell'oggetto conosciuto; tanto più è valido questo principio quanto più si inserisce all'interno del processo interpersonale. Tra chi conosce e chi è conosciuto –se la conoscenza deve essere reale e toccare l'intimo della persona– si deve creare una sorta di intenzionalità profonda che raggiunge il desiderio della condivisione e della comunione. Gregorio Magno poteva dire con ragione che "La conoscenza precede sempre l’amore per la verità".

Proprio questo desiderio di verità, che non potrà mai essere saziato fino a quando non la si potrà contemplare in pienezza, spinge alla conoscenza lenta, graduale, ma costante della persona amata. La conoscenza di Dio non può essere mantenuta al solo desiderio della ratio che comprende la necessità di voler indagare oltre il materiale per scoprire quanto il reale contenga in sé tratti indelebili che delineano il mistero dell'incomprensibile; essa deve sfociare, pertanto, nel desiderio della comunione con Dio per poter soddisfare in modo coerente il desiderio dinamico di verità e che non può essere compreso, ma solo accondisceso. Quando la fede pensa, raggiunge un'intelligenza talmente alta che trascina con sé la ragione in un'avventura insperata: addentrarsi nel mistero e percepirne la verità che si svela a partire dal mistero stesso.

Il Gesù di Nazaret possiede anche da un punto di vista semplicemente culturale un grande valore. Per l'autorevolezza dell'autore, esso riesce a restituire in qualche modo diritto di cittadinanza alla teologia nell'interno dell'organigramma delle scienze, dopo un periodo troppo lungo di indifferenza che queste le hanno riservato. Non solo. Consente, altresì, di corrispondere a un duplice movimento: da una parte, infatti, permette ai credenti di dare spessore alla loro fede; dall'altra, provoca quanti non credono ad avere almeno una curiosità intellettuale per conoscere Gesù Cristo. Nell'uno come nell'altro caso si mostrano le ragioni che, fatte forti dall’oggettività della ricerca scientifica, consentono ai primi di non cadere in alcuna forma di fideismo mentre ai secondi offrono la possibilità di andare oltre il mito.

Restituire fiducia storica ai vangeli non è solo un fatto che tocca la ricerca teologica; il tentativo va ben oltre. Equivale a mostrare che fede e ragione non sono incompatibili come qualcuno ipotizza, ma alleati nella ricerca della verità. Quando la ragione nell'antica filosofia greca si accostò al mito fu capace di togliere la divinità dalle nebbie dell'olimpo per sottoporre anche gli dei alle esigenze del pensiero.

Alla funzione del mito di dare una spiegazione sociale all'ordine sacrale dell'universo, davanti al quale l'uomo rimaneva con il timore reverenziale, subentrava la necessità di verificarne la natura sacrale e la composizione stessa del creato mediante lo studio delle cause e dei principi universali. La filosofia naturale apriva lo spazio a una teologia naturale; i poeti d'un tempo si evolvevano in φυσικοί e, da qui, in φιλόσοφοι e θεόλογοι. Il λόγος si imponeva sul μύθος e la conquista del sapere si proiettava in maniera decisa verso lidi sempre più complessi per tentare di dare una spiegazione al mistero della divinità, del mondo, dell'uomo e della sua vita.

Con il suo Gesù di Nazaret, Benedetto XVI ricompone in unità una serie di studi che coprono almeno tre secoli di storia. La Leben-Jesu-Forschung, iniziata nell'epoca moderna da Reimarus, porta con sé luci e ombre che gli studiosi del settore ben conoscono. Ciò che emerge dallo studio di Benedetto XVI è la capacità di fare sintesi critica di tali ricerche per far risplendere il vero Gesù della storia così come gli evangelisti lo hanno narrato e come la Chiesa lo ha sempre professato. Fede e ragione, fede e ricerca scientifica non si oppongono, ma sono indirizzati a far emergere al meglio quanto la fede professa avendo alla base il supporto della storia. La vera novità che viene fornita dal genere letterario "vangelo", soprattutto se confrontato con altri testi religiosi, consiste proprio in questa fedeltà alla storia.

Giustamente, Benedetto XVI scrive in proposito: "Quale fede «testimonia» se si è lasciato, per così dire, la storia alle spalle? Come può rafforzare la fede se si propone come testimonianza storica –e lo fa con grande vigore– ma non offre poi informazioni storiche? Io penso che qui ci troviamo di fronte a un'idea errata di ciò che è storico, a un'idea errata di ciò che è fede… una fede che lascia cadere in questo modo la dimensione storica diventa, in realtà, «gnosticismo». Si lascia alle spalle la carne, l'incarnazione, la vera storia appunto" (p. 268).

Solo nella misura in cui Gesù è veramente uomo, infatti, può rivelare in maniera coerente il mistero di Dio all'uomo di ieri come a quello di oggi. La teologia, da questa prospettiva, ben conosce l'importanza della storia perché, a partire dall'incarnazione, la relazionalità tra l'uomo e Dio acquista non più un valore simbolico, ma concreto e reale. Nessuno è escluso dal confrontarsi con questo uomo che afferma di avere una relazione con Dio talmente unica da esprimersi nella figliolanza. La stessa filosofia, comunque, trova qui la possibilità di imprimere al λόγος tutto il suo valore perché l' αρχή di tutto non è più solo pensato, ma diventa visibile e porta con sé le ragioni per dare senso pieno a tutto il reale. Senza nulla togliere alla peculiarità del diritto, neppure gli studi giuridici possono pensare di prescindere dalla rivelazione del Figlio di Dio. Qui, infatti, si condensano i principi fondamentali dell'antropologia che porta con sé la codificazione del rispetto e della dignità di ogni persona e trova compimento il desiderio di giustizia che ogni uomo richiede.

Benedetto XVI ha dato con questa prima parte del suo Gesù di Nazaret un grande contributo alla vita della Chiesa. I cristiani sonochiamati a dare solidità alla loro fede mediante una conoscenza diGesù Cristo che si fa forte della ricerca scientifica e proprio per questoritornano ai Vangeli con maggior fiducia per ritrovare in essi il verovolto del Figlio di Dio. Davanti a questo fatto, la Chiesa sente in maniera ancora più forte la responsabilità dell'annuncio perché ciò che essa crede, celebra e testimonia nella sua vita deve essere ancora oggi presentato in tutta la sua credibilità. Diventa ingenuo, a questo punto, ogni tentativo di voler separare Gesù dalla sua Chiesa; egli è vestitodegli abiti della Sposa e nessuno può strapparli di dosso senza pensaredi non avere più il vero Gesù di Nazareth, ma solo una creazioneindividuale, senza alcun oggettivo riferimento alla storia e alla fede.

Un libro che per la sua valenza culturale diventa una genuina e positiva provocazione a confrontarsi con quest'uomo che afferma di essere "la via, la verità e la vita" (Gv 14,8) di ogni persona e di dare compimento alla domanda di senso che alberga nell'intimo di ognuno. In un periodo come il nostro in cui gli ingenui tentativi del passato remoto per affossare la credibilità di Gesù di Nazareth vengono riportati alla luce come se il tempo non fosse mai passato e la ricerca scientifica non li avesse smentiti, il libro del Santo Padre offre ai credenti uno strumento per riprendere tra le mani il Vangelo con maggior fiducia e più convinzione. La gratitudine per aver partecipato a tutti la sua personale ricerca del volto di Cristo (p. 7.20), si trasforma in un impegno a saper sempre rendere ragione della nostra fede e speranza nel Signore a chiunque ne chiede ragione (1 Pt 3,15).


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