Esercizi spirituali predicati da don Franco Cagnasso: una meditazione alla settimana per la preghiera
personale
VI/ “Simone di Giovanni, mi vuoi bene tu?”
Riproponiamo on-line la trascrizione delle meditazioni proposte da don Franco Cagnasso ai preti
della diocesi di Roma negli esercizi spirituali del 13-17 novembre 2000. Ogni settimana sarà messa a
disposizione sul nostro sito una meditazione perché possa accompagnare la preghiera personale. La trascrizione
dei testi è stata curata dal Servizio diocesano di formazione permanente del clero, guidato da mons.Luciano
Pascucci. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line del testo.
Il Centro culturale Gli scritti (22/6/2007)
Pietro riceve solennemente la missione di pascere gli agnelli, coloro che Gesù ama e per i
quali dà la vita. Coloro che in minima parte sono raccolti, perché ci sono altre pecore che non sono
di quest’ovile, ma Lui è per tutti. Pietro lo riceve come missione, dopo che c’è stata
un’altra domanda, che propongo alla vostra meditazione di oggi.
Gesù lo prende da parte e gli chiede: “Simone di Giovanni, mi vuoi bene più di costoro?”.
Vorrei imperniare su questa domanda la riflessione che faccio, ma queste cose che cercherò di dire possono
anche essere messe in relazione con un tema di attualità nella chiesa e nel rapporto fra le religioni: quello
di Gesù unico Salvatore.
Già la Redemptoris Missio, l’enciclica missionaria di questo papa ne aveva parlato; adesso recentemente
c’è stato un altro documento che ha fatto discutere e ha ribadito un dato teologico e di fede, che
accolgo volentieri, ma dopo averlo accolto occorre un ulteriore lavoro di grande importanza. Bisogna che ciascuno
di noi dica con altrettanta serena certezza: sì, Gesù è Salvatore di tutti e perciò lo
credo mio Salvatore. Può sembrare sciocco fare questa specificazione: se è di tutti è anche mio,
ma c’è una differenza pratica, esistenziale molto importante fra l’affermazione generale e il
Salvatore di tutti, che è un’affermazione di carattere teologico-dogmatico e l’affermazione:
Gesù è il mio Salvatore, cioè il calare in me questa verità.
Già la RM, al numero 11, aveva detto – rispondendo agli interrogativi: perché la missione? - con
la fede e con l’esperienza della chiesa che aprirsi all’amore di Cristo è la vera
liberazione. E questa fede e questa esperienza devono continuare essere affiancate nella nostra vita fino a farci
dire con la prima lettera di Giovanni: “Quello che abbiamo veduto, udito e toccato lo annunciamo anche a voi,
perché siate in comunione con noi e la nostra gioia sia perfetta”. E dunque è su questa ottica
che cerco di riflettere sulla domanda che Gesù fa a Pietro, sulla risposta di Pietro e sul contesto in cui
questa domanda avviene. La missione nasce da questa fede amorosa, accolta personalmente, senza la quale non regge
o regge su un’impostura. E’ una propaganda, non è missione.
Poiché gli apostoli accolgono Gesù come Maestro, insegnano. Poiché riconoscono in lui il Figlio
di Dio vivente, annunciano. Poiché credono nella sua forza divina, fanno segni e miracoli. Poiché
seguono Gesù, lasciando tutto, sono mandati e fanno altri discepoli. Se il nostro discepolato non è
autentico, la nostra missione è “percorrere il mare e la terra”, fare un solo proselito rendendolo
figlio della Geenna il doppio di noi” (cfr. Mt 23,15).
Bisogna che Cristo sia per me Maestro unico, fonte della mia vita, linfa vitale, Parola di vita eterna, acqua che
disseta, cibo che nutre, amico che perdona, che si offre e muore per me, risurrezione e speranza, consolazione e
forza, medicina e fiducia.
Scrive il teologo indiano T. Mampra: “L’evangelizzazione consiste nel condividere in profondità la
propria consapevolezza o coscienza a proposito di Cristo: Gesù viene proclamato così come è
stato sperimentato e vissuto... E’ una realtà viva, che dev’essere toccata e sperimentata dal
missionario, e conseguentemente condivisa. Come Gesù ha condiviso con la gente la sua coscienza del Padre (Gv
7,16), così il missionario deve parlare alla gente della sua coscienza di Gesù stesso e del grande
mistero del Padre. Quando Gesù predicava il Regno di Dio “vicino”, voleva dire che l’amore
di Dio non è più un’idea da contemplare e di cui dobbiamo attendere la realizzazione, ma
è già una realtà che si è fatta presente qui e ora. Per questo ha detto che il Regno
di Dio è fra noi. E’ una realtà che si attua qui e ora e tu sei invitato a prendervi parte. Il
missionario che predica Gesù deve essere un altro Cristo, con la sua stessa coscienza, e ripetere ciò
che Gesù ha detto, specialmente che il Regno è ora fra i suoi ascoltatori. Dicendo ciò, il
missionario vuol dire che l’amore di Dio sta già visitando il suo popolo. Nel terzo millennio se
vogliamo portare credibilmente Gesù agli altri, dovrà essere un Gesù di nostra esperienza
personale, un Gesù che abbiamo conosciuto non studiando pagine di storia, ma sperimentandolo come
realtà viva nella profondità del nostro essere”.
Tra i molti passi che si potrebbero scegliere su questo argomento, ho scelto Gv 21,1-19.
Il contesto è noto. Gesù risorto appare sul lago ai discepoli tornati a pescare infruttuosamente. Si
ripete il miracolo della pesca abbondante, Giovanni lo riconosce e Pietro si butta a nuoto per incontrarlo.
Gesù li accoglie a riva e mangia con loro, poi si rivolge a Pietro. Due annotazioni basilari:
- Gesù si mette in cerca dei suoi per risvegliarne la fede. La lontananza di Gesù,
l’offuscarsi della coscienza della sua presenza, il dubbio e lo scetticismo, il non riconoscerne la
presenza sembrano essere condizioni frequenti nella Chiesa. Dalla tempesta sul lago (Gesù non
c’è e li raggiunge camminando sulle acque, o c’è ma dorme ) ai discepoli di Emmaus, i
discepoli restano tali, non tradiscono, ma si sperimentano soli, devono lottare con le proprie forze contro la
tempesta o contro la stanchezza e lo scetticismo. Gesù entra in questa condizione umana così comune
a tutti i credenti e non si fa vicino con gesti che interpellano, che pongono interrogativi, che suscitano
timori. E’ più facile credere a un Dio lontano e muto che a un Dio vicino che ci parla, aderire a
un’idea che a una presenza viva. Maria di Magdala al sepolcro piange, ma non riconosce Gesù
perché lo cerca “fra i morti” (Gv 20,11ss e Lc 24,5). Tommaso non crede perché si
è isolato; qui i discepoli “non osavano domandare chi sei?, perché sapevano bene che era il
Signore”. Perché dovrebbero domandare ciò che già sanno? Perché la domanda
farebbe giungere a livello di piena consapevolezza. E’ un rischio: quello di risvegliarsi da un sogno
(credevo che fosse lui, mi sono sbagliato!...) o di entrare in una realtà nuova e imprevedibile (il
Signore è veramente risorto, Lc 24,34). La domanda toglie dall’ambiguità, dallo sfumato e
costringe a esprimersi o a prendere atto. Quasi sempre, queste rivelazioni del Signore coincidono con la
presa di coscienza che Gesù “era già lì”, come nel famoso sogno di Giacobbe che
conclude: “Il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo” (Gen 28,16). Leggere la presenza
di Dio nella propria vita è elemento fondamentale della fede, sempre da riscoprire. Quanto ho detto prima,
sull’esperienza di Cristo come realtà viva da annunciare, è certamente qualcosa che ci deve
stimolare a un di più e a un meglio, a una conversione, ma punto di partenza di questo più e
meglio e del cambiamento è la presa di coscienza che Gesù è già qui. Già
ha condiviso la mia vita, traversato il lago con me, mi ha atteso sulla spiaggia, ha camminato verso Emmaus
mentre rimuginavo la mia solitudine, i miei dubbi e le mie delusioni. Il risveglio della fede consiste
nell’aprire gli occhi e dire con Giovanni: “E’ il Signore!”, con la Maddalena:
“Maestro!”. Ciò deve avvenire nella nostra vita, nel nostro quotidiano, nel nostro intimo,
nella nostra comunità.
- Pietro è un uomo che ha percorso una lunga strada (come molti di noi). Ha vissuto la
normalità, poi l’entusiasmo, poi l’ebbrezza della fede, la fatica di lasciare tutto,
l’amarezza del contrasto e del non capirsi con Gesù, la tentazione, l’estasi mistica, il
fallimento, la paura, la desolazione totale esterna ed interiore, frutto del suo rinnegamento, la gioia confusa
del Signore ritrovato. Ma ciò che più gli pesa ora è la coscienza dolorosa del suo
tradimento. Sa che Gesù lo ha perdonato e questo lo consola, ma come può ancora credere a se
stesso? Come può ancora guardare negli occhi, discutere con lui? Come può pensare rivolte a
sé le parole dell’Ultima Cena: “Non vi chiamo più servi, ma amici”? (Gv
15,15). Come può pensare di ricambiare in qualche modo quell’amore di Gesù che è
giunto ad un perdono così radicale? Pietro forse vive la tentazione che un po’ sentiamo anche
noi, quella di non osare. E’ stato presuntuoso ed ha sbagliato clamorosamente (Mc 14,31); ora non
può più aspirare all’intimità con Gesù. Gli sarà fedele e
riconoscente, lo predicherà e annuncerà, lo servirà con tutte le sue forze, ma tra loro
resterà sempre come un vetro, un’ombra, il ricordo di quel rinnegamento, la paura di osare
un’altra volta troppo e perciò ricadere nell’abisso. Spiritualmente è la stessa
situazione sperimentata quando tenta di camminare sulle acque e dopo un po’ si accorse che affondava. Ma
proprio come quando lo ha preso per mano salvandolo dall’affondare nelle acque (Mt 14,31) Gesù
interviene salvandolo dall’affondare in se stesso, nel limbo di una spiritualità timorosa e
rattrappita. Non lo fa con rimproveri ed esortazioni ma con una domanda semplice, immediata, precisa, che porti a
galla la verità che c’è in lui: “Simone di Giovanni”. Non lo chiama Pietro, il
nome nuovo. Lo chiama per nome perché l’interrogativo è personale, diretto e giunge al
cuore; col nome antico perché Pietro ritorni indietro a ripercorrere la propria storia, a ritrovarsi senza
eventuali sovrastrutture, “senza condizionamenti” diremmo noi. Vi invito a far risuonare questo
appello anche in voi perché anche psicologicamente cada ogni difesa, ogni velo. “Maria”,
dice il Risorto, e pronunciando il nome lei ritrova il Maestro e se stessa. “Simone, figlio di
Giovanni”... “Franco...”, “Mi ami?”. “Mi”. Non c’è formula
indiretta (ami tu il Figlio dell’uomo? Ami tu il tuo Signore?), ma personalizzata al massimo. Quale che
sia la tua opinione o definizione su Gesù, ora Gesù vuol sapere se tu ami lui.
“Ami”: non è la fede che manca a Pietro, né la stima e la riconoscenza al suo
Maestro. Deve confermare i fratelli nella fede, dopo il ravvedimento (Lc 22,32), ma questo è già
avvenuto. Pietro ora ha bisogno di liberarsi da un involucro e prendere coscienza che lui, proprio lui, ora, con
tutto ciò che è successo, ama Gesù. “Più di costoro”. Perché
questo particolare? Pietro di fatto non risponde ad esso. Gesù ha sempre detto di non misurarsi
più degli altri, di non cercare i primi posti, come può contraddirsi ora? Può, perché
Pietro era presente quando in casa del fariseo la peccatrice aveva sparso piangendo l’unguento sui piedi di
Gesù, che aveva dato una lezione al padrone di casa: “Le sono perdonati i suoi molti peccati,
perché ha molto amato. Invece quello a cui si perdona poco, ama poco” (cfr. Lc 7,36-50). Pietro
sa che ha bisogno di molto perdono, Gesù ora gli dice che proprio per questo può e perciò
deve amare molto. Se ha peccato di più, può amare di più. Gli altri forse più buoni
di te, mi amano - ma tu non aver paura della tua indegnità, perché conoscendola puoi trasformarla
in un più grande amore accolto e donato, e perciò puoi prenderti cura di loro come il primo,
proprio ora che sai che sei l’ultimo. Tre volte la domanda finchè Pietro rimette totalmente a
Gesù anche il giudizio su di sé. Non osava guardarsi dentro, è stato accompagnato a farlo.
Vi ha scoperto un amore che non osava neppure più sperare, ma anche su questo non si ferma. Libero,
può riaffidarsi a Cristo totalmente: “Tu sai tutto”. Tu sai chi io sono, e io sono chi tu
mi fai essere. Simone di Giovanni è ora maturo per la pienezza della vocazione, per la profezia sul
martirio a cui è chiamato: “Seguimi”. In Giovanni, Pietro non è stato formalmente
chiamato con un “vieni e seguimi”. Seguimi nel servizio, nella disponibilità totale, nella
morte.
Per altri articoli e studi di d.Franco Cagnasso o o sul vangelo di Giovanni
presenti su questo sito, vedi la pagina Sacra
Scrittura (Antico e Nuovo Testamento) nella sezione Percorsi
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