Ermanno Olmi prima di Centochiodi: Lungo il fiume
di A.L.


Alcuni anni fa trascrivemmo le parole del bellissimo Lungo il fiume di Ermanno Olmi, un film dedicato al fiume Po, che scorre da millenni in mezzo alla pianura padana ed agli uomini. Era nostra intenzione commentarle poi in un breve articolo che rimase invece nel cassetto. Vogliamo proporre ora quelle espressioni di Olmi, in occasione dell’uscita del suo film Centochiodi.
Raccontano la presenza del fiume con un linguaggio che rimedita il vangelo di Giovanni. Il Cristo è la Vita che attraversa la storia dell’uomo beneficandola, pur incompreso e addirittura rifiutato, ed il grande e silenzioso Po ne è immagine.
Il film – che mostrava la bellezza della natura che prende vita dalle acque che la dissetano ed, insieme, i danni irreparabili che l’uomo può arrecarle attraverso l’incuria e la mancata meraviglia per la creazione che degenera nel rifiuto del rispetto – era accompagnato musicalmente da brani del Messia di Haendel, che amplificavano ancora la poeticità metaforica dell’opera.

Rispetto a Lungo il fiume, Centochiodi si caratterizza per due ulteriori sottolineature, l’una di grande suggestione, l’altra, a nostro avviso, molto più debole.

I.
Centochiodi suggerisce, innanzitutto, la precedenza dell’uomo e della natura sulla scrittura - ed, in teologia, della chiesa sulle Sacre Scritture. Sono fortemente evocative e toccanti le sequenze dei “fiumaroli”, che ripetono Pietro, gli apostoli, la Maddalena. Si alternano immagini nelle quali il fiume torna ad essere quel che era, a scene nelle quali è irrimediabilmente deturpato da piccoli e grandi agenti irrispettosi, con le sue rive solcate disastrosamente dalle moto da motocross o dalle speculazioni.

Alcune battute del protagonista restano impresse alla memoria per la loro lapidarietà come l’affermazione: “Le religioni non hanno mai salvato il mondo”. Ma molto più significative e filmicamente convincenti sono le sequenze che accompagnano il definitivo sradicamento e la soppressione della vita sociale, ancorata ai ritmi naturali, dei “fiumaroli”, a motivo dell’espansione della cosiddetta civiltà. Queste espressive immagini indicano con forza che la critica del regista non riguarda le sole religioni, perché “neanche gli ateismi e gli agnosticismi, né le scienze e tecnologie hanno mai salvato il mondo”, anzi hanno contribuito ad incrinarne l’equilibrio.
Qui Olmi ritorna ai suoi temi più cari, ai valori della civiltà contadina del passato, ai suoi ritmi rispettosi della dignità della vita e di un senso dell’esistenza ricevuto, garantito e trasmesso di generazione in generazione.

Forse inconsapevolmente, il regista va a sfiorare una questione estremamente importante della riflessione cattolica sulla fede: la precedenza cronologica e teologica della chiesa sulla Bibbia.

Nonostante ripetuti slogan in contrario è evidente ed indiscusso che la sintesi cristiana non solo possa accogliere, ma, ben di più, sia radicata nella convinzione che “i libri, pur necessari, non parlano da soli” – è la citazione del filosofo Raymond Klibansky con la quale si apre il film.

L’incarnazione ha avuto come fine la nascita della chiesa, attraverso la chiamata degli apostoli, non la composizione della Sacra Scrittura. La viva vita della comunità credente è ciò che ha avuto di mira Gesù. Della predicazione e attività amorosa degli apostoli e discepoli ha fatto parte – solo successivamente – anche l’opera scrittoria, guidata dallo Spirito.

In questo senso anche la composizione del Nuovo Testamento è stata ed è espressione viva della chiesa primitiva, come lo sono stati i suoi gesti, i suoi sacramenti, la sua carità, le sue parole – una attenzione metalinguistica porta a cogliere l’evidenza che anche la produzione di un film è racconto di una vita e non contrasto con essa - ma comunque testimonianza “secondaria” (di secondo livello, non di primo) rispetto alla nascita ed alla diffusione di quella stessa chiesa.

Quella stessa Scrittura, così grande e divina, ha avuto bisogno poi ancora una volta della stessa vita della chiesa che leggendola nelle proprie liturgie e vedendo che così avveniva in ogni comunità cristiana è giunta alla chiusura del Canone. Prima e dopo della Bibbia sempre la viva vita della Chiesa

Così la Tradizione, con la quale la Chiesa ha trasmesso ciò che essa è e crede, è opera più vasta della Scrittura. Un libro non può parlare da solo; viene scritto a partire da una vita e viene accolto da una nuova generazione vivente, ben più importante del libro stesso.

In Centochiodi indimenticabili sono i volti di quella “chiesa” che si trova lungo il fiume, di quell’umanità che accoglie dallo scorrere del fiume la vita che le viene donata.

II.
Ciò che appare debole, invece, nel film stesso, rispetto allo straordinario Lungo il fiume, è la figura del protagonista. Non tanto per gli aspetti surreali, voluti dal regista come in altre sue opere (vedi, su tutti, il bellissimo Lunga vita alla signora!) e pienamente conformi al suo stile, ma proprio per i passaggi nei quali il surreale sconfina nel reale producendo un effetto caricaturale.

Appare talvolta banale l’identificazione del professorino con il Cristo, rispetto alla ben più pregnante forza cristologica del fiume stesso, con lo scorrere del quale, infatti, il regista si congeda al termine della sua opera. Il bene viene agli uomini del film - ai “fiumaroli” più che al giovane intellettuale che si accampa presso di loro - dal Po che scorre e permane, perenne datore di vita.

Il professorino sembra ricevere il senso della propria vita dall’incontro con quella “chiesa” già radunata, piuttosto che donarlo egli stesso. Il film, soprattutto, scende di livello quando l’apporto dell’uomo che porta il soprannome del Cristo consiste nell’utilizzare il denaro e l’assistenza giuridica per difendere senza successo la tradizione del popolo nel quale è stato accolto.

Il passaggio che più rinvia – non sappiamo se consapevolmente - ad un tema cristologico determinante ci appare la scena dal forte coinvolgimento emotivo nella quale, dinanzi alla contestazione che dovrà rendere conto di ciò che ha fatto ai preziosi libri, il giovane professore risponde che sarà Dio a dover “rispondere di tutta la sofferenza che c’è nel mondo”.

Se dovessimo fare un salto dalla finzione filmica alla realtà teologica del cristianesimo incontreremmo la croce, l’unica risposta divina che la storia conosca alla presenza del male, nuovamente – ma qui siamo all’origine di ciò che sarà il popolo che da quella croce prenderà vita - non una parola, non una scrittura, ma la discesa di Dio al fondo della desolazione del dolore umano.

Ad indicare, comunque, la centralità della metafora cristologica del film, spostando la nostra attenzione sul fiume piuttosto che sull’esile figura del professorino, ci accompagnino, insieme alle straordinarie immagini del Po nei due film, le parole di Olmi in Lungo il fiume:

Molti di voi vanno… con la scienza, perché credono di trovare in essa certezze assolute e non si affidano alle opere della natura che tutte parlano a favore della vita. La perfezione del creato non accetta la vanità degli uomini. Essa viene a noi in semplicità ma molti di noi non la riconoscono.

Per gli errori degli uomini egli fu offeso e condannato.

Se il mondo vi disprezza sappiate che prima ancora di voi ha disprezzato me.

Se voi foste un prodotto del mondo, vi rispetterebbe come cose sue.

Ma poiché non siete costati nulla al mondo, ma siete stati eletti come creature nate spontaneamente dalla vita, per questo il mondo non vi sa apprezzare, perché non si stupisce del prodigio che dà la vita ad ogni creatura e mi offendono senza motivo

Se non fossi venuto e non avessi mostrato opere che nessun altro mai fece, sarebbero senza colpa, se non fossi venuto, se non avessi parlato loro, non sarebbero colpevoli, ma ora non hanno onde scusare i loro errori.

Vi ho detto queste cose, affinché non siate sorpresi, né scandalizzati, se vi cacceranno da questi luoghi, anzi verrà il momento che coloro che vi calpesteranno crederanno di far cosa meritevole e vi tratteranno così perché non conoscono me, né le meraviglie della creazione.

Ecco io vi ho detto queste cose perché venuto quel tempo vi ricordiate che io ve le ho dette.

Non ve le dissi al principio, perché io allora ero con voi e voi con me.

Molte cose ho ancora da dirvi, ma adesso non siete ancora capaci, ma appena sarà in voi lo Spirito di verità, allora conoscerete la verità.

Poiché lo Spirito non parla per se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e annunzierà tutto quello che ancora dovrà essere.

Allora la verità mi renderà merito, perché avrà ricevuto del mio e lo farà conoscere anche a voi.

Tutto quello che è nella fonte della vita è anche in me.


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