Se la liturgia fosse semplicemente una ri-presentazione cronologica
della storia del Cristo, come ci è raccontata dalle Sacre Scritture,
la lettura delle storie degli Atti degli Apostoli nell’anno liturgico
dovrebbe seguire la Pentecoste e non precederla.
Ben diversamente procede, invece, la sapienza della Tradizione della Chiesa,
che, seguendo la lex orandi formatasi nei secoli, ci consegna nell’eucarestia
un brano degli Atti per ogni giorno festivo e per ogni giorno feriale del Tempo
di Pasqua. Da Pasqua a Pentecoste non passerà così un giorno senza
che gli Atti siano proclamati.
Questo perché gli eventi della nascita e della vita della Chiesa descritti
negli Atti, pur essendo cronologicamente successivi se li guardiamo dal punto
di vista della storia terrena, sono, invece, un unico evento teologico, sempre
originante dal giorno di Pasqua, se visti con lo sguardo dell’eterno Dio.
Così si è espresso H.U.von Baltahsar nel suo volume Teologia della
storia[1]:
La vita di Cristo è la vita di Dio che si è fatto carne, che
si è fatto uomo. Ma chi permette che questa unica vita, diventi la vita
di tutti gli uomini, di tutti i tempi?... L’atto dell’universalizzazione
è, in modo particolare, un atto dello Spirito Santo... Lo Spirito non
porge una nuova rivelazione, ma piuttosto dischiude in tutta la sua profondità
la rivelazione già fatta, dandole con ciò per il mondo una dimensione
del tutto nuova: la perfetta attualità in ogni momento della storia...
E’ chiara così nel modo più inequivocabile la “contemporaneità”
fra Cristo risorto e gli apostoli suoi testimoni... (Anche dopo l’Ascensione
Egli svela il senso di ogni momento) non in un atteggiamento di distaccata superiorità
rispetto alla storia in cui vive, ma agendo nell’attimo storico, nel quale
Egli è presente... Il Cristo che nei quaranta giorni spiega il senso
della sua vita terrena passata e inserisce visibilmente nella Chiesa la sua
vita futura, è quello stesso che ha vissuto sulla terra prima della Passione...
Appunto perchè Egli è stato prima un essere eterno fattosi temporale,
ora può esistere come un essere temporale fatto eterno... Nel Sacramento
il Signore diviene “contemporaneo” del credente... (Nell’eucarestia)
non un particolare momento della vita di Cristo, come negli altri sacramenti,
ma la sua intera corporeità, quale è giunta alla sua pienezza
nel grado supremo, quando fu corporeità sacrificata sulla Croce... viene
riferita e applicata ai singoli credenti.
Tutta la vita di Gesù è stata l’annunzio dell’ “oggi”
di Dio, come ci testimonia S.Luca: “Oggi nella città di Davide
vi è nato un Salvatore”, “Oggi si è adempiuta questa
parola nelle vostre orecchie”, “Oggi abbiamo visto cose prodigiose”,
“Oggi devo fermarmi in casa tua”, “Oggi la salvezza è
entrata in questa casa”, “Oggi sarai con me in Paradiso”,
ecc. ecc. L’Incarnazione di Cristo ha reso temporale l’eterno. Ogni
incontro con il Gesù eterno è stato, per i suoi “contemporanei”,
incontro nel tempo con la gloria eterna di Dio.
Gli Atti raccontano che quell’ “oggi” non si è arrestato
con la Resurrezione, con l’Ascensione, ma continua nell’ “oggi
della Chiesa: At 3, 24 “Tutti i profeti hanno annunziato questi giorni”,
At 4, 9 “Visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato ad un
uomo infermo”, At 7, 52 “Cristo, del quale voi ora siete diventati
traditori ed uccisori...”, At 28, 28 “Sia dunque noto a voi che
questa salvezza di Dio viene ora rivolta ai pagani ed essi l’ascolteranno”.
La Chiesa è frutto della Pasqua ed, attraverso di essa, noi incontriamo
il Cristo risorto. Tutto l’annuncio degli Atti è un annuncio cristologico,
ma, insieme, pneumatologico, ecclesiologico e sacramentale.
Luca, scrivendo il suo secondo volume a Teofilo, ci mostra a suo modo, come
la storia della Chiesa non sia una storia diversa da quella del Cristo. Il vangelo
non è comprensibile senza la storia della Chiesa che è la perenne
attualità in terra del Cristo risorto. Colui che ha parlato di Cristo
non può arrestarsi senza narrare la storia della Sua Chiesa, che non
solo lo stesso Signore ha istituito e voluto storicamente, ma, soprattutto,
nella quale Egli è presente e vivo, come Cristo risorto. Ma questo è
possibile solo nella presenza dello Spirito che rende continuamente attuale
nella storia la presenza del Signore. Lo Spirito non dà origine ad una
nuova tappa, come se oltre Cristo ci fosse un tempo dello Spirito che potesse
superare il tempo di Cristo (come le correnti che si rifanno a Gioacchino da
Fiore e tutti i millenarismi e gli spiritualismi hanno proposto nel corso dei
secoli). Lo Spirito sospinge tutti, invece, all’unico tempo di Cristo
– perché nel cristianesimo ciò che è “spirituale”
è identico con ciò che è “semplicemente cristiano”
– “prendendo del suo ed annunciandolo e guidando alla verità
tutta intera del Cristo”.
Ma l’opera dello Spirito è un’opera ecclesiale, senza per
questo perdere i suoi connotati di personalità. L’opera della salvezza
è, infatti, opera “personale”, perché nasce dalla
tripersonalità della Trinità e si incontra con la “persona”
di ogni uomo.
Vediamo, negli Atti, in particolare la storia di Pietro e di Paolo, ma insieme
ad essi la storia dei sette diaconi, la storia di Stefano, la storia di Barnaba,
la storia dei “noi” che camminano con Paolo verso Roma – ricordiamo
le cosiddette “sezioni-noi”
degli Atti, a partire da At16,8, nelle quali è evidente che l’autore
cammina, da un certo punto in poi della narrazione, insieme a Paolo.
Come dice ancora von Balthasar[2]:
Ai problemi scottanti di un dato periodo storico lo Spirito risponde con
una definizione e una soluzione. Ciò non avviene nella forma di una monografia
astratta (che lo Spirito lascia scrivere agli uomini), ma, quasi sempre nella
forma di una missione nuova, concreta, soprannaturale, col suscitare un Santo
che rappresenti per la sua epoca il messaggio del Cielo, la spiegazione del
Vangelo adeguata ai tempi, la via d’accesso elargita a questo tempo per
giungere alla verità onnitemporale di Cristo. Come potrebbe la vita essere
interpretata altrimenti che mediante la vita? I Santi sono la tradizione più
viva, proprio quella Tradizione cui allude sempre la Scrittura, quando parla
del dispiegarsi delle ricchezze di Cristo, e dell’applicazione alla storia
della norma di Cristo.
Ecco la conversione del centurione Cornelio, attraverso Pietro che, ancora una
volta primo fra gli apostoli, prima di Paolo, comprende la volontà di
Cristo che i pagani non siano considerati impuri e siano evangelizzati e battezzati,
ecco la chiamata di Paolo, ecco l’invio di Anania a lui, nel “Signore
che aggiungeva ogni giorno quelli che erano salvati”, costituendoli a
loro volta come nuovi missionari ed evangelizzatori.
Questo suscitare in forma assolutamente personale, con il dispiegarsi di nomi
e di storie che incontrano Gesù risorto ed il suo Spirito che lo rende
presente, è, insieme, una realtà oggettiva, ecclesiale. Ancora
von Balthasar:
Lo Spirito di Dio è Spirito ecclesiastico[3].
Gli Atti ci descrivono, non solo nei famosi tre sommari della prima comunità
– che la II domenica di Pasqua ci fa leggere nei tre anni A, B e C –
ma in tutto il dispiegarsi della narrazione, dalla scelta del dodicesimo apostolo
destinato a sostituire Giuda, al “Concilio” di Gerusalemme, alla
scelta dei diaconi, ecc. ecc. l’ecclesiasticità dello Spirito.
Egli che chiama ognuno è insieme Colui che chiama a Cristo, chiamando
attraverso la Chiesa e nella Chiesa.
Ed è nell’unica storia santa che i nuovi credenti, che i nuovi
santi, vengono inseriti. E nemmeno l’antica storia di salvezza è
dimenticata, nemmeno l’Antico Testamento scompare. Se, ad uno sguardo
superficiale, si potrebbe lamentare l’assenza sistematica della lettura
dell’Antico Testamento, perché sempre la lettura di Atti lo sostituisce
in ogni liturgia feriale e festiva del Tempo di Pasqua, ad eccezione del Salmo
responsoriale, ecco, invece, in una lettura più profonda e vera, che
tutto l’annuncio di Atti si presenta come compimento, come realizzazione
attuale di ciò che l’Antico aveva annunciato e promesso: At2, 16
“Accade quello che predisse il profeta Gioele”, At 2,25 “Dice
Davide a suo riguardo”, At2,31 “Previde la resurrezione di Cristo
e ne parlò”, ecc. ecc.
A.Nocent, nel volume di Anamnesis dedicato all’anno liturgico ha mostrato
come la Chiesa abbia voluto chiaramente indicare che la “cinquantina”
di Pasqua è ormai un unico tempo. Non è un tempo per arrivare
alla Pentecoste, non è un tempo di transizione per arrivare ad una nuova
festa, ma è un tempo tutto festivo, perché ciò che la Pasqua
dona è ormai attuale.
Viene precisato con la riforma liturgica del Concilio Vaticano II che la
Domenica di Pasqua non è domenica della Resurrezione, ma Domenica nella
Resurrezione del Signore. Analogamente, le domeniche successive non portano
più, come nel messale precedente, la dizione Dominica secunda post Pascha,
ecc., ma sottolineano l’unità della Cinquantina presentandosi via
via come Dominica II Paschae, ecc.[4].
La lettura cronologicamente anticipata degli Atti, già prima di Pentecoste,
ci riporta a questo mistero: la vita liturgica della Chiesa, espressamente nella
sua dimensione sacramentale, è vita e presenza del Cristo risorto e dello
Spirito. La dimensione ecclesiologica si rivela così realtà sacramentale.
Il Cristo risorto, Colui che spezza il pane già con i discepoli di Emmaus,
è lo stesso Cristo che raduna la prima comunità nella fractio
panis – “ alla quale erano assidui”, come ci ricorda At –
ed è colui che “oggi” raduna la Chiesa dispersa nel mondo
intorno all’unica eucarestia.
Veramente, come afferma ancora Nocent, possiamo vedere nelle otto domeniche
di Pentecoste – 49 giorni+uno – “la volontà di esprimere
l’ultimo giorno”[5],
l’ottavo giorno, oramai iniziato in terra, dall’unica Pasqua che
si protende nel tempo.
La liturgia della Parola non si dispiega più, allora, nel tempo di Pasqua,
in una successione cronologica di eventi, ma nella riproposizione dei differenti
aspetti della meraviglia e dell’opera della Resurrezione. Così
A.Nocent, caratterizza allora i temi delle singole domeniche del Tempo di Pasqua:
Gli Atti accompagnano, a loro modo, questa scansione, annunciando ogni domenica di Pasqua la realizzazione nella Chiesa di questi aspetti dell’unico mistero salvifico.
(Scritto il 17 febbraio 2006 per il numero primaverile della rivista Culmen et fons)
Per altri articoli e studi di d.Andrea Lonardo o sugli Atti degli Apostoli presenti su questo sito, vedi la pagina Sacra Scrittura (Antico e Nuovo Testamento) nella sezione Percorsi tematici
[1] H.U.von Balthasar, Teologia della storia. Abbozzo, Morcelliana, Brescia, 1969, pagg.61-82.
[2] Idem.
[3] Eadem, pag.82.
[4] A.Nocent, La cinquantina pasquale, in AA. VV., Anamnesis, vol.6, L’anno liturgico, Marietti, Genova, 1988, p.128.
[5] Idem.
[6] Eadem, pag.129.