Il documento Women in an Insicure World, prodotto dal DCAF (Centre for
the Democratic Control of Armed Forces di Ginevra), nell’anno 2005, presenta alcuni
aspetti della difficile situazione della donna all’alba del III millennio.
Con la testimonianza diretta di Ana Castro, che ha vissuto a fianco delle Suore di Madre
Teresa di Calcutta in Afghanistan, India e Nigeria e con una nostra traduzione di alcune pagine
del documento stesso, vogliamo aiutare a conoscere situazioni che chiedono una ben maggiore
attenzione di quella comunemente riservata a questi temi.
Ci permettiamo di sottolineare, innanzitutto, il crescente squilibrio demografico degli
ultimi decenni con la crescita, in alcuni Stati, del numero dei maschi rispetto a quello delle
femmine, a causa del rifiuto delle bambine nella gravidanza od al momento del parto (vuoi per
politiche demografiche imposte alla popolazione, come nel caso di alcuni paesi
dell’Estremo Oriente, vuoi per tradizioni culturali, sociali e religiose, come in Paesi
del Vicino Oriente).
Questo squilibrio crescente mostra, in secondo luogo, come gli appelli ad una regolazione
mondiale delle nascite provenienti da Organismi Internazionali, senza alcuna considerazione
dell’impatto umano ed etico sulla persona e sulla famiglia, non siano, in realtà,
da prendere per oro colato, come la political correctness pretenderebbe.
Infine, i dati che presentiamo fanno intravedere come la voce della Chiesa, che ben
diversamente si leva, abbia dalla sua non solo la giusta pretesa della dignità
intangibile di ogni vita umana, ma anche la capacità di mostrare quali controindicazioni
si manifestino a livello sociale e demografico, quando si pretenda di intervenire in
maniera artificiale su quella che è la realtà della natura umana sedimentatasi
nei secoli.
Il Centro culturale Gli scritti (06.06.2006)
Durante la seconda guerra mondiale (1940-1945) un grande genocidio
interessò l’Europa, così come nel 1994 ebbe luogo un altro massacro in
Ruanda, dove nel conflitto fra le popolazione Hutu e Tutsi, centinaia di migliaia di persone
hanno trovato la morte.
Oggi stiamo assistendo ad un nuovo fenomeno di genocidio selettivo. Questa volta non
avviene per motivi razziali, religiosi, politici o etnici ma attiene al così detto
“sesso debole”. Secondo quanto riportato dalle Nazioni Unite più di 1,5
milioni di bambine ogni anno vengono assassinate per il solo motivo di essere di sesso
femminile[1]. Nel 2006
l’umanità si rivolta contro se stessa, mentre in alcune zone del mondo si espande
il “post-femminismo”, fenomeno nel quale la donna prende coscienza che
l’obiettivo non è di essere uguale all’uomo, ma ottenere il riconoscimento
in tutti i livelli della vita umana (familiare, politico, professionale) della dignità
intrinseca alla propria femminilità. Allo stesso momento, in altre aree del mondo,
avviene parallelamente il fenomeno di “morte selettiva” collegata con il sesso del
nascituro. La donna viene considerata inferiore all’uomo e diventa un peso, una minaccia
alla prosperità di una famiglia (o di un Paese), un’immondizia che deve essere
eliminata quanto prima.
Durante i miei anni universitari ebbi il privilegio di lavorare con Madre Teresa di Calcutta
su alcuni progetti per l’apertura di nuove case delle Suore Missionarie della
Carità. Passai diverse estati (6 in totale) in Paesi completamente diversi dalla mia
cultura nei quali ebbi esperienze uniche nelle quali però mi si chiedeva una grande fede
e accettazione. Una di queste la vissi in Afghanistan, dove le Suore cercarono di salvare un
orfanotrofio che le autorità religiose dei talebani volevano chiudere. Le Suore
ottennero dei visti di permanenza solo temporanei ed, alla fine, non fu più loro
permesso di occuparsi di questa istituzione che venne chiusa.
Il mio compito era di visitare, due volte al giorno, il reparto maternità di un
ospedale di Kabul. L’obiettivo di queste visite era quello di riuscire a sentire il
pianto delle madri per recuperare le neonate gettate in secchi posizionati di fronte al loro
letto. Pochissimo era il tempo a disposizione prima che la neonata morisse. Subito dopo il
parto (per mancanza di ecografie) veniva annunciato al padre il sesso del nascituro. Se fosse
nato maschio, il padre insieme a tutta la famiglia, avrebbe suonato delle campanelle nelle sue
mani e celebrato immediatamente, se invece fosse nata una femmina, il padre avrebbe ricevuto
le condoglianze e deciso di tenere oppure di sopprimere la bambina. Se la bimba fosse stata
rifiutata, sarebbe stata gettata in un secchio d’acqua finché il personale delle
pulizie dell’ospedale non l’avesse raccolta. Le suore passavano due volte al giorno
per recuperare i corpi. Nell’ospedale nascevano circa 100 bambine ogni mese. Solamente
l’1% delle neonate riusciva a sopravvivere al massacro, quelle recuperate entro i 10
minuti dal parto. Una sola bimba al mese salvata, dalle 10 alle 14 vite all’anno.
Un altra esperienza simile fu quella vissuta in Nigeria quando le Suore di madre Teresa
dovettero passare un’intera notte in un bosco alla ricerca di una bimba appena nata e
abbandonata dalla madre e che sarebbe stata boccone prelibato di animali selvaggi. Si trattava
di un parto gemellare ed era stato abbandonato la creatura ritenuta più debole. Infatti,
secondo la tradizione del luogo, nel caso di un parto gemellare con maschio e femmina viene
abbandonata sempre la bambina.
Infine in India, dove esiste e si prescrive l’ecografia alle donne in gravidanza,
ho potuto conoscere diversi casi di donne, incinte di bambine, che hanno praticato
l’infanticidio. Queste sono state le esperienze più terribili che ho vissuto.
Ricordo, però, anche le situazioni nelle quali le madri preferivano sfamare prima i
figli maschi nel momento della divisione del cibo. Solo con una forte insistenza delle suore si
riusciva a far condividere il cibo con le bambine, per quanto si trattasse sempre di porzioni
più piccole di quelle dei figli maschi. Lo stesso succedeva con i vaccini,
l’educazione, la decisione di chiamare un dottore quando necessario e con una gran
varietà di beni di necessità umana fondamentali, offerti sempre con precedenza ai
maschi.
Col passare degli anni mi sono resa conto che quelle esperienze non erano delle eccezioni, ma
che quelle tradizioni, radicandosi come prassi quotidiana, potevano diventare un problema
demografico, nella storia di alcuni paesi. Senza entrare nei dettagli del perché
ciascuna delle mostruose situazioni descritte avviene, proviamo a vedere oggettivamente
ciò che sta succedendo. I genocidi fin ora intendevano erroneamente difendere
l’integrità di una razza, tribù, etnia, Paese… Questo “hidden
gendercide”, come è stato definito da alcuni sociologi, questo “olocausto
nascosto” delle neonate vìola, senza dubbio, tutta la logica della generazione
umana e della maternità. Parliamo, infatti, di un omicidio che diventa accettabile
all’interno del nucleo familiare, che viene ad intaccare l’elemento più
sacro per ogni cultura a livello antropologico. Come può un padre uccidere sua figlia?
Secondo il documento Women in an Insicure World[2], la donna è in pericolo di morte in ogni tappa del
proprio ciclo vitale. Addirittura in Paesi come India e Norvegia, per quanto con diverse
motivazioni, durante l’età prenatale, ove ci sia accesso all’ecografia,
è proibito ai medici comunicare ai genitori il sesso del nascituro, per evitare che a
causa del sesso venga rifiutato dagli stessi genitori durante la gravidanza.
I pericoli per la vita continuano subito dopo la nascita, quando una neonata è ancora un
essere umano indifeso, quando viene trascurato, durante l’infanzia, un intervento sui
bisogni basici (alimentazione, cure mediche), per la preferenza accordata ai neonati
maschi. Il pericolo per la donna non termina qui, ma durante l’adolescenza si muta di
forma, a causa degli abusi sessuali e del traffico degli organi, e, durante l’età
adulta, a causa delle violenze domestiche (5000 donne al giorno perdono la vita per questa
causa, per ciò che si è potuto documentare).
La lettera apostolica del Papa Giovanni Paolo II Mulieres Dignitatem proclama la
dignità della donna all’interno del piano di redenzione di Cristo. Vorrei
concludere, perciò, unendomi alla Chiesa, con le stesse parole dell’enciclica:
“La Chiesa, dunque, rende grazie per tutte le donne e per
ciascuna: per le madri, le sorelle, le spose; per le donne consacrate a Dio
nella verginità; per le donne dedite ai tanti e tanti esseri umani, che attendono
l'amore gratuito di un'altra persona; per le donne che vegliano sull'essere umano nella
famiglia, che è il fondamentale segno della comunità umana; per le donne che
lavorano professionalmente, donne a volte gravate da una grande responsabilità sociale;
per le donne «perfette» e per le donne «deboli», per tutte:
così come sono uscite dal cuore di Dio in tutta la bellezza e ricchezza della loro
femminilità; così come sono state abbracciate dal suo eterno amore; così
come, insieme con l'uomo, sono pellegrine su questa terra, che è, nel tempo, la
«patria» degli uomini e si trasforma talvolta in una «valle di pianto»;
così come assumono, insieme con l'uomo, una comune responsabilità per le sorti
dell'umanità, secondo le quotidiane necessità e secondo quei destini
definitivi che l'umana famiglia ha in Dio stesso, nel seno dell'ineffabile
Trinità”[3].
Presentiamo on-line una nostra traduzione di alcune pagine del documento
“Women in an Insecure World: Violence Against Women", pubblicato nel settembre 2005 dal
DCAF (The Geneva Centre for the Democratic Control of Armed Forces) e curato da Marie Vlachova
e Lea Biason.
In particolare mettiamo a disposizione l’introduzione del documento,
il capitolo dedicato all’aborto selettivo dei feti di sesso femminile
ed all’infanticidio delle bambine e quello dedicato al deficit di cure
a cui sono sottoposte le donne fin dall’infanzia, nel mondo. L’intero
documento è disponibile nell’originaria versione inglese sul sito
del DCAF www.dcaf.ch
Centro culturale Gli scritti (06.06.2006)
Secondo le stime delle Nazioni Unite, fino a 200 milioni
di donne e bambine sono demograficamente "scomparse". Questo eufemismo nasconde
uno dei più sconvolgenti crimini contro l'umanità. Vista la
norma biologica di 100 nascite femminili contro 103 maschili, ci dovrebbero
essere fra noi diversi milioni in più di donne. Se non ci sono, se
sono "scomparse", vuol dire che sono state uccise o che sono morte per causa
di negligenza o maltrattamento.
Le donne vivono in un mondo davvero insicuro. Molte sono vittime di aborto dovuto
alla selezione del sesso oppure vittime di infanticidio (i maschi essendo preferiti
alle femmine). Altre non ricevono la stessa quantità di cibo e cure mediche
data ai loro fratelli, padri e mariti. Altre sono preda di crimini sessuali,
di delitti "d'onore" e di attacchi con l'acido (normalmente dovuti al rifiuto
di un pretendente). Si stima che 5.000 donne muoiono ogni anno in "incidenti
in cucina" perché la dote è considerata troppo modesta. Molte
altre sono vittime degli orrori riservati a ragazze e donne da situazioni di
guerra, durante il conflitto e nel dopo-conflitto. Un numero impressionante
di donne sono uccise dentro la propria casa per causa di violenza domestica.
Lo stupro e lo sfruttamento sessuale sono tuttora una realtà per innumerevoli
donne, milioni sono soggette a traffici illeciti, spesso vendute come fossero
bestiame.
L'enormità della questione appare solamente se guardiamo le cifre:
il numero di donne "scomparse", uccise solamente per causa del loro genere,
è dello stesso ordine di grandezza di quello - pari alla stima di 191
milioni di esseri umani – di tutti coloro che persero la vita direttamente
o indirettamente a causa delle guerre e dei conflitti del 20° secolo
(il quale fu, con le due guerre mondiali e numerosi altri conflitti sanguinosi,
il periodo più violento della storia umana).
Un "deficit" demografico di 100 - 200 milioni di donne implica che ogni
anno da 1,5 a 3 milioni di bambine e donne sono uccise per causa di violenza
dovuta solamente al loro genere. In confronto, ogni anno, 2,8 milioni di
persone muoiono di AIDS e 1,27 milioni di malaria. O se vogliamo esprimere la
situazione nel modo più orribile: la violenza contro le donne crea ogni
circa 2-4 anni una montagna di cadaveri uguale a quella dell’olocausto
degli ebrei.
Globalmente parlando, le donne fra 15 e 44 anni sono soggette a morire più
per causa di violenza maschile che per causa di tumori, incidenti stradali,
malaria e guerra - tutti messi assieme.
Per ogni bambina o donna uccisa dall'uomo, ci sono centinaia che portano
ferite fisiche o psicologiche per tutta la vita. La stima dell'OMS è
che su scala mondiale una donna su cinque è vittima di stupro o tentativo
di stupro. Altre fonti danno la cifra di una donne su sei in Canada, Nuova
Zelanda, Regno Unito e Stati Uniti mentre in Sud Africa la statistica spaventosa
è di 40% di ragazze sotto 18 anni. Persino nella pacifica Ginevra uno
studio comprendendo un campione casuale di 1.200 studentesse rivelò che
il 20% delle ragazze avevano subito almeno un episodio d'abuso sessuale fisico.
In termini assoluti globali, il numero di vittime può essere stimato
a più di 700 milioni di donne e bambine; negli Stati Unite 25 milioni
e nel Regno Unito più di 4 milioni.
Si teme che queste siano stime prudenziali. Secondo l'UNICEF da 100 a 130
milioni di donne nel mondo sono state mutilate ai genitali. Questo dato darebbe
una cifra di 2 milioni di bambine mutilate ogni anno. Il numero di donne
soggette o vendute alla prostituzione ogni anno è stimato fra 700.000
e 4 milioni. Soltanto in Europa sono vendute a protettori e a bordelli da
120.000 a 500.000 donne. I profitti dal mercato di schiave sessuali si collocano
fra i 7 ed i 12 miliardi di $USA ogni anno. Ci sono dei paesi (per esempio la
Moldova) dove il traffico sessuale è arrivato a un livello che minaccia
di destabilizzare l'equilibrio della popolazione - con delle conseguenze potenzialmente
devastanti.
Più del 60% dei giovani fra 15 e 25 anni che risultano positivi all'esame
HIV sono donne. L'inabilità delle donne di poter negoziare sesso
sicuro e di rifiutare sesso non desiderato è il motivo principale dell'alto
numero di infezione AIDS che colpisce le donne e le ragazze. Il problema HIV/AIDS
in molti regioni del mondo, e soprattutto in Africa, non può essere risolto
se non si riconosce che la violenza contro la donne ne è una delle cause
maggiori.
Persino il costo economico della violenza contro le donne è sconvolgente.
Negli Stati Uniti si stima che il costo annuale per la violenza domestica sia
di 67 miliardi di $USA e in Canada di 1,6 miliardi di $USA. In Cile nel 1997
le vittime femminili di violenza domestica persero 1,56 miliardi di $USA in
guadagni mancati - più del 2% del PNL del paese nel 1996. In Svizzera
il costo annuale di violenza contro le donne ammonta a più di 325 milioni
di $USA.
L'elenco degli orrori è infinito. Il quadro presentato è fin troppo
chiaro. Siamo davanti all'assassinio di Eva, un "genocidio di genere" sistematico
di proporzioni tragiche. Pur se i fatti sono conosciuti e le cifre facilmente
disponibili presso le Nazioni Unite ed altre agenzie specializzate, il problema
non è stato percepito a fondo e, per conseguenza, non riceve nemmeno
lontanamente l'attenzione che meriterebbe. E diventata politicamente corretta
l'analisi di problemi dal punto di vista di entrambi i generi sia maschile che
femminile. Ovviamente questo è un passo nella direzione giusta ma è
evidente che non è sufficiente (c'è anche la possibilità
che sia controproducente in quanto potrebbe trasformare la violenza contro le
donne in una questione secondaria rispetto ad un altro problema ritenuto più
importante). La violenza contro le donne deve essere riconosciuta come un
problema chiave di primaria importanza in quanto è una causa di morte
sul nostro pianeta comparabile solamente alla guerra, alla fame e alle malattie.
"Donne in un Mondo Insicuro" è un libro che mette assieme - probabilmente
per la prima volta - i fatti e le cifre relative. Spesso le cifre non sono altro
che stime: molto spesso la violenza contro le donne non viene denunciata. Il
fatto che, davanti ad un problema di tale enormità, non possiamo nemmeno
contare su delle statistiche attendibili è in se stesso sconvolgente
e inaccettabile.
La natura epidemica della violenza contro le donne ha portato
gli analisti ad identificare un "genocidio di genere" - cioè l'uccisione
in massa di un solo genere - quello femminile. "Istituzioni volte al genocidio
di genere", cioè manifestazioni durevoli esistenti in diverse culture
e società umane, creano la mortalità sproporzionata di donne su
vasta scala.
"Donne in un Mondo Insicuro" analizza qualcuna fra le più importanti
di questi "istituzioni volte al genocidio di genere ", come l’infanticidio
ed il feticidio femminili, la violenza contro il sesso femminile ed il deficit
di nutrizione, istruzione e cure sanitarie a causa del sesso della bambina.
Amartya Sen, Premio Nobel 1998 per l'Economia, reputa che
più di 60 milioni di donne siano "disperse" demograficamente come conseguenza
di aborti selettivi secondo il sesso e infanticidio femminile in Cina, Asia
meridionale e Nord Africa. L'infanticidio è stato praticato in tutta
la storia umana nelle società dove i bambini maschi hanno più
valore, sia economicamente che socialmente, delle bambine. La tecnologia avanzata
permette l'orrore moderno dell'aborto selettivo di feti femminili. L'esame
medico per stabilire il sesso del feto, anche se ufficialmente illegale, è
diventato un florido commercio in Cina, in India e nella Repubblica di Corea.
Il censimento cinese nel 2000 rivelò che il rapporto fra neonati femminili
e maschili era 100:119. La norma biologica è di 100:103.
Il censimento nel 2001 in India registrò 927 bambine per ogni 1.000
bambini maschi sotto l'età di 6 anni, una netta diminuzione dalle 962
femmine registrate vent'anni prima. Il commissario indiano per il censimento
stima a diversi milioni gli aborti di feti femminili negli ultimi vent'anni.
Nel 1996 l'India ha proibito l'uso delle macchine ad ultrasuoni per determinare
il sesso dei feti. L'aborto dei feti femminili e l'infanticidio di neonate rispecchia
la mancanza d'importanza accordata alle donne in molte regioni del mondo.
"Le Donne in un Mondo Insicuro" esamina in quale modo la politica nazionale
può contribuire a modificare l'attitudine verso le donne e a prevenire
queste pratiche. Le strategie proposte comprendono il miglioramento della politica
statale per il controllo delle nascite, pensioni migliori per gli anziani, campagne
nazionali per la cura delle ragazze, leggi che proibiscono ai ginecologi di
rivelare alla donna incinta il sesso del nascituro, e leggi più severe
che proibiscono gli aborti dovuti al sesso del feto.
Nelle comunità povere le bambine sono spesso trascurate
e vengono loro negati cibo, istruzione e cure mediche. Statistiche di paesi
in via di sviluppo indicano che la mortalità delle bambine dell'età
da uno a quattro anni è più alta di quella dei maschi della stessa
età. Questo è solo l'inizio di una discriminazione contro le donne
che dura tutta la vita per quanto riguarda cure mediche, istruzione e tempo
libero. Ne consegue la eccessiva mortalità delle donne e ragazze che
contribuisce alla mancanza di opportunità e di potere.
UNICEF definisce la mortalità materna, sia per l’ampiezza del
fenomeno, sia per la gravità di esso, "la tragedia più trascurata
dei nostri tempi".
Affrontare questi problemi richiede una grande volontà internazionale,
ma anche risorse significative per migliorare i servizi alle donne nei campi
dell'istruzione e delle cure sanitarie. Cuba ha dimostrato che anche i paesi
poveri possono migliorare la saluta delle donne e diminuire la mortalità
materna. Con la politica di estendere le infrastrutture mediche fuori delle
città la mortalità in Cuba nel 1996 era di 2,4 per ogni 10,000
parti, appena più alta che negli Stati Uniti.
Indonesia, Iran, Messico e Uganda stanno intraprendendo passi importanti nell'affrontare
la mortalità materna ed altri problemi relativi alla salute delle donne.
Per rendere globale l'approccio alla mortalità materna nelle zone rurali
più povere sarebbe necessario, secondo le relazioni dell'UNICEF e dell'OMS,
l'addestramento di 850.000 persone specializzate, oltre alle medicine ed alle
attrezzature necessarie. Il costo totale sarebbe di 200 milioni di $USA - più
o meno il costo di una mezza dozzina di jet militari.
[1] World Health Report (WHO) 2004.
[2] Marie Vlachova and Lea Biason, Women in an Insicure World, Geneva Centre for the Democratic Control of Armed Forces (DCAF), Ginevra, settembre 2005.
[3] Lettera Apostolica Mulieris Dignitatem, di Giovanni Paolo II, scritta in occasione dell'anno Mariano, il 15 agosto 1988 (par. IX).