Abbiamo ricevuto questi appunti di viaggio di d.Franco Costa, sacerdote padovano e Vicario del Vescovo per la catechesi e la scuola della sua Diocesi, che ci descrivono con semplicità la vita dei cristiani in Turchia, in particolare nel Vicariato Apostolico dell’Anatolia. Li mettiamo a disposizione on-line, con il consenso dell’autore, per far conoscere più da vicino questa realtà.
L’Areopago, 06.12.2005, festa di S.Nicola
Quanti sono i cattolici in Turchia, come vivono le parrocchie, quale azione pastorale sviluppano? Con queste
curiosità, ho fatto otto giorni di ferie, a fine luglio, nella regione di Tarso (Cilicia) e di Antiochia
(Hatay).
Ho vissuto in parrocchia, a Mersin, bella città sul Mediterraneo con lungomare e giardini deliziosi (1,2
milioni di abitanti) a 28 Km da Tarso. Ospite di un convento di frati cappuccini, parrocchia di
Sant’Antonio di Padova, ho visitato altre due o tre parrocchie in altrettante città del Vicariato
apostolico dell’Anatolia. Questo corrisponde ad una diocesi dei Cattolici di rito latino, con la differenza
che il suo Pastore è un Vescovo con il titolo di Vicario apostolico (ciò anche per ragioni ecumeniche,
poiché in quella stessa regione vi sono altri patriarchi cristiani, cattolici e ortodossi, di vario
rito).
Il Vicario apostolico dell’Anatolia è il vescovo mons. Luigi Padovese, Frate Minore Cappuccino, 58
anni, già Preside dell’Istituto Francescano di Spiritualità dell’Università Pont.
“Antonianum” di Roma, storico e teologo specialista su san Paolo e san Giovanni, nonché sui
Padri della Chiesa dei primi secoli. A lui il merito di aver organizzato negli ultimi vent’anni altrettanti
simposi di studio nelle città di Efeso (su Giovanni) e Tarso (su Paolo).
Il Vicariato si estende dal Mediterraneo al mar Nero, e ad ovest dai confini della provincia di Ankara fino ai
confini orientali della Turchia con la Siria, l’Iraq e l’Iran.
Nella città di Tarso (220 mila abitanti) non v’è alcuna parrocchia cristiana, ma solo una piccola
comunità di tre religiose italiane, Figlie della Chiesa. Nelle città invece di Iskenderun (antica
Alessandretta), Antakya (Antiochia), Mersin, come pure a Trabzon (Trebisonda) e a Samsun sul mar Nero vi sono
altrettante parrocchie. Il Vescovo risiede a Iskenderun, città portuale poco più a nord di
Antiochia.
I fedeli cattolici sono pochi e le parrocchie del Vicariato sono povere di risorse ma non di fede. Fortemente
condizionate dal contesto sociale, religioso e culturale, sono tuttavia molto operose nelle iniziative della
carità e non prive ogni anno di catecumeni e di neofiti battezzati. In quelle parrocchie l’ecumenismo
è una realtà ampiamente praticata specialmente tra cattolici e ortodossi.
La Turchia è uno dei pochi stati a maggioranza islamica che per Costituzione e per legge non impedisce la
conversione dall’Islam ad altra religione.
I Padri Cappuccini, della Provincia di Parma, sono in grande maggioranza italiani, ma registrano anche vocazioni
religiose tra i Turchi, cosicché alcuni dei frati più giovani sono turchi.
Note e frammenti di vita
A Mersin i Padri Cappuccini sono presenti dal 1853. La chiesa di Sant’Antonio è stata costruita da
loro. Fino a qualche anno fa, a Mersin avevano gestito attivamente un convitto di formazione per giovani
cristiani. Improvvisamente, gli è stato imposto di chiuderlo, perché - gli è stato detto -
“non autorizzato dal Ministero della Pubblica istruzione”. Pende su di loro anche un tentativo di
esproprio, cui i Padri si oppongono in tribunale, un processo che andrà per le lunghe, anche decenni.
Da alcuni anni, i Padri offrivano anche corsi di italiano e di inglese ad adulti e giovani della città. Ma
solo per due o tre anni, finché due anni fa gli è stato vietato: corsi non autorizzati dal Governo!
I cattolici di Mersin sono poche centinaia. In città vi è soltanto un’altra chiesa cristiana
ortodossa con il suo parroco. Ai Padri, il cui superiore è un frate turco, è concesso soltanto di
officiare la chiesa e gestire attività pastorali nell’ambito strettamente dei locali del complesso
parrocchiale. Al di fuori del complesso resta ovviamente attiva l’opera della Caritas a favore dei poveri.
Laicità dello Stato e libertà religiosa: sì, però…
La popolazione
guarda con simpatia alla presenza dei Padri e la gente mostra personalmente benevolenza. Ma la religione di
appartenenza è registrata sulla carta d’identità e c’è un discreto controllo sociale a
sfavore dei cristiani, i quali trovano spesso difficoltà e sono discriminati nel lavoro. La carriera
militare, per esempio, è aperta soltanto a chi è di religione islamica.
I rapporti dei Padri cappuccini con gli enti locali (il sindaco e le municipalità) sono buoni. Sono anche
molto sereni i rapporti con il Muftì, la massima autorità religiosa islamica della città. Ma
differente è la prassi della burocrazia che dipende dall’amministrazione centrale. È questa, sono
i funzionari locali delle amministrazioni statali che agiscono discriminando le parrocchie cristiane e le loro
opere destinate a fini formativi ed educativi. Queste opere suscitano sempre il sospetto di voler convertire al
cristianesimo.
I Padri presenti in Turchia da 20, 40 o 50 anni non hanno ancora ottenuto la cittadinanza turca: “per
mancanza di alcune condizioni” rispondono i funzionari, senza tuttavia notificarle, scrive il parroco padre
Domenico di Antiochia. E grazie al cielo ora ottengono un permesso di soggiorno non più di pochi mesi, ma
della durata da tre a cinque anni, a condizione di pagare una tassa di 0,50 Euro al giorno per la durata
concessa.
La Costituzione è laica, le leggi democratiche dicono di tutelare il diritto della libertà religiosa,
ma la conversione al cristianesimo è vista come un passare… dall’altra parte. Nonostante tutto,
l’assemblea domenicale della Messa è molto frequentata. E data l’ampiezza della città,
comporta ai fedeli di doversi muovere per tempo; anzi la parrocchia stessa fa un giro per i quartieri per
raccoglierli con un pulmino.
I cristiani delle città dell’Anatolia meridionale appartenevano fino al principio del secolo scorso in
gran parte alle classi medie. Ora sono numericamente ridotti al minimo: meno di 5000. Vivere da Cristiani e
lavorare non è facile. Appartengono specialmente alle classi più povere.
La domanda del Battesimo
Le parrocchie sono molto aperte e ospitali verso tutti, non mancano affatto giovani e adulti che chiedono di
conoscere meglio la fede cristiana e domandano il Battesimo. Sono comunità vive, non inerti. Se tra i paesi
islamici la Turchia è tra i pochi che istituzionalmente ammette che il musulmano possa farsi cristiano, le
parrocchie non vogliono mancare questa opportunità.
La preparazione dell’adulto al battesimo avviene attraverso forme varie di catecumenato, anche individuali,
ma sempre con il contatto diretto con il Vangelo (lettura continuata di almeno uno dei vangeli), con pagine
scelte della storia biblica dell’Antico Testamento e a condizione che il catecumeno frequenti
l’assemblea liturgica domenicale (senza naturalmente accostarsi alla Comunione).
Questo catecumenato può durare un anno o più.
I ragazzi e i giovani
La formazione cristiana dei ragazzi e dei giovani può svolgersi solo dove c’è un luogo di culto.
Per esempio a Tarso non v’è nessuno che possa fare formazione per i giovani, neppure le tre Religiose
italiane che vi risiedono. A queste compete l’incarico di assistere i gruppi di pellegrini cristiani,
perché le antiche chiese sono diventate moschee e la chiesa di san Paolo è “museizzata”,
cioè vi si entra a pagamento. In questa chiesa la celebrazione della Messa è consentita solo se
richiesta da pellegrini cristiani, una volta acquistato ovviamente il biglietto d’ingresso.
Le associazioni cristiane per i ragazzi e i giovani non esistono. La parrocchia può ovviamente assicurare
uno spazio (l’oratorio o patronato, se lo possiede) per le attività sportive e ricreative.
D’estate o nei periodi di vacanza delle scuole, i ragazzi possono vivere l’esperienza del campo
scuola, ma solo in quanto c’è un privato che mette a disposizione una casa o altro ambiente per i
ragazzi. Allora uno dei Padri condivide con loro l’ospitalità offerta per esempio per una settimana.
È accaduto anche nell’ultima settimana di luglio. E dalla parrocchia di Mersin una decina di giovani
si preparavano per andare alla Giornata Mondiale dei Giovani a Colonia insieme ad alcune altre decine di giovani
delle altre città di Adana, Antakya e Iskenderun.
Per i ragazzi islamici, è prevista a scuola la lezione di Corano: memorizzazione delle sure nella
lingua araba, non turca, educazione alla preghiera della moschea. Per esserne esentati occorre documentare
l’appartenenza ad un’altra religione (cristiani o ebrei). Nel dicembre 2003, un disegno di legge
presentato dal Governo per promuovere corsi coranici per tutto l’anno nelle scuole, fu bocciato per
l’opposizione del Presidente della Repubblica e dei Militari, a tutela della laicità voluta dalla
Costituzione.
In città esistono confraternite religiose islamiche che organizzano scuole confessionali, doposcuola, corsi
preparatori agli esami di ammissione all’Università.
Ecumenismo e rapporti interreligiosi
L’ecumenismo - specialmente tra i cattolici (di rito maronita, siriaco, greco o latino) e d’altra
parte gli ortodossi – è prassi, anche con modalità avanzate. Per esempio ad Antiochia, dove la
gran parte dei cristiani è composta di ortodossi, sono molti che frequentano la parrocchia cattolica, tanto
che il parroco padre Domenico Bertogli anni or sono ha ottenuto dalla Santa Sede l’autorizzazione a
celebrare la Pasqua nella stessa data degli ortodossi. E gli ortodossi d’altra parte celebrano il 25
dicembre il Natale con i cattolici, per celebrare poi la loro propria solennità natalizia che corrisponde
all’Epifania.
Nel territorio e nelle città del Vicariato sono presenti anche piccole comunità protestanti. I rapporti
sono più tenui. Differente è anche l’approccio che può condurre al Battesimo.
Sul piano interreligioso – cioè in rapporto ai non cristiani: ebrei e islamici – si danno
importanti momenti d’incontro tra autorità cristiano-cattoliche e autorità islamiche
religiose.
Al Simposio internazionale celebrato quest’anno a Tarso e Antiochia su Paolo, ha partecipato anche il
Rettore dell’Università di Antiochia. Una presenza significativa. Allorché sulla stampa e in
televisione sono ritornate ed enfatizzate le solite obiezioni sul perché debbano tenersi momenti così
qualificatamente cristiani in Turchia, è stato l’intervento del Rettore stesso a rintuzzare quelle
obiezioni.
Il tormento del contenzioso in tribunale
La Chiesa cattolica e le sue parrocchie non hanno personalità giuridica riconosciuta. Ogni atto, per esempio
di compravendita, deve avere come firmatario un cittadino turco. Una circostanza che lungo gli anni si è
dimostrata ripetutamente fonte di contenzioso e di cause che si prolungano per anni nelle aule di tribunali (oggi
in capo a un parroco anziano, presente in Turchia da cinquant’anni, si accavallano cinque o sei processi,
alcuni intentati con accuse pretestuose, altri promossi dalle parrocchie o dal Vescovo in difesa di diritti
conculcati). La gente è buona e cordiale, perfino premurosa e affabile sul piano personale: merita di
conoscerla e frequentarla. Ma diventa poi puntigliosa, o reticente, non disponibile a mettere nero su bianco in
difesa di diritti conculcati e pronta invece a ricorrere all’avvocato e al tribunale per avere
soddisfazione su diritti pretestuosi verso la comunità cristiana.
Nella città di Adana c’era una sola chiesa cattolica parrocchiale, dove il 28 luglio ho incontrato il
giovane parroco, don Roberto, polacco. Il parroco e il vescovo confidavano allora nel Sindaco e nelle sue
promesse, per far trasferire - avendo la legge dalla loro parte - un esercizio che nel locale adiacente alla
chiesa era destinato a banchetti e feste chiassosi o a discoteca.
Il parroco non poteva più celebrare nella sua chiesa, ma non c’é stato nulla da fare. A ottobre
la chiesa é stata chiusa dal vescovo e il parroco è andato a Iskenderun. I cattolici di Adana dovranno
fare almeno ottanta chilometri fino a Mersin se vorranno la messa.
Nonostante ci siano le leggi a tutela dei diritti delle parrocchie, gli Uffici pubblici rispondono alle lettere
del parroco o del vescovo in maniera evasiva o negativamente; i documenti anche catastali misteriosamente si
perdono; una casa, a Tarso, che era stata pressoché ultimata sul terreno regolarmente acquistato per conto
del Vescovo cattolico, è stata espropriata e nottetempo, improvvisamente, rasa al suolo.
Eppure la Chiesa cattolica e le parrocchie in Turchia sono realtà presenti nel cuore della gente che le
conosce, la fede e la carità dei fedeli sono operose. I parroci, anche più giovani come il polacco don
Roberto incontrato ad Adana, sono motivati e grati al Signore di essere in Turchia, ci si ritrovano, amano quella
terra e non ne verrebbero via per nessuna ragione.
Per noi, cattolici europei e italiani, alcune domande
La Turchia è una regione che dovrebbe essere cara a tutto l’occidente cristiano, perché là
per la prima volta i discepoli del Signore hanno cominciato a chiamarsi cristiani e là per la prima volta il
vangelo ha cominciato ad essere annunciato ai non ebrei e a popolazioni di culture diverse e nuove. Potremmo
dire: se siamo cristiani senza dover essere circoncisi, se il Vangelo di Gesù e la fede di Pietro e di Paolo
si è rivelata capace di permeare e fecondare ogni cultura e civiltà, se è diventata e sa essere
fermento di integrazione tra i popoli e le nazioni, tutto ciò è accaduto per la prima volta ad
Antiochia. Con il merito di Paolo, nato a Tarso.
Come manifestare fraternità e comunione a quelle comunità di fede? Come aiutarle perché possano
crescere nella fede e nella testimonianza cristiana?
In quella regione i poveri non mancano, come non mancano nelle nostre città e contrade, ma le comunità
cattoliche sono numericamente ridotte e povere di mezzi: come aiutarle ad esprimere nelle loro ristrettezze opere
di fraternità e solidarietà che esprimano la carità e la fede?
Il Vescovo di Padova Antonio da qualche anno ha avviato alcune forme di sostegno mirato per la Parrocchia di
Antiochia e ora ha lanciato un progetto di solidarietà costituendo il Gruppo di Amici di Antiochia.
Pellegrinaggi e altri scambi
Le iniziative forse più facili da attivare consistono nel promuovere pellegrinaggi in quella regione. Chi vi
abita li raccomanda, perché sono testimonianza, per quei cittadini, che i cristiani occidentali pregano
(vedi per es. il celebrare l’Eucaristia anche negli alberghi), che danno esempio di comportamenti corretti
e rispettosi, che non dimenticano i luoghi delle loro origini, in quanto cari alla nostra e non solo alla loro
memoria.
Si possono anche promuovere altre manifestazioni di carattere culturale, a livello giovanile, campi scuola o
campi di lavoro, o manifestazioni sportive… Sempre nel rispetto di ciò che è consentito dalle
autorità locali.
Sono eventi-messaggio di solidarietà e fraternità verso quelle comunità cristiane.
Non c’è solo Antiochia
Nel promuovere l’interesse per Antiochia, non possiamo dimenticare Tarso. Sono città sorelle, a circa
duecento chilometri di distanza. A Tarso sarebbe auspicabile che trovassero insediamento delle famiglie cristiane
turche. Non è pensabile che vi possano giungere dall’estero. Solo la costituzione di una comunità
cristiana in loco può aspirare ad ottenere nel tempo l’apertura di una chiesa cristiana al culto.
E questa è la condizione perché a Tarso – che già nel settimo secolo e poi di nuovo in epoca
crociata era sede vescovile – torni a risuonare la parola del Vangelo. Le attese della Turchia e la sua
rincorsa per entrare nell’Unione Europea, nei prossimi anni, potrebbero offrire il contesto politico per
realizzare un tal sogno.
I poveri e le iniziative della carità
La crisi economica che investe tutto il medio oriente, l’inflazione della lira turca negli ultimi anni (il
carburante in Turchia costa molto di più che in Italia: oltre due milioni e mezzo di Lire Turche al litro
per la benzina, e occorrono 1,7 milioni di LT per comprare un Euro), le condizioni di vita precarie, centuplicano
le difficoltà di sopravvivenza soprattutto nel ceto più basso della popolazione.
Eppure i poveri non si vedono, tutti mostrano una grande dignità. I bambini vanno a scuola, ma questa, anche
se gratuita fino a 14 anni, impone i costi della divisa, dei libri, eccetera.
I servizi sanitari sono assicurati, ma non appena la cura si prolunga o si fa esigente per farmaci e terapie, le
assicurazioni non pagano e la salute diventa un bene da ricchi.
Nelle parrocchie opera ovunque la Caritas. A Mersin, sono le Figlie della Chiesa che venendo da Tarso ne
coordinano e sostengono le opere: aiuto alle famiglie povere per cercar casa, o per trovare lavoro; aiuti
economici per pagare le bollette…
Le comunità cristiane incoraggiano e promuovono adozioni internazionali. Sono forme di aiuto importante e
urgente, anche se le foto dei bambini che ci inviano non mostrano (grazie al cielo) bambini denutriti col
pancione!
Le iniziative della parrocchia di Antiochia e la carità del Vescovo di Padova
La parrocchia cattolica di Antiochia è nascosta e semisommersa entro vicoli stretti, tra case fatiscenti del
centro storico più vecchio della Città. Nel 2002-03 si rendeva disponibile una casa contigua. La
parrocchia ha potuto acquistarla con l’aiuto della carità del Vescovo Antonio di Padova, in nome del
naturale “gemellaggio” che unisce la nostra Chiesa con la città che ha dato i natali a san Luca.
La parrocchia l’ha riattata e ne ha fatto la sede della Caritas. Subito dopo la parrocchia ha potuto
acquistare con altro aiuto del Vescovo Antonio alcune abitazioni fatiscenti addossate muro su muro al perimetro
dei locale della parrocchia. I lavori di ristrutturazione sono in fase avanzata (con il severo benestare della
locale Sovrintendenza all’Ambiente e alle Belle arti) e presto saranno date in abitazione ad alcune
famiglie cristiane con bambini. Si ricrea così intorno alla chiesa parrocchiale un miniquartiere cristiano.
È importante anche per rendere meno anonime e più significative le attività formative, educative e
caritative proprie della parrocchia cattolica.
Nella stessa parrocchia è sorta un’associazione con un preciso progetto: “Angolo di
speranza”, per promuovere autosostegno tra le donne sole e con figli (perché abbandonate o
perché vedove: nessuno più le vuole!) o donne il cui marito è impedito al lavoro da qualche grave
handicap. È un progetto significativo sotto il profilo sociale e comunitario, importante anche nella
prospettiva del dialogo ecumenico e interreligioso. Le donne, cristiane o anche non cristiane, si ritrovano non
solo a fare qualcosa insieme, ma anche a confrontarsi e ad aprirsi a nuovi interessi, evitando il ripiegamento su
di sé e trovando semmai forme di autosostentamento sia psicologico che economico. Semplici attività
artigianali, opportunamente pubblicizzate anche in internet, possono concorrere ad un reddito minimo, mentre
l’incontrarsi e coltivare insieme qualche elementare interesse culturale (letture, testimonianze…) le
aiuta a crescere nell’autostima e a camminare insieme.
Non si dona senza ricevere
Visite, incontri e scambi con le Comunità della Turchia non
sono mai occasioni in cui donare a senso unico. Vale l’antico principio paolino, allorché
l’apostolo promoveva la colletta tra i cristiani di Corinto a favore della comunità di Gerusalemme:
“Si tratta di cosa vantaggiosa per voi [Corinzi]… La vostra abbondanza supplisca alla loro
indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza, e vi sia uguaglianza”
(2Corinzi 8,10.14).
Le comunità cristiane della Turchia insegnano a noi, europei, il coraggio della fede e
dell’evangelizzazione. È vero che non dobbiamo barattare opere di misericordia con la conversione alla
fede. Non sia mai! Ma non c’è nulla di male se a chi riceve ospitalità e accoglienza, servizi e
vitto, si dona insieme anche il Vangelo. Il proselitismo è da denunciare quando “compera”
l’adesione alla religione a prezzo di favori e servizi. Ma è da resuscitare e promuovere,
positivamente, quando prende forma con l’annuncio gratuito e affascinante del Bene più grande, che
è l’Incontro con Gesù, il Figlio della Vergine Maria, nato a Betlemme, la città di Davide,
come san Luca racconta.
Padova, Avvento - Natale 2005
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