Ripresentiamo on-line sul nostro sito, per il progetto Portaparola, la
lettera che il direttore di Avvenire, Dino Boffo, ha scritto in risposta a Giuliano Ferrara,
per motivare la posizione della Chiesa cattolica in merito ai referendum sulla fecondazione
assistita. La scelta di rifiutare i referendum, ritenendoli uno strumento assolutamente
inadatto in una materia come questa – ed, in conseguenza di questo, la decisione di non
andare a votare - è presentata alla luce dell’attenzione dedicata a questi temi
fin dal momento in cui sono stati posti da parte sia di cristiani sia di laici convinti che
fosse necessario uscire dal cosiddetto “far west”, nel quale nessuna remora morale
e nessuna tutela della vita nascente veniva prevista ed affermata in materia di fecondazione
assistita. Il bollare la posizione cattolica come “astensionistica”,
interpretandola come invito al disimpegno ed alla disinformazione, si rivela perciò come
strumentale, scorretto e fuorviante.
La lettera è apparsa su Avvenire nell’edizione del 3 febbraio 2005.
L’Areopago
Caro Giuliano,
è troppo importante quello che tu e il tuo giornale state facendo sul fronte della
bioetica, troppo gagliarda la tua iniziativa di demistificazione dei tabù laicisti, e
troppo preziosa la sintonia che abbiamo riscontrato già in altri momenti tra le
posizioni nostre e le ragioni tue, insomma è così delicato e insieme così
arricchente il nostro rapporto, scaturito dalle cose, perché abbiamo ad accettare -
rassegnàti - che un equivoco insidi e prosciughi lo spazio di una convergenza
vitale.
Mi riferisco all'atteggiamento che ciascuno di noi, da persona libera e responsabile, pensa di
adottare in occasione dei referendum sulla fecondazione assistita. Tu ritieni che, trascinato
davanti alla scadenza referendaria, il nostro cattolicesimo ufficiale rischi di scegliere un
comportamento obliquo, troppo ovattato, se non accondiscendente e addirittura ruffiano verso lo
spirito del mondo. Beh, non è così.
Intanto, vorrei ricordarti che il nostro cattolicesimo ha insistito in maniera quasi maniacale
per creare nel Paese la consapevolezza che il vuoto legislativo attorno la procreatica era
inaccettabile. Parlavamo di inverecondo far west e sembrava che nessuno o quasi ci stesse a
sentire. Quando finalmente il Parlamento si attivò per un'iniziativa legislativa
adeguata, abbiamo seguito quei lavori con minuziosa partecipazione, spronando per quanto
possibile affinché non si perdesse altro tempo, si conducesse in porto la nuova legge,
la si sperimentasse per un congruo periodo di tempo e semmai dopo, soltanto dopo, la si
migliorasse nei punti che nel frattempo si fossero rivelati più fragili. Con
improntitudine quasi, abbiamo insistito perché i partiti scontenti della legge 40 non si
consegnassero con spavalderia alla suadente chimera di una revisione referendaria. Per l'intera
estate 2004 ci siamo trovati a tifare perché la raccolta di firme fallisse, sembrando a
noi che il tema della fecondazione è in sé troppo delicato per affidarlo alla
mannaia referendaria. Niente. Le firme sono state raccolte, la Cassazione ne ha controllato la
validità, mentre è toccato alla Corte Costituzionale individuare i quesiti
ammissibili.
E siamo a oggi. Con i cattolici scrutati da ogni parte, stuzzicati senza troppa eleganza,
indotti a dividersi e contrapporsi da un giornalismo provocatore e volgare. Che cosa possiamo
fare, noi e tutti coloro che religiosi o laici non condividono nulla di questi referendum
sommari quant'altri mai? Tu dici, e insisti: bisogna andare alle urne e votare no. È una
strada. Ma lascia che ti dica che per noi non è la più logica né la
più consequenziale. Perché mai collaborare per la riuscita di questi referendum,
proprio noi che li abbiamo politicamente e moralmente avversati fin dall'inizio? Perché
dobbiamo accettare il ricatto in cui siamo trascinati a forza? E contribuire noi a far
raggiungere il quorum previsto, quando spetta rigorosamente ad altri esibire l'onere della
prova, ossia dimostrare che il 50 per cento più uno del popolo elettore vuole avocare a
sé, in materia di fecondazione, il compito legislativo?
Ti ricordo che noi siamo tra coloro che hanno ringraziato il Parlamento per lo sforzo
prodotto, non perché giudichiamo questa legge perfetta, ma perché - pur
imperfetta - è un più che apprezzabile passo avanti rispetto alle sperimentazioni
selvagge. E dunque, che senso avrebbe sfiduciare ad actum un Parlamento che invece proprio sul
punto della fecondazione ha dato il meglio di sé?
Ovviamente li abbiamo sentiti anche noi, in queste settimane, i generosi quanto stravaganti
richiami alla coscienza cattolica circa il dovere civile della partecipazione. O lo sono
ingenui, o ci fanno. Possono degli uomini di Stato non sapere che il voto referendario è
costituzionalmente diverso dal voto elettorale? No. E allora, per favore, niente prediche
moralistiche, che di confusione ce n'è già tanta in giro.
Tu temi la nostra pigrizia, la nostra cedevolezza, peggio: la nostra alleanza con l'ignavia.
Ti smentiremo, Giuliano. Siamo a fianco a te per vivere questa stagione esaltante di
alfabetizzazione circa la vita e le sue responsabilità. Non è vero che noi ci
asterremo: è troppo poco. Noi non andiamo a votare, che è un doppio no: al
contenuto dei quesiti e a questa rozza strumentalizzazione del metodo referendario. Sta'
attento piuttosto che il tuo no non si confonda con altri no, apparentemente rigorosi, in
realtà voluttuariamente protesi alla sconfitta. Io non disdegnerò per l'occasione
di allearmi con gli assenteisti storici, se questo serve a trarre in salvo delle vite umane.
Perdona la schiettezza, e abbimi per cordialmente tuo.