Il presente testo è la trascrizione della conferenza che S.Em. il card.Ersilio Tonini ha tenuto il martedì 14 dicembre, presso il Centro Culturale L’Areopago della parrocchia di S.Melania. Il testo non è stato rivisto dall’autore
L’Areopago
L’abbiamo invitata questa sera per ascoltare una sua
riflessione, una sua testimonianza, sul grande evento del Concilio Ecumenico
Vaticano II, dalla ispirazione di indirlo, opera dello Spirito Santo, di Giovanni
XXIII al passaggio a Paolo VI che lo guiderà fino in fondo. Ed anche
per ascoltarla sul grande valore spirituale, sulla attualità, sia storica
sia ecclesiale, del Vaticano II per l’oggi.
Voglio ringraziare la Commissione Storica dell’Areopago che ha organizzato
questo incontro, d.Francesco e i laici che l’hanno aiutato. E’ veramente
un grande servizio reso a tutti quanti noi.
Monsignor Tonini, come sapete, è nato nel 1914, è divenuto vescovo
subito dopo il Concilio. Appartiene alla prima generazione di vescovi nominati
da Paolo VI dopo il Concilio. Divenuto vescovo di Macerata, nelle Marche, è
stato poi vescovo in Romagna, terra amata, a Ravenna e Cervia, con tutta la
fatica dell’unificazione della Diocesi. E’ stato nominato Cardinale
nel 1994 - i cardinali, con il loro abito di colore rosso come il sangue, segno
della loro disponibilità a testimoniare il Cristo fino al martirio, sono
proprio coloro che danno questa testimonianza grande, insieme al Santo Padre,
come suoi consiglieri.
Pensando a Lei, pensavo soprattutto al grande valore dell’esperienza.
A volte, nel linguaggio giovanile, l’esperienza può ridursi all’aver
provato una cosa, all’averla assaggiata, in un mordi e fuggi che finisce
in un istante. Ma “esperienza” vuol dire anche la qualità
di una realtà provata a lungo, consolidatasi in anni e anni di fedeltà
e costanza, con gioie e fatiche che si sono susseguite. Tutti La amano proprio
per la sua esperienza, per la sua testimonianza che è una testimonianza
provata nel passare degli anni, nel passaggio delle stagioni, nel cambiamento
dei momenti, perché l’esperienza è sempre radicata nella
storia, nel tempo. E la vera esperienza è sempre anche pensata, riflessa,
perché non basta aver vissuto qualcosa, se poi non ci si ferma a capire
il motivo ed il senso di ciò che si è vissuto.
Ecco che la teologia, il pensiero, l’essere vescovo e cardinale, l’essere
annunciatore del vangelo nascono dall’esigenza di capire qual è
l’opera che Dio compie e continuamente realizza nella storia, di saper
rispondere alla domanda dove sia il dono vivificante di Dio per l’oggi.
Ecco, vogliamo veramente darLe il benvenuto qui. Questa sera siamo qui per ascoltarLa.
Ci sarà la sua relazione e poi la possibilità di fare domande.
Grazie davvero di essere qui in mezzo a noi.
Grazie dell’invito perché mi consente di dire
cose che premono qui dentro: mi verrebbe la voglia di mettermi sui tetti e gridare
alla gente che passa - però non lo faccio perché finirei in manicomio
e non mi conviene - o di fermare la gente per la strada, specialmente i ragazzi,
per dire: “Sai che cosa sta accadendo? Sai che cosa ci si aspetta da te?”
Perché noi stiamo vivendo il momento storico più straordinario
della storia moderna, il più straordinario che il mondo abbia conosciuto.
E prima di passare al passato, al Concilio, voglio proprio proiettarmi nel futuro:
ecco noi siamo qui, in vista del futuro e ci chiediamo se siamo preparati, se
la Chiesa, la generazione precedente ci ha preparati in vista di questa immensa
missione. Cosa sta accadendo? Un grande studioso francese ha scritto un libro
intitolato “Pourrons nous vivre ensemble?”. Ce la faremo a stare
insieme? E’ il grande problema: si ricomincia a stare insieme daccapo.
L’Europa non è da sempre. Fortunatamente, dopo aver visto, fino
a cinquantadue, cinquantatre anni fa, camini che fumavano di carne umana, noi
ci ritroviamo in questa Europa che ha sentito il bisogno di rinsavire. Quando
abbiamo visto arrivare i convogli carichi di bambini, donne e uomini - i bambini
e le donne più deboli erano gettati per primi nei forni! Noi l’abbiamo
saputo dopo, ma è bastato poi andare a vedere, perché il mondo
si decidesse ad arrivare al processo di Norimberga. Il mondo ha capito che così
non si poteva andare avanti! E allora le nazioni hanno finalmente deciso di
smetterla di combattersi. E’ un paradosso, capitemi bene, ma senza Hitler
non avremmo l’Europa unita. Senza i campi di concentramento, senza i campi
di d sterminio, senza il processo di Norimberga noi avremmo ancora le nazioni
europee che si uniscono in alleanze e si schierano contro altre alleanze - cinque
secoli di guerre! - durante i quali non c’è stato un periodo di
pace che superasse i cinquanta anni.
Ed eccoci adesso qui ed incomincia una stagione immensa e all’improvviso
ci accorgiamo che da un’epoca in cui i tedeschi si sentivano prima tedeschi
e poi uomini, ci accorgiamo che prima siamo uomini, poi francesi, tedeschi,
spagnoli. Insomma ci sentiamo prima uomini. E’ una cosa immensa!
Ecco il futuro! Qual è il futuro? Nel frattempo l’Europa comincia
ad essere ripopolata. Si dice che nel 2040 ci saranno 63 milioni di afroasiatici,
qualcuno dice che saranno un po’ di più, comunque sta di fatto
che saremo ripopolati. Ce la faremo a stare insieme? Ecco la grande domanda.
E la storia del passato, le generazioni passate, la generazione del Concilio
ci ha preparati? Ci ha reso avvertiti e ci ha consentito di respirare un clima
tale per cui siamo in grado di farcela? Noi siamo la generazione - lo dico specialmente
ai ragazzi - sulla quale è posta la speranza di Dio: non c’è
mai stata nessuna generazione su cui Dio ha contato tanto come questa, come
la nostra.
Ma questo è poco in confronto a un altro grande evento che sta qui dinnanzi:
voi lo sentite ripetere ovunque, la cosiddetta “globalizzazione del mercato”.
Cosa sta succedendo? Che i confini fra le nazioni vanno ormai sbriciolandosi,
diventano trasparenti. I nostri bambini cominciano a studiare l’inglese,
fra poco studieranno anche il cinese. Allora incominciamo ad accorgerci che
diventiamo veramente mondiali. Gli aeroporti si vanno ormai moltiplicando ovunque;
a Bologna hanno fatto crescere in dieci anni un aeroporto immenso. Ho visto
gente, piccoli presidenti di cooperative, che vanno nel mondo intero. Allora
la sorte di un popolo dipende dalla sorte degli altri popoli. E ci accorgiamo
che fino a quando ci sarà un popolo che soffrirà la fame non ci
sarà pace per il resto del mondo. Pensate alla Palestina. Palestinesi
e israeliani: se non si mettono d’accordo non ci sarà pace per
il resto del mondo. E’ una novità assoluta. Domanda: ma a questa
novità siamo tutti preparati? Abbiamo una indicazione nel passato, specialmente
negli elementi del Concilio, un’indicazione che ci renda capaci allora
di affrontare questo futuro? Siamo capaci di tirar su una generazione di queste
dimensioni?
E questo è poco, perché mentre l’economia sta ormai tramutando
il mondo intero, adesso sentiamo parlare della Cina o dell’India che fanno
concorrenza ormai agli Stati Uniti nella capacità della produzione di
software. Nel mondo dell’elettronica stanno superando un po’ tutti,
tanto è vero che ci sono tanti docenti universitari indiani che insegnano
nelle Università americane.
Mentre accade tutto questo - parlo da vescovo! - io sono ossessionato dal pensiero
dell’Africa. C’è un continente, invece, che sta per precipitare:
ci sono 450 milioni di uomini intrappolati dalla fame, dalle malattie. Io sono
stato due volte nel Burundi, due volte ad Addis Abeba - quando senti dire che
tu porti il mal d’Africa nella tua anima. Nella zona dei grandi laghi,
Burundi, Tanzania, Congo, ecc. la media della vita scende dai quarantacinque
ai quarant’anni. Ho visto dei bambini a gruppi mangiare formiche; c’è
una facoltà di medicina nel Burundi dalla quale escono ogni anno venti
medici e una parte se ne va nel Sud Africa perché non son pagati, la
gente è povera. E’ un precipizio incredibile. Domanda: possiamo
assistere impotenti al precipitare di un continente, che è un continente
gemello, tanto è vero che adesso ci siamo resi conto di come - i giornali
ci han fatto sapere, ci avvertono ogni giorno - gli sbarchi dei clandestini
non avvengono più sulle coste dell’Adriatico, ma sulle coste della
Sicilia, Lampedusa e la Spagna. Evidentemente sta per accadere qualche cosa
di disastroso. Allora l’Europa lo deve sapere. Domanda: ma che ci sta
a fare il Concilio, che ci sta a fare questa generazione che ci ha preceduto,
ci ha trasmesso qualcosa? Siamo pronti a questa missione?
Voglio ancora dire l’ultima cosa che mi preme di più, poi finalmente
dopo questo aggancio potremo parlare del Concilio non come una curiosità
storica, non per sapere sapere cosa hanno detto, cosa hanno fatto, previsto,
ecc. A che servirebbe tutto quello che hanno fatto se adesso noi non fossimo
in grado di affrontare questa responsabilità storica?
Orbene vi do una notizia incredibile: la dava un grande filosofo francese, due
o tre anni fa, Paul Ricoeur, uno dei più noti pensatori viventi: il mondo
della politica deve sapere che il suo compito non sarà più quello
di garantire un’equa distribuzione della giustizia e dei diritti umani
ai popoli e ai singoli, il suo compito sarà quello di salvare la specie
umana. Nessuno ce lo fa sapere, la realtà però è questa:
si sta tentando di cambiare la specie umana. Come? Nei laboratori. Non si discute
tanto della famosa legge 40? Ricordate, no? Ci hanno detto che sarebbe la legge
più iniqua, che metterebbe l’Italia fuori dall’Europa, tutte
queste “grandi” cose per cui si pensa adesso che si debba consentire
ad una donna di avere figli anche a costo di essere fecondata da un altro che
non è suo marito. Di più! Si pensa di selezionare preventivamente
4, 5, 6 embrioni, sceglierne alcuni, e buttar via gli altri. Qualcuno pensa
di avere un figlio più sano, più bello, ecc. Dovete sapere che
è in gioco proprio questo: quindici giorni fa c’è stato
un incontro fra grandi scienziati del quale voglio parlarvi.
Ora penserete che vi sto portando fuori dal tema, ma non vi porto fuori! A me
della storia del passato interessa soltanto una cosa: se ci ha messo in grado
di capire cosa sta accadendo. Il Concilio aveva un compito enorme, aiutare il
mondo cattolico a capire che aveva la responsabilità di riedificare la
Chiesa. Perché, mentre i greci consideravano la storia come un eterno
ritorno circolare, la Bibbia ci ha trasmesso un altro concetto: la Bibbia parla
di un’umanità che si costruisce col tempo, come un bambino che
nel grembo materno, via via si forma, prima un organo, poi un altro, la Chiesa
è concepita così. Nella Chiesa ogni generazione prepara la generazione
successiva.
La generazione di mia madre e mio padre aveva un compito molto semplice:insegnarti
il “santo timore di Dio”, come lo chiamavano i nostri contadini.
La chiesa cattolica ha voluto darci di più: aiutarci a vivere in grazia
di Dio e uscire dai limiti della famiglia, assumerci la responsabilità
della formazione cristiana delle generazioni che venivano dopo, e prepararle
ad essere apostoli. Capaci allora di assumerci la responsabilità, di
condividere la responsabilità pastorale del clero. Quindi ha fatto un
bene enorme, ci ha preparato.
Adesso allora dobbiamo renderci conto che la nostra generazione è la
generazione su cui Dio conta di più, soprattutto in seguito a questa
enorme novità dell’ingegneria genetica: fra poco, nei laboratori,
potranno entrare dentro il genoma umano e fare delle cose splendide. Eliminare
per sempre dei morbi ereditari. Il Santo Padre nel 4 marzo del 1984, quindi
un po’ di tempo fa, venti anni fa, ricevendo i più grandi studiosi
di ginecologia, disse loro che bisogna benedire la ricerca scientifica che ci
metterà in grado prossimamente di entrare nel genoma umano ed eliminare
per sempre le malattie ereditarie più impietose, Alzheimer, ecc. Quindi
è un dovere sacrosanto, la scienza è un dono grande, di cui non
bisogna aver paura, anzi. L’etica assume nuove proporzioni. L’etica
non riguarda solo la vita morale, non serve solo a difenderci dal male, ma a
costruire il meglio. Senonché c’è anche il rischio che si
possa cambiare radicalmente la vita umana!
A Londra c’è stato, una quindicina di giorni fa, vi dicevo, un
incontro fra grandi studiosi, a cominciare dal medico che aveva fatto nascere
la prima bambina in provetta, Louise Brown, qualcuno lo ricorderà. Durante
questo incontro hanno detto delle cose incredibili: una ricercatrice ha detto
che il bambino fino a due anni non è un essere umano perché il
cervello non è ancora pronto. Un altro ricercatore ha detto che lasciar
nascere un bambino down è inquinare il mondo umano così come la
polluzione può inquinare il mondo fisico. E un altro grande ricercatore
americano, Gregory Stock, ha annunciato che in questo mese a Chicago ci sarà
un incontro fra i più grandi ricercatori, i ricercatori più decisi,
quelli più arditi, che annunceranno l’inizio di una nuova campagna
per l’eugenismo. Cosa vuol dire eugenismo? Eliminare, non lasciar nascere,
i bambini malati, i bambini down e così via e riuscire a produrre addirittura
una nuova specie. Questo signore ha scritto di recente un libro intitolato “Ridisegnare
gli umani”.
Vi chiedo scusa, avrete l’impressione che io vada altrove, spero che non
vi venga questa sospetto. Povero Concilio, se fosse una grande cosa del passato
e noi fossimo qui a guardare questo passato, a ricordare il tal cardinale, il
tal discorso del Papa, i grandi personaggi, a cosa sarebbe servito? Diciamoci
la verità: a nulla. Siamo responsabili noi: voi che siete padri e madri
lo capite meglio di me. Voi capite bene che la vostra missione è creare
qualcuno migliore di voi: è vero o non è vero che è questo?
Paternità cosa vuol dire? Speranza, no? Essere capaci di affrontare la
vita in maniera tale che risulti veramente speranza del Creatore. Il messaggio
cristiano è proprio questo: Dio spera in noi.
Questa signora qui dinanzi a me, Silvana, è la speranza di Dio. Questo
ragazzo di quindici anni, Tommaso, è la speranza di Dio. E quel che sto
dicendo ti riguarda, figliolo mio, ti riguarda da vicino. Beato Tommaso se capisce
che è atteso; il futuro del mondo dipende da Tommaso.
Mia madre, che era una povera contadina con il solo titolo di studi della terza
elementare, aveva, però, un rapporto personale con Dio. Quando arrivai
ad otto anni mi disse: “Preparati ragazzo, perché il Signore ha
del bene da farti fare”.
Se Tommaso, qui davanti in prima fila, ci credesse sul serio, non perderebbe
la testa per “L’isola dei famosi”, vero? Guardate che non
è una sciocchezza; il problema è che impediscono ai giovani di
capire che cosa sta accadendo. Riducono le loro speranze.
Ma torniamo a Gregory Stock. Questo signore, nel suo libro incredibile, intitolato
“Ridisegnare gli umani”, ha riassunto il suo pensiero in una lettera
alla natura dove dice: “Cara natura, ti ringraziamo perché ci hai
fatti, ma insomma, in tutta confidenza, potevi farci meglio. Ci hai condannati
ad ammalarci, ad invecchiare e a morire e poi non ci hai fornito del libretto
d’uso. Ma adesso noi, da quando abbiamo potuto avere la mappatura del
DNA ed abbiamo scoperto che l’85% dei geni, questi elementi che dirigono
i lavori, sono identici nell’uomo, nei primati, nel topo e nell’orangutango,
beh adesso nei nostri laboratori potremo fare un uomo, un essere del tutto nuovo,
del tutto diverso, infinitamente migliore”. Come? Mettendo insieme gli
elementi chimici, i geni delle piante, degli animali e dell’uomo, tutto
ben studiato - s’intende, con tutte le cure, con tutte le precauzioni
- sì che non sarà più un essere umano, sarà qualcosa
di perfetto, che potrà campare 150, 200 anni. Lo scorso anno a Londra,
in una grande piazza di Londra, c’è stato un dibattito tra lui
ed un altro grande scrittore americano, Fukuyama, con migliaia di spettatori,
su questo grande tema. Gli inglesi si sono resi conto che è in gioco
questo.
Conclusione: allora? E’ in gioco il capolavoro di Dio. La nostra generazione
risponde della creazione. Torniamo ai principi. Il primo articolo del Credo,
quando la domenica lo recitate insieme, dice: “Io credo in Dio Padre”.
Perché diciamo “Io credo” e non “Noi crediamo”?
Tommaso, perché si dice “Io credo in Dio Padre Onnipotente”
e non si dice “Noi crediamo”?
TOMMASO
Perché è un rapporto personale.
CARD. TONINI
Certo. Io sono stato fatto personalmente, mica come massa. Io personalmente,
io! Studiato, pensato, progettato, con una missione personale, un tu per tu.
Orbene, ecco il discorso allora. La generazione attuale ha il compito di salvare
la creazione. Vuol dire allora che torniamo agli inizi del mondo. Di nuovo agli
inizi del mondo.
L’umanità è il bene di Dio. Cosa se ne fa il Signore delle
costellazioni. Non se ne fa mica niente, non gli servono. Siamo noi. E’
stato fatto tutto per noi, vero? Il Verbo Incarnato! Dio ha stimato tanto questo
essere umano, pare che ne fosse abbastanza contento. S’è incantato
quando ha visto l’uomo, si è lodato da solo, l’Onnipotente:
“Vide Dio che era cosa molto buona”. Signora, ci crede che il Signore
quando ha pensato a lei, Silvana, ha pensato: “Ho fatto qualcosa di buono”.
Si è compiaciuto di noi il Creatore. Sapeva che eravamo pasticcioni,
però ci ha amato anche come pasticcioni. Questo è il discorso.
Ci ha pensato come speranza ed ha fatto festa ed ha comandato di fare festa
anche a noi, di gloriarci di essere uomini Ci ha stimati al punto, che per venirci
incontro ha mandato il figlio a farsi uomo. Sant’Agostino dice uno sproposito:
“Cristo Signore non ha stimato cosa grande di essere figlio di Dio, ha
stimato cosa grande essere figlio dell’uomo”. Un po’ uno sproposito,
un paradosso, si è rimpicciolito però è una cosa molto
buona. E stamattina nelle letture della Messa Cristo dice che le prostitute
andranno avanti ad altre persone, anche il peccatore può essere la gloria
di Dio.
Alla generazione di oggi dobbiamo far capire queste cose qui: questo bene immenso
Dio l’ha affidato a noi, quindi anche il Verbo Incarnato. Sarebbe un fallimento
del Verbo Incarnato se cambiasse la natura umana, si o no? Ecco perché
mi verrebbe voglia di fermare la gente per le strade, di dire ai cristiani:
“Ma volete rendervi conto che questo è un momento straordinario?”
Ecco capiamo allora perché noi benediciamo quel gesto inaudito che ha
fatto il Papa Giovanni, indicendo il Concilio. Non era stato il primo a pensarci.
Pio XI lo aveva già pensato, dopo la prima guerra mondiale. C’era
un tale sconvolgimento, che si è ben capito che la Chiesa aveva un compito
enorme di riconciliare queste nazioni europee che si massacravano a vicenda.
Pio XII, tutti lo sanno, aveva sognato di buttarcisi dentro, perché lui
aveva un grande sogno: progettare una specie nuova di convivenza umana. Pio
XII ha avuto un’idea grandiosa, finita la guerra: si deve ricominciare
da capo. Dopo la guerra, dopo che aveva lanciato quei famosi messaggi natalizi,
aveva cominciato proprio il prospetto del futuro. Tanto è vero che Papa
Giovanni, quando fa la Pacem in terris, la fa ricucendo, prendendo in mano le
grandi intuizioni di Pio XII, però pieno di dubbi. E’ l’episcopato
mondiale a vedere chiaramente gli eventi. Perché, se si trattava di confermare
l’antica fede, non ce n’era bisogno, di concili ce n’erano
stati tanti. Ma si trattava di dare, di svelare alla nuova generazione, il compito
del futuro: questo è il discorso.
Permettete che mi soffermi un momento allora: non esiste prima la Chiesa universale
nello spazio. Noi con gli ebrei, con gli africani, con gli asiatici, formiamo
una sola comunità distribuita nel mondo. Ma c’è un’altra
cattolicità, nel tempo. Siamo la stessa comunità di duemila anni
fa, dei dodici apostoli, che continua, e assume una responsabilità in
vista di quella che sta per venire, secondo i bisogni del tempo. Ecco perché
Sant’Agostino continua sempre a parlare di Ecclesia huius temporis, la
Chiesa di “quel” tempo, la Chiesa che è adesso. Allora compito
della Chiesa è chiedersi: cosa devo fare io per preparare la nuova generazione?
Ecco perché la preparazione, l’attenzione ai ragazzi, non è
soltanto perché crescano buoni e non diventino dei delinquenti. Si tratta
di metterli in condizione di dire, di capire qual è il loro compito in
questo momento storico.
Tommaso, devi sapere allora, che il compito tuo è proprio questo, chiedere
a noi sacerdoti, chiedere di farti aiutare dalla Chiesa: in che cosa ti deve
preparare, su che cosa, quali sono gli aspetti che devi sottolineare, quali
le virtù principali, come misurare la tua intelligenza, la priorità,
le cose che importano di più e quelle che importano di meno? E la Chiesa
ti deve rispondere. E’ qui il nostro discorso, comincia qui.
Cosa ha fatto il Concilio? Papa Giovanni ci ha convinto che per davvero la Chiesa
era pronta per questo. Voi sapete che c’era già stato un passaggio
enorme: Pio XII aveva tracciato l’idea generale di una nuova società
umana con i suoi discorsi natalizi. Papa Giovanni capì che stava per
scoppiare la guerra - ricordate le tensioni fra Kruscev e Kennedy. Il Papa interviene
e ferma la guerra. Però capite che non bastava quell’intervento
e allora esce questa Enciclica, la Pacem in Terris, che fa capire la via per
arrivare alla pace: cominciare a venerare la singola persona. Bisogna consentire
ad ogni uomo di realizzare la sua vita come fine, mai come mezzo, di conoscere
le proprie capacità e dargli spazio per espandersi all’interno
della comunità.
La Pacem in Terris è tutta qui: bisogna che l’uomo, ogni uomo,
conosca il fine della propria vita, la destinazione, le possibilità che
gli sono offerte, trovi nella comunità la possibilità di realizzarle.
La famiglia è il luogo dove questo accade. Perché è il
luogo dove questo accade? Perché l’istinto più forte che
Dio ha dato all’uomo è quello di valere. Tanto è vero che
il bambino, appena cresce, come fa a distinguere il padre e la madre dagli altri?
Perché si accorge che il padre e la madre sono quelli per cui vale di
più, per cui conta di più. Io ho provato varie volte ad andare
alla scuola materna quando ero parroco e a dare uno scappellotto a uno e tutti
volevano uno scappellotto. Il bisogno di valere! Ora bisogna che la società
sia fatta in modo che al bambino che cresce non sia offerto soltanto un mezzo
di cui godere, con cui soddisfare i suoi istinti, bisogna che cresca, bisogna
che capisca che la sua vita è un grande dono.
Allora, comincia qui il compito della nostra generazione. I padri e le madri
sono i costruttori del futuro: ecco perché nel Concilio un grande spazio
è dato al tema della famiglia.. C’è sempre questo tema della
famiglia. Per quale motivo? Perché la famiglia è il luogo della
rivelazione, dello svelamento, è il luogo dove nasce la Chiesa, dove
si svela. Perché? Perché è il luogo dove avviene la generazione,
dove comincia il mondo, è la creazione. Ogni bimbo che nasce è
il mondo che nasce. Siamo alle origini del mondo, quando sei nato tu è
cominciato il mondo.
Ma voi, padri e madri, voi lo sapete meglio di me. E’ vero o non è
vero che veder nascere un figlio - nato da te - è il più grande
spettacolo del mondo? Rispondete voi genitori: è vero o non è
vero? E’ vero o non è vero che gli occhi del padre e della madre
se ne impregnano al punto da non abituarcisi mai? Son sempre occhi nuovi. Anche
a ottant’anni il figlio di sessanta è visto sempre con occhi mai
abituati, perché è lui. Se fossero cinque figli, ognuno è
lui. Ognuno è lui! E’ un miracolo. La religione incomincia lì.
La religiosità incomincia lì, perché egli vede la potenza
di Dio, vede la sua grandezza. Il padre e la madre fanno un’esperienza
incredibile: si accorgono - sono piccole, enormi cose - che c’è
qualcuno che è nato da te, manufatto da te. Senza di te non sarebbe fatto.
Vero o no? Ci volevi tu. Ecco perché quando Gesù dice: “Pregherete
così, Padre Nostro”, perché il padre è colui in cui
il mondo ricomincia da capo. L’adorazione, l’adorazione, l’adorazione:
il futuro si prepara nell’adorazione.
L’Islam sarà un pericolo per l’Europa, perché dà
più spazio di noi all’adorazione! Adorano. Svegliandosi, mangiando,
lavorando, adorano, adorano sempre. Sia Dio principio, sia Dio principio, sia
Dio principio. Ma allora le nostre mamme che ci hanno insegnato le preghiere
del mattino l’avevano indovinata giusta. Se c’è qualche giornalista
qui, lo prego che non riveli quel che dico: spero che un giorno ci sia un documento
pontificio che, dopo i grandi temi trattati, insegni, ricordi ai cristiani come
salutare il Signore appena svegli, come impostare il senso di gratitudine, della
donazione: camminare e sentirsi guardati da Dio. Dio non è colui che
ha dato dei comandi da osservare, che se lavori una giornata ti paga secondo
la giornata, no! Dio, senza che tu lo avessi chiesto, ti ha inventato, perché
sperava in te e ha goduto pensando te. E come dirà Gesù Cristo:
“Il Signore ti ha regalato il Figlio suo”. Provate a leggervi il
capitolo XVII di Giovanni - io quando lo leggo fremo: “Erano tuoi, li
hai dati a me e li ho custoditi”. Ma è proprio vero, Signore? Gesù
ha benedetto, ha ringraziato il Padre perché ha dato me a lui. Pensateci
un po’.
Lei si chiama? Angela. Gesù ha ringraziato il Signore, perché
gli ha dato Angela. Gli ha dato un aiuto. Certo quando penso a mia madre, capisco.
Per affrontare il futuro ci vuole proprio questo! Ecco perché il Concilio,
il primo documento che ha fatto è stato quello della liturgia, della
preghiera personale, dell’adorazione, del rapporto a tu per tu, perché
questo viene prima del fare. D’altra parte anche in famiglia, un marito
che portasse a casa dei miliardi, però non ha un riguardo non serve a
niente. E viceversa. Un figlio che diventa un onore! Non so se quelle due gemelle
Lecciso, famose in questi giorni, siano la gloria dei loro genitori; non lo
so, non mi interessa mica tanto saperlo. Però, sapete ciò che
mi dispiace? E’ che anche loro sono creature studiate da Dio, chiamate
da Dio al mondo, sperando in loro. La delusione di Dio deve essere infinita!
Ma è vero! Ecco perché il Concilio per prima cosa dice: la forza
è nella preghiera, la forza è nel rapporto con Dio, la forza è
nell’Eucaristia. Che il cristiano non è convocato per fare, fare,
ma prima è per ricevere, per ricevere. Tommaso l’hai capito?
Valentina, tu hai venti anni, ma ci pensi ai disegni di Dio? Penso a mia madre:
ricordo quel che mi diceva. Quando ero ragazzo, 14-15 anni, ero già catechista,
ma guardavo tutto con tanta meraviglia, perché c’era questo rapporto.
Mia madre era convinta di avere un compito: ecco perché mi ha fatto capire
che c’era un progetto di Dio su di me. Mi diceva che mi aveva accolto
con tanto stupore e aveva fatto tanta festa. Questo rapporto con Dio! La preghiera
è il rapporto con Dio. Non servono parole, ma guardarsi sotto il suo
sguardo. E’ scambio. E’ vivere in grazia. Nelle Marche ancora oggi
quando si salutano dicono: “Come stai?” “In grazia di Dio”.
Cioè so che il Signore è contento di me; c’ho qualche pasticcetto
però mi capisce, mi comprende. Chi vive un innamoramento che è
vissuto in questo modo è tutta un’altra cosa, perché non
è un amore che è solo sbaciucchiarsi, ma è soprattutto
capire che c’è un disegno insieme, l’uno per il bene dell’altro.
Allora si spiega perché poi nel primo documento della liturgia si dà
tanto spazio alla Eucaristia e si introducono le lingue nazionali e si passa
dal latino al linguaggio e alle parole che tutti capiscono.Tra parentesi, per
dire il clima di un tempo: quando io ero in seminario nel 1925, torno a casa,
il primo anno, in vacanza, e mi dicono in dialetto “Sei già arrivato
al Kyrie?”. Pensavano che si stesse un anno a studiare come dire la messa..
Dei battesimi la cosa che capivano, e che attirava di più, è che
davano anche un po’ di sale se per caso si gustava o meno. Per il resto
non si capivano i significati. Non c’era la preoccupazione. Ecco perché
quando il Santo Padre ha lanciato il Concilio allora mi sono messo io a fare
i battesimi la domenica pomeriggio. Durante la messa il cappellano battezzava
e io spiegavo, spiegavo. Un prete un po’ anziano mi disse “Ecco,
così tu spiegando diminuisci la maestà, fai perdere la maestà
della liturgia”. Cosa c’entra la maestà della liturgia con
l’impossibilità di capire? Quello con Dio è un rapporto
personale e l’Eucaristia è il momento più solenne perché
veramente dà il significato alla nostra religione. Io insisto: non è
un comando da eseguire, è la potenza di Cristo data a noi. Allora bisogna
pure che per preparare questa generazione, per assolvere a questo compito che
ci aspetta, ci sia della gente che per davvero sia persuasa, di avere una missione
più grande di lui e che Cristo Signore è dentro di lui. Scusate,
ma cosa ci sta a fare Gesù nel tabernacolo? Io non credo che ci sia molto
colloquio fra Gesù e la porticina, fosse anche d’oro, non credo.
O con le pareti di marmo. Non credo che si dicano gran che. Ma con me sì,
a me ha da dire qualche cosa, a me ha da suggerire qualche cosa, a me dà
da superare immense difficoltà. A un ragazzo di 15, 16, 17 anni ha modo
di fargli capire che tante balordaggini che passano per la testa non contano
più. E questa è potenza di Dio data a noi. Il Concilio ha fatto
capire questo, ripeto, che non siamo degli esecutori che devono rendere conto;
siamo invece dei fiduciari, dati in aiuto a Cristo Signore. E’ la potenza
di Dio.
Ecco perché allora può accadere che capiti anche ai vostri preti
ciò che accadeva a me, quando ero parroco a Salsomaggiore. In confessionale
dicevo: “Siete gente più brava di me”. Quanta santità
ho scoperto in confessionale! Anche di creature che fino a ieri erano balorde.
E’ questa la grazia del Signore. Ripeto, insisto: il cristiano –
“cristiano” non è appena un aggettivo, “colui che segue
Cristo”, no! - il cristiano è quello in cui Gesù Cristo
opera, in nome del Padre, è colui che guarda gli uomini con gli occhi
di Dio.
Poi naturalmente viene l’altro grande aspetto; la realizzazione della
persona, la persona singola che ha la speranza. Quando il Santo Padre andò
in Polonia mi disse poi: “Ma io sono andato mica soltanto per intenerirmi
e rivivere la vita passata là, la mia giovinezza; sono andato per far
capire all’umanità intera che anche io sono figlio della Chiesa
e devo tutto alla Chiesa”. E quando si fermò a guardare quella
casa dove è stato ospitato dopo la morte del padre e della madre: “Io
a questo uomo devo tutto, mi ha accolto come suo figlio, figlio della Chiesa”.
Arriviamo così all’altro grande documento del Concilio, la Lumen
gentium, dedicato alla Chiesa. Anche lì ci si dice una cosa che tutti
sapevamo, che i primi Padri delle prime comunità cristiane sapevano molto
bene, che bisognava sapere per affrontare il mondo. Ci sono vari modi di “essere
ordinati” alla Chiesa, poiché la Chiesa non è lì
a dire: “Io sono la Chiesa, quindi sono nella verità, e gli altri
non mi interessano”. Esistono vari modi di essere ordinati alla Chiesa.
Innanzitutto, certo, la Chiesa cattolica, dei battezzati, di coloro che frequentano
i sacramenti.
Ma anche l’ortodosso che frequenta i sacramenti ha la stessa verità
cristiana, anche i protestanti poiché credono anch’essi in Gesù
Cristo Signore, però non accolgono i sacramenti e poi via via fino all’Islam,
che ha dei valori che appartengono a Dio ugualmente, fino a chi ha solo un pensiero
buono. Pensate un po’: si appartiene alla Chiesa anche con un solo pensiero
buono, perché è Cristo che opera dentro tutti.
Deve finire allora la guerra all’interno della Chiesa, la competizione
all’interno delle varie comunità. I rapporti devono essere di rispetto
- non di tolleranza soltanto - di aiuto vicendevole, lasciando la libertà.
Così nasce quell’altro grande decreto sulla libertà religiosa,
Dignitatis humanae. Nasce da questo principio: un rapporto d’amore è
un rapporto d’amore. Allora non puoi costringere nessuno ad avere un rapporto
d’amore. E anche se tu incontri l’altro, non puoi dire che quell’altro
è dannato - quell’altro potrà innanzi a Dio presentarsi,
in fin di vita, meglio di me. I parroci, i cappellani, sono le creature più
fortunate del mondo, perché assistono a dei miracoli continui non solo
in confessionale. Abbiamo visto delle cose da strabiliare, gente che all’ultimo
istante di vita, d’improvviso ha degli squarci di fede, di amore!
E dico allora: “Signore ti predico tanto, ti predico tanto”. E lui:
“Parlate di Dio e tu prete, tu sai che devi venerare, devi rispettare
- io sono cardinale di Santa Romana Chiesa, spesso le donne mi vedono e mi dicono
“Eminenza, la vedo sempre in TV, ma ora la vedo in carne ed ossa”
e rispondo “Di carne non molta veramente” – quelle presenze
meravigliose mie che sono le persone con il bene che fanno nel mio nome”.
Che mi serve essere cardinale, sentirmi chiamare eminenza, quando ho visto delle
persone che dinanzi a Dio hanno vissuto slanci infiniti. Io ho qui la vita di
Annalena Tonelli, la donna che è stata uccisa un anno fa, che è
una meraviglia. A sei anni diceva già: “Io voglio lavorare, io
voglio dedicarmi agli altri”. E poi è andata davvero in Africa.
Una donna di una potenza di volontà immensa, una vera meraviglia della
grazia di Dio. In un suo discorso, una relazione che ha fatto in Vaticano, ha
detto: “Vivo il servizio senza un nome, senza la sicurezza di un ordine
religioso, senza appartenere a nessuna organizzazione, senza uno stipendio,
senza versamento di contributi volontari per quando sarò vecchia, sono
non sposata perché così scelsi nella gioia quando ero giovane,
volevo essere tutta per Dio. Era un’esigenza dell’essere quella
di non avere una famiglia mia e così è stato per grazia di Dio”.
Dio fa queste meraviglie.
Il concetto della Lumen Gentium, è questo: Dio opera i miracoli, ma il
tempio, il luogo, dove Dio continuamente opera è nelle singole persone!
Dopo di che dà il senso della responsabilità, ti dà l’esigenza
di pensare agli altri, di metterti a disposizione degli altri.
E qui io posso testimoniare che stanno succedendo delle cose straordinarie.
Nella Chiesa c’è un bene infinito. Non spaventatevi, non pensate
che tutto il mondo è il “grande fratello”, che tutto il mondo
è fatto di veline o di velone! Non ci credete mica, sapete, è
un inganno terribile. E’ più il bene che il male. Io mi trovavo
venerdì scorso a Verona, 1500 giovani, in cattedrale, che fremito che
c’era.
Il Concilio ha fatto capire che era questa l’ora storica. Ecco allora
un altro grande tema del Concilio trattato nella Gaudium et spes, la Chiesa
nel mondo: cosa ci sta a fare la Chiesa nel mondo e nella comunità civile.
Chi legge la Gaudium et spes si rende conto che il suo intento è far
sapere ai cristiani, ai cattolici in modo particolare, in epoche di grande tensione,
di grandi contrapposizioni fra credenti e non credenti, quello che la Chiesa
sente fin dall’inizio, (infatti richiama spesso quel documento chiamato
“La lettera a Diogneto” che dice “i cristiani non hanno città
proprie, quartieri propri, strade proprie, vivono come fermento in mezzo alla
pasta, come l’anima è nel corpo”). Il cristiano è
fermento della comunità, cittadino come tutti i cittadini, senza nessuna
differenza, però con questo compito: sentire che ogni persona che incontra,
credente o non credente, santo o bestemmiatore, comunque sia, è opera
del tuo Signore, tuo fratello affidato a te.
Il senso della paternità, del perché sei madre, o padre. La nostra
generazione che vien su deve sapere queste cose, non deve mica impressionarsi
se leggendo, supponiamo, Repubblica, come è accaduto tre giorni fa, tu
leggi certi articoli di una turpitudine infinita. Ma allora dici: la Chiesa
è perseguitata - mentre altri dicono che la Chiesa li sta perseguitando.
Ma tu non ti spaventi. Lascia fare, lascia dire; tu pensa a dare, e basta.
Quando ero vescovo, c’era un clima... altro che Natale, il Presepe! In
un grande quartiere, scuola elementare ed asilo avevano preparato in occasione
del Natale, non Babbo Natale, ma la “festa della metamorfosi”. Rappresentavano
i girini, con tanti vestitini, poi la farfalla. Io mica mi sono arrabbiato.
Facciano pure, tanto poi si sono resi conto: quando si è trattato di
prendersi cura dei tossico-dipendenti, lo abbiamo fatto noi, la nostra comunità.
E quando poi hanno visto prima l’opera di Santa Teresa per i cerebrolesi,
e poi di recente hanno visto nascere una clinica per i malati terminali di AIDS...
La gente ha buon senso e capisce. Mi ricordo che una delle prime cresime in
cui andai in un paese, arrivato sul sagrato, trovai lì un mezzadro, sui
cinquant’anni, che mi disse, mostrandomi una sporta piena di bottiglie:
“Queste sono per l’Opera di Santa Teresa, perché un’opera
come questa non l’ha fatta il nostro partito”. La testimonianza!
Tutto il Concilio si svolge poi, specialmente nella fase finale, nei grandi
appelli che il Papa Paolo VI fa proprio a questo scopo. Far sapere al mondo
intero che può sperare nella Chiesa, che la Chiesa non è una che
contende i diritti, che vuole occupare gli spazi, ma si mette al servizio proprio
come ha fatto il Signore.
Vorrei per concludere accennare a due aspetti: il primo è che l’immagine
della Chiesa sono i nostri ragazzi. Sono la nostra speranza, sono i giovani
che devono far venir su i più piccoli. E non pensiate che i nostri ragazzi
siano talmente viziati che non sentono l’attrazione. Il dramma della Chiesa
in questo momento è che sta perdendo la capacità di attrazione.
Per fortuna gli scout hanno ancora la capacità di attrarre. Nelle nostre
parrocchie, quando d’estate si fanno i GREST, corrono tutti. Una volta
in una parrocchia, uno dei primi GREST - eravamo in Chiesa - le mamme mi dicono:
“Perché non ve li prendete tutto l’anno?”. Scappavano
di casa. Nel mondo giovanile, dovete essere voi capaci di attrarre i nostri
ragazzi. Non solo con le preghiere, ma creando un clima. I ragazzi di undici,
dodici anni - è un’età decisiva - devono avere una comunità
che li accoglie, dove ci sia l’inventiva, dove ci sia la fantasia.
Concludo con le parole di una donna straordinaria, Simone Weil, quella che ha
lanciato l’idea dell’Europa, una guerriera, una docente di filosofia
che poi andò a lavorare, a fare i mestieri più pesanti nelle fabbriche,
fino poi a prendersi la tubercolosi - morì esule a Londra. Lei, ebrea,
innamorata di Gesù Cristo, scrisse: “Perché è un
bene che ci sia anch’io e non soltanto Dio”. Che bello, facciamogli
un applauso, è bene che ci sia anch’io e non soltanto Dio, anche
se non faccio altro che dei gemiti, anche l’anziano che fa dei gemiti.
Il gemito è una grande forza, è una potenza che richiama l’attenzione
di Dio.
Se è così allora, che la nostra generazione la smetta di piagnucolare
e se ci sono difficoltà diamoci da fare: gli apostoli, non hanno avuto
paura.
DOMANDA
Io ho ascoltato con molta attenzione ovviamente, soprattutto questi riferimenti
anche a quelli che sono i mezzi di comunicazione, la televisione e tutto il
resto. E pensando al Concilio, riflettendo su quanto Lei ci ha detto, mi torna
sempre un dubbio di cui parlo sempre con i miei sacerdoti: ma la Chiesa sta
facendo tutto quello che potrebbe, non ha qualche momento di esitazione, qualche
incertezza? Per esempio perché non fa un po’ di più anche
verso i mezzi di comunicazione? Per essere molto brutali, non è che c’è
troppa prudenza per non disturbare i manovratori?
CARD. TONINI
Ho capito; c’è un po’ di malizia in questa domanda. Rispondo
subito, perché sa, alla mia età, ci si può dimenticare
qualche volta. Il tema è delicatissimo, la domanda è se siamo
preparati, se abbiamo capito fino in fondo. Perché la Chiesa è
comunicazione! Gesù andò e disse: “Fate annunciare, fate
sapere”. “Euangelion” vuol dire “comunicazione”.
La parola però è più bella: annunciate la buona novella.
Euangelion viene da “angelion” che significa “annuncio”
ed “eu” che significa “bello”. Date questa bella notizia;
portate speranza sapendo che Dio conta su di voi. E la Chiesa lo ha fatto, è
riuscita in poco tempo nonostante le persecuzioni, ma lo ha fatto a costo di
sangue.
Pensate che nel secondo e terzo secolo, all’epoca delle persecuzioni,
a Roma era proibito tenere i libri, i Vangeli, eppure c’erano i martiri.
Come si spiega? Le catacombe, i simboli. Visitando le catacombe si scopriva
l’annuncio della fede, la grandezza di Dio che si è fatto uomo
in mezzo a noi. Fino al martirio, vuol dire che avevano una fede piuttosto forte.
Certo poi la Chiesa si è trovata di fronte ad epoche oscure, come il
Quattrocento, il Cinquecento. Specialmente il Quattrocento. Savonarola diceva:
“Un tempo avevamo calici di legno e sacerdoti d’oro, adesso abbiamo
sacerdoti di legno e calici d’oro”. Però con aspetti positivi:
il cinquecento, i grandi slanci, le missioni. La Chiesa ogni tanto si sveglia.
Come faceva il popolo ebraico che aveva bisogno delle deportazioni.
Venendo a noi adesso: non c’è dubbio che la comunicazione nella
Chiesa rimane ed è ancora forte sapete, è forte perché
poi la nostra gente è anche sapiente. Cosa volete... “Il grande
fratello”, quelli dell’ “Isola dei famosi” potranno
attrarre per una sera, due sere, ma quando vengono i grandi guai non serve.
Nasce un figlio e diventa malato: a cosa può servire? Sapete dove sta
il guaio di queste trasmissioni? Impediscono alla gran parte della nostra gente
di capire i valori della vita. Aiutano i nostri ragazzi a buttar via l’epoca
migliore dei grandi slanci, dei grandi desideri. Perché poi quando mettono
al mondo dei figli non sanno cosa fare, non sanno cosa dire e cosa offrire.
Posso parlare della mia Romagna - non è la sagrestia d’Italia,
ha avuto una tradizione piuttosto dura, la seconda metà dell’Ottocento
i repubblicani andavano di casa in casa a dire che per essere colti e moderni
bisognava essere atei! I cristiani erano persone che andavano dai preti e basta.
Allora si rifiutava il battesimo, si chiedevano i funerali civili, e così
via. C’era una propaganda in nome della cultura. Quando sono arrivato
io, era ancora tanto presente questa realtà. Ma quando nasce quest’opera
Santa Teresa che si sviluppa, dove sono accolti 183 ricoverati, con l’alzheimer,
dove abbiamo 15 bambini cerebrolesi... E’ arrivato là, otto anni
fa, il figlio di un ingegnere di Roma; suo padre lo aveva lasciato un anno intero
in clinica perché aveva un testone deforme e non volevano portarlo a
casa perché avevano un bambino di quattro anni, che si sarebbe impressionato.
Il direttore rispose: accetto a una condizione, che ce lo portiate subito. Arrivò
alla vigilia di Natale, fu accolto come un principe, è diventato la tenerezza
di tutta la città. Quando è morto lo scorso anno, la notizia ha
colpito tutta la città. E’ gente che si gloria di essere comunista,
di essere repubblicana, di non aver messo mai messo piede in Chiesa, però
per queste cose gli prende una tenerezza infinita.
E allora accade che quelli che sembrano comunisti, atei, al momento opportuno
passano dal parroco. Tanti venivano segretamente da me - e vengono tuttora -
per farmi le loro confidenze, per chiedere aiuto, pareri. Diventano come dei
bambini. Bisogna credere a questo assolutamente ed evitare di credere che trionferanno
i politici. No, sotto sotto c’è chi distingue bene tra quel che
del politico è sincero e quello che è soltanto propaganda. La
gente distingue molto bene e più la vita politica si fa superficiale,
più la gente cerca dei valori autentici. Ecco perché la Chiesa
deve restare libera dalla politica, anche se deve aiutare i cittadini cristiani
ad intervenire e ad assumere degli impegni politici. Ma la Chiesa in quanto
tale dice: “No, vi prendo in quanto figli di Dio”. Poi la responsabilità
dovete prendervela in coscienza, però io vi dico ciò che è
bene per l’umanità.
Sapete però il punto debole dov’è? Io sono molto schietto
stasera: noi per grazia di Dio abbiamo un quotidiano molto buono che è
Avvenire, che è fatto molto ma molto bene, va crescendo ed è stimato
da tutto il mondo giornalistico. E’ uno di quelli fatti meglio, ha una
sintesi splendida, non ha niente che sappia di antico, di stufato, quindi come
giornale va bene. Ma la TV? Abbiamo questa SAT 2000: io sinceramente ho l’impressione
che non siano ancora in grado di far fronte.
I grandi dibattiti, facciamo un esempio: la legge 40, la famosa legge 40, quella
sulla fecondazione artificiale. Si sono scatenati in tanti a gridare in TV a
dire che con quella legge lì l’Italia si metteva fuori dall’Europa.
Ma è una menzogna totale. Sapete cosa dice la legge 40: proibisce la
fecondazione eterologa. La fecondazione extra-corporea sarà permessa
in casi eccezionali: nei casi in cui marito e moglie non possono avere figli,
possono fecondare tre ovuli col seme del marito e poi immetterli nell’utero.
L’hanno vista come una legge infame, è una menzogna.
Perché la Germania il 1 gennaio 1991 ha fatto una legge severissima:
la Germania non è un paese essenzialmente cattolico e prevede che la
fecondazione extracorporea sia permessa alle coppie regolarmente sposate, con
non più di tre embrioni, col divieto di creare degli embrioni congelati
in sovrannumero. Sembra che ci siano nel mondo più di un milione di embrioni
congelati che sono l’inizio della vita. Lo stesso in Inghilterra, in Svezia,
in Norvegia. L’Inghilterra adesso si sta preparando a cambiare la sua
legge: si sono resi conto che ogni anno nascono circa mille bambini in quella
maniera, cioè con un padre che non è il padre. Adesso stanno crescendo
dei giovani i quali vogliono sapere chi è il padre. Allora il Ministro
della Sanità ha annunciato che l’anno prossimo farà una
legge che vieti la donazione anonima, perché, dice lui, noi pensavamo
che avendo la donna il diritto di avere un figlio e la scienza offrendogliene
il mezzo, si poteva. Ora però ci siamo resi conto che il figlio che nasce
ha diritto di sapere chi è suo padre per diversi motivi. Se per esempio
domani si ammalasse di leucemia, avrebbe bisogno di attingere al midollo spinale
del padre. Cosa succede se il padre non c’è oppure si deve ricorrere
ad un uomo che nel frattempo si è sposato e ti arriva uno che dice: “Sono
tuo figlio?” C’è una campagna di falsificazione delle cose
alle quali non siamo in grado di rispondere.
Un mese fa è arrivato da me un parroco di Ravenna e mi ha chiesto: “Tre
miei parrocchiani mi hanno fermato in meno di un chilometro per dirmi: volete
spiegarci cosa sta succedendo? Cosa ci state a fare voi vescovi se non ci spiegate?”
Non abbiamo spiegato, è una responsabilità grossa. Forse noi vescovi
dobbiamo trovare un altro modo. SAT 2000 dovrebbe forse diventare uno strumento
che arriva in tutte le case, ma comunque confessiamo che su questo punto siamo
in una condizione di debolezza, abbiamo le nostre responsabilità.
DOMANDA
Volevo chiederle questo: dalle sue parole cogliamo l’attualità
del Vaticano II. Non vorrei essere troppo critico ma mi sa tanto che invece
molti di noi lo ignorano. Bisognerebbe quindi riscoprirlo nella catechesi parrocchiale.
CARD. TONINI
Questo è un bel desiderio: se l’incontro di stasera non fosse servito
ad altro che a far capire che la Chiesa è stata pronta per questo momento,
sarebbe già un grande risultato. Papa Giovanni che non era un grande
scienziato, un grande teologo, però ha avuto l’intuizione e il
coraggio che non hanno avuto gli altri Papi. Il Concilio è stato una
grande benedizione per la Chiesa. Sono convinto come lei che i grandi temi che
hanno appassionato gli anni ‘70 - la Gaudium et spes per esempio, che
affronta un tema meraviglioso, cioè il cristiano nella società,
che è la sua casa, il suo posto - adesso si sono attenuati.
DOMANDA
Volevo chiederLe questo: non so se esula un po’ da quello che Lei ha detto.
Lei ha accennato appunto che nel Concilio la Chiesa ha capito qual’era
il compito del cattolico. Lei invita un po’ tutti noi a seguire quello
che ha detto il Concilio. Noi sappiamo però che la Chiesa, il nostro
Papa, appunto ha non dico condannato, ma ha recriminato sul fatto che nella
Carta Costituzionale dell’Europa è stato omesso il vero valore
del cattolicesimo, del cristianesimo. Cosa ne pensa?
CARD. TONINI
La ringrazio tanto perché siamo veramente a un punto dolente. Allora,
diciamoci chiaramente una cosa: che non dobbiamo meravigliarci del fatto che
attualmente ci siano molte incertezze e molti sconquassi nella nostra mentalità.
Questo è il motivo per il quale è abbastanza evidente che il clima
è cambiato, il panorama è cambiato radicalmente.
Voi pensate ad un’Europa che per cinque secoli ha vissuto di alleanze,
di un gruppo di Stati contro gli altri Stati. I nazionalismi hanno divorato
l’Europa, è un miracolo che sia rimasta ancora un po’ di
fede, che le guerre tra nazioni e nazioni non si siano tramutate in odi di cattolici
contro cattolici, di cristiani contro cristiani. E’ un miracolo che adesso
l’Europa sia unita, che abbia sentito il bisogno di piantarla lì,
di smetterla di massacrarsi. E’ un miracolo. Non c’è da meravigliarsi
però se nel momento in cui decidono non più soltanto di non massacrarsi,
ma di creare una comunità civile, una specie di nazione unica, si trovino
in difficoltà.
Il punto è che nel frattempo in questi secoli si sono divulgate delle
filosofie che sembravano riservate soltanto ai grandi pensatori, mentre invece
hanno toccato poi tutti. Nel tempo questo modo di concepire la vita si è
diffuso, è diventato modo di sentire. Mi spiego subito: prendiamo il
momento nel quale, per venire ai secoli più vicini, alla fine dell’800
un certo filosofo tedesco di origine polacca, ha insegnato delle cose incredibili
che poi si sono diffuse in maniera immensa, sono divenute un po’ un modo
di sentire pubblico.
Qual è il contesto sul quale si staglia la figura di Nietzsche? Nietzsche
odiava Socrate come nemico dell’umanità. Perché? Perché
Socrate aveva insegnato – Socrate, un grande pensatore di cinquecento
anni prima di Cristo – il primato dell’uomo. Mentre gli Egiziani
studiavano il movimento delle stelle, i Greci, con i loro grandi filosofi, hanno
detto: “Pensiamo a noi, cosa siamo nell’universo? Cosa ci distingue
dal resto del mondo?” In secondo luogo: “Cosa c’è di
comune fra di noi, uomini?” In terzo luogo: “Ma allora il cosiddetto
mondo animale è un mondo determinato!” L’ape fa cose splendide
ma non può sbagliare, il passero canterà ma poi non sa far altro.
Noi invece abbiamo la nostra mente, che capisce, che comprende e quindi può
scegliere, perché può giudicare, può valutare. Questo mi
piace, questo non mi piace, questo è bene, questo non lo è. Socrate
dunque ha dato questa grande bella notizia: che l’uomo è il capolavoro
dell’universo. Socrate e Aristotele poi hanno insegnato come si usa il
pensiero, come si distingue la ricerca, il dubbio, la probabilità, la
certezza. Insomma qual è l’essenza dell’essere umano, cosa
ci rende uomini anziché cavalli: questa è una cosa straordinaria.
Sono arrivati poi a concludere che l’uomo ha una dignità enorme,
con un solo limite, non da poco: che però gli schiavi erano materiale
e niente di più, che gli uomini non sono tutti uguali.
Arriva il Vangelo - questa è la grande novità - e dice: “No,
gli uomini non solo sono tutti uguali, ma i più deboli sono più
uguali dei più forti”. Allora nasce il concetto di famiglia: l’uomo
sì, ma, il più debole deve essere aiutato più del più
forte. Nasce la caritas, la nostra civiltà e si trasmette al mondo romano.
Si arriva poi al VI secolo e avviene quel miracolo grande che è il Corpus
iuris civilis di Giustiniano. Giustiniano ebbe un’idea grande: di preparare
un corpo legislativo - si chiama appunto il Corpus iuris civilis - che è
la più grande meraviglia del mondo, la cosa più straordinaria
del mondo, immensa. E’ documentato, con quest’opera viene a conclusione
questa nostra civiltà romana che poi si trasmette a tutto il Medio Evo:
l’uomo è vivo, immenso, ma il mondo è come una famiglia,
dove i più forti devono essere al servizio dei più deboli. Questa
è la grande notizia.
Nietzsche dice: Socrate ci ha abituati male. Socrate è l’anticipatore
del socialismo, ha rovinato l’universo. Perché le nazioni per andar
bene hanno bisogno di capi, di gente robusta. Adesso invece questo Socrate ha
voluto tagliare le unghie, le zanne dei più forti perché tutti
potessero vivere. I deboli ricorrono alla mamma per farsi proteggere. Allora
l’uomo vale in quanto creativo, e chi riesce di più? Chi ha più
potenza, conta di più. Solo un uomo forte non ha paura.
Voi capite che è un rovesciamento totale. Certo che la Chiesa a questo
punto ne subisce il contrasto: perché quando si sviluppa l’economia
voi vedete che chi ha più soldi conta di più. Ne sappiamo qualche
cosa, no? Chi sa di più conta di più, chi è più
abile conta di più.
Allora il mercato diventa la legge del mondo. Il mercato! Ci sono continenti
che vanno allo sfacelo: è un’ottica spaventosa. Adesso però
l’ottica è cambiata.
Poi c’è stato Sartre che ha lanciato una grande idea: ciò
che conta è la tua libertà. Avete sentito in questi giorni a proposito
dell’eutanasia: “Scusate sono padrone della mia vita, posso decidere
di morire. Perché mi impediscono di morire, di chiedere di morire se
io lo voglio?” Quel che diceva Montanelli a me. Biagi rispondeva: “Un
momento, se la vita mi è stata data non posso buttarla via”. Comunque,
allora Sartre diceva che ogni uomo è niente per natura, che ogni uomo
è uno che deve farsi; e sono io che faccio me stesso, dunque allora non
debbo avere limiti in questo. Chiaro che chi è più capace di farsi
è più potente. E’ chiaro che siamo contro il Vangelo; però
è una legittimazione che si cerca di darsi. Ecco allora cercare di volere
di più, di potere di più, di governarsi insieme, di spingersi
insieme, di proteggersi insieme. I trucchi li abbiamo sotto gli occhi tutti
i giorni: chi è più potente è in grado di farsi la legge,
di farsi il processo in una qualche maniera, e i poveri e i più deboli
sono quelli che pagano.
Rimaniamo almeno al concetto di natura: continuo a dire che ci sono i diritti
naturali. Il bambino ha il diritto di natura di essere protetto, il matrimonio
è un diritto naturale. E’ un diritto naturale sposarsi, è
un diritto naturale essere curato, è un diritto naturale andare in giudizio
e chiedere la presenza di un giudice. E’ un diritto naturale, perché
siamo uomini.
L’ultima teoria dice: “No, la natura non esiste”. Perché
non esiste? Perché noi pensiamo che ci sia stato un qualche cosa che
è rimasto identico, sempre identico in noi. Non è vero. Quello
che noi crediamo, le leggi naturali, sono convincimenti come una massicciata
che si è formata con varie sedimentazioni. Si è formata casualmente,
e casualmente possiamo anche cambiarla. E a questa concezione si riallaccia
l’idea di quel ricercatore americano che dice: “Adesso noi possiamo
nei nostri laboratori fare l’uomo”.
Ecco la Chiesa si trova di fronte uno sbandamento infinito. Ecco perché
allora la parrocchia diventa il luogo dove i cristiani trovano la maniera di
ricaricare l’orologio. Che ora è della vita, che ora è del
mondo? Ecco perché l’incontro di questa sera per me è provvidenziale,
perché è bene sapere che non dobbiamo mica spaventarci di quello
che fanno. Perché l’uomo è sempre lo stesso. Mi ha colpito
quando è morto Versace leggere sul Times, un articolo che diceva: Versace
ci ha fatto sapere veramente chi siamo noi, uomini di questo secolo, uomini
che hanno bisogno di mettersi in mostra. Perché il vestito è quello
che dà valore.
Ecco perché i giovani devono assaggiare che la comunità è
un grande valore, ecco perché avere la coscienza pulita è un grande
valore. Il mio papà, che non era un filosofo ma un grande muratore, quando
mio fratello voleva andare in America a fare un po’ di soldi, ci disse:
“Ragazzi, le cose che importano di più sono un pezzo di pane, volersi
bene e la coscienza pulita”. Queste sono le grandi verità che resistono.
Però resistono se il ragazzo vuole, se lo prova personalmente e non solo
se glielo ricordano gli altri. Se il mondo interno del ragazzo è sconvolto,
la madre può piangere, il padre può minacciare, ma non serve proprio
a niente perché più il mondo è intimo più è
tuo e la libertà va conquistata tutti i giorni.
DOMANDA
Traggo una lezione questa sera e di questo ringrazio la presidenza e gli organizzatori.
Vorrei sapere se è riduttiva questa lezione oppure se può essere
verosimile. E’ vero forse che è meglio essere cristiani senza dirlo
piuttosto che dirlo senza esserlo? E che ha ragione una persona a me cara e
vicina che dice “Tu non devi pensare di salvare il vicino di casa, il
quartiere, la città, la provincia, la regione, l’Italia, il mondo.
Tu pensa a salvare te stesso. Convertiti e credi nel Vangelo.” E penso
che se fosse così, se facessi così, e non mi preoccupassi se nella
Costituzione Europea ci sta quello e non l’altro, perché malgrado
sia stata cristiana in Europa si sono ammazzati come Caino e Abele e hanno fatto
fumare la carne dai camini, cose terribili. Allora io devo fare questo e non
mi debbo lamentare con la parrocchia se fa o non fa. Se faccio così e
se tutti fanno così è Dio che salva il mondo non io. Dio ha bisogno
di un piccolo gregge, ha bisogno dei trecento di Gedeone, non di trentamila,
trecentomila, un piccolo gregge, un po’ di lievito, poi il resto lo fa
lui. Che ne sappiamo le meraviglie che fino ad ora ha fatto e che continuerà
a fare. E’ riduttiva questa visione?
CARD. TONINI
Sì è riduttiva, ma per capirlo meglio bisogna pensare che allora
basterebbero padri che mettono al mondo i figli prendendoseli a cuore, ma non
è così. Ogni bambino che nasce ha il diritto di sapere perché
è al mondo, quando lo chiederà, ha il diritto di sapere che vale,
che ha delle capacità. Ha il diritto di sapere che Dio conta su di lui,
che è una potenza. Il battesimo non è un rito dell’appartenenza
- sei iscritto dunque! No! E’ Cristo che si mette dentro.
Io - scusate se parlo sempre della mia famiglia - io mi sono reso conto che
mia madre mi ha dato più che il mio parroco, i miei vescovi, il Papa.
Perché? Perché ha approfittato di questa potenza enorme della
maternità, della vicinanza, della capacità di quell’amore
che porta poi a capire anche quello che un ragazzo non riesce a dire ma ad intuire
da lontano, per farmi capire che c’erano delle mire di Dio su di me. Ed
io non finirò mai di benedirla perché sono vissuto con questo
forte convincimento e senza mia madre io oggi non sarei qui.
Scusate non è che mi dia importanza ma, se stasera ho dato qualche cosa,
l’ho potuto fare perché a sua volta una povera donna mi ha detto
qualcosa. Anche la Vergine Maria del resto non era una principessa e questo
mi deve aver convinto, ma proprio convinto, perché altrimenti saremmo
al casualismo. Noi non siamo quelli che devono salvarsi, ma che devono salvare!
Questo è il discorso. Non quelli che devono essere amati, ma che devono
amare. Il matrimonio è questo, la scuola è questa, la parrocchia
è questa, è comunicazione, tutto è comunicazione. Sarà
perché io - scusate se parlo di me, ma lo voglio fare come testimone,
per non parlare solo come un predicatore, come un teorico - io ho avuto la fortuna
di sentire da ragazzo, perché mia madre me lo ha fatto capire, che c’erano
delle intenzioni di Dio su di me. Io da ragazzo ho cominciato a pensare a chi
avevo incontrato e questa è stata una potenza enorme.
Un altro esempio: ero in seminario nel ’25, eravamo poco dopo la Prima
Guerra Mondiale.Ad un certo momento sento il superiore che racconta della fase
ultima della guerra, di quando cioè i soldati austriaci, prigionieri
a Piacenza, volendo fare la pace, non la potevano fare perché non c’era
nessuno che sapesse il tedesco. Io nella mia testolina di piccolo, abituato
da mia madre a pensare al futuro, mi son detto: “Ma allora se per caso,
quando sarò grande e diventato prete, scoppiasse la guerra e io non sapessi
il tedesco?” Il mio vescovo mi mandò a Roma a studiare, e al Laterano
ho trovato, insieme alle altre materie, le lezioni di tedesco. Mi ci sono buttato.
Nel luglio del ‘44 - sto preparando un esame, alle quattro del pomeriggio,
in casa nostra e c’erano dei soldati tedeschi di guardia ad un ponte -
sento bussare: “Posso entrare?” “Bitte, bitte”. Entra
questo soldato tedesco, un omone, in divisa tedesca, di cinquant’anni
e mi dice: “Vater... Padre, posso confessarmi?”. Ho detto: “Ma
guarda il cerchio si chiude”. Guardate è una cosa che mi ha impressionato
immensamente.
Quando racconto questo episodio ai ragazzi dico loro: “Ragazzi, voi non
sapete cosa possono produrre i desideri!” La gioia di quest’uomo.
Il comando tedesco viene a sapere della cosa, mi invita là in parrocchia
a celebrare tutti i giorni. Mi mandava i soldati, quelli cattolici, naturalmente.
E avevo modo di parlare, di meditare insieme a loro, poi di confessare, celebrare
la messa. Mio padre era un contadino che aveva fatto la terza elementare, mia
madre ha zappato tanta erba medica e barbabietole. Alle sei si mangiava polenta,
al mattino si andava a scuola a piedi nudi, perché le scarpe si mettevano
per andare in Chiesa. Però questa sete del sapere, mio Signore e mio
Dio! In vista di questo per fare la quarta elementare bisognava fare sette chilometri
a piedi, sette ad andare e sette a tornare. Quattordici chilometri a piedi ogni
giorno, neve, pioggia e vento. Per fare la quinta, otto chilometri andare e
venire.
Ecco bisogna gettare questa semente: la semente c’è, bisogna farla
sviluppare. Ecco perché se fra i ragazzi della parrocchia si trova qualcuno
che se la prende sul serio, i ragazzi si animano. Scusate, il mio parroco era
molto bravo, il mio vescovo era molto bravo, ma senza mio padre e mia madre
non avrebbero fatto proprio niente, è questa la verità. La Chiesa
si comunica attraverso questo, noi creiamo le condizioni, ma chi ha gettato
la semente fino in fondo, chi dà il gusto della vita... perché
poi è il gusto della vita che bisogna dare, mica i precetti e i comandi.
Il ragazzo va avanti per gusto, per i sapori.
Manzoni, che se ne intendeva, quando traccia la vita del Cardinal Federico nei
Promessi Sposi, dice pressappoco così: “Il Cardinal Federico, fin
da fanciullo, apprese quelle massime che si trasmettono di generazione in generazione,
le gustò e le trovò vere”. Se c’è una mamma
che è una mamma, un papà come si deve, se c’è un
fratello e se c’è in parrocchia qualcuno che ti attira, i ragazzi
gustano. E allora non c’è bisogno di comandare. Quando abbiamo
fatto il primo Grest alla parrocchia alla fine mi dicevano: “Perché
non ce li prende tutti i giorni”. Ecco qual è il discorso. Insomma,
sapere che siamo necessari.
Sapete come i latini chiamavano i figli? Li chiamavano i necessari. La parentela
sapete come la chiamavano? Necessitudo. C’è un brano di un testamento
che dice “Lascio ai miei necessari il fondo, le attrezzature, gli animali
e gli schiavi”. Lascio ai miei necessari!
DOMANDA
Nel Concilio si parla tanto di matrimonio, soprattutto nella Gaudium et spes.
Guardando all’oggi, quarant’anni dopo il Concilio, Lei pensa che
sia necessario un’altra volta parlare a fondo del matrimonio?
CARD. TONINI
E ancora di più. Perché fino ad appena quarant’anni fa,
in Europa almeno, la famiglia era ancora considerata fondata sul matrimonio
e in tutte le legislazioni europee il matrimonio fra uomo e donna era inizio
della famiglia. Cosa sta succedendo invece adesso? La vita si può trasmettere
anche nei laboratori, anche i gay possono prendersi cura dei bambini, si può
benissimo stare insieme senza essere sposati e senza vincoli. Negli anni ‘70
è avvenuta la grande rivoluzione, quando le teorie di Sartre e, in particolare,
di quel grande psichiatra viennese Reich hanno fatto sapere che è vietato
vietare. La più grande ingiustizia era vietare, limitare la libertà.
Si usava il verbo “reprimere”. Nasce così questo mondo degli
anni ’70, dove nel rapporto uomo-donna valeva soltanto il sentimento.
Si era passati dal noi all’io: due io che si mettono insieme finché
si piacciono. Il compito è tutto lì e i figli non interessano.
Finché dura questo affetto va bene, ma il giorno che si attenua finisce
tutto.
Ora è chiaro che così non c’è spazio per il matrimonio,
perché la sessualità non è l’unico fine della vita.
Due mesi fa è morto un grande filosofo francese, Derrida, il quale un
mese prima ha rilasciato un’intervista a Le Monde di dieci pagine, scrittura
finissima. Questo signore che è giudicato un grande pensatore ad un certo
punto dice: “Il matrimonio, è un’invenzione della Chiesa”.
Poi sostiene che è lo Stato che ha fatto questo favore alla Chiesa di
consentire il matrimonio, ma in realtà il matrimonio non ha più
ragion d’essere perché la coppia si fa come si vuole, uomo-uomo,
donna-donna.
E’ una sciocchezza! Voi prendete l’Iliade, l’Odissea, prendete
la storia di Roma. Qui a Roma, a un certo momento, i plebei fanno la famosa
secessione perché pretendono di poter sposare anche i patrizi. Non c’era
mica ancora la Chiesa. Si dicono delle cose spaventose. Vedete questo Zapatero
cosa sta facendo? Ha voglia proprio di distruggere tutto ciò che sa di
sentimento cristiano. Cosa faremo? Diremo che è la fine del mondo? No,
diremo che è una fase storica difficile. Cosa faremo? Continueremo ad
aiutare i nostri ragazzi a capire che la sessualità non è soltanto
un piacere qualsiasi, ma ha una finalità enorme. Da questo nascono i
figli! Che è una cosa sacrosanta, è una potenza immensa della
creazione. Proprio per questo allora va custodita, non va disprezzata, perché
la Chiesa non è sessuofoba, ne ha un’ammirazione infinita. Perché
sa che è collegata alla creazione.
D’altra parte, il Quattrocento, il Cinquecento, il Seicento ne hanno conosciute
di tempeste. Il Concilio è arrivato in un momento tempestoso, è
arrivato proprio per avvertire i cristiani. Avevo pensato di farvi sentire qualche
cosa delle conclusioni finali, quando i vescovi mandano un appello a tutto il
mondo, ai governanti, agli intellettuali, agli artisti, alle donne, ai lavoratori,
ai poveri, ai malati, ai giovani. E’ come una convocazione generale del
mondo intero. Dobbiamo recuperare questa speranza e per far questo non dobbiamo
lasciarci rattristare. Valentina, mi raccomando niente paura, il mondo è
bello, vale la pena, è molto bello, ringrazio il Signore.
Tutte le mattine quando mi sveglio - qui siamo in famiglia posso confidarmi
un po’ - quando mi sveglio ho voglia di gridare: ”Vedo, sento, penso!”.
Però non lo faccio altrimenti le suore chiamano il 113. Io mi meraviglio,
quando metto le calze e guardo queste vene: “Chi le ha messe lì,
con il sangue che va verso l’alto?” Guardo la testa: qui dentro
ci sono 42 miliardi di neuroni. E’ una meraviglia! Voi mamme, voi donne
siete quelle che gustate questa meraviglia più di tutti! Ecco perché
il figlio gli occhi di sua madre dovrebbe lasciarseli mettere addosso.
E’ venuto da me di recente un uomo di sessant’anni, ha perso la
madre, non riesce quasi più a vivere perché questa benedetta donna
lo cullava ancora senza tante parole, ma sa che direbbe adesso, sai che ti vuol
bene: stai attento qui, stai attento lì, metti a posto questo.
Io ho una sorella che ha preso il vizio di mia madre. Mia mamma quando mi vedeva
uscire, fino a quando uscivo dall’angolo: “Mi raccomando, neh! Mi
raccomando”. Questa mia sorella ancora adesso. Un giorno ero andato a
Salsomaggiore dove viveva lei e si era dimenticata di dirmi: “Stai attento,
neh”. Scendo a Fidenza, dove c’è l’altra sorella, era
al telefono e diceva: “Dice Maria: E’ passato don Ersilio e mi sono
dimenticata di dirgli che mi raccomando”!
Vi racconto di come è morta mia madre. Mia madre è morta a 52
anni. Le viene una peritonite, viene operata, la portiamo in un ospedale di
provincia. In una città forse l’avrebbero salvata, ma noi eravamo
poveri. C’era l’aiuto del comune, la portiamo là, viene operata.
Tutto bene, ma poi scoprono che c’erano i calcoli al fegato. Il primario
si ammala, rimangono due medici che non si intendono di nulla. Insomma, conclusione,
hanno continuato a strapparle calcoli al fegato di giorno in giorno. Arriva
il professore, fa l’operazione, poi arriva la setticemia e muore. Mia
madre la sera prima dice a papà: “Diciamo il rosario, Cesarino,
perché domani sera io muoio.” Il mattino arrivo e mi dice: “Chiama
il medico perché stasera io muoio”. Arrivano i fratelli più
grandi, le sorelle più piccole, mia madre le abbraccia e dice: “Care
le mie gallinelle” e dà ad ognuno il suo testamento, poi chiama
me e me li affida dicendomi: “Ti raccomando, trattali ciascuno alla sua
maniera”, perché il primo era molto mite, il secondo era piuttosto
vivace. Io gli avevo detto: “Mamma, io fra pochi giorni divento prete,
verrai con me”. Mi aveva detto “Non ci arrivo, sai, non sono degna”
e si preparò a morire serena, mentre i suoi ragazzi, per due ore si guardavano
senza un segno di disperazione. Andava incontro al Signore.
E a questa figlia, l’ultima, mia sorella - quando morì la madre
aveva appena sette anni - aveva fatto in tempo a mettergli nel cuore la custodia
della sua coscienza, dell’innocenza. Diventò docente di lettere.
Era già in pensione quando a 73 anni le trovano un tumore al polmone.
Una sera mi chiama. Era turbata perché: “Ho l’impressione
che qui in ospedale mi facciano dei privilegi, perché sono sorella di
un cardinale”. “Guarda non ti fanno nessun privilegio. Ad ogni modo
se tu hai paura facciamo così: ti trovo una stanza per conto tuo”.
“Don Ersilio non lo fare, non dimenticare che siamo figli di contadini”.
Poi chiamò una sua alunna che l’aiutasse a dire il Magnificat.
Sono delle cose molto belle, sapete.
Sì, sì, vale la pena esser cristiani.
DON ANDREA
Ci siamo impegnati a finire entro le 10,30, l’abbiamo di poco superate.
Concludo solo sottolineando gli atteggiamenti della speranza: Don Francesco
spesso ripete, straordinario cappellano, che è facile essere profeti
di sventura, bisogna fare denunce, vedere i problemi, ma la caratteristica di
un cristiano, come Lei ci ha indicato, è proprio quella di saper vedere
oltre al male, anche l’opera che Dio continua a compiere. Lei veramente
ci è testimone di questo: nella denuncia delle cose che non vanno ma
anche nel vedere il bene che Dio compie dalla persona singola, agli eventi dei
segni dei tempi.
La ringraziamo veramente per questo giorno e come sempre le facciamo un piccolo
omaggio: una vita di S. Melania di un altro cardinale, alcune immagini della
Madonna della nostra Parrocchia, alcune immagini della Croce del nostro campanile
ed un libro sui luoghi giubilari a Roma, con un piccolo omaggio per i suoi poveri
e per la sua comunità di Santa Teresa, per l’Africa.
CARD. TONINI
Vi do questa bella notizia: noi stiamo per aprire in Africa una facoltà
di medicina. La facoltà di medicina di Verona e quella del Sacro Cuore
qui del Gemelli mettono insieme il loro corpo insegnante. La Banca Mondiale
sta costruendo un ospedale nel nord del Burundi e questi qui andranno il prossimo
anno ad insegnare. Noi abbiamo creato a Milano una Fondazione. I milanesi ed
un gruppo di banche, cooperative e banche di credito, hanno deciso di assumersi
la responsabilità e doneranno circa 700 milioni per le spese di gestione.
Queste banche si preparano ad aiutare questa gente dando un microcredito, per
diventare piccoli imprenditori. Ci stanno riuscendo in America Latina, in due
anni si stanno tramutando, cominciano a costruire e produrre. Vi dico che sono
delle cose molto belle, ci sono poi dei missionari che fanno delle cose molto
belle.