Presentiamo on-line sul nostro sito, per il grande interesse del testo in ordine ad una comprensione dell’attuale situazione del diritto e degli ordinamenti giuridici, il discorso tenuto dall’allora card. Joseph Ratzinger in occasione del conferimento della laurea honoris causa della Facoltà di giurisprudenza della LUMSA (10/11/1999). Il titolo è redazionale. Il testo è tratto dal sito non ufficiale www.ratzinger.it
L’Areopago
Vorrei esprimere il mio profondo e sentito ringraziamento alla
Facoltà di giurisprudenza della LUMSA per il grande onore del conferimento
del Dottorato honoris causa. Chiesa e diritto, fede e diritto sono uniti da
un legame profondo e diversamente articolato. Basti ricordare che la parte fondamentale
del canone veterotestamentario é raccolta sotto il titolo "Torah" (legge).
La liberazione di Israele dall’Egitto non era conclusa con l'esodo, ma
solo iniziata. Essa divenne realtà piena solo quando Israele ricevette
da Dio un ordinamento giuridico, che regolava la relazione con Dio, con la comunità
del popolo e dei singoli fra di loro così anche come la relazione con
gli stranieri: un diritto comune è la condizione della libertà
umana. Di conseguenza l'ideale veterotestamentario della persona pia era il
zaddik, il giusto, l’uomo che vive rettamente ed agisce rettamente secondo
l'ordine del diritto donato da Dio. Nel Nuovo Testamento di fatto la designazione
zaddik e stata sostituita dal termine pistos: l'atteggiamento essenziale del
cristiano è la fede, che lo rende "giusto". Ma con ciò è
stata diminuita l'importanza del diritto? È stato forse estromesso l'ordinamento
giuridico dall'ambito del sacro ed e divenuto semplicemente profano? E' questo
un problema, che sopratutto dalla Riforma del 16° secolo in poi è
stato discusso con passione. Esso é acuito dal fatto che il concetto
di "legge" (torah) appare negli scritti paolini con accenti problematici e poi
in Lutero è considerato addirittura come l'opposto del Vangelo. Lo sviluppo
del diritto nel tempo moderna è stato profondamente segnato da queste
contrapposizioni.
Non è questa la sede per sviluppare ulteriormente questo problema. Ma
vorrei nondimeno molto brevemente parlare dei due rischi attuali del diritto,
che hanno entrambi anche una componente teologica e pertanto non riguardano
solo i giuristi, ma anche i teologi. La "fine della metafisica", che in ampi
settori della filosofia moderna viene presupposta come un fatto irreversibile,
ha condotto al positivismo giuridico che oggi ha assunto soprattutto la forma
della teoria del consenso: come fonte del diritto, se la ragione non è
più in grado di trovare il cammino verso la metafisica, vi sono per lo
Stato solo le comuni convinzioni sui valori dei cittadini, convinzioni che si
rispecchiano nel consenso democratico. Non la verità crea il consenso,
ma il consenso crea non tanto la verità, quanto ordinamenti comuni. La
maggioranza determina ciò che deve valere come vero e come giusto. Ciò
significa che il diritto é esposto al gioco delle maggioranze e dipende
dalla coscienza dei valori della società del momento, che a sua volta
è determinata da molteplici fattori. Concretamente questo si manifesta
in un progressivo scomparire dei fondamenti del diritto ispirati alla tradizione
cristiana.
Matrimonio e famiglia sono sempre meno le forme portanti della comunità
statuale e vengono sostituite da molteplici, spesso labili e problematiche forme
di convivenza. La relazione fra uomo e donna diviene conflittuale, ed ugualmente
la relazione fra le generazioni. L'ordine cristiano del tempo si dissolve; la
domenica scompare e viene sempre più sostituita da forme mobili di tempo
libero. Il senso del sacro non ha più quasi alcun significato per il
diritto, il rispetto di Dio e di ciò che per gli altri e sacro, è
ormai difficilmente un valore giuridico; ad esso viene anteposto il valore supposto
più importante di una libertà senza confini del parlare e del
giudice. Anche la vita umana è qualcosa di cui si può disporre
- aborto ed eutanasia non vengono più esclusi dagli ordinamenti giuridici.
Nell'ambito degli esperimenti sugli embrioni e della medicina dei trapianti
si delineano forme di manipolazione della vita umana, nelle quali l'uomo si
arroga non solo di poter disporre della vita e della morte, ma anche del suo
divenire e del suo essere. Così recentemente si è giunti a reclamare
perfino la selezione e l'allevamento programmato per il continuo sviluppo del
genere umano, e l'essenziale diversità dell'uomo nei confronti dell'animale
è messa in discussione. Poiché negli stati moderni la metafisica
e con essa il diritto naturale sembra essere definitivamente venuto meno, è
in corso una trasformazione del diritto, i cui passi ulteriori non sono ancora
prevedibili; il concetto stesso di diritto perde i suoi contorni precisi.
Vi è ancora una seconda minaccia del diritto, che oggi sembra essere
meno attuale di quanto non lo era ancora dieci anni fa, ma può in ogni
momento riemergere e trovare agganci con la teoria del consenso. Penso alla
dissoluzione del diritto per mezzo dello spinta dell'utopia, cosi come aveva
assunto forma sistematica e pratica nel pensiero marxista. Il punto di partenza
era qui la convinzione cha il mondo presente è cattivo - un mondo di
oppressione e di mancanza di libertà. Esso dovrebbe essere sostituito
da un mondo migliore da pianificare e da realizzare adesso. La vera ed ultimamente
unica fonte del diritto diviene ora l'immagine della nuova società; morale
e con importanza giuridica è ciò che serve all'avvento del mondo
futuro. A partire da questo criterio si è venuto elaborando il terrorismo,
che si riteneva pienamente come un progetto morale; uccisione e violenza appaiono
come azioni morali, perché erano al servizio della grande rivoluzione,
al servizio della distruzione dell'attuale mondo cattivo e servivano al grande
ideale della nuova società. Anche qui é data per scontata la fine
della metafisica, al cui posto subentra in questo caso non il consenso dei contemporanei,
ma il modello ideale del mondo futuro.
Vi e anche una origine criptoteologica di questa negazione del diritto. A partire
da questa si comprende perché vaste correnti della teologia - innanzitutto
le diverse forme di teologia della liberazione - erano così soggette
a questa tentazione. Anche queste connessioni non mi é possibile presentare
qui per esteso. Mi accontenterò dell'accenno al fatto che un malinteso
paolinismo ha dato molto presto occasione per interpretazioni del cristianesimo
radicali ed anche anarchiche. Per non parlare dei movimenti gnostici, nei quali
inizialmente si svilupparono queste tendenze, che insieme con il no al Dio creatore
includevano anche un no alla metafisica, al diritto creaturale ed al diritto
naturale. Non ci soffermiamo qui sulle inquietudini e le agitazioni sociali
del sedicesimo secolo, nell'ambito delle quali le correnti radicali della riforma
diedero vita a movimenti rivoluzionari ed utopistici. Mi soffermo piuttosto
su di un fenomeno apparentemente molto più innocuo, su di una forma di
interpretazione del cristianesimo che dal punto di vista scientifico apparirebbe
come totalmente rispettabile e che il grande giurista evangelico Rudolph Sohm
ha sviluppato nel secolo scorso. Egli propose la tesi, che il cristianesimo
come vangelo, come rottura della legge originariamente non avrebbe potuto e
voluto includere alcun diritto, ma la Chiesa sarebbe inizialmente nata come
"anarchia spirituale", che poi certamente a partire dalle necessità esterne
dell'esistenza ecclesiale già verso la fine del primo secolo sarebbe
stata sostituita da un diritto sacramentale. Al posto di questo diritto, che
per cosi dire era fondato sulla carne di Cristo, sul corpo di Cristo ed era
di natura sacramentale, sarebbe poi subentrato nel medioevo il diritto non più
del corpo di Cristo, ma della corporazione dei cristiani, appunto quel diritto
ecclesiale, che da allora noi conosciamo. Ma il vero modello restava per Sohm,
l'anarchia spirituale: in realtà nella condizione ideale della Chiesa
non dovrebbe esserci bisogno di nessun diritto. Nel nostro secolo a partire
da tali posizioni divenne di moda la contrapposizione fra la Chiesa del diritto
e la Chiesa dell'amore: il diritto fu presentato come l'opposto dell'amore.
Un simile contrasto può certamente emergere nella concreta applicazione
del diritto, ma innalzare questo a principio stravolge l'essenza del diritto
così come l'essenza dell'amore. Queste concezioni ultimamente avulse
dalla realtà, che non giungono fino allo spirito dell'utopia, ma le sono
apparentate, si sono ampiamente diffuse nella nostra società. Il fatto
che dagli anni cinquanta "Law and Order" (Legge ed ordine) siano divenute un
insulto, anzi, "Law and Order" siano fatti passare come fascistoidi, dipende
da queste concezioni. L'ironizzazione del diritto apparteneva per altro ai fondamenti
del nazionalsocialismo (non conosco sufficientemente la situazione per quanto
riguarda il fascismo italiano). Nei cosiddetti anni della lotta il diritto fu
molto consapevolmente calpestato e contrapposto al cosiddetto sano sentimento
popolare. Successivamente il "Fuhrer" fu dichiarato come l'unica fonte del diritto
e cosi l'arbitrio fu messo al posto del diritto. La denigrazione del diritto
non è mai ed in nessun modo al servizio della libertà, ma è
sempre uno strumento della dittatura. La eliminazione del diritto è disprezzo
dell'uomo; ove non vi è diritto, non vi è libertà.
A questo punto anche alla vera domanda di fondo cui mi vado dirigendo con queste
riflessioni, può essere data una risposta purtroppo solo in modo assai
sintetico - alla questione cioè di che cosa la fede e la teologia possano
e debbano fare in questa situazione per la difesa del diritto. Vorrei in modo
molto sommario e certamente insufficiente accennare ad una risposta proponendo
le seguenti due tesi:
Questo dottorato onorifico è per me allo stesso tempo occasione di gratitudine e richiamo ad un impegno nel mio lavoro.
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