Amore per la creazione in Francesco d’Assisi
Tra i nomi presenti nel calendario dei santi della Chiesa cattolica, Francesco d’Assisi ha un posto di primo piano. Cristiani e non cristiani, credenti e non credenti amano quest’uomo. Da lui emana una gioia, una pace che lo pongono al di là di molti contrasti altrimenti insanabili. Naturalmente le varie generazioni hanno anche voluto vedere in lui, in modi diversi, il sogno dell’uomo buono. In un tempo che cominciava a non poterne più delle dispute confessionali, apparve come il portavoce di un cristianesimo sovraconfessionale, che si lasciava alle spalle il peso opprimente di una storia dolorosa e ricominciava semplicemente dal Gesù biblico. In seguito se ne impadronì il Romanticismo, facendone una sorta di sognatore fanatico della natura. Il fatto che oggi Francesco sia visto ancora sotto un’altra forma dipende da due situazioni che condizionano largamente la coscienza degli uomini nelle nazioni industrializzate: da una parte la paura delle conseguenze incontrollabili del progresso tecnico, e dall’altra la nostra cattiva coscienza nei confronti della fame nel mondo a causa del nostro benessere. Perciò ci affascina in Francesco il deciso rifiuto del mondo del possesso e l’amore semplice per la creazione, per gli uccelli, i pesci, il fuoco, l’acqua, la terra. Egli ci appare come il patrono dei protettori dell’ambiente, il capo della protesta contro un’ideologia che mira solo alla produzione e alla crescita, come propugnatore della vita semplice.
In tutte queste immagini di Francesco c’è qualcosa di vero; in tutte si affrontano dei problemi che toccano punti nevralgici delle creature umane. Ma se si considera Francesco attentamente, dovremmo anche correggere in ogni caso i nostri atteggiamenti. Egli non ci dà semplicemente ragione; pretende molto più di quello che vorremmo riconoscere, e con le sue esigenze ci porta alla pretesa della verità stessa. Per esempio, non possiamo risolvere il problema della separazione dei cristiani cercando semplicemente di sfuggire alla storia e creandoci un nostro Gesù personale. Lo stesso vale per le altre questioni. Prendiamo il problema dell’ambiente. Desidero raccontarvi innanzitutto una storiella. Francesco una volta pregò il frate che si occupava del giardino di “non coltivare tutto il terreno a orto, ma di lasciare una parte del giardino per i fiori perché in ogni periodo dell’anno produca i nostri fratelli fiori per amore di colui che viene chiamato “fiore dei campi e giglio della valle” (Ct 2,1)”. Analogamente voleva che fosse coltivata sempre un’aiuola particolarmente bella, di modo che in tutte le stagioni le persone, guardando i fiori, levassero lodi entusiaste a Dio, “perché ogni creatura ci grida: Dio mi ha creato per te, o uomo” (Specchio della Perfezione 11,118). In questa storia non si può lasciare da parte l’aspetto religioso come anticaglia, per riprendere solo il rifiuto del meschino utilitarismo e la conservazione della ricchezza della specie. Se è questo che si vuole, si fa qualcosa di completamente diverso da ciò che ha fatto e voluto Francesco. Ma soprattutto in questo racconto non si avverte affatto quel risentimento contro l’uomo come presunto disturbatore della natura presente oggi in così tante arringhe a favore della natura. Se l’uomo si perde e non si piace più, ciò non può giovare alla natura. Anzi: egli deve essere in accordo con se stesso; solo così può essere in accordo con la creazione ed essa con lui. E questo, di nuovo, gli è possibile solo se è in accordo con il Creatore che ha voluto la natura e noi. Il rispetto per l’essere umano e il rispetto per la natura sono un tutto unico, ma entrambi possono prosperare e trovare la propria misura solo se rispettiamo nella creatura umana e nella natura il Creatore e la sua creazione. Solo lui può unirli. Non potremo ritrovare l’equilibrio perduto se ci rifiutiamo di arrivare a questo punto. Abbiamo perciò tutte le ragioni perché Francesco d’Assisi ci renda pensierosi e ci conduca con sé sulla via giusta.