Nuovi “modelli” o nuova passione? Una questione pastorale decisiva, di Andrea Lonardo

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 22 /04 /2019 - 20:39 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito una breve nota di Andrea Lonardo. Per approfondimenti, cfr. la sezione Teologia pastorale.

Il Centro culturale Gli scritti (22/4/2019)

Vivo nuovamente in parrocchia. E tutto funziona. Le famiglie dei bambini e dei ragazzi della prima Comunione e della Cresima si avvicinano alla fede. Tanti si confessano. Alle liturgie della Settimana Santa partecipano tantissime persone. I giovani hanno dormito in parrocchia per l’adorazione notturna del Giovedì santo. Ci sarà l’oratorio estivo e i campi delle comunioni e non si sa come fare perché si iscriveranno in troppi.

La comunità parrocchiale ha costruito un’ottima tradizione per la quale ogni anno, generazione dopo generazione, i cammini sono attesi e desiderati e, tramite di essi, le nuove famiglie si avvicinano alla fede e gli anziani non vengono abbandonati.

Un servizio liturgico di ministranti coinvolge sempre nuovi bambini, fin da piccolissimi. Ci sono nuove vocazioni. La commissione Caritas lavora e si impegna con il suo centro d’ascolto.

Una domanda allora mi sale al cuore: è vero quello che tanti affermano e cioè che la pastorale parrocchiale è superata dai tempi e non funziona? Ma se così fosse non ci sarebbero questa e tante similari parrocchie così vive in una città come Roma.

Forse allora il problema non è modificare la pastorale con nuovi “modelli”, bensì elevare la formazione e l’entusiasmo del clero, perché anche le parrocchie fiacche crescano per accogliere come lo fanno le parrocchie più vive?

Il problema è che bisogna trovare nuovi “modelli” di parrocchia (o addirittura abbandonarla) oppure che bisogna imparare a vivere bene e con passione quello che la parrocchia è intrinsecamente, innovando certamente, ma prima ancora impegnandosi proprio in ciò che funziona benissimo in tante parrocchie romane?

Certamente mancano tante cose nella media delle parrocchie di qualità. Manca una riflessione più adeguata per una pastorale della cultura, manca una formazione laicale alla politica, mancano altre cose, ma tutto questo non significa che serva un nuovo “modello”. Forse riflettiamo poco su che tipo di preti portino allo svuotamento delle parrocchie, perché esse divengono insignificanti solo dove ci sono preti che non credono nella comunità parrcchiale in senso popolare e cercano solo gruppi e cammini per pochi. O più ancora dove ci sono preti che non amano la vita di parrocchia e non hanno alcuna passione per essa.

Dove, invece, esiste una tradizione semplice di vita parrocchiale ordinaria, portata avanti da preti e laici insieme, tutto fiorisce.

Mi ha sempre colpito che dove c’è un prete che crede nel Signore e che si appassiona della vita di un quartiere, nel giro di poco tempo la parrocchia si riempie di laici e tutto fiorisce, qualunque metodo si adotti. Può seguire la metodologia di una catechesi di ispirazione catecumenale o rifiutarla apertamente, può avere una pastorale più incentrata sulla liturgia o sulla formazione o sulla carità o sulla cultura, ma tutto fiorisce,

Certo un equilibrio fra le diverse dimensioni è da trovare. Ma è la persona che fa la differenza, non la metodologia pastorale utilizzata. E non è personalismo. Esattamente perché quel ministro ordinato riattiva quelli che sono gli elementi essenziali della vita ecclesiale, la celebrazione, la confessione, la formazione, l’accompagnamento delle famiglie, la carità, la cultura, i giovani, l’oratorio.

Solo dove le comunità sono troppo piccole, la parrocchia ha troppe difficoltà a decollare e non riesce. Forse perché non è più una parrocchia, ma solo una cappella.

Altrove, ormai da 70 anni, tutti i “modelli” alternativi alla parrocchia sono falliti, mentre essa resta lì, come un “segno dei tempi” e come casa per tutti, l’unica realtà veramente popolare. Anche qui, certamente essa deve trovare un maggiore equilibrio con la pastorale d’ambiente e con i monasteri fuori città: ma essa è da abbondonare, o sta lì, mentre tutto il resto deperisce e dove anche i luoghi laici di incontro (tranne la scuola) si rendono sempre più consunti, mentre essa sola fa incontrare le generazioni fra di loro?  

Insomma, abbiamo bisogno di nuovi “modelli” ecclesiologici? Forse le parrocchie sono da abbandonare? O abbiamo bisogno di una nuova passione?