Nell'era del computer "quanto" batte "perché", di Fabrice Hadjadj

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 22 /05 /2016 - 14:39 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo da Avvenire del 15/5/2016 un articolo di Fabrice Hadjadj. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per altri articoli di Fabrice Hadjadj, cliccare sul tag fabrice_hadjadj. Pwr approfondimenti. cfr. la sotto-sezione Educazione e media.

Il Centro culturale Gli scritti (22/5/2016)

In questo periodo dell'anno – o della nostra vita – è tempo di trovare un job, uno vero, che abbia prospettive brillanti. Per orientarci in questa ricerca non c'è bussola migliore del sito americano careercast.com.

Ci svela i due «mestieri» top dell'anno 2016, quelli cioè che sono i più pagati e che allo stesso tempo hanno l'aria che tira in poppa e sono rivolti al futuro. Li avrete indovinati – o forse no. Al primo posto c'è il mestiere di «data scientist», con un stipendio medio annuo di 128.240 dollari e una previsione di crescita del 16%; al secondo posto lo «statistico», con 79.990 dollari all'anno, il che è molto di meno, ma con in compenso un growth outlook del 34%.

Un po' me lo aspettavo di non trovare sul podio il falegname o il poeta. Non immaginavo tuttavia che lo statistico corresse davanti all'ingegnere, all'avvocato, al medico ed anche all'agente di borsa.

Quando poi si scopre che al terzo posto della hit parade c'è l'«analista della sicurezza» ci si accorge che le tre nuove professioni più ambite costituiscono di fatto un'unica professione che riguarda l'analisi dei dati. La loro promozione è legata alla crescita dell'informatica e di conseguenza a quella esponenziale dei data che produciamo ogni giorno (dati dal nome ingannevole, notiamolo en passant): non sono esattamente dell'ordine del «dono», ma dell'emissione, della secrezione, della traccia captabile da un apparecchio elettronico e al tempo stesso quantificabile sotto forma di byte – così che attraverso questi dati si tratta precisamente di non dare niente, nel senso di un'offerta generosa, ma di lasciarsi quantificare, nel senso di un potere utilitaristico.

Ora la cosa più interessante è che questa evoluzione proviene della scienza, ma, lungi dall'esserne il trionfo, è la sua capitolazione. La scienza fino ad oggi si era posta due domande: perché e come. Gli antichi si erano concentrati soprattutto sulla prima questione, i moderni sulla seconda scivolando dalla ricerca delle cause alla ricerca delle leggi – ovvero dalla causalità alla funzionalità. Questo funzionalismo sta all'origine del computer.

Ma, con esso e con l'aver delegato la ricerca ai motori di ricerca siamo ormai andati oltre. E dunque siamo usciti dalla modernità. Un calcolatore non pensa né valuta. Calcola. Macina dati con un potere che supera completamente il nostro.

E così, per sfruttarlo a fondo, conviene ridurre qualunque scienza alla statistica: non cercare più una causalità né cogliere una funzionalità, come fa il pensiero umano, ma, a partire da un algoritmo stabilire una correlazione.

In alcuni ospedali dell'Ontario l'Ibm ha di recente messo a punto un protocollo di monitoraggio dei nati prematuri. Sei flussi di dati provenienti da un insieme di sensori sono registrati continuamente e simultaneamente: pulsazione cardiaca, saturazione respiratoria, tensione arteriosa, eccetera. Un'analisi statistica di questi dati ha permesso di stabilire che, paradossalmente, quando le spie luminose sono tutte verdi troppo a lungo, quasi sempre si produce un'infezione. Lo si sa, senza saperne il come né il perché. Non è stata determinata alcuna concatenazione causale, nessun meccanismo funzionale è stato individuato, solamente una successione temporale convalidata da un calcolo di probabilità.

Tali antecedenti producono quasi sempre tali conseguenze, ecco tutto, e il senso o la logica non hanno importanza: il software permette già di esercitare una migliore prevenzione e di salvare delle vite. Lo nota Coline Tison nel suo libro Internet, ciò che non sappiamo: «Perché i bambini sono infettati? Come si verifica l'infezione? Domani queste domande saranno superflue. I ricercatori disporranno di una grande quantità di dati e stabiliranno delle correlazioni. Queste ultime saranno presto più importanti della conoscenza e della comprensione. […] Il Big Data poco a poco trasformerà il nostro rapporto con la conoscenza, la scienza, e dunque il nostro rapporto con il mondo».

Per il Socrate 2.0 la conoscenza di sé si trasforma in «quantificazione di sé». Alcuni individui vivono ormai con elettrodi attaccati un po' dovunque sul loro corpo e possono scoprire, senza saperne la ragione, che il martedì e il giovedì va sempre molto meglio mentre la domenica è generalmente più deprimente. Sanno così quando mettere in agenda un colloquio di lavoro o un appuntamento galante. E a quali parametri stare attenti per prolungare i loro giorni e continuare a tenere sotto controllo la loro vita con gli istogrammi.

Beninteso, se il perché e il come cedono sempre più il passo al quanto, questo lascia intravedere il rapporto tra numerico e il contabile, tra l'informatica e il denaro. La conoscenza di sé non è una merce. La quantificazione si paga cara (bisogna acquistare gli smart clothes da Wearable Tech per esempio). Essa d'altronde serve ad essere inquadrati meglio dalla prospezione commerciale. Ecco l'estensione del dominio del calcolatore: una Pentecoste della statistica dove le lingue di fuoco sono sostituite dal data processing e dai pop-up pubblicitari.