Jean Racine e il «tragico cristiano», di Davide Rondoni

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 07 /12 /2011 - 21:15 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo da Avvenire del 26/11/2011 una recensione di Davide Rondoni a Jean Racine, Poesie sacre, Leo Olschki. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.

Il Centro culturale Gli scritti (7/11/2011)

«Seconde leur efforts, dissipe l’ombre noir» così pregava Racine. Lo splendido, il lucente, il trionfante Racine. «Sostieni i loro sforzi, disfa l’ombra nera» arriva in petto, nei giorni di alluvioni e crisi, nei giorni del dolore, questo verso supplicante e forte. Ce lo porta un libro prezioso, una bella edizione delle traduzioni sacre di Racine a cura di Irene Santori con prefazione di Benedetta Papasogli.

È di un «Inno del mattutino del Giovedì». Racine lo tradusse, secondo gli insegnamenti di quel fuoco spirituale che si chiamava Port-Royal che invitava alla «beauté» oltre che alla «clarté» e all’«élegance» come criteri per la traduzione della Bibbia.

A molti può destare sorpresa pensare a un Racine devoto. Roland Barthes riteneva «finta» la conversione del più grande poeta francese vissuto prima di Baudelaire. Ma già René Girard, in un saggio pubblicato nel Meridiano mondadoriano zittiva le elucubrazioni di Barthes. Del resto, non importa stabilire il tasso di cristianesimo, di fede vissuta in un poeta.

Sono affari della sua vita, dei suoi vicini, e di Dio. A noi spetta di vedere cosa c’è nell’opera. E in questo senso il contributo critico di Irene Santori, il suo paziente e intrepido viaggio ermeneutico, accompagnato dalla prefazione della nostra maggiore studiosa di Racine, è un regalo prezioso. Già il caro Mario Luzi si dedicò, traducendolo, a Racine. È vero che da Port-Royal partirono strali violentissimi contro il teatro e contro l’autore della Tebaide. E lui, il re della bellezza, della chiarità luminosa e dell’eleganza del teatro francese, rispose furiosamente, si distaccò da quel mondo fervente e cupo, si esaltò nello splendore della fama, nella dissipazione e nel bel mondo di corte parigina. Le sue 'tragedie profane' gli diedero gloria.

Conobbe il successo, rivaleggiò con Molière, fu accusato di aver avvelenato una sua amante, entrò nelle grazie del re. Vita e opere sembrano portarlo lontano da quanto si prega in quel verso «seconde leur efforts, dissipe l’ombre noir…» Dov’era l’ombra intorno all’affascinante poeta e teatrante ? Di che sostegno aveva bisogno se non quello di cortigiani e letterati? Ma come nota acutamente la Santori ­poetessa lei medesima alle prese con la traduzione della traduzione di Racine- il rapporto tra Racine e Port-Royal va letto in modo complesso e non riducibile a uno schema di partecipazione-distacco-ritorno.

C’è qualcosa nell’intera sua opera che vibra di un tragico cristiano. Ma rimandiamo al libro per approfondimenti. A noi restano tra le mani questi versi che bruciano nella traduzione del poeta capace di sprofondamenti e picchi. Eccolo alle prese con il testo che investe ogni scrittore di un pianto e di una gioia immensa. Il testo della sconfitta e della vittoria nel medesimo momento. Il canto scritto dal genio che comprese il segreto del vivere cristiano: nella mia debolezza è la mia vera forza. L’«inno alla carità» di Paolo di Tarso.

«En vain je parlerais le langage del Anges…Sans amour, ma gloire n’égale/ quel la gloire del cymbale…» Anche Racine affronta il testo medusa, il testo mostro, il testo grazia che ogni scrittore con poca o molta o niente fede deve comunque affrontare.

Poterlo leggere nelle parole di Racine è uno dei doni di questo libro, che fedele alle regole di un buon libro di studi accademici, offre molta materia di lavoro e di studio. Ma anche a chi accademico non è queste pagine offrono uno spettacolo, un precipizio, un fermento.

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