Presentiamo on-line un breve testo di S.Ecc. mons.Antonio Bello, a tutti noto come don Tonino Bello, che ci introduce alla meditazione del mistero della Trinità. Il titolo originale di questo breve scritto è Uno per uno fa sempre uno. Verso la Pasqua, casa della Trinità ed è stato pubblicato nel volume Antonio Bello, Omelie e scritti quaresimali, Scritti di mons.Antonio Bello, vol.II, Edizioni Archivio Diocesano Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi e Luce e vita, Molfetta, 1994, pagg.336-338. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione, se la messa a disposizione on-line sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (2/11/2006)
12 aprile 1987
Carissimi fratelli,
l’espressione me l’ha suggerita don Vincenzo, un prete mio amico che lavora tra gli
zingari, e mi è parsa tutt’altro che banale.
Venne a trovarmi una sera nel mio studio e mi chiese che cosa stessi scrivendo. Gli dissi che
ero in difficoltà perché volevo spiegare alla gente (ma in modo semplice,
così che tutti capissero) un particolare del mistero della Santissima Trinità:
e cioè che le tre Persone divine sono, come dicono i teologi con una frase difficile,
tre relazioni sussistenti.
Don Vincenzo sorrise, come per compatire la mia pretesa e comunque, per dirmi che mi cacciavo
in una foresta inestricabile di problemi teologici. Io, però, aggiunsi che mi
sembrava molto importante far capire queste cose ai poveri, perché, se il Signore ci
insegnato che, stringi stringi, il nucleo di ogni Persona divina consiste in una
relazione, qualcosa ci deve essere sotto.
E questo qualcosa è che anche ognuno di noi, in quanto persona, stringi stringi,
deve essere essenzialmente una relazione. Un io che si rapporta con
un tu. Un incontro con l’altro. Al punto che, se dovesse venir meno questa
apertura verso l’altro, non ci sarebbe neppure la persona. Un volto,
cioè, che non sia rivolto verso qualcuno non è disegnabile…
Colsi l’occasione per leggere al mio amico la paginetta che avevo scritto. Quando
terminai, mi disse che con tutte quelle parole, la gente forse non avrebbe capito nulla. Poi
aggiunse: “Io ai miei zingari sai come spiego il mistero di un solo Dio in tre
Persone? Non parlo di uno più uno più uno: perché così fanno tre.
Parlo di uno per uno per uno: e così fa sempre uno. In Dio, cioè, non
c’è una Persona che si aggiunge all’altra e poi all’altra ancora.
In Dio ogni Persona vive per l’altra.
E sai come concludo? Dicendo che questo è uno specie di marchio di famiglia. Una
forma di ‘carattere ereditario’ così dominante in ‘casa
Trinità’ che, anche quando è sceso sulla terra, il Figlio si è
manifestato come l’uomo per gli altri”.
Quando don Vincenzo ebbe finito di parlare, di fronte a così disarmante
semplicità, ho lacerato i miei appunti.
Peccato: perché, tra l’altro, avevo scritto delle cose interessanti. Per esempio:
che l’uomo è icona della Trinità (“facciamo
l’uomo a nostra immagine e somiglianza”) e che pertanto, per quel che riguarda
l’amore, è chiamato a riprodurre la sorgività pura del Padre,
l’accoglienza radicale del Figlio, la libertà diffusiva dello
Spirito.
Ero ricorso anche a ingegnose immagini, come quella del pozzo di campagna la cui acqua
sorgiva viene accolta in una grande vasca di pietra e di qui, in mille rigagnoli, va a irrigare
le zolle.
Ma forse don Vincenzo aveva ragione: avrei dovuto spiegare molte cose. Sicché ho
preferito trattenere questa sola idea: che, come le tre Persone divine, anche ogni persona
umana è un essere per, un rapporto o, se è più chiaro, una
realtà dialogica. Più che interessante, cioè, deve essere
inter-essente.
* * *
Cari fratelli, lo so che la Trinità è molto più che una formula
esemplare per noi, e che non è lecito comprimerne la ricchezza alla semplice funzione di
analogia. Ma se oggi c’è un insegnamento che dobbiamo apprendere con urgenza
da questo mistero, è proprio quello della revisione dei nostri rapporti
interpersonali.
Altro che “relazioni”. L’acidità ci inquina. Stiamo diventando
corazze. Più che luoghi d’incontro, siamo spesso piccoli centri di scomunica
reciproca. Tendiamo a chiuderci. La trincea ci affascina più del crocicchio.
L’isola sperduta, più dell’arcipelago. Il ripiegamento nel guscio,
più della esposizione al sole della comunione e al vento della solidarietà.
Sperimentiamo la persona più come solitario auto-possesso, che come momento di apertura
al prossimo. E l’altro, lo vediamo più come limite del nostro essere,
che come soglia dove cominciamo a esistere veramente.
Coraggio.
Irrompe la Pasqua!
E’ il giorno dei macigni che rotolano via dall’imboccatura dei sepolcri. E’
l’intreccio di annunci di liberazione, portati da donne ansimanti dopo lunghe corse
sull’erba. E’ l’incontro di compagni trafelati sulla strada polverosa.
E’ il tripudio di una notizia che si temeva non potesse giungere più e che corre
di bocca in bocca ricreando rapporti nuovi tra vecchi amici. E’ la gioia delle
apparizioni del Risorto che scatena abbracci nel cenacolo. E’ la festa degli ex-delusi
della vita, nel cui cuore all’improvviso dilaga la speranza.
Che sia anche la festa in cui il traboccamento della comunione venga a lambire le sponde della
nostra isola solitaria.
Vostro
+ don TONINO, Vescovo