Pubblichiamo on-line una fiaba scritta dal parroco della parrocchia di Santa Gemma Galgani per presentare ai bambini la festa dell’Epifania. È attesa l’edizione di una prima raccolta delle fiabe scritte da don Giampaolo Perugini per diverse feste cristiane.
Il Centro culturale Gli scritti (7/12/2007)
In un villaggio, non molto distante da Betlemme, viveva una giovane donna che si chiamava Befana.
Non era brutta, anzi, era molto bella e aveva parecchi pretendenti.. Però aveva un pessimo caratteraccio. Era
sempre pronta a criticare e a parlare male del prossimo. Cosicché non si era mai sposata, o perché non
le andava bene l’uomo che di volta in volta le chiedeva di diventare sua moglie, o perché
l’innamorato – dopo averla conosciuta meglio – si ritirava immediatamente.
Era, infatti, molto egoista e fin da piccola non aveva mai aiutato nessuno. Era, inoltre, come ossessionata dalla
pulizia. Aveva sempre in mano la scopa, e la usava così rapidamente che sembrava ci volasse sopra. La sua
solitudine, man mano che passavano gli anni, la rendeva sempre più acida e cattiva, tanto che in paese avevano
cominciato a soprannominarla “la strega”. Lei si arrabbiava moltissimo e diceva un sacco di parolacce.
Nessuno in paese ricordava di averla mai vista sorridere. Quando non puliva la casa con la sua scopa di paglia, si
sedeva e faceva la calza. Ne faceva a centinaia. Non per qualcuno, naturalmente! Le faceva per se stessa, per calmare
i nervi e passare un po’ di tempo visto che nessuno del villaggio veniva mai a trovarla, né lei sarebbe
mai andata a trovare nessuno. Era troppo orgogliosa per ammettere di avere bisogno di un po’ di amore ed era
troppo egoista per donare un po’ del suo amore a qualcuno. E poi non si fidava di nessuno. Così
passarono gli anni e la nostra Befana, a forza di essere cattiva, divenne anche brutta e sempre più odiata da
tutti. Più lei si sentiva odiata da tutti, più diventava cattiva e brutta.
Aveva da poco compiuto settant’anni, quando una carovana giunse nel paese dove abitava. C’erano tanti
cammelli e tante persone, più persone di quante ce ne fossero nell’intero villaggio. Curiosa
com’era vide subito che c’erano tre uomini vestiti sontuosamente e, origliando, seppe che erano dei re.
Re Magi, li chiamavano. Venivano dal lontano oriente, e si erano accampati nel villaggio per far riposare i cammelli
e passare la notte prima di riprendere il viaggio verso Betlemme. Era la sera prima del 6 gennaio. Borbottando e
brontolando come al solito sulla stupidità della gente che viaggia in mezzo al deserto e disturba invece di
starsene a casa sua, si era messa a fare la calza quando sentì bussare alla porta. Lo stomaco si strinse e un
brivido le corse lungo la schiena. Chi poteva essere? Nessuno aveva mai bussato alla sua porta. Più per
curiosità che per altro andò ad aprire. Si trovò davanti uno di quei re. Era molto bello e le
fece un gran sorriso, mentre diceva: “Buonasera signora, posso entrare?”. Befana rimase come paralizzata,
sorpresa da questa imprevedibile situazione e, non sapendo cosa fare, le scapparono alcune parole dalla bocca prima
ancora che potesse ragionare: “Prego, si accomodi”. Il re le chiese gentilmente di poter dormire in casa
sua per quella notte e Befana non ebbe né la forza né il coraggio di dirgli di no. Quell’uomo era
così educato e gentile con lei che si dimenticò per un attimo del suo caratteraccio, e perfino si
offrì di fargli qualcosa da mangiare. Il re le parlò del motivo per cui si erano messi in viaggio.
Andavano a trovare il bambino che avrebbe salvato il mondo dall’egoismo e dalla morte. Gli portavano in dono
oro, incenso e mirra. “Vuol venire anche lei con noi?”. “Io?!” rispose Befana.. “No,
no, non posso”. In realtà poteva ma non voleva. Non si era mai allontanata da casa.
Tuttavia era contenta che il re glielo avesse chiesto. “Vuole che portiamo al Salvatore un dono anche da parte
sua?”. Questa poi… Lei regalare qualcosa a qualcuno, per di più sconosciuto. Però le
sembrò di fare troppo brutta figura a dire ancora di no. E durante la notte mise una delle sue calze, una
sola, dove dormiva il re magio, con un biglietto: “per Gesù”. La mattina, all’alba, finse di
essere ancora addormentata e aspettò che il re magio uscisse per riprendere il suo viaggio.
Era già troppo in imbarazzo per sostenere un’altra, seppur breve, conversazione.
Passarono trent’anni. Befana ne aveva appena compiuti cento. Era sempre sola, ma non più cattiva. Quella
visita inaspettata, la sera prima del sei gennaio, l’aveva profondamente cambiata. Anche la gente del villaggio
nel frattempo aveva cominciato a bussare alla sua porta. Dapprima per sapere cosa le avesse detto il re, poi pian
piano per aiutarla a fare da mangiare e a pulire casa, visto che lei aveva un tale mal di schiena che quasi non si
muoveva più. E a ciascuno che veniva, Befana cominciò a regalare una calza. Erano belle le sue calze,
erano fatte bene, erano calde. Befana aveva cominciato anche a sorridere quando ne regalava una, e perciò non
era più così brutta, era diventata perfino simpatica.
Nel frattempo dalla Galilea giungevano notizie di un certo Gesù di Nazareth, nato a Betlemme trent’anni
prima, che compiva ogni genere di miracoli. Dicevano che era lui il Messia, il Salvatore. Befana capì che si
trattava di quel bambino che lei non ebbe il coraggio di andare a trovare.
Ogni notte, al ricordo di quella notte, il suo cuore piangeva di vergogna per il misero dono che aveva fatto portare
a Gesù dal re magio: una calza vuota... una calza sola, neanche un paio! Piangeva di rimorso e di pentimento,
ma questo pianto la rendeva sempre più amabile e buona.
Poi giunse la notizia che Gesù era stato ucciso e che era risorto dopo tre giorni. Befana aveva allora 103
anni. Pregava e piangeva tutte le notti, chiedendo perdono a Gesù. Desiderava più di ogni altra cosa
rimediare in qualche modo al suo egoismo e alla sua cattiveria di un tempo. Desiderava tanto un’altra
possibilità ma si rendeva conto che ormai era troppo tardi.
Una notte Gesù risorto le apparve in sogno e le disse: “Coraggio Befana! Io ti perdono. Ti darò
vita e salute ancora per molti anni. Il regalo che tu non sei venuta a portarmi quando ero bambino ora lo porterai a
tutti i bambini da parte mia. Volerai da ogni capo all’altro della terra sulla tua scopa di paglia e porterai
una calza piena di caramelle e di regali ad ogni bambino che a Natale avrà fatto il presepio e che, il sei
gennaio, avrà messo i re magi nel presepio. Ma mi raccomando! Che il bambino sia stato anche buono, non
egoista... altrimenti gli metterai del carbone dentro la calza sperando che l’anno dopo si comporti da bambino
generoso”.
E la Befana fece così e così ancora sta facendo per obbedire a Gesù.
Durante tutto l’anno, piena di indicibile gioia, fa le calze per i bambini... ed il sei gennaio gliele porta
piene di caramelle e di doni.
È talmente felice che, anche il carbone, quando lo mette, è diventato dolce e buono da mangiare.